Pubblicata oggi dall’Istat, la Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana nel mese di gennaio 2019. I dati rilevati, evidenziano per il mese di dicembre 2018 un calo della produzione industriale dello 0,8%, rispetto al novembre dello stesso anno. Si tratta della quarta contrazione consecutiva e di una marcata flessione degli indici di produzione (in ribasso del 5,5% ) : la più accentuata dal dicembre del 2012. Tuttavia, le stime Istat sono solo le ultime pervenute in ordine di tempo a prospettare una difficoltà di tenuta dei livelli dell’attività economica per l’Italia. Dati negativi , infatti, sono stati resi noti in settimana anche dalla Commissione Ue e dal FMI (Fondo Monetario Internazionale).
di Federica Marengo venerdì 8 febbraio 2019
Il dato negativo pubblicato oggi dall’Istat(Istituto Nazionale di Statistica), nella sua Nota mensile, riguardo il calo della produzione industriale (indice in ribasso del 5,5% nel 2018, rispetto al 2017 e calo dello 0,8% nel mese di dicembre in rapporto a novembre),è solo l’ultimo in ordine di tempo. Quella che sta per concludersi, infatti, è stata una settimana segnata da previsioni economiche nefaste, rese note, quasi in contemporanea, nelle giornate di mercoledì 6 e giovedì 7 febbraio, dalla Commissione Ue e dal Fondo Monetario Internazionale.
Il Commissario agli Affari Economici, Pierre Moscovici, presentando a Bruxelles, nel corso di una conferenza stampa, le stime relative alle previsioni economiche invernali, ha annunciato che il Pil (Prodotto interno lordo) italiano, nel 2019 calerà dello 0,2%, ovvero ulteriormente rispetto a quanto previsto dalla stessa Commissione nelle stime autunnali (1,2%), per via di un’attività economica “anemica” nella prima metà dell’anno.
L’economia italiana, ha precisato, il Commissario Ue, ha iniziato a rallentare all’inizio del 2018, per poi contrarsi nella seconda metà dell’anno, con un calo del Pil dello 0,2% negli ultimi 3 mesi. Tuttavia, se l’arresto iniziale delle attività economiche era dovuto al commercio mondiale meno dinamico, il rallentamento degli ultimi mesi è stato causato da una “domanda interna pigra”e da una mancanza di prospettive sugli investimenti, “mentre pesa l’incertezza legata alla policy del Governo e l’aumento dei costi di finanziamento”.
Pertanto, l’Italia è fanalino di coda nella crescita rispetto agli altri Paesi UE, seppur anch’essi in calo, e le prospettive economiche in tal senso “sono soggette ad elevata incertezza”.
Secondo la Commissione UE, dunque, “Un’economia globale più debole dell’atteso, l’impatto sul sentimento dell’aumentata incertezza delle politiche e le condizioni di finanziamento del settore privato, possono portare a un calo maggiormente protratto”.
Ma, ha precisato Moscovici : “L’economia europea crescerà per il settimo anno consecutivo nel 2019 con previsioni espansive in tutti gli stati membri, anche se il ritmo di crescita complessivo si modererà rispetto agli anni recenti con un outlook soggetto a grande incertezza”, rivelando poi i dati del Pil previsti per l’eurozona nel 2019 (la crescita sarà dell’1,3% rispetto all’1,9%, annunciato nelle previsioni d’autunno, con un taglio record per l’Italia : 0,2 % a fronte dello 0,6% previsto).
E, soffermandosi sull’Italia, in conclusione, il Commissario UE ha detto : “Lo Spread è calato a dicembre, dimostrando che sulla Manovra abbiamo preso la giusta decisione. Immaginiamo cosa sarebbe successo, se non lo avessimo fatto…”, commentando poi, così, l’ottimismo espresso dal Governo italiano riguardo l’impatto sulla crescita delle misure finanziate dalla legge di Bilancio: “I fatti parlano. Non sembra che l’espansione keynesiana si stia materializzando in modo forte, malgrado un miglioramento della situazione finanziaria e dello Spread. E credo che su questo si dovrebbe riflettere”.
Dichiarazioni riecheggiate dall’intervento del Vicepresidente Vladis Dombrovskis : “Oltre a fattori esterni che si ripercuotono su molti Paesi, notiamo che in Italia , l’incertezza sulle politiche economiche ha avuto ripercussioni negative sulla fiducia delle imprese e sulle condizioni finanziarie. L’Italia ha bisogno di riforme strutturali profonde e di un’azione decisa per ridurre il debito pubblico elevato. In altre parole, politiche responsabili che sostengano stabilità, fiducia e investimenti”.
Stime negative sul Pil, sono state poi confermate anche dal Fondo Monetario Internazionale, l’istituzione di Washington guidata da Christine Lagarde, che attraverso il suo Report Article IV del 18 dicembre 2018, ha attestato le sue previsioni di crescita per il Belpaese nel 2019 intorno allo 0,6% , a fronte dell’1,0% del 2018, sottolineando che le debolezze strutturali sono alla base della performance economica negativa dell’Italia e che, in caso di un acuto stress , l’effetto contagio per i mercati “potrebbe essere globale e significativo e spingerli in territori inesplorati”.
Il Fondo Monetario Internazionale, inoltre, evidenziando come il tasso di povertà nel Belpaese sia più alto della media UE (riguarda soprattutto le giovani famiglie) e come l’emigrazione dei cittadini italiani sia vicina ai massimi degli ultimi cinquant’anni, ha poi espresso un giudizio negativo sulle misure cardine della Manovra: Reddito di cittadinanza e Quota 100, scrivendo nella sua relazione: “Il Reddito di cittadinanza è un passo nella giusta direzione, ma prevede benefit “molto alti”, soprattutto al Sud dove il costo della vita è più basso; questo fa sì che rischi di essere un disincentivo al lavoro e di creare dipendenza dal Welfare. Anche se i benefit previsti hanno nel mirino i più poveri, il reddito penalizza le famiglie più numerose . E la sua attuazione e i controlli sono essenziali”.
Perplessità espresse anche su Quota 100 : “Le regole per il pensionamento anticipato sono state allentate notevolmente. Questo potrebbe aumentare il numero dei pensionati, ridurre la partecipazione al mercato del lavoro e la crescita potenziale e aumentare i già elevati costi pensionistici”.
Immediate le repliche alla Commissione UE e al FMI da parte di esponenti del governo; il Vicepremier e Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio ha dichiarato : “Abbiamo già smentito tante voci in soli sette mesi e nel corso del 2019 smentiremo anche il Fondo Monetario Internazionale. Chi ha affamato popoli per decenni, appoggiando politiche di austerità che non hanno ridotto il debito, ma hanno solo accentuato divari, non ha credibilità per criticare una misura come il reddito di cittadinanza, un progetto economico espansivo di equità sociale e un incentivo al lavoro”.
Ottimista anche il Ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che nel corso dell’Informativa alla Camera di ieri sui dati Istat relativi al Pil nel quarto trimestre 2018, seppur contestato, ha rassicurato: “Il taglio della previsione è spiegato per 0,6 punti dai dati peggiori del previsto per la seconda metà 2018 e per solo0,4 punti da una valutazione meno ottimistica del profilo trimestrale di crescita nel 2019. La commissione è quindi solo lievemente meno ottimista sulla crescita futura e ha solo preso atto dell’inatteso peggioramento del ciclo economico sul finale del 2018. Con la pubblicazione della stima preliminare dei conti trimestrali per il quarto trimestre 2018, l’Istat ha reso noto che il Pil reale è diminuito dello 0,22% facendo seguito alla marginale flessione del terzo trimestre. Sottolineo che si tratta di una stima preliminare, che segnala una fase di cosiddetta recessione tecnica. La flessione cumulata è comunque limitata a 0,36 punti percentuali, quindi si può parlare di una battuta d’arresto più che di vera recessione. Se ci fosse un rallentamento dell’economia non si manifesterebbe la necessità di una manovra correttiva, perché un eventuale sforamento, se dovuto a un peggioramento del ciclo, non impatta sul saldo strutturale,parametro per valutare il rispetto delle regole UE.
Alla politica economica e all’azione del Governo spetta il compito di creare migliori condizioni per evitare contrazioni dell’economia e riprendere il sentiero-crescita nei prossimi trimestri. Abbiamo a disposizione diversi strumenti per avviare la crescita”.
E mentre Mario Draghi, si è detto convinto si tratti di una fase transitoria e il Consiglio Direttivo della BCE ha fatto sapere di essere “pronto ad adeguare tutti i suoi strumenti, ove opportuno, per assicurare che l’inflazione continui a dirigersi stabilmente verso l’obiettivo prossimo al 2%”, il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha dichiarato di essere“Disposto ad aiutare il Governo a trovare soluzioni”per evitare “di portare alla paralisi del sistema produttivo del Paese” e il il Presidente del Parlamento UE e Vice Presidente di FI, Antonio Tajani, ha auspicato un cambio di Governo per evitare il rischio di una patrimoniale sulla casa e di aumento della pressione fiscale sul ceto medio, possibili rimedi anticrisi cui potrebbe far ricorso l’Esecutivo.
Intanto, l’Istat, con i dati diffusi oggi, non sembra contribuire a rassicurare gli italiani sulla situazione economica.
Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, infatti, “l’indicatore della produzione industriale ha registrato una marcata flessione, prospettando serie difficoltà di tenuta dei livelli di attività economica. Dopo il punto massimo di dicembre 2017 , in tutti i trimestri del 2018, la produzione ha registrato flessioni congiunturali, con un calo più accentuato nell’ultimo trimestre, soprattutto della produzione di autoveicoli(-16,6%) e nei settori del legno, della carta e stampa, del tessile e dell’abbigliamento e degli articoli in gomma e materie plastiche.
Il peggioramento del quadro economico, ha chiarito l’Istat, va sì iscritto nel quadro di una crisi commerciale internazionale (guerra dei dazi e incognita Brexit) e nell’ambito della frenata degli investimenti, (di cui ha risentito notevolmente l’economia tedesca), ma è anche causato da fattori interni (rallentamento della produzione industriale e delle esportazioni).
Stabile poi il tasso di disoccupazione, che nel 2018 si è fermato al 10,6%, 0,7 punti in meno rispetto al 2017, tendenza costante negli ultimi 5 anni ( con un calo di 1,5 punti ) , tornando ai livelli del 2012, dato comunque lontano dal minimo storico del 2007 (6,1%).
Sempre nel 2018, il tasso di occupazione si è attestato intorno allo 0,9% , con un incremento di oltre 200 mila occupati, salendo così di 0,6 punti rispetto al 2017 (58,5% , a fronte del 57,9%) e di 3 punti (4,6%) rispetto al 2013, registrando i livelli elevati del 2008.
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