La Romania è la meta del 30mo viaggio apostolico intrapreso da Papa Francesco. Nel primo dei tre giorni nella “bella terra romena”, il Santo Padre ha incontrato le autorità civili, pregato con il Patriarca Daniel nel tempio ortodosso e celebrato Messa per i cattolici nella cattedrale di San Giuseppe. Nel secondo giorno, invece, si è recato presso il Santuario mariano di Sumuleu Ciuc, in Transilvania, dove ha celebrato Messa e ha incontrato i giovani e le famiglie, affidandoli a Maria Madre di Dio. Infine, ha visitato la Cattedrale di Santa Maria Regina a Iasi, in Moldavia, dove ha parlato ai fedeli riunitisi in piazza della Cultura.
di Federica Marengo domenica 2 giugno 2019
Ad accogliere Papa Francesco, nel Suo 30mo viaggio apostolico, la Romania. Atterrato all’aeroporto di Bucarest, nella mattinata di venerdì 31 maggio, dopo essere stato accolto dal presidente Klaus Iohannis, un luterano appartenente alla minoranza sassone, e dalla moglie di fede cattolica, ed essersi intrattenuto a colloquio privato con il Capo dello Stato e con il Primo Ministro Vasilica Viorica Dancila, il Santo Padre ha tenuto un discorso presso il Palazzo Presidenziale Cotroceni, alla presenza della Società civile, del corpo diplomatico e del Patriarca ortodosso Daniel.
Dopo aver ricordato la visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1999, Papa Bergoglio ha evidenziato i progressi compiuti da allora a oggi in fatto di democrazia e libertà civile e religiosa, che pongono ormai il Paese “nel più ampio scenario internazionale”, basti pensare, a tal proposito, al ruolo della Romania in sede UE, dove per la prima volta, in questo semestre, ha ottenuto la presidenza del Consiglio Europeo.
Tuttavia, accanto a questi aspetti positivi sussistono ancora fattori negativi e difficoltà da superare, come quelle di natura economica, che costringono milioni di persone all’emigrazione in cerca di migliori possibilità, dando luogo a un fenomeno di spopolamento dei villaggi.
E’ la costruzione di una “società inclusiva”, allora, la soluzione prospettata allo Stato da Papa Francesco, nella quale le istituzioni si facciano carico del “bene comune” e “camminino insieme”, (non a caso, il motto del trentesimo viaggio di Bergoglio, è proprio: “Camminare insieme”), nella quale “i più deboli, i più poveri e gli ultimi non siano visti come indesiderati, come intralci che impediscono alla macchina di camminare, ma come cittadini e fratelli da inserire a pieno titolo nella vita civile”. Però, per fare ciò, non si può seguire la direzione indicata “dal dilagante potere dei centri dell’alta finanza, ma quella della “centralità della persona umana e dei suoi diritti inalienabili”, in modo da sviluppare, insieme con le condizioni materiali, l’anima di un popolo.
Il supporto a questo percorso è garantito dalle Chiese cristiane che “possono aiutare a ritrovare e alimentare il cuore pulsante da cui far sgorgare un’azione politica e sociale che parta dalla dignità della persona e conduca ad impegnarsi con lealtà e generosità per il bene comune della collettività”. In prima fila, la Chiesa cattolica che “vuole portare il suo contributo alla costruzione della società, ponendosi al servizio della dignità umana e del bene comune e collaborando con le Autorità e le altre Chiese”. La Chiesa cattolica romena, dunque, “non è estranea, ma pienamente partecipe allo spirito nazionale”.
Terminato il Suo discorso, poi, Papa Francesco ha invocato per la Romania la benedizione di Dio, ricevendo gli applausi dei presenti.
Nel pomeriggio, invece, ha incontrato il Patriarca Daniel con il quale ha recitato il Padre Nostro nella Cattedrale ortodossa.
Prima, però, i due Capi religiosi hanno tenuto davanti al Santo Sinodo dei discorsi. Il Patriarca ha ricordato l’incontro avvenuto nel 1999 con Giovanni Paolo II e Teoctist, sottolineando l’impegno della Chiesa ortodossa odierna nel difendere e promuovere la fede in Cristo e nei valori cristiani in un’Europa sempre più secolarizzata e nel “confessare, difendere e promuovere la famiglia cristiana tradizionale”.
Il Santo Padre, invece, presentatosi come “fratello e pellegrino”, ha ricordato la “fraternità di sangue” che lega cattolici e ortodossi romeni, accomunati dalla “persecuzione del regime comunista che ha generato numerosi martiri e confessori della fede”. Poi, rievocato il grido “Unitate, unitate!” del 1999, ha esortato a “camminare insieme nell’ascolto del Signore, in questi tempi di rapidi cambiamenti sociali e culturali. Tempi, di una globalizzazione omologante che ha contribuito a sradicare i valori dei popoli, indebolendo l’etica e il vivere comune, inquinato, in anni recenti, da un senso dilagante di paura che, spesso, fomentato ad arte, porta ad atteggiamenti di chiusura e di odio”. Un contesto storico nel quale il Signore “chiama alla carità, a servire insieme, a dare Dio prima di dire Dio, ad essere attivi e collaborativi”. Ed un esempio, in tale senso, è dato dalle comunità ortodosse rumene che “collaborano ottimamente con molte diocesi cattoliche dell’Europa occidentale dove sono presenti”.
Al termine delle due orazioni, poi, scambiatisi dei doni e, visitata insieme la sede del Patriarcato, Bergoglio e il Patriarca Daniel hanno recitato separatamente, l’uno in latino, l’altro in romeno, la preghiera del Padre Nostro nella Cattedrale ortodossa, atto reso possibile dai buoni rapporti tra le due Chiese , che riconoscono entrambe i rispettivi culti, mettendo a disposizione luoghi dove praticarli (ciò,non era stato possibile nella Cattedrale di Santa Sofia, in Bulgaria, dove il Papa,recatosi in occasione del 29mo viaggio apostolico, aveva pregato solo e in modo silenzioso).
Quindi, a conclusione della giornata, Francesco ha presieduto la Messa per la comunità cattolica presso la Cattedrale di San Giuseppe. Qui, alla presenza di oltre mille fedeli, più altri venticinque mila assiepatisi all’esterno, celebrando la memoria liturgica della Visitazione della Beata Vergine Maria, ha tenuto un’omelia nella quale ha esortato i cattolici romeni a “sperimentare il miracolo della maternità della Chiesa che cerca , difende e unisce i suoi figli” e all’unità tra fedeli di diversi riti” (i fedeli di rito latino di lingua ungherese e romena e i cattolici di lingua romena, ma di rito bizantino) perché “a venire prima non sono le proprie appartenenze, il proprio gruppo o la propria etnia, ma il Popolo che insieme sa lodare Dio”.
Nella secondo giorno del Suo viaggio apostolico nella “bella terra di Romania”, invece, il Santo Padre ha dapprima celebrato la Messa al Santuario mariano di Sumuleu Ciuc,in Transilvania, meta del pellegrinaggio di Pentecoste e poi , nel pomeriggio, ha incontrato a Iasi i giovani e le famiglie.
Sotto una pioggia intermittente, Francesco ha salutato, al suo arrivo a bordo, i centomila pellegrini accorsi sulla spianata che circonda il Santuario, fermandosi poi per ascoltare il saluto dell’arcivescovo di Alba Julia (Gyulafehervar) Gyorgy-Myklos Jakubinyi, che ha ringraziato il Papa per aver realizzato il desiderio di San Giovanni Paolo II, al quale, nel 1999, non fu permesso di recarsi al santuario mariano.
Nell’omelia, ascoltata anche dalla Premier romena Viorica Dancila e dal Presidente ungherese Janos Ader, Bergoglio si è soffermato sul valore simbolico del Santuario, dove il sabato di Pentecoste i fedeli arrivano “per onorare il voto degli antenati , fortificare la fede in Dio e la devozione della Madonna” e, in seguito, ha omaggiato con una rosa d’oro la statua lignea della Vergine, risalente al XVI secolo.
“Maria”, ha detto il Papa, riconoscendo che il pellegrinaggio di Pentecoste “appartiene all’eredità della Transilvania” e che vi partecipano fedeli di tante confessioni, “veglia e intercede anche davanti a ciascuno di noi, perché non ci lasciamo rubare la fraternità dalle voci e dalle ferite che alimentano la divisione e la frammentazione. Le complesse e tristi vicende del passato non vanno dimenticate o negate, ma non possono nemmeno costituire un ostacolo o un argomento per impedire una agognata convivenza fraterna”.
Inevitabile, quindi, in un Paese agitato ancora da tensioni etniche e religiose tra la componente ungherese, presente in tre distretti transilvani, ma ,di fatto, minoranza, e la maggioranza romena, l’invito da parte di Francesco a “camminare insieme”, non dimenticando il passato, ma “cercando una convivenza pacifica”, perché pellegrinare vuol dire “lottare affinché quelli che ieri erano rimasti indietro diventino i protagonisti del domani , e i protagonisti di oggi non siano lasciati indietro domani”. Significa, inoltre, “credere al Signore che viene e che è in mezzo a noi promuovendo e stimolando la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità e di giustizia”.
“Camminiamo e camminiamo insieme”, ha concluso Bergoglio, “lasciando che sia il Vangelo il lievito capace di impregnare tutto e di donare ai nostri popoli la gioia della salvezza, nell’unità e nella fraternità”.
Nel primo pomeriggio, raggiunta Iasi, in Moldavia, dove risiede la maggioranza dei cattolici romeni, l’incontro con i giovani e le famiglie, in piazza della Cultura, preceduto dalla visita alla nuova Cattedrale, dove Francesco ha salutato alcuni disabili e i loro familiari, recitando insieme con loro un’Ave Maria.
Di fronte al pubblico dei ragazzi e delle famiglie, dopo aver ascoltato numerose testimonianze, ha chiesto per ogni bambino “il diritto al futuro” e ha esortato a “camminare insieme, ognuno con la propria lingua e tradizione, ma felice di incontrarsi tra fratelli”, incitando a “non dimenticare le radici, la fede semplice e robusta delle madri e delle nonne”.
In conclusione, ha ribadito che la fede “non è quotata in borsa”, ma “è un dono” e che “senza amore e senza Dio nessun uomo può vivere sulla terra”, chiamando, dunque, i giovani ad essere “pellegrini del XXI secolo, capaci di nuova immaginazione dei legami che li uniscono, senza creare grandi programmi o progetti, ma lasciando crescere la fede”.
Poi, il Papa è rientrato a Bucarest, in attesa della terza e ultima giornata dedicata alla beatificazione dei 7 vescovi greco-cattolici martiri e all’incontro con la comunità Rom.
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