di Federica Marengo venerdì 25 aprile 2025

-Nella serata di sabato 19 aprile, il Delegato di Papa Francesco, il Cardinale Giovanni Battista Re, ha presieduto nella Basilica di San Pietro la Veglia Pasquale.
Il rito è iniziato nell’atrio della Basilica Vaticana con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale.
Dopo la processione verso l’Altare , scandita dal canto dell’Exultet, hanno avuto luogo la Liturgia della Parola e la Liturgia Battesimale, nella quale il Cardinale Giovanni Battista Re ha amministrato i Sacramenti dell’iniziazione cristiana a 3 neofiti.
Nel corso della celebrazione, il Cardinale Giovanni Battista Re ha letto l’omelia preparata dal Pontefice nella quale, citando il Preconio pasquale e un passo del Vangelo di Luca (24,1-12) sulla Risurrezione, Papa Francesco ha sottolineato: “Sul finire della notte avvengono i fatti narrati nel Vangelo appena proclamato : la luce divina della Risurrezione si accende e la Pasqua del Signore accade quando il sole sta ancora per spuntare; ai primi chiarori dell’alba si vede che la grande pietra, posta sul sepolcro di Gesù, è stata ribaltata e alcune donne arrivano in quel luogo portando il velo del lutto. Il buio avvolge lo sconcerto e la paura dei discepoli. Tutto succede nella notte. Così, la Veglia pasquale ci ricorda che la luce della Risurrezione rischiara il cammino passo dopo passo, irrompe nelle tenebre della storia senza clamore, rifulge nel nostro cuore in modo discreto. E ad essa corrisponde una fede umile, priva di ogni trionfalismo. La Pasqua del Signore non è un evento spettacolare con cui Dio afferma sé stesso e obbliga a credere in Lui; non è una mèta che Gesù raggiunge per una via facile, aggirando il Calvario; e nemmeno noi possiamo viverla in modo disinvolto e senza esitazione interiore. Al contrario, la Risurrezione è simile a piccoli germogli di luce che si fanno strada a poco a poco, senza fare rumore, talvolta ancora minacciati dalla notte e dall’incredulità”.
Tuttavia, il Santo Padre ha lanciato un monito: “Questo “stile” di Dio ci libera da una religiosità astratta, illusa dal pensare che la risurrezione del Signore risolva tutto in maniera magica. Tutt’altro: non possiamo celebrare la Pasqua senza continuare a fare i conti con le notti che portiamo nel cuore e con le ombre di morte che spesso si addensano sul mondo. Cristo ha vinto il peccato e ha distrutto la morte ma, nella nostra storia terrena, la potenza della sua Risurrezione si sta ancora compiendo. E questo compimento, come un piccolo germoglio di luce, è affidato a noi, perché lo custodiamo e lo facciamo crescere”.
Quindi, l’esortazione di Papa Francesco ai fedeli e alle fedeli: “Questa è la chiamata che, soprattutto nell’anno giubilare, dobbiamo sentire forte dentro di noi: facciamo germogliare la speranza della Pasqua nella nostra vita e nel mondo!. Quando sentiamo ancora il peso della morte dentro il nostro cuore, quando vediamo le ombre del male continuare la loro marcia rumorosa sul mondo, quando sentiamo bruciare nella nostra carne e nella nostra società le ferite dell’egoismo o della violenza, non perdiamoci d’animo, ritorniamo all’annuncio di questa notte: la luce lentamente risplende anche se siamo nelle tenebre; la speranza di una vita nuova e di un mondo finalmente liberato ci attende; un nuovo inizio può sorprenderci ,benché a volte ci sembri impossibile, perché Cristo ha vinto la morte”.
Da qui, l’invito del Pontefice, che cita Sant’Agostino, a “riprodurre la Pasqua nella nostra vita e diventare messaggeri di speranza, costruttori di speranza, mentre tanti venti di morte soffiano ancora su di noi” e l’incoraggiamento a farlo “con le nostre parole, con i nostri piccoli gesti quotidiani, con le nostre scelte ispirate al Vangelo”, poiché “tutta la nostra vita può essere presenza di speranza: per coloro ai quali manca la fede nel Signore, per chi ha smarrito la strada, per quelli che si sono arresi o hanno la schiena curva sotto i pesi della vita; per chi è solo o si è chiuso nel proprio dolore; per tutti i poveri e gli oppressi della Terra; per le donne umiliate e uccise; per i bambini mai nati e per quelli maltrattati; per le vittime della guerra”, ai quali “portare la speranza della Pasqua”.
Poi, il Santo Padre, nella Sua omelia, ha ricordato la mistica del duecento, Hadewijch di Anversa, “che ispirandosi al Cantico dei Cantici e , descrivendo la sofferenza per la mancanza dell’amato, invoca il ritorno dell’amore perché ,dice , “ci sia alla mia tenebra una svolta”, sottolineando che “Il Cristo risorto è la svolta definitiva della storia umana. Lui è la speranza che non tramonta. Lui è l’amore che ci accompagna e ci sostiene. Lui è il futuro della storia, la destinazione ultima verso cui camminiamo, per essere accolti in quella nuova vita in cui il Signore stesso asciugherà ogni nostra lacrima “e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno” e, invitando ad annunciare a tutti “questa speranza della Pasqua, questa svolta nelle tenebre”.
Infine, Papa Francesco ha concluso la Sua omelia , soffermandosi nuovamente sul “tempo di Pasqua” come “stagione di speranza”, in cui “C’è ancora paura, ancora c’è una dolorosa coscienza di peccato, ma c’è anche una luce che irrompe”, in quanto “ Pasqua porta la buona notizia che, sebbene le cose sembrino andare peggio nel mondo, il male è già stato vinto. Pasqua ci permette di affermare che, sebbene Dio sembri molto lontano e noi rimaniamo assorbiti da tante piccole realtà, il nostro Signore cammina sulla strada con noi. Vi sono molti raggi di speranza che gettano luce sul cammino della nostra vita”.
Dunque, il Pontefice ha invitato i fedeli e le fedeli e l’umanità intera a “fare spazio alla luce del Risorto”, per “diventare costruttori di speranza per il mondo”.
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