Ha raccontato l’Italia degli anni Sessanta e Settanta con intelligenza e acume e con il suo intuito ha reso iconica , attraverso le sue pellicole, la coppia di attori Mariangela Melato- Giancarlo Giannini. Prima regista donna candidata all’Oscar nel 1975 per il film “Pasqualino Settebellezze”, premio di cui è stata poi insignita alla carriera nel 2020, la regista e autrice Lina Wertmuller è scomparsa il 9 dicembre scorso all’età di novantatré anni. In segno di riconoscenza per il lustro da lei dato al Cinema italiano e al Paese, ve ne proponiamo un ritratto umano e artistico.
di Federica Marengo domenica 12 dicembre 2021
“Unica per aver sdoganato i “titoli racconto” e aver fatto commedie di costume evidenziando stereotipi sociali (la ricca snob milanese e il marinaio maschilista o l’uomo tradito che deve salvare la faccia nel paese di provincia), ha accompagnato con una firma unica un trentennio di cinema italiano” . Così scriveva di Lina Wertmuller,nel 2014, un giornalista di una nota rivista cinematografica, per celebrarla nel giorno del suo ottantanovesimo compleanno.
Nata a Roma, il 14 agosto del 1928, da Federico, un avvocato lucano di nobili origini svizzero-partenopee e da Maria Santamaria Maurizio, borghese romana, Arcangela Felice Assunta Wertmuller von Elgg Spanol von Braueich, questo il vero nome della regista, instaura sin da piccola un forte legame d’amicizia con Flora Carabella, futura attrice e moglie di Marcello Mastroianni, rivelatasi determinante nella sua scelta di intraprendere la carriera artistica.
Iscrittasi a soli diciassette anni, in piena Seconda Guerra Mondiale, all’Accademia Teatrale diretta da Pietro Sharoff, conseguito il diploma, dirige per alcuni anni gli spettacoli dei burattini di Maria Signorelli.
Assistente di celebri registi, quali Guido Salvini, Giorgio De Lullo e Garinei e Giovannini , fra gli anni Cinquanta e Sessanta, lavora per la radio e la televisione, come autrice e regista della prima edizione della trasmissione Rai “Canzonissima”, senza ,però, trascurare la famiglia: è sposata con lo scenografo Enrico Job ed è madre della piccola Maria Zulima.
Avvicinatasi con gradualità al mondo del Cinema , è dapprima segretaria di edizione per il film di Armando Grottini “…e Napoli canta!” e, poi, aiuto regista e attrice nelle pellicole di Federico Fellini “La dolce vita” e “81/2”.
Debuttato come regista nel 1963, dirige il film “I basilischi”, affresco di un Meridione indolente, con cui si aggiudica il premio “Vela d’argento” al Locarno Festival.
Negli stessi anni, ottenuta una vasta popolarità con la regia dello sceneggiato televisivo Rai “Il giornalino di Gian Burrasca”, adattamento dell’omonimo romanzo di Vamba, interpretato dalla cantante Rita Pavone, si cimenta nel genere “Western all’italiana”, firmando con lo pseudonimo di “Nathan Witch” ,la pellicola “The Belle Starr Story” e , come autrice di canzoni,scrivendo per Mina il testo di “Mi sei scoppiato dentro al cuore”.
Tuttavia, la vera svolta arriva solo nel decennio Settanta, grazie a film come “Mimì metallurgico ferito nell’onore”, “Film d’amore e d’anarchia-Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza”, “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto”, “Pasqualino Settebellezze” (quest’ultimo si aggiudica ben quattro candidature al Premio Oscar), “La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia” e “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici”, interpretati perlopiù dalla coppia Mariangela Melato-Giancarlo Giannini.
Affermatasi a livello internazionale, nel 1972 collabora alla stesura della sceneggiatura di “Fratello sole, sorella luna” , pellicola diretta da Franco Zeffirelli, mentre, in seguito, affronta con leggerezza e coraggio il tema del terrorismo nel film “Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada”.
Poi, verso la fine degli anni Ottanta e la prima metà dei Novanta, si dedica alla sua passione per la Lirica, dirigendo opere quali: “Carmen” di Georges Bizet e “Bohème” di Giacomo Puccini, con le quali inaugura le stagioni teatrali del Teatro San Carlo di Napoli e il Teatro dell’Opera di Atene.
Alternata la denuncia della controversa realtà della periferia partenopea (“Io speriamo che me la cavo”, pellicola del 1992 tratta dall’omonimo libro best seller del maestro Marcello D’Orta) , alla ricostruzione storica in chiave di commedia ( “Ferdinando e Carolina”), fra il 2001 e il 2008, torna sul piccolo schermo , dirigendo Sophia Loren e Claudia Gerini nella miniserie in costume “Francesca e Nunziata” e Gabriella Pession e Sergio Assisi in “Mannaggia la miseria”.
Insignita nel 2010 di un Premio David di Donatello alla carriera, il 22 dicembre del 2015 riceve dal sindaco di Napoli , Luigi de Magistris, la cittadinanza onoraria , per via della sua sintonia artistica e umana con la città , a proposito della quale, qualche tempo fa, aveva detto : “Io , con Napoli ho un legame forte e incessante. Ricordo la canzone intonata da mio padre Federico. Quando ero bambina , alla mattina , dal bagno arrivava la sua voce che cantava “Scetateve guagliun ‘e malavita!”, poi c’è stato Enrico Job, mio marito, l’uomo più importante che mi sia capitato di incontrare, che era nato in Via Chiatamone . Andando più indietro, ritrovo mio nonno , il cavaliere Arcangelo Santamaria Maurizio, che era napoletano…Napoli è un serbatoio inesauribile di idee, spunti, un vivaio di straorinari caratteristi. Il genio è insito nel napoletano. Esce a guizzi, da ogni parte. Lo spettacolo è nel suo essere . E recitare è un talento naturale e come si fa a non amare Napoli?” .
Tributata nel 2018 dal Capo dello Stato , Sergio Mattarella, dell’onorificenza di Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e, nel 2019, dall’Academy, di un Premio Oscar alla carriera, consegnatole nel corso della cerimonia svoltasi nel 2020, da Sophia Loren, una tra le sue attrici più amate, sorta di risarcimento per la mancata vittoria del 1975 con il film “Pasqualino Settebellezze”, per “ aver scardinato con coraggio le regole politiche e sociali attraverso la sua arma preferita: la cinepresa”, si è spenta nella sua casa romana il 9 dicembre scorso ,all’età di novantatré anni.
Salutata da familiari, amici e dalla gente comune, alla camera ardente allestita in Campidoglio e nel corso delle esequie svoltesi nella basilica di Santa Maria in Montesanto, in piazza del Popolo, meglio nota come “chiesa degli Artisti”,è stata ricordata dall’attore, Giancarlo Giannini, che da lei e dalla sua regia fu valorizzato al punto da diventare una icona del cinema, con i versi di una poesia: “Che piccola cosa, una vita!
La mia, come tutte, è una goccia.
Voglio si perda in un mare d’amore,
perché è l’unica via, altrimenti
è una goccia sprecata: troppo piccola
per essere felice da sola, e troppo grande
per accontentarsi del nulla”.
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