di Federica Marengo sabato 2 gennaio 2020

-A un giorno di distanza dal discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Mattarella, che ha invitato i partiti alla responsabilità e alla coesione, piuttosto che agli “illusori interessi di parte”, per poter affrontare la “ricostruzione” del Paese e la gestione dei finanziamenti in arrivo dalla UE, il leader e fondatore di Italia Viva, Renzi, pur plaudendo all’appello giunto dal Colle, non sembra aver intenzione di fare marcia indietro rispetto al proposito di abbandonare il Governo, nel caso in cui il Premier Conte non accogliesse le richieste del suo partito in merito al Recovery Plan (dagli investimenti in Cultura, Infrastrutture, Ambiente e Opportunità, all’accesso al Mes sanitario, passando per la cessione della delega ai Servizi Segreti e per l’eliminazione della fondazione sulla Cybersicurezza).
Infatti, l’ex Premier e segretario del Pd, in un’intervista a Il Messaggero e a Il Mattino, affermando di aver apprezzato e di condividere le parole di Mattarella, tornando sull’ipotesi di una crisi di Governo e sulle parole di Conte riguardo la parlamentarizzazione della crisi, qualora i renziani si sfilassero dalla Maggioranza, ha dichiarato : “Dipende da Conte prima e dal Parlamento poi, non da me. Noi abbiamo messo per iscritto in due documenti le cose che non ci convincono. Sono argomenti di merito, tanti. Se avessimo preso i soldi del Mes a primavera oggi avremmo più risorse per velocizzare la vaccinazione. Se avessimo sbloccato i cantieri, oggi avremmo meno soldi da spendere per la cassa integrazione. Se però le nostre idee danno fastidio, andiamo all`Opposizione. Abbiamo la schiena dritta, non cediamo sui contenuti in cambio di tre poltrone. Nessun altolà, ma hanno cercato di approvare nottetempo un documento decisivo per il futuro del nostro Paese senza averlo letto. Non dico senza averlo fatto vedere a noi, ma nemmeno senza averlo letto loro. Quando il Premier dice che quello non era un emendamento alla legge di Bilancio e viene smentito dai suoi Ministri provo dispiacere per lui: un tempo ci si domandava chi scrivesse i testi di Palazzo Chigi, adesso la domanda è se c`è qualcuno che li legga. Io chiedo solo serietà. Qui c`è un Paese da ricostruire, abbiamo una piccola finestra temporale in cui possiamo spendere trecento miliardi. Posso discuterne o devo solo dire Sì a documenti impresentabili? Perché se servono gli schiaccia-tasti facciano senza di noi. Se serve gente che studia i contenuti, invece, ci siamo. Questa è la differenza tra populismo e politica”.
Quindi, sull’ipotesi di una crisi di Governo , ha affermato: “Conte ha detto che verrà in Parlamento. A mio giudizio ha sbagliato a chiudere così la verifica di Governo. Ma se ha scelto di andare a contarsi in Aula accettiamo la sfida. Peraltro, lo ha fatto dal pulpito di una conferenza stampa mentre il Senato votava per la prima volta una legge di bilancio il 30 dicembre senza possibilità di cambiarla. Uno scandalo istituzionale. Se si fosse preso la briga di venire in Parlamento anche ad ascoltare i Senatori avrebbe potuto imparare qualcosa dal bellissimo discorso di Luigi Zanda. Come sa con Zanda ho litigato spesso e su molte cose non condivido il suo pensiero: ma nell`intervento che ha fatto ha dato una lezione a tutti sul rispetto delle istituzioni. Peccato che Conte abbia preferito evitare l`Aula per inseguire l`ennesima diretta tv e qualche parlamentare vorrà appoggiare il Governo Conte perché convinto dalle parole del premier, bene. Mi fa sorridere che chi è entrato in Parlamento per aprirlo come una scatoletta di tonno finisca col dipendere dalle mosse di Clemente Mastella. E lo dico con rispetto per Mastella, sia chiaro. Ma si chiama democrazia parlamentare e va bene così. Penso che il Premier sia sicuro dei suoi conti, altrimenti avrebbe scelto la strada del confronto politico prima di andare in Aula. Invece ho letto come lei le sue parole sulla sfida in Parlamento e quindi adesso aspetto rispettosamente la convocazione del Senato. In Italia c`è solo un Premier alla volta. Oggi si chiama Conte. E lui mi sembra molto fiducioso sui numeri, altrimenti avrebbe usato un tono diverso in queste settimane. Se invece andrà sotto, abbiamo varie soluzioni diverse che potranno essere valutate dal Parlamento e dal Capo dello Stato. Anticipare adesso la posizione di Italia Viva sarebbe mancare di rispetto al Quirinale. La Costituzione dice che la legislatura va avanti finché ci sono i numeri in Parlamento, non finché lo dice Conte. Per me, la politica è progetto e visione, non sondaggi. Non so cosa penseranno gli elettori quando andremo a votare. So che non posso lasciare ai miei figli e ai miei nipoti che verranno un debito pubblico al 160% senza che quei soldi siano utilizzati per qualcosa di utile. Serve quello che Draghi chiama “debito buono”: infrastrutture, non navigator. Soldi per chi assume, non per restare sul divano. Su di me hanno detto tante bugie, dall`aereo di stato agli sms sul terremoto. La nuova bugia è che io sono un irresponsabile perché in tempi di pandemia non si può parlare di politica. Ma se la Germania ha duecentomila vaccinati e noi trentamila posso dire che si può fare meglio? Se siamo spariti dal Mediterraneo posso dire che si può fare meglio? Irresponsabile non è chi fa proposte, irresponsabile è chi fa spallucce davanti a proposte serie. Quanto a IV crescerà, ma quello che mi importa adesso è che cresca l`Italia: il numero degli occupati, il numero dei vaccinati, il numero degli studenti che tornano in classe”.
Tuttavia, dagli altri partiti di Governo, Pd, M5S e LeU , è arrivato un appello al dialogo costruttivo e alla sintesi tra le diverse posizioni, per evitare una crisi in piena campagna vaccinale e nei mesi cruciali per la ripresa del Paese e per la gestione delle finanze stanziate dalla UE, i quali, però, hanno anche evidenziato come, in caso di crisi dell’Esecutivo, l’unica opzione possibile sarebbe quella delle elezioni anticipate.
Dunque, per sapere se Italia Viva abbandonerà la Maggioranza, aprendo di fatto la crisi e scenari come il rimpasto, un Governo Conte Ter o l’insediamento di un nuovo Premier, bisognerà aspettare il Consiglio dei Ministri del 7 gennaio, quando il Premier presenterà la nuova bozza del Recovery Plan. A ogni modo, qualora si dovesse andare a una verifica della Maggioranza in Parlamento, a preoccupare sarebbero i numeri del Senato, dove dagli attuali 168 senatori, con le defezioni dei renziani si andrebbe a 151, a meno di un soccorso esterno, che, essendo già stato negato da Udc e Cambiamo, potrebbe provenire solo da Forza Italia.
Intanto, l’assenza nel Decreto Milleproroghe, approvato qualche settimana fa dal Consiglio dei Ministri, di un ulteriore stop alle notifiche, determinerà nelle prossime ore il riavvio da parte dell’Agenzia delle Entrate della macchina per notificare atti di accertamento, pignorare stipendi e conti correnti e bloccare la possibilità di compensare eventuali crediti d’imposta per i contribuenti con debiti superiori ai 1000 euro.
Ingente, la mole di atti che arriveranno nei prossimi 12 mesi: ai 34 milioni di atti della Riscossione, infatti, bisogna sommare i 16 milioni delle Entrate, per un totale di 50 milioni di atti, che rischiano di rallentare l’attività ordinaria di uffici postali e del Fisco.
Dunque, per cercare di evitare il forte impatto sulle imprese e i cittadini, allo studio del Governo vi sarebbero varie ipotesi, come: una nuova rottamazione delle cartelle ,chiedendo ai contribuenti di saldare i propri debiti con fisco, Comuni ed enti di previdenza senza pagare sanzioni e interessi; una rottamazione-quater con una riedizione del saldo e stralcio che cancelli il debito entro un certo limite , la rateizzazione molto più ampia rispetto agli attuali 10 anni ,consentendo così di dilazionare il debito nel tempo e la possibilità di allungare i termini di accertamento, su cui però Parlamento e Governo hanno già fatto marcia indietro dopo le proteste di associazioni di categoria e dei professionisti, in occasione dei lavori di conversione in legge del Decreto Cura Italia.
Rassicurazioni al riguardo, però, sono arrivate dalla Viceministra all’Economia Castelli, che ha spiegato: “Attueremo una gestione straordinaria per trattare le milioni di cartelle che si genereranno nel 2021, per posizioni maturate nel 2020. Una parte per i più fragili, ad esempio, andrà rimandata, e una parte, per chi è nelle condizioni di poterlo fare, andrà trattata in bonis, facendo pagare con uno ‘sconto’ su sanzioni e interessi. In più serve gestire gli anni dal 2016 al 2019, con una “rottamazione quater”, un saldo e stralcio, per quei contribuenti in difficoltà e hanno posizioni aperte con il fisco, dovute a morosità incolpevoli. Il Governo lavora anche alla “pulizia del magazzino pre 2015 dei ruoli inesigibili che costano troppo e non portano a nulla. Il magazzino infatti riguarda in gran parte soggetti falliti, deceduti, imprese cessate, da cui lo Stato non può più riscuotere”,mentre il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ruffini , in un’intervista al Quotidiano Nazionale-Il Resto del Carlino,in merito alla riforma del Fisco, ha spiegato: “È urgente e condivisa una riforma del Fisco. Era un’esigenza già sentita, ancora prima che l’emergenza sanitaria portasse alla luce in modo dirompente alcune fragilità del nostro Paese. Il nostro sistema fiscale è davvero una giungla impossibile da comprendere per chiunque, fatta di 700-800 leggi che in 50 anni hanno avuto oltre 1.200 modifiche. Abbiamo una confusione legislativa che consente al cittadino di confondersi, alla Agenzia delle Entrate di commettere errori e all’evasore di non essere trovato. È arrivato il momento di metterci mano.. Il primo passo deve essere proprio la riorganizzazione delle troppe leggi tributarie esistenti. Sarebbe già un grande risultato avere testi organizzati per tipo di tributi e per procedure: dichiarazione, versamento, accertamento, contenzioso, riscossione, processo tributario. Raccolte simili metterebbero il Parlamento nelle condizioni di intervenire in modo razionale su tali testi, innovandoli con un’opera sistematica di semplificazione. Una volta fatto questo, si può passare a una vera riforma: l’ultima risale ormai a cinquant’anni fa. Serve una riforma che riguardi tutto: tassazione delle persone fisiche e delle partite IVA, imposte dirette, indirette, accertamento, riscossione e contenzioso tributario. Ma la riforma del fisco non è solo una questione relativa al fatto di scegliere quale imposta aggredire o quale aliquota individuare. La riforma fiscale da fare è molto più ampia. Con l’obiettivo che il cittadino venga prima del contribuente: rispetto reciproco, stesso livello di garanzie, zero burocrazia. Il Fisco nel suo complesso non è la mera somma di numeri e norme. È un’infrastruttura, forse la più importante perché da questa dipendono tutte le altre. E un’opera pubblica che ha bisogno di un progetto di medio periodo, di costante manutenzione e di un investimento in risorse umane, tecniche e finanziarie. Per far crescere una quercia ci vogliono 100 anni, ma per una zucca bastano 2 mesi. Così, anche nella politica tributaria dovremmo piantare querce, dalla crescita lenta ma duratura, e non zucche, rapide ma effimere. E un’ampia e condivisa riforma fiscale potrà concretamente aiutare la ripresa, diventarne anzi un volano formidabile. Dare certezze nelle norme e semplicità negli adempimenti libera tempo ed è un valore”.
Sul fronte delle Opposizioni di Centrodestra, invece, il segretario della Lega Salvini e il Presidente di Forza Italia Berlusconi, non hanno alcun dubbio: “Governo di irresponsabili, che non fa il bene dell’Italia. Necessario lo stop alle cartelle esattoriali e la pace fiscale”, mentre la leader di Fratelli d’Italia, Meloni, in un’intervista a Il Corriere della Sera, ha aperto a una collaborazione in Parlamento, ma ribadendo il suo No all’ingresso in un Esecutivo di transizione: “Far cadere il governo Conte è una nostra priorità. Non farei mai il Ministro in un Governo del quale fossero parte organica forze di sinistra, M5S, Pd, Leu, Renzi. Ma non ho bisogno di fare il Ministro per dare una mano all’Italia, lo abbiamo già dimostrato in passato, votando ad esempio i decreti sicurezza o il taglio dei parlamentari. Non credo che l’ipotesi-Draghi sia in campo. In ogni caso, trovo inutile mettersi a fare ipotesi di qualunque tipo, se non si sa con quale scenario si ha a che fare. È una discussione lunare. Quando e se ci sarà una proposta, la giudicheremo nel merito. La nostra stella polare rimane la volontà degli italiani. Questo Governo è del tutto inadeguato a gestire le risorse per l’emergenza, andare alle elezioni anticipate rimane la strada naturale, e se anche il resto dell’ Opposizione è d’accordo, il momento per agire è ora. Tra sei mesi si apre il semestre bianco e diventa impossibile sciogliere le Camere. Sono d’accordo con Mattarella che ‘va cambiato ciò che c’è da cambiare’, ma secondo me quello che va cambiato è questo Parlamento, non in grado di gestire la crisi non potendo esprimere una Maggioranza coesa. In ogni caso, una cosa per volta. Cominciamo mandando a casa Conte, se c’è una possibilità. Se non c’è, tanto vale almeno mettere fine a questo balletto vergognoso. In caso di crisi, le cose non dipendono solo da noi. Anzi, dati i numeri parlamentari, dipendono da noi in misura marginale”.
Non meno complessa poi per il Governo, la gestione dell’emergenza sanitaria, con il ritorno il 7 gennaio del sistema della ripartizione delle Regioni in fasce di rischio sulla base dei dati elaborati dalla cabina di regia in rapporto ai report delle Regioni, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità , il Consiglio Superiore della Sanità e il Comitato Tecnico Scientifico, cui seguirà l’ordinanza del Ministro della Salute Speranza.
Tra i nodi da sciogliere, anche quello del rientro in aula , in presenza, seppur ridotta al 50%, proprio il 7 gennaio, degli studenti delle scuole Superiori ,che ha incontrato la resistenza dell’Associazione Presidi del Lazio, che ha lamentato la mancata risoluzione della questione dei Trasporti e dunque chiesto il rinvio del rientro in classe.
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