di Federica Marengo martedì 2 ottobre 2025

-Domenica 28 settembre, Papa Leone XIV ha presieduto in Piazza San Pietro la Messa in occasione del Giubileo dei Catechisti.
Dopo la proclamazione del Vangelo, il Pontefice ha pronunciato la Sua omelia, nella quale ha commentato il passo evangelico del giorno, tratto dal Vangelo di Luca (16,19-31), che racconta di Lazzaro ,un povero che vive di stenti davanti alla porta dell’abitazione di un uomo ricco, che vive nell’abbondanza e nell’indifferenza, riguardo cui il Santo Padre ha detto: “Lazzaro viene dimenticato da chi gli sta di fronte, appena oltre la porta di casa, eppure Dio gli è vicino e ricorda il suo nome. L’uomo che vive nell’abbondanza, invece, è senza nome, perché perde sé stesso, dimenticandosi del prossimo. È disperso nei pensieri del suo cuore, pieno di cose e vuoto d’amore. I suoi beni non lo rendono buono”.
Poi, sottolineando l’attualità del brano evangelico, Papa Leone XIV, ha affermato: “Alle porte dell’opulenza sta oggi la miseria di interi popoli, piagati dalla guerra e dallo sfruttamento. Attraverso i secoli, nulla sembra essere cambiato: quanti Lazzaro muoiono davanti all’ingordigia che scorda la giustizia, al profitto che calpesta la carità, alla ricchezza cieca davanti al dolore dei miseri! Eppure il Vangelo assicura che le sofferenze di Lazzaro hanno un termine. Finiscono i suoi dolori come finiscono i bagordi del ricco, e Dio fa giustizia verso entrambi: “Il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto”. Senza stancarsi, la Chiesa annuncia questa parola del Signore, affinché converta i nostri cuori”.
Ancora, ricordando che lo stesso brano evangelico è stato proclamato proprio durante il Giubileo dei Catechisti nel Giubileo straordinario della Misericordia del 2016, il Pontefice ha citato le parole di Papa Francesco sulla centralità della morte e Risurrezione di Cristo: “Questo centro attorno al quale tutto ruota, questo cuore pulsante che dà vita a tutto è l’annuncio pasquale, il primo annuncio: il Signore Gesù è risorto, il Signore Gesù ti ama, per te ha dato la sua vita; risorto e vivo, ti sta accanto e ti attende ogni giorno”.
Da qui, il Santo Padre , tornando alla Parola del Giorno, si è soffermato sul dialogo tra l’uomo ricco e Abramo, ovvero la supplica che il ricco rivolge ad Abramo per salvare i suoi fratelli, e ha evidenziato: “Parlando con Abramo, infatti, egli esclama: “Se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Così risponde Abramo: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Ebbene, uno è risorto dai morti: Gesù Cristo. Le parole della Scrittura, allora, non ci vogliono deludere o scoraggiare, ma destano la nostra coscienza. Ascoltare Mosè e i Profeti significa fare memoria dei comandamenti e delle promesse di Dio, la cui provvidenza non abbandona mai nessuno. Il Vangelo ci annuncia che la vita di tutti può cambiare, perché Cristo è risorto dai morti. Questo evento è la verità che ci salva: perciò va conosciuta e annunciata, ma non basta. Va amata: è quest’amore che ci porta a comprendere il Vangelo, perché ci trasforma aprendo il cuore alla parola di Dio e al volto del prossimo”.
Quindi, Papa Leone XIV , rivolgendosi ai catechisti e alle catechiste, ha detto: “A questo proposito, voi catechisti siete quei discepoli di Gesù, che ne diventano testimoni: il nome del ministero che svolgete viene dal verbo greco katēchein, che significa “istruire a viva voce, far risuonare”. Ciò vuol dire che il catechista è persona di parola, una parola che pronuncia con la propria vita. Perciò i primi catechisti sono i nostri genitori, coloro che ci hanno parlato per primi e ci hanno insegnato a parlare. Come abbiamo imparato la nostra lingua madre, così l’annuncio della fede non può essere delegato ad altri, ma accade lì dove viviamo. Anzitutto nelle nostre case, attorno alla tavola: quando c’è una voce, un gesto, un volto che porta a Cristo, la famiglia sperimenta la bellezza del Vangelo. Tutti siamo stati educati a credere mediante la testimonianza di chi ha creduto prima di noi. Da bambini e da ragazzi, da giovani, poi da adulti e anche da anziani, i catechisti ci accompagnano nella fede condividendo un cammino costante, come avete fatto voi in questi giorni, nel pellegrinaggio giubilare. Questa dinamica coinvolge tutta la Chiesa: infatti, mentre il Popolo di Dio genera uomini e donne alla fede, “cresce la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità”. In tale comunione, il Catechismo è lo “strumento di viaggio” che ci ripara dall’individualismo e dalle discordie, perché attesta la fede di tutta la Chiesa cattolica. Ogni fedele collabora alla sua opera pastorale ascoltando le domande, condividendo le prove, servendo il desiderio di giustizia e di verità che abita la coscienza umana. È così che i catechisti in-segnano, cioè lasciano un segno interiore: quando educhiamo alla fede, non diamo un ammaestramento, ma poniamo nel cuore la parola di vita, affinché porti frutti di vita buona. Al diacono Deogratias, che gli chiedeva come essere un buon catechista, sant’Agostino rispose: “Esponi ogni cosa in modo che chi ti ascolta ascoltando creda, credendo speri e sperando ami”.
Infine, a conclusione della Sua omelia, il Pontefice ha così esortato i catechisti e le catechiste e i fedeli: “Facciamo nostro questo invito. Ricordiamoci che nessuno dà quello che non ha. Se il ricco del Vangelo avesse avuto carità per Lazzaro, avrebbe fatto del bene, oltre che al povero, anche a sé stesso. Se quell’uomo senza nome avesse avuto fede, Dio lo avrebbe salvato da ogni tormento: è stato l’attaccamento alle ricchezze mondane a togliergli la speranza del bene vero ed eterno. Quando anche noi siamo tentati dall’ingordigia e dall’indifferenza, i molti Lazzaro di oggi ci ricordano la parola di Gesù, diventando per noi una catechesi ancora più efficace in questo Giubileo, che è per tutti tempo di conversione e di perdono, di impegno per la giustizia e di ricerca sincera della pace”.
Terminata la Messa, poi, Papa Leone XIV, prima di recitare la preghiera dell’Angelus, ha pronunciato un breve discorso, nel quale, salutando i catechisti e le catechiste in Piazza e i catechisti e le catechiste da Lui istituiti del Ministero nel corso della celebrazione, ha inviato “un caloroso augurio di buon servizio ai catechisti e alle catechiste di tutta la Chiesa sparsa nel mondo”, ringraziandoli e pregando per loro e “per quelli che operano in condizioni di grandi difficoltà”.
A seguire, il Pontefice ha espresso vicinanza alle popolazioni delle Filippine, dell’isola di Taiwan, della città di Hong Kong, della regione del Guangdong e del Vietnam, colpite da un tifone abbattutosi sui territori asiatici e ha affidato alle Sue preghiere le vittime, i dispersi, le numerose famiglie sfollate, le moltissime persone che hanno subito disagi , i soccorritori e le autorità civili, invitando tutti alla fiducia in Dio e alla solidarietà e , pregando affinché il Signore doni loro forza e coraggio per “prevalere su ogni avversità”.
In ultimo, affidando i catechisti e le catechiste e i fedeli all’intercessione della Vergine Maria, madre e prima discepola di Gesù, affinché “sostenga oggi l’impegno della Chiesa nell’annuncio della fede”, ha annunciato che il prossimo 1° novembre, nell’ambito del Giubileo del Mondo Educativo, conferirà il titolo di Dottore della Chiesa a San John Henry Newman, “il quale contribuì in maniera decisiva al rinnovamento della teologia e alla comprensione della dottrina cristiana nel suo sviluppo”.
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