di Federica Marengo lunedì 30 giugno 2025

-Ieri, domenica 29 giugno, Papa Leone XIV° ha presieduto nella Basilica Vaticana, insieme con i Cardinali, gli Arcivescovi metropoliti e i Vescovi, la Messa in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, patroni della Capitale e ha benedetto e imposto i Palli destinati agli Arcivescovi Metropoliti nominati in questo anno.
Durante la celebrazione, dopo la proclamazione del Vangelo, il Pontefice ha pronunciato la Sua omelia, incentrata proprio sulle figure dei due apostoli e martiri, patroni, della diocesi e della città di Roma , sottolineando come, rispetto alla loro testimonianza, siano importanti due aspetti che li accomunano: la “comunione ecclesiale” e la “vitalità della fede”.
In merito alla “comunione ecclesiale”, il Santo Padre , citando le due Letture loro dedicate, appena ascoltate nella celebrazione, ha spiegato: “La liturgia di questa Solennità, infatti, ci fa vedere come Pietro e Paolo sono stati chiamati a vivere un unico destino, quello del martirio, che li ha associati definitivamente a Cristo. Nella prima Lettura troviamo Pietro che, in prigione, attende che sia eseguita la sentenza; nella seconda, l’apostolo Paolo, anch’egli in catene, in una sorta di testamento afferma che il suo sangue sta per essere sparso e offerto a Dio. Sia Pietro che Paolo, dunque, donano la loro vita per la causa del Vangelo”.
Tuttavia, ha sottolineato Papa Leone XIV°, “questa comunione nell’unica confessione della fede non è una conquista pacifica”, in quanto “ I due Apostoli la raggiungono come un traguardo a cui approdano dopo un lungo cammino, nel quale ciascuno ha abbracciato la fede e ha vissuto l’apostolato in modo diverso. La loro fraternità nello Spirito non cancella le diversità dalle quali sono partiti: Simone era un pescatore di Galilea, Saulo invece un rigoroso intellettuale appartenente al partito dei farisei; il primo lascia subito tutto per seguire il Signore; il secondo perseguita i cristiani finché viene trasformato da Cristo Risorto; Pietro predica soprattutto ai Giudei; Paolo è spinto a portare la Buona Notizia alle genti. Tra i due, come sappiamo, non mancarono conflitti a proposito del rapporto con i pagani, al punto che Paolo afferma: “Quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto”. E di tale questione, come sappiamo, si occuperà il Concilio di Gerusalemme, nel quale i due Apostoli si confronteranno ancora”.
Quindi, il Pontefice ha posto in evidenza: “La storia di Pietro e Paolo ci insegna che la comunione a cui il Signore ci chiama è un’armonia di voci e di volti e non cancella la libertà di ognuno. I nostri Patroni hanno percorso sentieri diversi, hanno avuto idee differenti, a volte si sono confrontati e scontrati con franchezza evangelica. Eppure ciò non ha impedito loro di vivere la concordia apostolorum, cioè una viva comunione nello Spirito, una feconda sintonia nella diversità. Come afferma Sant’Agostino, “un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola”.
Pertanto, ha proseguito il Santo Padre, la comunione ecclesiale “nasce dall’impulso dello Spirito, unisce le diversità e crea ponti di unità nella varietà dei carismi, dei doni e dei ministeri” e di tale fraternità “Ne ha bisogno la Chiesa, ne hanno bisogno le relazioni tra laici e presbiteri, tra i presbiteri e i Vescovi, tra i Vescovi e il Papa; così come ne hanno bisogno la vita pastorale, il dialogo ecumenico e il rapporto di amicizia che la Chiesa desidera intrattenere con il mondo”.
Poi, Papa Leone XIV° ha esortato a impegnarsi “ a fare delle nostre diversità un laboratorio di unità e di comunione, di fraternità e di riconciliazione perché ciascuno nella Chiesa, con la propria storia personale, impari a camminare insieme agli altri”.
Riguardo l’altro aspetto che connota le figure dei Santi Apostoli e martiri Pietro e Paolo, la “vitalità della fede”, il Pontefice ha detto: “Nell’esperienza del discepolato, infatti, c’è sempre il rischio di cadere nell’abitudine, nel ritualismo, in schemi pastorali che si ripetono senza rinnovarsi e senza cogliere le sfide del presente. Nella storia dei due Apostoli, invece, ci ispira la loro volontà di aprirsi ai cambiamenti, di lasciarsi interrogare dagli avvenimenti, dagli incontri e dalle situazioni concrete delle comunità, di cercare strade nuove per l’evangelizzazione a partire dai problemi e dalle domande posti dai fratelli e dalle sorelle nella fede. E al centro del Vangelo che abbiamo ascoltato c’è proprio la domanda che Gesù pone ai suoi discepoli, e che rivolge anche a noi oggi, perché possiamo discernere se il cammino della nostra fede conserva dinamicità e vitalità, se è ancora accesa la fiamma della relazione con il Signore: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Ogni giorno, ad ogni ora della storia, sempre dobbiamo porre attenzione a questa domanda. Se non vogliamo che il nostro essere cristiani si riduca a un retaggio del passato, come tante volte ci ha ammoniti Papa Francesco, è importante uscire dal rischio di una fede stanca e statica, per chiederci: chi è oggi per noi Gesù Cristo? Che posto occupa nella nostra vita e nell’azione della Chiesa? Come possiamo testimoniare questa speranza nella vita di tutti i giorni e annunciarla a coloro che incontriamo?. L’esercizio del discernimento, che nasce da questi interrogativi, permette alla nostra fede e alla Chiesa di rinnovarsi continuamente e di sperimentare nuove vie e nuove prassi per l’annuncio del Vangelo. Questo, insieme alla comunione, dev’essere il nostro primo desiderio. In particolare, oggi vorrei rivolgermi alla Chiesa che è in Roma, perché più di tutte essa è chiamata a diventare segno di unità e di comunione, Chiesa ardente di una fede viva, Comunità di discepoli che testimoniano la gioia e la consolazione del Vangelo in tutte le situazioni umane”.
Al termine della Sua omelia, il Santo Padre ha salutato gli Arcivescovi Metropoliti, prima di consegnare loro i Palli, dicendo: “Questo segno, mentre richiama il compito pastorale che vi è affidato, esprime la comunione con il Vescovo di Roma, perché nell’unità della fede cattolica, ciascuno di voi possa alimentarla nelle Chiese locali a voi affidate”.
Infine, salutati anche i membri del Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina e la Delegazione del Patriarcato Ecumenico, Papa Leone XIV° ha invocato l’intercessione dei Santi Apostoli e Martiri Pietro e Paolo, “sulla città di Roma, sulla Chiesa e sul mondo intero”.
A seguire, il Pontefice si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini in piazza San Pietro, soffermandosi ancora, nel suo discorso introduttivo, sulle figure dei Santi Apostoli e martiri Pietro e Paolo: “Oggi è la grande festa della Chiesa di Roma, generata dalla testimonianza degli Apostoli Pietro e Paolo e fecondata dal loro sangue e da quello di molti altri martiri. Anche ai nostri giorni, in tutto il mondo, vi sono cristiani che il Vangelo rende generosi e audaci persino a prezzo della vita. Esiste così un ecumenismo del sangue, una invisibile e profonda unità fra le Chiese cristiane, che pure non vivono ancora tra loro la comunione piena e visibile. Voglio pertanto confermare in questa festa solenne che il mio servizio episcopale è servizio all’unità e che la Chiesa di Roma è impegnata dal sangue dei Santi Pietro e Paolo a servire la comunione tra tutte le Chiese. La pietra, da cui Pietro riceve anche il proprio nome, è Cristo. Una pietra scartata dagli uomini e che Dio ha reso pietra angolare. Questa Piazza e le Basiliche Papali di San Pietro e di San Paolo ci raccontano come quel rovesciamento continui sempre. Esse si trovano ai margini della città antica, “fuori le mura”, come si dice fino ad oggi. Ciò che a noi appare grande e glorioso è stato prima scartato ed espulso, perché in contrasto con la mentalità mondana. Chi segue Gesù si trova a camminare sulla via delle Beatitudini, dove la povertà di spirito, la mitezza, la misericordia, la fame e la sete di giustizia, l’operare per la pace trovano opposizione e anche persecuzione. Eppure, la gloria di Dio brilla nei suoi amici e lungo il cammino li plasma, di conversione in conversione”.
Poi, chiedendo l’intercessione degli Apostoli Pietro e Paolo e della Vergine Maria, “affinché in questo mondo lacerato la Chiesa sia casa e scuola di comunione”, il Santo Padre ha evidenziato: “ Il Nuovo Testamento non nasconde gli errori, le contraddizioni, i peccati di quelli che veneriamo come i più grandi Apostoli. La loro grandezza, infatti, è stata modellata dal perdono. Il Risorto, più di una volta, è andato a prenderli per rimetterli sul suo cammino. Gesù non chiama mai una volta sola. È per questo che tutti possiamo sempre sperare, come ci ricorda anche il Giubileo. L’unità nella Chiesa e fra le Chiese, sorelle e fratelli, si nutre di perdono e di reciproca fiducia. A cominciare dalle nostre famiglie e dalle nostre comunità. Se infatti Gesù si fida di noi, anche noi possiamo fidarci gli uni degli altri, nel suo Nome”.
Dopo la preghiera dell’Angelus, Papa Leone XIV° ha assicurato la Sua preghiera per la comunità del Liceo “Barthélémy Boganda” di Bangui, nella Repubblica Centrafricana e salutato i fedeli e le fedeli, in particolare i romani , nel giorno della festa dei Santi Patroni, rivolgendo un pensiero “carico di affetto” ai parroci e a tutti i sacerdoti che lavorano nelle parrocchie di Roma.
In ultimo, ricordando la Giornata dell’Obolo di San Pietro e , salutando i pellegrini dall’Ucraina , per cui ha detto di pregare sempre, i pellegrini dal Messico, dalla Croazia, dalla Polonia, dagli Stati Uniti, dal Venezuela e dal Brasile, ha ringraziato gli artisti e le artiste che hanno realizzato la tradizionale Infiorata in Via della Conciliazione e Piazza Pio XII° e ha lanciato un nuovo appello “a pregare perché dovunque tacciano le armi e si lavori per la pace attraverso il dialogo”.
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