di Federica Marengo lunedì 14 luglio 2025

-Nella giornata di ieri, domenica 13 luglio, Papa Leone XIV° ha celebrato la Messa presso la Parrocchia Pontificia di S.Tommaso da Villanova, a Castel Gandolfo, residenza estiva dei Papi in cui si trova dal 6 luglio per un breve periodo di riposo.
Il Pontefice, nel corso della celebrazione, terminata la proclamazione del Vangelo, ha pronunciato la Sua omelia, incentrata sul brano del Vangelo del giorno, secondo l’evangelista Luca, dedicato alla parabola raccontata da Gesù del buon samaritano, che soccorre e si prende cura di un uomo, incontrato lungo la via da Gerusalemme a Gerico, ferito dai briganti, ignorato, in precedenza, da un sacerdote e da un levita.
Il Santo Padre, quindi, ha sottolineato: “La compassione, infatti, è al centro della parabola. E se è vero che nel racconto evangelico essa viene descritta dalle azioni del samaritano, la prima cosa che il brano sottolinea è lo sguardo. Infatti, davanti a un uomo ferito che si trova sul ciglio della strada dopo essere incappato nei briganti, del sacerdote e del levita si dice: “lo vide e passò oltre”; del samaritano, invece, il Vangelo dice: “lo vide e ne ebbe compassione”.
Poi, a proposito dello “sguardo”, Papa Leone XIV°, citando Papa Francesco e Sant’Agostino, ha spiegato: “Il primo sguardo di cui la parabola vuole parlarci è quello che Dio ha avuto verso di noi, perché anche noi impariamo ad avere i suoi stessi occhi, colmi di amore e compassione, gli uni verso gli altri. Il buon samaritano, infatti, è anzitutto immagine di Gesù, il Figlio eterno che il Padre ha inviato nella storia proprio perché ha guardato all’umanità senza passare oltre, con occhi, con cuore, con viscere di commozione e compassione. Come il tale del Vangelo che scendeva da Gerusalemme a Gerico, l’umanità discendeva negli abissi della morte e, ancora oggi, spesso deve fare i conti con l’oscurità del male, con la sofferenza, con la povertà, con l’assurdità della morte; Dio, però, ci ha guardati con compassione, ha voluto fare Lui stesso la nostra strada, è disceso in mezzo a noi e, in Gesù, buon samaritano, è venuto a guarire le nostre ferite, versando su di noi l’olio del suo amore e della sua misericordia”.
Ancora, riferendosi nella Sua omelia alla prima Lettura odierna, tratta dal libro del Deuteronòmio, che riporta le parole di Mosè sulla legge dell’amore di Dio, ovvero: convertirsi al Signore, nostro Dio , con tutto il cuore e con tutta l’anima, il Pontefice, ha evidenziato: “Oggi c’è bisogno di questa rivoluzione dell’amore. Oggi, quella strada che da Gerusalemme discende verso Gerico, una città che si trova sotto il livello del mare, è la strada percorsa da tutti coloro che sprofondano nel male, nella sofferenza e nella povertà; è la strada di tante persone appesantite dalle difficoltà o ferite dalle circostanze della vita; è la strada di tutti coloro che “scendono in basso” fino a perdersi e toccare il fondo; ed è la strada di tanti popoli spogliati, derubati e saccheggiati, vittime di sistemi politici oppressivi, di un’economia che li costringe alla povertà, della guerra che uccide i loro sogni e le loro vite. E che cosa facciamo noi? Vediamo e passiamo oltre, oppure ci lasciamo trafiggere il cuore come il samaritano? A volte ci accontentiamo soltanto di fare il nostro dovere o consideriamo nostro prossimo solo chi è della nostra cerchia, chi la pensa come noi, chi ha la stessa nazionalità o religione; ma Gesù capovolge la prospettiva presentandoci un samaritano, uno straniero ed eretico che si fa prossimo di quell’uomo ferito. E ci chiede di fare lo stesso”. “Il samaritano ,scriveva Benedetto XVI° , “non chiede fin dove arrivino i suoi doveri di solidarietà e nemmeno quali siano i meriti necessari per la vita eterna. Accade qualcos’altro: gli si spezza il cuore. Se la domanda fosse stata: “É anche il samaritano mio prossimo?”, allora nella situazione data la risposta sarebbe stata un “no” piuttosto netto. Ma ecco, Gesù capovolge la questione: il samaritano, il forestiero, si fa egli stesso prossimo e mi mostra che io, a partire dal mio intimo, devo imparare l’essere-prossimo e che porto già dentro di me la risposta. Devo diventare una persona che ama, una persona il cui cuore è aperto per lasciarsi turbare di fronte al bisogno dell’altro”.
A conclusione della Sua omelia, il Santo Padre, ha detto: “ Vedere senza passare oltre, fermare le nostre corse indaffarate, lasciare che la vita dell’altro, chiunque egli sia, con i suoi bisogni e le sofferenze, mi spezzino il cuore. Questo ci rende prossimi gli uni degli altri, genera una vera fraternità, fa cadere muri e steccati. E finalmente l’amore si fa spazio, diventando più forte del male e della morte. Carissimi, guardiamo a Cristo buon Samaritano e ascoltiamo ancora oggi la Sua voce che dice a ciascuno di noi: “Va’ e anche tu fa’ così”.
Al termine della Messa, Papa Leone XIV° ha consegnato in dono al parroco di San Tommaso da Villanova una patena e un calice, quali strumenti di “comunione” e di “fraternità” in Cristo.
A seguire, il Pontefice, si è recato in Piazza della Libertà , per recitare l’Angelus con i fedeli davanti al Palazzo Apostolico delle Ville Pontificie.
Nel Suo discorso, che ha preceduto la preghiera mariana, il Santo Padre è tornato sul brano del Vangelo odierno che racconta del buon samaritano e sulla domanda posta da un dottore della legge a Gesù su cosa fare per ereditare la vita eterna, sottolineando: “Queste parole esprimono un desiderio costante nella nostra vita: il desiderio di salvezza, cioè di un’esistenza libera dal fallimento, dal male e dalla morte. Ciò che il cuore dell’uomo spera viene descritto come un bene da “ereditare”: non si tratta di conquistarlo con la forza, né di implorarlo come servi, né di ottenerlo per contratto. La vita eterna, che Dio solo può dare, viene trasmessa in eredità all’uomo come dal padre al figlio. Ecco perché alla nostra domanda Gesù risponde che per ricevere il dono di Dio bisogna accogliere la sua volontà. Come è scritto nella Legge: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore» e “il tuo prossimo come te stesso”. Così facendo, corrispondiamo all’amore del Padre: la volontà di Dio, infatti, è quella legge di vita che Dio per primo pratica verso di noi, amandoci con tutto sé stesso nel Figlio Gesù”.
Quindi, il Santo Padre ha esortato fedeli e pellegrini : “Fratelli e sorelle, guardiamo a Lui! Gesù è la rivelazione del vero amore verso Dio e verso l’uomo: amore che si dona e non possiede, amore che perdona e non pretende, amore che soccorre e non abbandona mai. In Cristo, Dio si è fatto prossimo di ogni uomo e di ogni donna: perciò ciascuno di noi può e deve diventare prossimo di chi incontra lungo il cammino. Sull’esempio di Gesù, Salvatore del mondo, anche noi siamo chiamati a portare consolazione e speranza, specialmente a chi è scoraggiato e deluso. Per vivere in eterno, dunque, non occorre ingannare la morte, ma servire la vita, cioè prendersi cura dell’esistenza degli altri nel tempo che condividiamo. Questa è la legge suprema, che viene prima di ogni regola sociale e le dà senso. Chiediamo alla Vergine Maria, Madre di misericordia, di aiutarci ad accogliere nel nostro cuore la volontà di Dio, che è sempre volontà d’amore e di salvezza, per essere ogni giorno operatori di pace”.
Infine, dopo la preghiera dell’Angelus, Papa Leone XIV° ha ringraziato i fedeli , i pellegrini e le autorità civili e militari presenti e ha ricordato di “pregare per la pace e per tutti coloro che, a causa della violenza e della guerra, si trovano in uno stato di sofferenza e di bisogno”.
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