di Federica Marengo sabato 4 gennaio 2025
-Nel pomeriggio del 31 dicembre scorso, Papa Francesco ha presieduto nella Basilica Vaticana i Primi Vespri, alla vigilia della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, cui è seguito il canto del Te Deum, inno di ringraziamento per l’anno trascorso.
Nel corso della celebrazione, il Pontefice ha tenuto la Sua omelia, iniziata con il ringraziamento alla Santa Madre di Dio e l’invocazione affinché “insegni all’umanità a leggere i segni dei tempi alla luce del mistero di Cristo, custodito nel Suo cuore”.
Quindi, il Santo Padre, ha ricordato come il 2024 sia stato un anno impegnativo per la città di Roma, impegnata nei preparativi per il Giubileo del 2025, sottolineando : “Questa sera è il momento di una riflessione sapienziale, per considerare che tutto questo lavoro, oltre al valore che ha in sé stesso, ha avuto un senso che corrisponde alla vocazione propria di Roma, la sua vocazione universale. Alla luce della Parola di Dio che abbiamo appena ascoltato, questa vocazione si potrebbe esprimere così: Roma è chiamata ad accogliere tutti perché tutti possano riconoscersi figli di Dio e fratelli tra loro. Perciò in questo momento vogliamo elevare il nostro rendimento di grazie al Signore perché ci ha permesso di lavorare, e lavorare tanto, e soprattutto perché ci ha dato di farlo con questo senso grande, con questo orizzonte largo, che è la speranza della fraternità”.
Poi, soffermandosi sul motto del Giubileo, “Pellegrini di speranza”, Papa Francesco ha evidenziato come esso sia “ricco di significati a seconda delle diverse possibili prospettive, che sono come altrettante “vie” del pellegrinaggio”, tra cui vi è quella della “fraternità”, già indicata nella Sua enciclica “Fratelli tutti”.
La speranza del mondo, dunque, per il Santo Padre, “sta nella fraternità” ed è proprio per questa finalità che Roma, nei mesi scorsi, è diventata “un cantiere”: per “prepararsi ad accogliere uomini e donne di tutto il mondo, cattolici e cristiani delle altre confessioni, credenti di ogni religione, cercatori di verità, di libertà, di giustizia e di pace, tutti pellegrini di speranza e di fraternità”.
Nel proseguire la Sua omelia, il Pontefice si è chiesto se tale “speranza di un’umanità fraterna” sia “solo uno slogan retorico o abbia una base “rocciosa” su cui poter costruire qualcosa di stabile e duraturo?”, rispondendo che è la Santa Madre di Dio a darci una risposta mostrandoci Gesù, in quanto “La speranza di un mondo fraterno non è un’ideologia, non è un sistema economico, non è il progresso tecnologico. La speranza di un mondo fraterno è Lui, il Figlio incarnato, mandato dal Padre perché tutti possiamo diventare ciò che siamo, cioè figli del Padre che è nei cieli, e quindi fratelli e sorelle tra di noi”.
In conclusione, Papa Francesco è tornato a ringraziare i tanti, uomini e donne, per il lavoro svolto e il sindaco di Roma, invitando a “prendere coscienza di quale sia “il cantiere decisivo, il cantiere che coinvolge ognuno di noi”, ovvero quello in cui, ogni giorno, ciascuno di noi permetterà a Dio di cambiare ciò che in noi “non è degno di un figlio”, “ciò che non è umano”, e in cui ci impegneremo “a vivere da fratello e sorella del nostro prossimo”.
Infine, invocando l’aiuto della Santa Madre affinché ci aiuti a “camminare insieme, come pellegrini di speranza, sulla via della fraternità”, il Pontefice ha impartito la Sua benedizione.
Dopo il canto del Te Deum, al termine della celebrazione, Papa Francesco si è recato in Piazza San Pietro per far visita al Presepe ivi allestito.
La mattina del 1° gennaio, invece, il Pontefice, sempre nella Basilica Vaticana, ha presieduto la Santa Messa nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, nella 58.ma Giornata Mondiale della Pace, quest’anno , anno del Giubileo, dedicata al tema: “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”.
Papa Francesco, quindi, dopo la proclamazione del Vangelo, ha pronunciato la Sua omelia, incentrata su Maria e sul mistero del Natale, ovvero del Figlio di Dio fattosi uomo per venire in mezzo a noi.
Il Pontefice, infatti, facendo riferimento alle parole dell’Apostolo Paolo: “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna”, ha sottolineato: “Queste parole ,“nato da donna” , risuonano oggi nel nostro cuore e ci ricordano che Gesù, nostro Salvatore, si è fatto carne e si svela nella fragilità della carne. “Nato da donna”. Quest’espressione ci parla anche dell’umanità del Cristo, per dirci che Egli si svela nella fragilità della carne. Se è disceso nel grembo di una donna, nascendo come tutte le creature, ecco che Egli si mostra nella fragilità di un Bambino. Per questo i pastori andando a vedere con i loro occhi quanto l’Angelo ha loro annunciato, non trovano segni straordinari o manifestazioni grandiose, ma «trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia». Trovano un neonato inerme, fragile, bisognoso delle cure della mamma, bisognoso di fasce e di latte, di carezze e di amore. San Luigi Maria Grignion de Montfort dice che la Sapienza divina «non volle, benché potesse farlo, darsi direttamente agli uomini, ma preferì darsi per mezzo della Vergine Santa. Né volle venire al mondo all’età d’uomo perfetto, indipendente dagli altri, ma come povero e piccolo bambino, bisognoso delle cure e del sostentamento della Madre». E così in tutta la vita di Gesù possiamo vedere questa scelta di Dio, la scelta della piccolezza e del nascondimento; Egli non cederà mai al fascino del potere divino per compiere grandi segni e imporsi sugli altri come gli aveva suggerito il diavolo, ma svelerà l’amore di Dio nella bellezza della sua umanità, abitando tra noi, condividendo la vita ordinaria fatta di fatiche e di sogni, mostrando compassione per le sofferenze del corpo e dello spirito, aprendo gli occhi dei ciechi e rinfrancando gli smarriti di cuore. Compassione. I tre atteggiamenti di Dio sono: misericordia, vicinanza e compassione. Dio si fa vicino e misericordioso e compassionevole. Non dimentichiamo questo. Gesù ci mostra Dio attraverso la sua umanità fragile, che si prende cura dei fragili”.
Poi, il Santo Padre, ha evidenziato che “Gesù, generato dal Padre e, nato veramente dal grembo di una donna”, “è Signore del tempo, ma abita questo nostro tempo, anche questo nuovo anno, con la sua presenza d’amore”; “è il Salvatore del mondo, ma possiamo incontrarlo e dobbiamo cercarlo nel volto di ogni essere umano”, per poi affidare l’anno giubilare a Maria, “perché anche noi impariamo come Lei a trovare la grandezza di Dio nella piccolezza della vita; perché impariamo a prenderci cura di ogni creatura nata da donna, anzitutto custodendo il dono prezioso della vita, come fa Maria: la vita nel grembo materno, quella dei bambini, quella di chi soffre, la vita dei poveri, la vita degli anziani, di chi è solo, di chi è morente”.
Quindi, ricordando la Giornata mondiale della Pace, il Pontefice ha invitato tutti a “custodire la vita, a prendersi cura della vita ferita”, poiché “ridare dignità alla vita di ogni “nato da donna” è la base fondamentale per costruire una civiltà della pace”, chiedendo inoltre “un impegno fermo a promuovere il rispetto della dignità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, perché ogni persona possa amare la propria vita e guardare con speranza al futuro”.
Infine, Papa Francesco ha affidato nuovamente a Maria, che “ci attende proprio lì nel presepe” e “anche a noi mostra, come ai pastori, il Dio che ci sorprende sempre, che non viene nello splendore dei cieli, ma nella piccolezza di una mangiatoia”, l’anno giubilare, consegnando “a Lei le domande, le preoccupazioni, le sofferenze, le gioie e tutto ciò che portiamo nel cuore” e, affidandole il mondo intero, “perché rinasca la speranza, perché finalmente germogli la pace per tutti i popoli della Terra”.
Terminata la Messa, il Pontefice, affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano, ha recitato la preghiera dell’Angelus in cui ha ricordato, dal Vangelo di Luca, l’arrivo dei pastori alla grotta di Betlemme, riflettendo poi “su quello che i pastori hanno visto: il Bambino”, e “anche su quello che non hanno visto, cioè il cuore di Maria, che serbava e meditava tutti questi fatti”.
“Anzitutto”, ha spiegato Papa Francesco, “il Bambino Gesù: questo nome ebraico significa “Dio salva”, ed è proprio ciò che farà. Il Signore, infatti, è venuto nel mondo per donarci la sua stessa vita. Pensiamo a questo: tutti gli uomini sono figli, ma nessuno di noi ha scelto di nascere. Dio invece ha scelto di nascere per noi. Dio ha scelto. Gesù è la rivelazione del suo amore eterno, che porta nel mondo la pace”.
Poi, ha proseguito il Santo Padre, “Al neonato Messia, che manifesta la misericordia del Padre, corrisponde il cuore di Maria, la Vergine Madre. Questo cuore è l’orecchio che ha ascoltato l’annuncio dell’Arcangelo; questo cuore è la mano di sposa data a Giuseppe; questo cuore è l’abbraccio che ha avvolto Elisabetta nella sua vecchiaia. Nel cuore di Maria, nostra Madre, batte la speranza; batte la speranza della redenzione e della salvezza per ogni creatura”.
Quindi, Papa Francesco ha rivolto un pensiero alle mamme: “Le mamme hanno sempre a cuore i loro figli. Oggi, in questo primo giorno dell’anno, dedicato alla pace, pensiamo a tutte le mamme che gioiscono in cuor loro, e a tutte le mamme che hanno il cuore pieno di dolore, perché i loro figli sono stati portati via dalla violenza, dalla superbia, dall’odio. Quanto è bella la pace! E quanto è disumana la guerra, che spezza il cuore delle mamme!”.
Infine, il Pontefice ha invitato i fedeli e le fedeli ha porsi queste domande: “So rimanere in silenzio a contemplare la nascita di Gesù? E cerco di custodire nel cuore questo avvenimento, il suo messaggio di bontà e di salvezza? E io, come posso ricambiare un dono così grande con un gesto gratuito di pace, di perdono, di riconciliazione? Ognuno di noi troverà qualcosa da fare, e questo farà bene. Maria, la Santa Madre di Dio, ci insegni a custodire nel cuore e a testimoniare nel mondo la gioia del Vangelo”.
Dopo l’Angelus, il Santo Padre, si è soffermato sulla 58ma Giornata mondiale della Pace, istituita nel primo giorno dell’anno, da Papa San Paolo VI°, in merito alla quale ha detto: “Quest’anno essa si caratterizza, a motivo del Giubileo, per un tema peculiare: quello della remissione dei debiti. Il primo a rimettere i debiti è Dio, come sempre gli chiediamo pregando il “Padre nostro”, riferendoci ai nostri peccati e impegnandoci a perdonare a nostra volta chi ci ha offeso. E il Giubileo chiede di tradurre questa remissione sul piano sociale, perché nessuna persona, nessuna famiglia, nessun popolo sia schiacciato dai debiti. Incoraggio pertanto i Governanti dei Paesi di tradizione cristiana a dare buon esempio, cancellando o riducendo quanto più possibile i debiti dei Paesi più poveri”.
Poi, Papa Francesco ha ringraziato “per tutte le iniziative di preghiera e impegno per la pace promosse in ogni parte del mondo dalle comunità diocesane e parrocchiali, da associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali, come la Marcia nazionale per la pace svoltasi a Pesaro” e ha salutato i partecipanti alla manifestazione “Pace in tutte le terre”, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio in diversi Paesi, esprimendo “il grato apprezzamento a tutti coloro che nelle tante aree di conflitto lavorano per il dialogo e per i negoziati” e pregando perché su ogni fronte, “la martoriata Ucraina, Gaza, Israele, il Myanmar, Kivu e tanti popoli in guerra, cessino i combattimenti e si punti decisamente alla pace e alla riconciliazione”, poiché la “guerra distrugge, distrugge sempre! La guerra è sempre una sconfitta, sempre”.
In ultimo, salutando i fedeli e le fedeli in Piazza San Pietro ha rivolto loro la Sua benedizione e i Suoi saluti.
Nel pomeriggio del 1° gennaio, è stata poi aperta la quarta Porta Santa: quella della Basilica di Santa Maria Maggiore.
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