Per l’appuntamento settimanale con la storia del Teatro, vi presentiamo un ritratto in prima persona del drammaturgo, scrittore e poeta Luigi Pirandello, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1934 e considerato tra i più rilevanti autori teatrali del XX° secolo.
di Federica Marengo domenica 27 giugno 2021
Una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna di olivi saraceni … In quella notte di giugno , che tant’ altre lucciole gialle baluginavano su un colle dov’era una città la quale in quell’anno pativa una gran moria , mia madre mi metteva al mondo prima del previsto . Un mio zio andava con un lanternino in mano per quella campagna in cerca d’una contadina che aiutasse mia madre a partorire . Ma mia madre s’era già aiutata da sé. Quella notte , era la notte del 28 giugno del 1867 . Io , Luigi Pirandello , poeta ,romanziere , drammaturgo, nacqui in una casetta agrigentina denominata Caos , da Caterina Ricci Gramitto , creatura di carattere mite , sensibile e fantasioso, figlia e sorella di ferventi garibaldini e , da Stefano Pirandello , ardimentoso eroe dell’ unificazione italica .
Uomo vigoroso, alto , con la barba nera, lunga che gli copriva metà del petto, agiato appaltatore di miniere di zolfo , “Uomo di rispetto” , come si diceva dalle mie parti e, in quanto tale, pronto a difendersi , con slancio , da concorrenti sleali . Da piccolo, mi incuteva un certo timore, che la mancanza di confidenza acuiva ; da bambino avevo piena fiducia che avrei potuto farmi intendere da chiunque; un ‘ingenuità ,che, naturalmente, mi costò amarissime delusioni . Ma da qui trassi lo stimolo ad affinare le mie facoltà espressive e anche il bisogno di studiare gli altri per rendermi conto di coloro con cui avrei avuto da fare ; fermo sempre nella fede incrollabile di poter comunicare , quando che sia , tutto a tutti. Per questo, posso dire di aver lavorato da allora .
Piccino , mi tornava difficile parlare persino con mia madre e , con mio padre mi appariva impossibile ; non mentre mi ci preparavo , ma all’atto della prova che, il più delle volte , finiva miserabilmente. Molto debbo a lui come artista per le angosce di quei momenti . Nel periodo dell’adolescenza , questi , voleva fare di me un ragioniere , ma dopo aver frequentato per due anni l’Istituto tecnico , volli intraprendere gli studi classici : la sera studiavo in segreto , resistendo al sonno . Così , con ostinazione , conseguii nel 1889 la licenza liceale e pubblicai , con altrettanta determinazione, la mia prima raccolta di versi : Mal giocondo .
Innamoratomi di una cugina , fui disposto , pur di sposarla, ad abbandonare la scrittura per dedicarmi al commercio dello zolfo : provai , mi cimentai , ma presto , compresi che non avrei mai potuto condurre quella vita. Allora, raggiunsi Roma e , lì, mi iscrissi all’Università , dal cui Consiglio di disciplina ,però , fui deferito ed espulso per aver fatto notare ad un illustre professore di Latino , durante una lezione sul commediografo Plauto , un errore di traduzione .
Mi trasferii a Bonn , in Germania , dove , conseguita la laurea nel 1891, conobbi Jenny Schulzlander, fanciulla la cui bellezza cantai nei versi di Pasqua di Gea e delle Elegie Renane . A ventisei anni , nel 1894 , sposai Maria Antonietta , figlia del Signor Portulano , socio d’affari di mio padre ; donna gentile, educata in un convento e perciò incline ad una pudica riservatezza. Dalla nostra unione nacquero : Stefano, Lietta e Fausto . Il mio lavoro di scrittore procedeva al meglio e, ispirandomi al Verismo del letterato Luigi Capuana, nelle raccolte di novelle : Amori senza amore (1894) ; Beffe della vita e della morte , Quand’ero matto ( 1902) e Bianche e nere (1904) e , nei romanzi L’esclusa (1901) e Il turno( 1902) , denunciai realtà arcaiche e popolari , cariche di violenza e pregiudizio e investigai sull’immateriale dimensione della psiche umana.
Di colpo , sopraggiunse la fine : nel 1904 , una frana distrusse la zolfara di famiglia , trascinando via ,con la tranquillità economica, anche l’armonia domestica . Da quel momento , infatti, mia moglie , terribilmente impressionata dal fatto , diede segni di squilibrio , manifestatosi attraverso le forme di una gelosia ossessiva e maniacale. Io, uomo benestante , lavorai per vivere : a Roma, dove ritornai solo, impartii lezioni d’italiano a studenti tedeschi e , nel 1897 , accettai la cattedra di Linguistica italiana e Stilistica all’ Istituto Superiore Femminile di Magistero .
Avvilito e sofferente , non potei fare a meno di constatare gli orrori di una società gretta , ipocrita e opprimente : mi toglieva il respiro l’idea che l’ esistenza dipendesse in qualche modo dal Caso , nel quale è impossibile rintracciare una logica. Quindi, sublimai la frustrazione , raccontando ai lettori, nel 1904, la storia del Fu Mattia Pascal , romanzo che incontrò il favore concorde di pubblico e critica e, maturai la consapevolezza dell’assurda scissione che dilania l’uomo : da un lato la Vita , con gli istinti e i sentimenti reali , dall’altro ,la Forma , l’apparenza , con le regole, le convenzioni e i dogmi inviolabili ; ciò che siamo è ciò che siamo costretti ad essere , ciò che siamo è ciò che rappresentiamo ! . Di fronte al dramma che scopre ciascun individuo prigioniero del suo carcere interiore , c’è chi , incosciente, ne ignora la gravità ,subendo la propria infelicità e chi , cosciente , riflette continuamente su se stesso e sulla propria condizione.
Non si può prescindere dall’astuto tranello dell’esistenza : nulla è come sembra ; il riso , spesso, è la smorfia , il ghigno teso e contratto , anticamera del pianto. Sentii il bisogno urgente di rivelare all’umanità questo sentimento del contrario appreso , sulle “sudate carte” dell’esperienza e , nel 1908, concepii il saggio : L’umorismo . Avendo accertato poi, che l’uomo non è uno , ma centomila , a seconda delle personalità attribuitegli dagli altri e , quindi , nessuno , nel 1924 , esposi l’assunto in un romanzo intitolato , appunto : Uno , nessuno e centomila, ma riprecorriamo con ordine gli avvenimenti.
L’ Italia interventista, vincendo le perplessità dei neutralisti , entrò in guerra nel 1915 : mio figlio Stefano, partito volontario, cadde prigioniero degli austro-tedeschi e mia moglie , rimasta in Sicilia , preda di una gravissima crisi depressiva , rifiutò il ricovero in una clinica per precipitarsi a Roma e attendere la scarcerazione del figlio . L’angoscia divenne uno stimolo per creare e mi rivolsi ad una nuova Musa : il teatro che mi fu accanto fino alla fine . Attratto dalle scene sin dalla giovinezza ,( inventai scialbi e scarni scenari drammatici ), esordii a Roma , nel 1910 , presso il teatro di Nino Martoglio , con l’atto unico : Lumìe di Sicilia ( soggetto tratto da una mia novella siciliana ) , interpretato dall’attore comico , conterraneo , Angelo Musco .
Per intanto che i cartelloni dei teatri della Penisola pubblicizzavano i polverosi drammi borghesi del poeta-vate Gabriele D’ Annunzio e le trovate comico- grottesche di maschere ciniche e retoricamente addolorate , io riunii i due generi per dar voce , ora ad una Sicilia primitiva e ancestrale ora ad una grigia e annoiata metropoli borghese , entrambe ricche di personaggi nevrotici, eccentrici e trasognati , in fuga dalla verità o alle prese con triangoli amorosi (marito-moglie- amante) e ipocrisie familiari.
A partire dal 1915 , decisi che il Teatro , con le sue invenzioni , dovesse rappresentare una metafora della vita ; strappate le maschere dai volti dei miei personaggi , rivelai i mille artifici cui sono obbligati gli uomini e, istituii la mia galleria di Maschere nude , in cui trovarono spazio commedie dialettali e riadattamenti di novelle di ambientazione siciliana , quali : Il berretto a sonagli (1918) , centrata sulla figura del cornuto Ciampa , La patente ( 1916) , mesta vicenda dello iettatore Chiàrchiaro , La giara e Liolà (testo enigmatico , con un Mattia Pascal meridionale, vigoroso, che trionfa su un consesso rurale, passivo , ottuso, crudele , pieno di forza tracotante , mitica e pagana ) e, commedie -da salotto borghese- come , Pensaci Giacomino ! , vecchio professore che per beffare lo Stato , sposa una giovane donna con amante e figlio al seguito e che godrà della sua pensione, beffandolo, a sua volta ; Così è (se vi pare) , inchiesta di carattere quasi giudiziario , condotta dalla società di una cittadina , per sapere se la moglie del Signor Ponza è ancora la figlia della Signora Flora o se , dopo la dipartita , un ‘altra donna ne ha preso il posto. Apparsa in scena coperta da un velo , quest’ultima , scioglie ogni riserva sul proprio conto , esclamando : “Per me , io son colei che mi si crede “; Il piacere dell’onestà ,in cui il Signor Baldovino , prestatosi a sposare una donna per dissimulare il concepimento di un figlio illegittimo , veste talmente bene i panni del marito da pretendere il rispetto della fedeltà e l’allontanamento dell’amante della pseudo- moglie ; Ma non è una cosa seria , caso di un matrimonio / scommessa che, nelle consuetudini della convivenza , ribalta e modifica l’indifferenza del marito nei confronti della moglie ; Il giuoco delle parti , in cui Leone Gala , protagonista arido e cerebrale, separato dalla consorte Silia , continua a sostenere formalmente il ruolo di marito , determinando ,con uno stratagemma, la morte in duello dell’amante della moglie ; L’uomo, la bestia e la virtù , parodia in cui un marito tradito è obbligato , su inganno della moglie, a diventare padre per evitare lo scandalo di un figlio concepito fuori dal matrimonio .
Nelle commedie : Come prima , meglio di prima e La Signora Morli , una e due , stemperai il grottesco in una seria riflessione sentimentale sullo sdoppiamento della personalità e il recupero di un’autenticità assoluta. Nel 1921 , con la Trilogia del teatro nel teatro rivoluzionai la drammaturgia e , svincolandola dai precetti della verosimiglianza e dell’ immedesimazione , ne svelai le finzioni.
Nei Sei personaggi in cerca d’autore , opera che debuttò il 10 maggio al Teatro Valle di Roma, questi irrompono in scena , durante l’allestimento di uno spettacolo, pregando un capocomico e una compagnia di attori di impersonare il loro dramma di intricate miserie familiari , che nessun autore intende scrivere e , a cui neppure gli attori interpellati riescono a dare un‘anima , perché il male è nelle parole ; tutti abbiamo dentro un mondo di cose , ciascuno un suo mondo di cose ! . E come possiamo intenderci , se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me ; mentre chi le ascolta ,inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé , del mondo com’egli l’ha dentro ? . Crediamo di intenderci ; non c’intendiamo mai! . Vi ricorsi per spiegare al pubblico la labilità del confine tra finzione e realtà e gli autoinganni e le contraddizioni dell’uomo contemporaneo .
Poi, nel 1924 seguì Ciascuno a suo modo , opera fondata sul conflitto tra il mondo delle scene e il mondo della realtà e , sull’impossibilità di far confluire la realtà nella finzione e , più tardi, nel 1930, Questa sera si recita a soggetto , in cui un abile capocomico , sperimentatore di forme teatrali , guida una compagnia di attori ad una rappresentazione “a soggetto” e ad un‘improvvisazione sulla base della novella Leonora addio ! , volta a dimostrare che il Teatro si fa da sé , indipendentemente dal testo e dall’autore , usando l’interazione tra tecniche e arti diverse : dalla Letteratura , al Cinema , alla Musica, per disintegrare l’unità scenica .
Nella prima tragedia borghese da me concepita , l’ Enrico quarto e , recitata nel 1922 dal superbo Ruggero Ruggeri , posai lo sguardo sulla disperazione degli uomini di fronte all’incapacità di vivere in maniera spontanea , opponendosi alle convenzioni ; così , un ricco borghese , convinto di essere il Re medievale Enrico IV° , preferisce apparire folle agli occhi dei conoscenti piuttosto che affrontare le menzogne della normalità , esprimendo , con la ridicolezza dei suoi comportamenti, la tragicità del male di vivere .
In Vestire gli ignudi , trassi spunto dalla vicenda di un finto suicidio per ribadire che gli esseri umani sono soliti coprire la loro immagine con un vestito, mutevole nella foggia e nel colore , a seconda di chi l’osservi .
Al termine della mia esistenza , dopo essere stato nominato direttore del Teatro d’Arte di Roma, non smisi di interrogarmi sulla sofferenza muta e silenziosa dell’uomo e sull’ incessante ricerca del vero sé ( ad esempio , con l’atto unico L’uomo dal fiore in bocca , del 1923 o con le commedie Come tu mi vuoi, del 1930 , Trovarsi , del 1932 e Quando si è qualcuno , del 1933 ) .
Le tournèe e i miei viaggi si susseguirono ininterrottamente : Berlino , Praga ,Budapest , Brasile e Argentina ; tagliai tutti i ponti : perché avere una casa ? . Di quella che avevo a Roma volevo disfarmi . Invecchiare in un luogo ? , non si può che con la propria compagna . Io , ero vuoto …. vuoto ! . I figli , necessariamente facevano la propria vita . Ma non fui distaccato ; avevo la mia vita di sentimenti , tutta mia , complessa, per me … Viaggiavo …ero un viaggiatore senza bagagli .
Mi appassionai al cinema e , nel 1930 scrissi la sceneggiatura del primo film sonoro italiano : La canzone dell’amore , mentre nel 1933 , chiamato dalla Metro Goldwyn Mayer come consulente per la versione cinematografica della commedia Come tu mi vuoi , mi recai a New York ,dove incontrai subito la protagonista del film , l’attrice Greta Garbo , ormai, all’apice della popolarità. Nel 1934 , dopo aver ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura e, aver aggiunto un quarto volume alla raccolta complessiva delle Novelle per un anno , iniziata nel 1920 , ideai due atti di una commedia rimasta incompiuta : I giganti della montagna , trama allegorica , complessa e delirante, che affronta il tema della fruibilità dell’Arte, valore assoluto, da parte di un pubblico nuovo, di massa .
Morii a Roma , il 10 dicembre del 1936 ; le mie ceneri furono custodite in un ‘urna greca a me cara, perché rinvenuta nella campagna attorno alla villa di Agrigento , detta : il Caos , dove vidi la luce . Ai miei figli , lasciai appunti, note , tante parole… parole come queste : “Stile , vuol dire individualità , modo proprio di pensare , di sentire , di esprimere ; ha stile insomma chi ha cose proprie da dire e sa dirle in modo proprio , con un atteggiamento , con una maniera affatto personale , che può anche non essere bella . Io non ho cercato mai di distruggere altro che le illusioni . E’ un distruggere il cercare di aprire gli occhi agli uomini su ciò che essi possono afferrare della realtà ?”.
©Riproduzione riservata