Tutti noi, la conosciamo come la vecchina burbera, ma buona, che nella notte fra il 5 e il 6 gennaio, a cavallo della sua scopa, vola sopra i tetti delle abitazioni, per dispensare dolciumi ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi,ma la tradizione della Befana, viene da molto lontano. Pare infatti che affondi le sue radici in culti celtici e pagani,risalenti al X-VI secolo a.C., ereditati poi dagli antichi Romani e sovrappostisi, con l’affermazione del cristianesimo nel periodo tardo-antico e, ancor più nel Medioevo, alla Liturgia cattolica dell’Epifania, ovvero della “rivelazione” ai Re Magi della venuta nel mondo del Cristo Salvatore.
di Federica Marengo sabato 4 gennaio 2020
Ci siamo: ormai mancano poche ore all’arrivo della Befana, la vecchina che, ogni anno, nella notte fra il 5 e il 6 gennaio, volando a cavallo della sua scopa sopra i tetti delle abitazioni, distribuisce calze ricolme di dolciumi per i bambini buoni e di carbone per quelli discoli. Ma come nasce questa tradizione?.
L’origine, pare sia da ricondurre a una serie riti propiziatori pagani, risalenti al X-VI secolo a.C legati ai cicli stagionali dell’agricoltura e all’inizio di un nuovo raccolto, diffusisi nell’Italia Settentrionale, e da qui esportati al Centro e al Meridione, i quali presentavano elementi riconducibili a culti celtici e al Mitraismo,religione misterica nata intorno al II-I secolo a.C nell’area del Mediterraneo, e praticata nell’Impero romano fra il I e il IV secolo d.C, imperniata sul culto dell’anima e la possibilità per quest’ultima di pervenire, attraverso vari stadi, all’eternità,in un passaggio dalla morte alla vita nuova, rappresentato in maniera simbolica dal ciclo solare alba-tramonto.
Tali riti, quindi, furono ereditati dagli antichi Romani e associati al loro calendario, che alla fine dell’anno solare, ovvero nei giorni del solstizio invernale (19-21 dicembre), a partire dal 274 a.C, cioè dall’età dell’imperatore Aureliano, che introdusse il culto dall’Oriente, celebrava la ricorrenza del Sol Invictus. Così, la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si festeggiava la rinascita della Natura, identificata, secondo molti studiosi con la dea lunare Diana, legata alla caccia e alla vegetazione, ma per altri da associare a divinità minori come “Satia”, dea della sazietà, o “Abundia”, dea della’abbondanza.
Per i Romani, in queste dodici notti( dodici come i mesi del nuovo calendario lunare, preferito a quello lunisolare) alcune figure femminili volavano sui campi coltivati per propiziare la fertilità dei raccolti futuri, da qui, il diffondersi attraverso i secoli e i millenni, del mito della figura di “donna volante”.
Tuttavia, altri studi collegherebbero la festa della Befana ad una festività romana (Festa della Strenna) ,che cadeva sempre d’inverno, celebrata in onore di Giano( dio latino-italico degli inizi, dotato di due volti per guardare il futuro e il passato), e Strenia (divinità di origine sabina, simbolo del nuovo anno , di prosperità e buona fortuna) durante la quale ci si scambiavano regali.
Poi, nel IV secolo d.C, con l’avvento del Cristianesimo e del Cattolicesimo , la Chiesa di Roma condannò tutti i riti e le credenze pagane, attribuendo loro una valenza diabolica, salvo riabilitare , nel Basso Medioevo,la figura della vecchina , erroneamente associata a quella di una strega malvagia, come rappresentante della lotta tra il bene e il male, tra la vita eterna e la morte e sovrapporre la leggenda pagana legata ad essa alla ricorrenza dell’Epifania, inserita nel calendario dal teologo Epifanio di Salamina proprio in corrispondenza della dodicesima notte dopo il Natale.
Così, nacque una versione religiosa della leggenda, secondo la quale i Re Magi, in viaggio da Oriente verso Betlemme, seguendo la stella cometa,chiesero informazioni sulla strada da percorrere a una vecchina, insistendo perché l’attempata signora andasse con loro a portare i doni al Salvatore. Ella rifiutò, ma poco dopo, pentita,preparò un sacco pieno di doni e si mise in cerca dei Magi e del Bambino Gesù. Non trovandoli, però, bussò ad ogni porta e consegnò i doni ai bambini per farsi perdonare.
Insomma, la “vecchina dei dolciumi”, non costituirebbe altro che la rappresentazione simbolica dell’anno vecchio, che, una vota concluso, lascia spazio al nuovo anno, (con l’auspicio sia fecondo) e, dunque, a un nuovo ciclo delle stagioni: con il solstizio d’inverno, infatti, si passa dalle notti interminabili a giornate più lunghe , preludio alla rinascita primaverile ed estiva della natura.
A questa interpretazione di carattere folcloristico, a partire dall’epoca cristiana e fino ad oggi, si è saldato l’episodio evangelico (primo dei tre segni rivelatori della divinità di Gesù Cristo, insieme con il Battesimo nel fiume Giordano e con il primo miracolo avvenuto a Cana) dell’Adorazione dei Magi, ovvero i tre sovrani persiano-iraniani, esperti astrologi, noti come: Melchiorre, Gaspare e Baldassarre, che, guidati da una stella, raggiungono Betlemme per portare in dono al Bambino Gesù, riconosciuto come “Re dei Giudei” : oro (omaggio alla Sua regalità), incenso (omaggio alla Sua divinità) e mirra (anticipazione della Sua futura sofferenza redentrice).
Ad ogni modo, qualunque sia l’origine di questa tradizione, a noi piace pensare che la vecchina arrivi davvero nelle case di tutti in sella alla sua scopa e che ciascun bambino, mentre l’attende possa recitare la sempreverde filastrocca: “La Befana vien di notte/con le scarpe tutte rotte/col cappello alla romana/Viva Viva la Befana!”, seguita dall’adagio popolare: “L’Epifania, tutte le Feste si porta via!”.
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