di Federica Marengo sabato 7 settembre 2024
-Nel quinto giorno della Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il 1° settembre, sono stati presentati e proiettati altri due film in concorso: The brutalist” di Brady Corbet, con Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn, Raffey Cassidy, Stacy Martin, Emma Laird, Isaach De Bankolé, Alessandro Nivola e Adrien Brody, nel ruolo di László Tóth, un architetto emigrato negli USA nel 1947 che grazie a un contratto di lavoro cambia il corso della sua vita, caratterizzata da stenti e difficoltà.
Lo stesso attore ha parlato del suo personaggio nell’incontro con la stampa, spiegando: “Il mio personaggio, László Tóth, è scritto magnificamente, ma è anche qualcuno con cui ho sentito un’immediata affinità: mia madre, la grande fotografa Sylvia Plachy ha dovuto anche lei lasciare il suo Paese, l’Ungheria, nel 1956, è venuta negli Stati Uniti come rifugiata e ha inseguito il sogno di diventare un’artista. Capisco in particolar modo le ripercussioni della vita di László e della psicologia del Dopoguerra nel suo lavoro. Come dice Brady Corbet il modo in cui il trauma di László influenza il suo lavoro e la sua instancabile spinta a creare qualcosa di indelebile è in molti modi ciò che fa anche il regista”.
Proprio il regista, Brady Corbet, ha dichiarato: “Il film è incentrato sugli effetti psicologici causati dai traumi della Seconda guerra mondiale e sull’architettura di quegli anni. In parte, il film si ispira alle ricerche di Jean Louis Cohen, con cui mi sono consultato per avere degli esempi di qualcuno restato intrappolato nella follia della guerra. Questo è un film dedicato a quegli artisti che non hanno potuto realizzare la propria visione”.
L’altro film ad essere presentato in concorso è stato: “Ainda estou aqui” di Walter Salles, con Fernanda Torres, Selton Mello e Fernanda Montenegro, che racconta una vicenda ambientata nel Brasile del 1971, stretto nella morsa della dittatura militare, in cui una madre deve sopravvivere e reinventarsi dopo un arbitrario atto di violenza.
La protagonista, Fernanda Torres, in merito al suo personaggio, ha affermato in conferenza stampa: “Innanzitutto, abbiamo cercato di essere fedeli alla donna straordinaria che era Eunice Paiva: ha avuto una vita utopica da borghese, madre di cinque figli sposata con l’uomo perfetto, che ricordava quella che stava vivendo anche il Brasile negli anni Settanta, con la bossa nova e la tropicalia. E poi il duro cambio di passo con il colpo di Stato della dittatura. La sua reazione alla morte del marito e alle difficoltà familiari è stata quella di tacere e andare avanti con il lavoro. È stata anche una visionaria: a 46 anni è tornata all’università e ha iniziato a lavorare sui temi delle terre indigene prima che diventassero una tendenza accademica. Ha aperto la strada alla lotta all’autoritarismo attraverso l’istruzione e la giustizia”.
Marcelo Rubens, l’autore del libro da cui è stato ispirato il film, ha dichiarato al riguardo: “Mia madre, Eunice Paiva, era il centro della nostra famiglia: era una madre single di cinque figli, bisognosa di soldi e a rischio ogni giorno sotto la dittatura. La nostra casa era circondata, i telefoni erano sotto controllo e le mie sorelle furono arrestate quando erano all’università. Quando ha iniziato a perdere la memoria a causa dell’Alzheimer, ho pensato di scrivere un libro che l’avrebbe messa al centro della storia per quanto riguarda la storia del Brasile”.
Il regista, Walter Salles, invece, ha rivelato: “Marcelo Rubens ha scritto questo libro nel 2015 e nel leggerlo mi sono commosso subito. Avevo avuto l’opportunità di conoscere l’autore e la sua famiglia quando avevo 13 anni. Conoscevo la casa e i luoghi del romanzo. Questa storia parla della sofferenza di una famiglia dopo aver subito una grande violenza. Mi sono innamorato della figura centrale di quella famiglia, il suo cuore, ossia la madre di Marcelo Rubens Paiva. Ho letto il libro più volte per poi decidere di fare il film”.
Infine, l’attore Selton Mello ha detto: ““Ainda estou aqui” è un film non solo bello e toccante, ma necessario. Il mio obiettivo era cercare di fare del mio meglio nel mio ruolo. Così mi sono confrontato a lungo e con rispetto con Marcelo Rubens e sua sorella. La parte più difficile è stato fingere di non conoscere la fine del racconto”.
Nella stessa giornata, poi, è stato presentato fuori concorso il film : “Wolfs” di Jon Watts, con Brad Pitt, George Clooney, Amy Ryan, Austin Abrams, Poorna Jagannathan, Zlatko Burić, Richard Kind, commedia d’azione in cui due faccendieri sono costretti a lavorare insieme.
Riguardo al film George Clooney ha dichiarato alla stampa: “Jon Watts è un regista molto interessante, ho adorato “Cop Car”. Brad Pitt ed io facciamo questo lavoro da così tanto tempo e nel tempo abbiamo trovato un ritmo che funzionava davvero bene per noi. Le battute che ci scambiamo durante il film sembravano perfette e molto facili da fare. Mentre leggevamo la sceneggiatura. Jon Watts non ci ha detto quale delle due parti fosse nostra, quindi ci siamo parlati al telefono e abbiamo deciso insieme quale scegliere. Sono molto ottimista sul futuro del cinema e sono così grato di continuare a lavorare in un settore che amo”.
Brad Pitt, invece, ha affermato: “Jon Watts ha avuto questa idea interessante che ho trovato molto divertente, e invecchiando mi piace molto passare il tempo e lavorare con persone che rispetto molto e con cui vado d’accordo. Questa volta ho letto la bozza e ho detto: ‘Fantastico!’. Questo non succede mai: di solito la prima bozza deve essere sviluppata per anni, ma quella di Jon Watts era già alla fase finale”.
Sempre fuori concorso, presentato il film: “Se posso permettermi-Capitolo II” di Marco Bellocchio, con Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Rocco Papaleo, Giorgia Fasce, Filippo Timi, Pier Giorgio Bellocchio, Fabrizio Gifuni, Edoardo Leo, seguito del cortometraggio omonimo realizzato nel 2019 a Bobbio nell’ambito del corso di alta formazione cinematografica Bottega XNL – Fare Cinema tenuto dallo stesso Bellocchio, in cui gli spettatori/ spettatrici ritrovano il protagonista, Fausto , tre anni dopo, che vive ancora a Bobbio , nella casa della madre , sommerso di libri, invecchiato e impoverito, senza lavoro e senza pensione, costretto a vendere la casa. Nell’arco di una giornata, Fausto, invincibile nella sua inerzia, osserva sfilare un paradossale corteo di visitatori.
Sul film , il regista Marco Bellocchio ha spiegato: “E’ un commiato triste e divertente (spero che lo sia) da una casa in cui ho vissuto tanti anni della mia vita (dall’infanzia) e dove ho girato tante volte (è la casa dei “Pugni in tasca”). Dove ritrovo ancora una volta le fotografie degli zii morti giovani. Pascoli incombe. Un commiato definitivo (lo sarà?) di un uomo, Fausto, che sono un po’ io, mio fratello Alberto, mio fratello Piergiorgio, tutti i miei fratelli e sorelle e i miei figli Pier Giorgio ed Elena. Diversamente dal pascoliano Fausto abbiamo però tutti bene o male lavorato e lavoriamo ancora, pur avendo abbondantemente superato l’età della pensione. Tranne i miei figli. Il film è stato ideato e scritto da me, ma poi rielaborato e in parte riscritto con gli studenti del corso di alta formazione cinematografica Bottega XNL – Fare Cinema dell’anno 2023. Poi girato sempre con gli studenti e con dei grandi professionisti (come avviene tutti gli anni), e generosamente interpretato da attori eccezionali che sono entrati magnificamente nei ruoli in pochissimo tempo. È stato un bel gioco collettivo”.
Nella sesta giornata, il 2 settembre, è stato presentato il terzo film italiano in concorso: “Vermiglio” di Maura Delpero, con Tommaso Ragno, Giuseppe De Domenico, Roberta Rovelli, Martina Scrinzi, Orietta Notari, Carlotta Gamba, Santiago Fondevila Sancet, Rachele Potrich, Anna Thaler, Patrick Gardner, Enrico Panizza, Luis Thaler, Simone Bendetti, e con Sara Serraiocco, che racconta la vicenda di una grande famiglia nell’ultimo anno della Seconda guerra mondiale e di come, con l’arrivo di un soldato rifugiato, per un paradosso del destino, essa perda la pace, nel momento stesso in cui il mondo la ritrova.
In merito al film, la regista Maura Delpero, ha detto alla stampa: “ “Vermiglio” nasce da un sogno che ho fatto poco dopo la morte di mio padre, dove mio padre bambino appare felice nella casa della sua infanzia. Di solito sono i movimenti dell’anima che mi portano a inseguire i fili narrativi: in questo caso ho immaginato persone e luoghi che conoscevo benissimo ma in un’epoca che non ho mai vissuto. Il periodo storico del film è un momento sia di passaggio storico, sia di passaggio dalla sensibilità collettiva a quella individuale. Alla fine del film, la dimensione intima e quella globale si scontreranno: quando il mondo trova la pace, la famiglia la perde”.
Per l’attrice Roberta Rovelli: “L’incontro con Maura Delpero è stato magico sin dall’inizio. Il mio personaggio, Adele, rappresenta l’operosità della famiglia. Mi ha fatto subito pensare a mia nonna e al tipo di donne di un tempo che facevano più cose contemporaneamente, spesso con i figli al braccio, che si assicuravano che tutti stessero bene prima di prendersi cura di sé. In questo senso, anche le sue reazioni, specialmente al confronto con il marito, sono molto diverse rispetto a quelle moderne: Adele fa parte di un tempo in cui si tenevano le cose dentro, anche se questo non vuol dire non esserci”.
L’attrice Martina Scrinzi, invece, ha affermato: “Ho un approccio molto pragmatico ai miei personaggi e studio molto il contesto in cui si muovono. Per esempio ho studiato molto la Val di Sole degli anni Quaranta, ho analizzato il calendario rurale delle famiglie di quegli anni, ho imparato anche il dialetto e a mungere!. Non vedevo l’ora di incontrare Maura Delpero e le ho presentato tutta la performance che avevo in mente: ho avuto un approccio molto intimo con lei”.
L’attore Tommaso Ragno, ha poi sottolineato: “Nel ripensare al lungo lavoro di preparazione al film, posso dire che il primo passo è stato entrare in contatto con i sogni poetici Di Maura Delpero e il secondo quello di stabilire un rapporto con l’ambiente del racconto, la montagna. Si tratta sicuramente di un luogo evocativo e spirituale, ma può anche diventare ostico e soffocante”.
L’altro film, presentato in concorso, è stato: “The room next door” , primo film in inglese di
Pedro Almodóvar, con Tilda Swinton, Julianne Moore, John Turturro, Alessandro Nivola, Juan Diego Botto, Raúl Arévalo, Victoria Luengo, Alex Hogh Andersen, Esther McGregor, Alvise Rigo, Melina Matthews, tratto dal romanzo “What Are You Going Through “di Sigrid Nunez, incentrato sulla vicenda di due amiche ,Ingrid e Martha, rincontratesi dopo anni in cui si erano perse di vista in una “circostanza estrema, ma stranamente dolce”.
Il regista, Pedro Almodóvar, parlando alla stampa del film, ha detto: “Fare un film completamente in inglese è stato come cominciare una nuova vita. Questo cambiamento aveva bisogno di un veicolo adatto: in questo caso è stato il romanzo ‘What Are You Going Through’ di Sigrid Nunez. Sono rimasto così colpito dal capitolo in cui il personaggio di Julianne Moore , Ingrid, va in ospedale a trovare la sua amica, che ho deciso di sviluppare il filo narrativo a partire da questo punto. Pur essendo un film sull’eutanasia che cerca anche di rispondere ai messaggi di odio sul tema, parlare di morte rimane molto difficile. Personalmente, mi identifico con il personaggio di Ingrid: non comprendo come mai qualcuno che vive debba morire e, per questo, sono infantile, immaturo”.
L’attrice Tilda Swinton ha sottolineato: “In questo film abbiamo parlato così tanto della vita che mi sembra che questo film parli davvero di vita più di ogni altra cosa. In termini di esperienza e atteggiamento mi sento molto vicina al mio personaggio Martha. Il viaggio di “transizione” verso la morte richiede molta autodeterminazione: riguarda qualcuno che decide di prendere la propria vita e la propria morte nelle proprie mani. Visto da questa prospettiva, questo film è davvero un trionfo. Martha ha un tale senso di avventura e celebrazione della vita: la fede nell’evoluzione al vero cuore del film”.
Julienne Moore, invece, ha affermato: “Nei film di Pedro Almodóvar, puoi sentire il battito del tuo cuore, cosa significa essere vivi e avere un corpo. Sono stata così coinvolta dal mio personaggio Ingrid, che dice a Martha (Tilda Swinton) che le starà accanto. E lo fa: impara a essere presente per la sua amica, il che a sua volta la fa sentire più viva. Ciò che è anche fenomenale è la lente attraverso cui Pedro ritrae l’amicizia femminile tra donne più grandi, così poco rappresentata nei film, e le profondità autentiche della loro relazione. L’importanza di questo si riflette sulla mia relazione con Tilda Swinton: siamo diventate molto vicine, anche nelle cose più banali”.
Nella stessa giornata, poi, il regista Peter Weier è stato insignito del Leone d’Oro alla Carriera e , per l’occasione , è stato proiettato in Sala Grande il suo film del 2003: “Master & Commander-Sfida ai confini del mare ” , con Russell Crowe, Paul Bettany, James D’Arcy, vicenda epica di una battaglia navale nell’Inghilterra di epoca napoleonica.
Al momento della premiazione , il regista Peter Weir ha dichiarato: “La mia vita è stata ricca e strana. Non importa quanto tu padroneggi il mestiere, c’è una cosa che non puoi mai controllare: l’ispirazione: è una cosa misteriosa. Una volta stavo fantasticando e in questo sogno ho incontrato una specie di “guru del cinema” che viveva su un’alta montagna. Mi è stato permesso di fare solo una domanda, ovvero: “Come regista, come dovrei essere?”. Lui ha detto: “Devi preoccuparti e non preoccuparti, tutto allo stesso tempo”. E così ho fatto e non avrei potuto farlo senza la mia troupe e il mio cast”.
Altro riconoscimento è stato poi consegnato al regista Claude Lelouch, prima della proiezione del suo film fuori concorso: “Finalement” , con Kad Merad, Elsa Zylberstain, Michel Boujenah, Sandrine Bonnaire, Barbara Pravi, Françoise Gillard , in cui il protagonista, Lino, in un mondo sempre più folle, decide di lasciarsi tutto alle spalle, per poi comprendere che tutto quello che ci capita è per il nostro bene.
Il regista Claude Leloch, ha detto del suo film: “Sì, ho il problema di essere ottimista. Le cose possono andare molto bene e se non vanno – e ho avuto la mia parte di fallimenti – ti insegnano un sacco di cose: è un po’ come andare in bicicletta, a volte devi andare in salita. Il mio film parla alla parte inconscia di noi stessi: ricorda che tutto arriva per una ragione. Sono così felice di condividere questo messaggio e di essere qui con voi: per favore, amate la vita più di quanto non lo facciate già”.
Poi, nel corso della cerimonia di premiazione , ha dichiarato: “Quando ero giovane sono arrivato a Venezia con il mio primo film, non era stato selezionato, non trovavo un distributore. Qui ho trovato un proiezionista che mi ha aiutato e ha proiettato il mio film per un solo spettatore. La Mostra fa parte della mia storia. Il Cinema è la cosa più bella del mondo e oggi voglio ringraziare la Mostra e tutti i festival del mondo che lo difendono. Non c’è modo migliore di vedere un film, se non in una sala cinematografica. Grazie alla Biennale che difende il Cinema”.
Nella settima giornata, il 3 settembre, è stato presentato in concorso il film: “Harvest” di Athina Rachel Tsangari, con Caleb Landry Jones, Harry Melling, Rosy McEwen, Arinzé Kene, Thalissa Teixeira, Frank Dillane, tragicomica interpretazione del genere western, in cui Walter Thirsk, uomo di città datosi all’agricoltura, e l’impacciato proprietario Charles Kent, suo amico d’infanzia, stanno per affrontare un’invasione dal mondo esterno, ovvero: il trauma della modernità.
In merito al film, la regista Athina Rachel Tsangari, ha detto alla stampa: “Il romanzo di Jim Crace, mi ha subito colpito perché ritrae l’arte del non far nulla di un uomo e della sua comunità, un uomo così innocente da non capire l’espressione del potere. Il film parla di una comunità nascosta che si trova ad affrontare una situazione precapitalistica. Uno dei periodi cinematografici che preferisco sono i film americani degli anni Settanta, tra cui quelli di Robert Altman, le cui storie e i personaggi complessi mi hanno sempre influenzato. La bellezza del processo creativo di questo film non risiede nel costruire il luogo, che già esisteva, bensì nel viverlo profondamente. Ci siamo presi il tempo necessario per stare insieme e per lavorare facendo ricerche come se stessimo realizzando un documentario. Abbiamo cercato di rendere il tutto molto realistico. Stare sul set era un po’ come fare una passeggiata con la propria famiglia, quando ti senti pieno di gratitudine”.
L’attore Caleb Landry Jones,ha dichiarato: “Quando siamo arrivati sul set delle riprese in Scozia ci siamo davvero immersi in qualcosa di antico, che ha già visto molta vita e morte e ha significato così tanto per così tante persone diverse. Lì, lo spazio ti chiede di farne parte o di andartene. Quindi, ognuno si è immerso a modo suo: ci siamo ritrovati a fare cose che normalmente non avremmo fatto e a liberarci attraverso i nostri corpi. Quest è stato un aspetto incredibile del processo, i nostri personaggi che si rivelavano a noi attraverso il movimento”.
Per l’attrice Thalissa Teixeira: “Athina Rachel Tsangari,viene dal mare: lo si vede dagli specchi d’acqua che sono molto importanti in Harvest più che nel libro su cui è basato il film. Prima ancora di provare ci ha portato a fare una passeggiata sulla terraferma e in particolare intorno a un meraviglioso lago: ho sentito che potevo incontrare il mio personaggio solo allora, attraverso la natura da cui è circondata”.
L’altro film presentato in concorso, il quarto per l’Italia, è stato: “Queer” di Luca Guadagnino, con Daniel Craig, Drew Starkey, Lesley Manville, Jason Schwartzman, Andra Ursuta, Michael Borremans, David Lowery, tratto dal romanzo omonimo di William S. Burroughs, in cui William Lee, un americano sulla soglia dei cinquanta, espatriato a Città del Messico negli anni Cinquanta, incontra Eugene Allerton, un giovane studente appena arrivato in città, che gli mostra per la prima volta la possibilità di stabilire finalmente una connessione intima con qualcuno.
Del film, il regista Luca Guadagnino ha detto in conferenza stampa: “La gioia è stata il punto di partenza del film. Quando lessi il libro di William S. Burroughs avevo diciassette anni e volevo cambiare il mondo con il cinema. Così, ho deciso di portare questa storia sul grande schermo: il mondo immaginato dall’autore del romanzo doveva prendere vita nel mio mondo visivo. È stato l’aspetto dell’assenza di giudizio nei confronti della persona amata che mi ha cambiato per sempre. Il film parla d’amore, ma anche di quell’idea di Sé che interroghiamo quando siamo soli: chi siamo? chi stiamo cercando?”.
L’attore Daniel Craig, invece, ha dichiarato: “Avevo intenzione di lavorare con Luca Guadagnino, da molto tempo e questo è il tipo di film che voglio vedere e fare, soprattutto per la sua natura impegnativa. Nel processo di ricerca ho guardato molte interviste di William S. Burroughs che sembrava così profondo e misurato. Ho pensato che non potesse essere lui, soprattutto non il Burroughs che ha scritto “Queer. Quindi ho provato a cercare l’altro lui, in una storia che non parla solo di amore ma anche di perdita, solitudine e desiderio. Se stessi cercando di scrivere una parte con tutte le cose che volevo fare , questa le soddisferebbe tutte”.
Pesentati fuori concorso: il documentario “Bestiari, Erbari, Lapidari” di Massimo d’Anolfi, Martina Parenti; il film “Maldoror” di Fabrice du Welz e la serie tv “Los años nuevos “ di Rodrigo Sorogoyen, Sara Cano e Paula Fabra.
Nella sezione “Venezia classici”, presentato il documentario: “Volonté-L’uomo dai mille volti” di Francesco Zippel, dedicato all’attore Gian Maria Volonté, con la partecipazione e il contributo di: Giovanna Gravina Volonté, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Valerio Mastandrea, Marco Bellocchio, Margarethe Von Trotta, Felice Laudadio, Daniele Vicari, Angelica Ippolito, Mirko Capozzoli, Gianna Giachetti, Pierfrancesco Favino, Jean A. Gili, Toni Servillo, Fabio Ferzetti, Gianna Gissi.
Nell’ottava giornata, quella del 4 settembre, è stato presentato in concorso il film: “Jouer avec le feu” di Delphine Coulin, Muriel Coulin, con Vincent Lindon, Benjamin Voisin, Stefan Crepon, vicenda di un padre e del rapporto con uno dei suoi figli che ,affascinato dalla violenza, milita in gruppi estremisti di destra, in contrapposizione con i suoi valori.
L’attore Vincent Lindon ha così spiegato il suo personaggio alla stampa: “Quando scelgo di interpretare un ruolo in un film la prima cosa che controllo è se la sceneggiatura è ben scritta, guardare il soggetto viene solo dopo. Il caso di questo film è stato facile: il soggetto, seppur violento e difficile, è trattato con delicatezza e grande intelligenza. Soprattutto questo film non dà ordini o prescrive nulla allo spettatore, e piuttosto rispetta l’autonomia intellettuale del suo pubblico. Trovo molto interessante che il mio personaggio sia un padre che ama i suoi figli incondizionatamente in un modo che li rende liberi di scegliere il loro destino”.
L’attore Stafan Crepon ha dichiarato: “Questo film pone domande, ma non fornisce risposte. Ritrae una relazione tra fratelli agli opposti e una gioventù che storicamente è sempre stata unita nella lotta contro le ideologie assolutistiche, ma che adesso sta mutando”.
L’attore Benjamin Voisin ha affermato: “La cosa molto interessante di “Jouer avec le feu” è che molto spesso i giovani elettori sono persone precarie, e questo film rappresenta questa realtà in modo accurato. All’inizio, i due fratelli sono abbastanza sistemati nelle loro vite, nonostante la perdita della madre: il film ci racconta come le cose non siano bianche o nere e possano muoversi molto attraverso le sfumature, soprattutto perché questi giovani sono sopraffatti dal clima politico”.
Altro film presentato in concorso è stato : “Joker: folie à deux” di Todd Phillips, con Joaquin Phoenix, Lady Gaga, Brendan Gleeson, Catherine Keener, Zazie Beetz, vicenda nella quale gli spettatori/spettatrici ritrovano Arthur Fleck ,internato ad Arkham, in attesa di processo per i suoi crimini, nelle vesti del Joker, che si imbatte nel vero amore e scopre la musica che ha sempre avuto dentro di sé.
Del film, il regista Todd Philips ha detto: “Prima di tutto ammetto che sono nervoso ed emozionato per le tante aspettative. Con Joaquin Phoenix abbiamo parlato della musica come fosse un altro personaggio. La musica ha tanti significati: permette ai protagonisti di esprimersi, più delle parole. Così, pensando alla presenza della musica, mi è venuto in mente di chiamare Lady Gaga nel cast. La scelta della musica è arrivata con la sceneggiatura e con la necessità di dare senso all’ambientazione. È vero che stilisticamente e visivamente questo film entra nel mondo dell’altro, ma esiste anche una rottura tra i due, soprattutto per la componente romantica”.
Per la cantautrice e attrice Lady Gaga: “Il modo in cui ci siamo avvicinati alla musica in questo film è stato molto speciale ed estremamente sfumato. In “Joker : folie à deux” la musica dà ai personaggi un modo per esprimersi, portandoli dove le parole non possono arrivare. Joaquin Phoenix ed io abbiamo lavorato duramente su come cantare per questo film. Ad esempio, ho dovuto disimparare la tecnica e la respirazione per far uscire davvero le canzoni dal mio personaggio, piuttosto che da me. Volevo davvero realizzare la visione di Todd Philips del ruolo della musica in questo film”.
Per Joaquin Phoenix: “Parte della grande gioia di realizzare questo film è stata per me prendere canzoni standard e renderle specifiche per il personaggio, o meglio i due personaggi che interpreto. Abbiamo iniziato con alcuni punti di riferimento musicali, leggende come Frank Sinatra, poi abbiamo cercato di adattare le loro canzoni a diverse parti dei personaggi. Ad esempio, alcune canzoni non sono di Arthur, ma piuttosto di Joker. Immediatamente, Lady Gaga ha suggerito di cantarle dal vivo e lo abbiamo fatto! Infatti, fare ogni scena significava una diversa ripresa di una canzone, che a sua volta era così energizzante ed emozionante”.
Terzo e ultimo film in concorso della giornata, il quarto film italiano in gara: “Diva futura” di Giulia Louise Steigerwalt, con Pietro Castellitto, Barbara Ronchi, Denise Capezza, Tesa Litvan, Lidija Kordić, Davide Iachini, Marco Iermanò, tratto dal romanzo: “Non dite alla mamma che faccio la segretaria” di Debora Attanasio, in cui si racconta della fondazione, fra gli anni Ottanta-Novanta, da parte di Riccardo Schicchi del genere cinematografico del porno e dell’omonima agenzia.
La regista Giulia Louise Steigerwalt, ha così spiegato il film: “Il punto di vista della segretaria Debora dell’agenzia “Diva futura” di Riccardo Schicchi diventa il ponte per lo sguardo di tutti noi. Poi, questa prospettiva si capovolge completamente: dalla parabola meravigliosa e splendente si passa all’opposto di quelle che erano le intenzioni iniziali. Ho voluto trasmettere anche la confusione e l’inconsapevolezza di questo mondo di fronte alle contraddizioni generate dalla rivoluzione culturale che ha creato. C’è qualcosa di affascinante nel mettere insieme l’elemento giocoso e quello tragico di questa storia”.
L’attrice Denis Capezza ha dichiarato: “Il mio personaggio, Moana Pozzi, è morta a soli 33 anni e quindi rispetto alle altre pornodive non ha avuto la possibilità di raccontarsi più in là nel tempo. Per questo motivo è stato facile entrare in contatto con il lato pubblico di Moana, la sua versione sicura di sé; è stato molto più difficile, invece, raccontare la sua parte privata, il suo desiderio di affermazione sociale, i suoi sentimenti così scomodi a lei perché lei stessa avrebbe avuto difficoltà a mostrarsi vulnerabile”.
L’attrice Tesa Litvan, invece, ha detto: “Non avevo mai sentito parlare di Cicciolina. Quando ho analizzato il suo personaggio, la sua interiorità e la sua esteriorità, mi sono commossa. Pensare poi che è una persona vera, reale mette tutto in una prospettiva diversa!”.
L’attore Pietro Castellitto ha affermato: “Ho scoperto man mano il lato più avanguardista del mio personaggio, Riccardo Schicchi. Lui appartiene a una categoria di uomini di altri tempi, di quelli che ormai non esistono più. È stato un uomo che è riuscito a fare nella vita ciò che voleva fare, forse non esisteva quel mestiere e ha quindi dovuto creare un mondo dentro al quale metterci quel mestiere”.
Fuori concorso, sono stati presentati i docu-film: “Twst-Things we said today” di Andrei Ujică, sul gruppo musicale dei Beatles e “Pisni zemli, shcho povilno horyt’ (Songs of slow burning earth) di Olha Zhurba, sulla guerra in Ucraina.
Nella nona giornata , quella del 5 settembre, è stato presentato il film in concorso: “April” di Dea Kulumbegashvili, con Ia Sukhitashvili, Kakha Kintsurashvili, Merab Ninidze vicenda di una ginecologa, la cui etica e professionalità vengono messe sotto esame per via di voci secondo cui eseguirebbe aborti illegali per chi ne ha bisogno.
Del film ha così parlato in conferenza stampa la regista, Dea Kulumbegashvili: “L’idea alla base di questi personaggi è nata molto tempo fa, quando ero con mia nonna in un villaggio della Georgia rurale dove insegnava alle donne a leggere e scrivere. Parlando con quelle madri mi è diventato chiaro quanto fosse importante descrivere la loro lotta. Dal 2021, mi sono sentita spezzata nell’ascoltare le loro storie. La natura nel film è travolgente: la sua bellezza è lì, ma a volte è difficile da vedere. In particolare, penso che la tempesta simboleggi il modo in cui si accumulano le nostre emozioni. Ci sono molti modi di interpretare questo film: uno è pensare alla trasgressione come il modo di Nina – e di ogni essere umano – di relazionarsi alle domande: “Cos’è la moralità? e “Come reagisce l’io alla morale?”.
Altro film presentato in concorso, è stato il quinto e ultimo film italiano in gara: “Iddu” di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, con Toni Servillo, Elio Germano, Daniela Marra, Barbora Bobulova, Giuseppe Tantillo, Fausto Russo Alesi, Antonia Truppo, Tommaso Ragno, Betti Pedrazzi, Filippo Luna, Rosario Palazzolo, Roberto De Francesco, Vincenzo Ferrera, Maurizio Marchetti, Gianluca Zaccaria, Lucio Patanè, vicenda ambientata in Sicilia ai primi anni Duemila, in cui , dopo alcuni anni in prigione per mafia, Catello, politico di lungo corso, ha perso tutto. Quando i Servizi segreti italiani gli chiedono aiuto per catturare il suo figlioccio Matteo, ultimo grande latitante di mafia in circolazione, Catello coglie l’occasione per rimettersi in gioco, dando vita a un unico quanto improbabile scambio epistolare con il latitante, del cui vuoto emotivo cerca di approfittare.
Del film, i registi, Antonio Piazza e Fabio Grassadonia hanno detto: “L’idea iniziale di questo film è nata dalla lettura dei numerosi pizzini ritrovati nel corso della lunga latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro. Attraverso queste insolite lettere, il boss gestiva la sua vita in clandestinità e i suoi affari. I pizzini trascendevano però la funzione pratica di comunicazione criminale e lasciavano emergere aspetti della sua personalità e la natura del mondo tragico e ridicolo che intorno a lui volteggiava spericolatamente. Traendo libera ispirazione dai pizzini, “ Iddu” racconta il carteggio fra Matteo, principe riluttante di un mondo insensato, e Catello, maschera grottesca di solare amoralità. Con Matteo e Catello ci immergiamo nel vuoto dentro il quale un popolo sguazza come fosse un gran mare baciato dal sole e dagli dei”.
L’attore Toni Servillo ha detto: “Catello è un saltimbanco assediato dalla disperazione che, ricorrendo alla propria cultura da cabotin, vuole sistemarsi. Infatti, ogni volta che si presenta una nuova situazione Catello cambia e recita un ruolo: Catello conferisce alla realtà un’atmosfera graffiante e grottesca che permette di coglierne il tragico”.
Ultimo film in concorso della giornata ad essere presentato, è stato: “Stranger eyes” di
Siew Hua Yeo, con Wu Chien-Ho, Lee Kang-Sheng, Anicca Panna, Vera Chen, Pete Teo, Xenia Tan, Maryanne Ng-Yew, vicenda incentrata sulla misteriosa scomparsa di una bambina, dopo la quale, i genitori iniziano a ricevere strani video, rendendosi conto che qualcuno ha filmato la loro vita quotidiana. La polizia mette la casa sotto sorveglianza per tentare di sorprendere il voyeur, ma la famiglia inizia a sgretolarsi a mano a mano che i segreti si svelano sotto lo sguardo attento di occhi che li osservano da ogni parte.
Del film, il regista Siew Hua Yeo, ha detto: “Prendo ispirazione dalla mia vita quotidiana a Singapore: è una città piuttosto densamente popolata, con edifici alti, così che dal mio condominio posso vedere il mio vicino e lui può vedere me. Singapore è anche una delle città più sorvegliate al mondo, quindi penso spesso che forse mentre guardo qualcuno, qualcuno sta guardando me e forse qualcuno guarda me che guardo qualcuno!. Questa questione del vedere ed essere visti è molto presente nella mia vita e abbiamo voluto presentarla come uno studio sui punti di vista”.
L’attore Lee Kang-Sheng ha dichiarato: “Mi sono sentito attratto sin dal primo momento dalla sceneggiatura, perché mi ha dato modo di riflettere sul tema della privacy e della microcriminalità. Pensare che mentre giravamo ho notato ben 9 videoreporter che ci spiavano!”.
Presentati fuori concorso, invece: “Russian at war” di
Anastasia Trofimova, docu-film sulla guerra in Ucraina, ma dal punto di vista dell’esercito russo, “con soldati che spesso fanno fatica a capire per cosa stiano combattendo”; “M. Il figlio del secolo” di Joe Wright , con Luca Marinelli, Francesco Russo, Barbara Chichiarelli, Benedetta Cimatti, Lorenzo Zurzolo, Gaetano Bruno, Paolo Pierobon, Vincenzo Nemolato, tratto dal romanzo omonimo di Antonio Scurati e incentrato sull’ascesa politica di Benito Mussolini dalla fondazione dei Fasci di Combattimento fino all’imposizione della dittatura fascista.
Nella decima giornata, qualla del 6 settembre, è stato presentato il film-documentario in concorso “Qing Chun: gui(Youth: Homecoming)” di Bing Wang, incentrato sulla condizione dei lavoratori e delle lavoratrici dei laboratori tessili di Zhili, in Cina.
Del docu-film, il regista Bing Wang ha detto in conferenza stampa: “Innanzitutto vorrei ringraziare la Biennale del Cinema per aver selezionato il mio film per l’81° Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia, soprattutto perché i documentari non ricevono spesso questo tipo di considerazione e il team coinvolto ha lavorato duramente per produrre “Youth: Homecoming”. Possiamo osservare la Cina da diverse prospettive: puoi vederla come un pPaese in rapida crescita e allo stesso tempo un posto in cui alcune classi lavorano duramente, fino al punto di rompersi. È anche un Paese così bello: queste persone lavorano anche all’interno di quella bellezza. Queste dicotomie interiori della Cina contemporanea sono difficili da gestire per tutti, me compreso”.
L’altro film presentato in concorso, è stato: “Kjaerlighet Love” di Dag Johan Haugerud, con Andrea Bræin Hovig, Tayo Cittadella Jacobsen, Marte Engebrigtsen, Lars Jacob Holm, Thomas Gullestad, Marian Saastad Ottesen, Morten Svartveit, ultimo capitolo della trilogia “Sex Drømmer Kjærlighet”, che racconta della relazione tra Marianne, una dottoressa pragmatica, e Tor, un infermiere compassionevole, entrambi convinti di voler evitare relazioni convenzionali.
Il regista, Dag Johan Haugerud, ha così presentato il film alla stampa: “Fare una trilogia, di cui “Kjaerlighet Love” è il terzo e ultimo capitolo, significa assumere prospettive diverse e sperimentare diverse texture. Gran parte della sceneggiatura è stata anche modellata sugli attori con cui volevo raccontare questa storia. Alcuni argomenti che tocchiamo nel film, possono essere piuttosto cupi, ma abbiamo cercato di non narrarli in modo cupo perché troviamo più interessante presentarli come parte della vita quotidiana. In questo film, in particolare, il dramma e il conflitto si svolgono su livelli diversi, il che forse rende questo film il più romantico dei tre”.
L’attore Tayo Cittadella Jacobsen, invece, ha dichiarato: “ Dag Johan Haugerud è bravissimo nell’individuare il potenziale e le capacità degli attori. Infatti, sin dall’inizio, ci ha spiegato come apparire in scena ed è riuscito a favorire la discussione e il dialogo tra di noi, permettendoci di dare vita, in modo del tutto umano, al mondo dei personaggi del film. Anche se siamo attori, abbiamo effettivamente preso parte al processo di scrittura creativa. Abbiamo lavorato molto insieme affinché le relazioni interne della storia potessero essere vere e genuine”.
L’attrice Marte Engebrigtsen, ha sottolineato: “Il modo in cui Dag Johan Haugerud scrive è permeato dalla musica, c’è musica in ognuno dei nostri personaggi. Non appena ho letto la sceneggiatura ho potuto percepire che la parte era stata scritta per me: è una cosa molto rara, un dono e molto gratificante, perché puoi semplicemente immergerti nel flusso del personaggio e non preoccuparti di costruirlo. Quindi è davvero un onore lavorare con lui e con tutte queste altre persone meravigliose”.
L’attore Lars Jacob Holm, ha affermato: “Dag Johan Haugerud ci ha invitato a partecipare alla sceneggiatura, chiedendoci, per esempio, un parere personale su come potessimo dire una battuta piuttosto che un’altra. L’ascolto e la disponibilità di Dag hanno aggiunto valore e una dimensione di fiducia all’intera esperienza. La preparazione delle scene è stata molto interessante: un coreografo ci ha aiutato a sentirci in sintonia tra di noi attraverso il linguaggio del corpo e la fisicità in generale”.
In ultimo, l’attrice Andrea Bræin Hovig, ha detto: “Quello che interpreto è un personaggio contento e soddisfatto. Di solito porto in scena altri ruoli, più drammatici: le donne recitano spesso ruoli tragici, molto più spesso degli uomini. La mia protagonista si sente bene, ma le persone la osservano come se avesse dei problemi. Quando sei una donna e non hai raggiunto i traguardi che la società ritiene convenzionali, il mondo intorno, la famiglia, gli amici ti guardano come se gli dispiacesse. A volte, noi donne lasciamo che la gente scelga quello che dovremmo essere ,ma in questo film la protagonista non lo permette”.
Presentato fuori concorso, invece, il film: “Il tempo che ci vuole” di Francesca Comencini, con Fabrizio Gifuni, Romana Maggiora Vergano, Anna Mangiocavallo, racconto molto personale di momenti vissuti dalla regista con il padre, il regista Luigi Comencini.
Del film, la regista Francesca Comencini ha detto: “ “Il tempo che ci vuole è un film che avevo dentro di me da sempre, ma difficile da realizzare per diverse ragioni. In primo luogo, non mi sentivo abbastanza matura per poter elaborare serenamente la storia, sia dal punto di vista tecnico cinematografico sia da quello personale. Solo successivamente, nel periodo della pandemia, dell’angoscia e dell’isolamento sociale, ho sentito forte la necessità di mettere per iscritto i miei ricordi. La memoria è vera e sognante e compone un film tra il realismo e il surrealismo. Ho avuto inoltre l’onore di consultarmi con il mio Maestro, Marco Bellocchio. Sono contenta di aver portato questa storia sul grande schermo, specie per il legame tra padre e figlia. Si tratta di una relazione fondante e fondamentale per ogni donna, ma, mi sono resa conto, poco trattata nel cinema”.
L’attrice Romana Maggiora Vergano ha dichiarato: “Vivere questa esperienza è stata un’occasione meravigliosa. Mi sono sentita privilegiata, e anche impaurita, di collaborare e interpretare la stessa Francesca Comencini ,autrice e regista che ho sempre ammirato. La bellezza di questo progetto è stata pensare ai due protagonisti non tanto come Luigi Comencini e Francesca , ma come il padre e la figlia”.
L’attore Fabrizio Gifuni ha detto: “Mi sembrava insensato andare in una direzione fortemente evocativa, quasi mimetica, per interpretare lo straordinario regista Luigi Comencini. Tuttavia ,mi sembrava altrettanto insensato non tenere conto del suo corpo e della sua voce. Nel lavoro di ricerca ho trovato pochissimo materiale su di lui, proprio perché era un regista molto schivo. Alla fine, l’ho veramente trovato nel suo capolavoro, l’inchiesta “Bambini e noi”: lì c’è Luigi, perché vediamo in campo la sua speciale qualità nell’ascolto, un ascolto puro, libero, senza giudizi precostituiti”.
L’altra pellicola presentata fuori concorso , è stata: “Broken Rage” di Takeshi Kitano, con Beat Takeshi, Tadanobu Asano, Nao Ômori, film suddiviso in due parti : nella prima, si tratta di un film d’azione che si svolge negli oscuri bassifondi della malavita e ruota attorno a un sicario e alla sua lotta per la sopravvivenza ; nella seconda , viene riproposta la stessa storia, ma trasformata in commedia, in una parodia della prima parte.
Il regista Takeshi Kitano ha detto del film alla stampa: “Broken Rage” è una parodia, e per fare una parodia devi prima avere una base: puoi fare una parodia di “Via col vento” solo se sei a conoscenza della storia iniziale. Questa storia non è così nota, e doveva essere abbastanza breve e convincente perché la sua parodia funzionasse: idealmente anche le persone che sbadigliano nella prima parte possono almeno ridere nella seconda!. Violenza e commedia sono infatti collegate: entrambe implicano reazioni molto fisiche, e sono influenzate sia dalla nostra percezione che dai nostri sentimenti interiori che informano la nostra percezione”.
L’attore Tadanobu Asano ha detto: “Ho lavorato con molti registi giapponesi, con alcuni dei quali sono già arrivato a Venezia , ma questa volta è stato tutto completamente diverso. Lavorare con Takeshi Kitano è stato molto divertente e molto interessante, perché ha lavorato in diversi campi, dalla commedia alla conduzione televisiva, ovviamente alla regia, quindi attinge da diverse esperienze di vita e mi ha persino influenzato a diventare un attore diverso. Vede il mondo in modo diverso, il che mi ha arricchito molto”.
L’attore, Nao Ômori ha dichiarato: “Lavorare con Takeshi Kitano significa elaborare una tensione del tutto diversa rispetto a quella che si percepisce con altri registi. Cominciavamo subito con le riprese, senza preparativi. Abbiamo lavorato molto insieme al regista per cercare di capire come creare l’atmosfera divertente della storia sul set”.
Nella stessa giornata è stato poi consegnato un premio alla scenografa e costumista Paola Comencini, così presentato nella cerimonia di premiazione dal Direttore dell’81° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Alberto Barbera: “Costumista e scenografa, Paola Comencini, ha lavorato con alcuni dei più importanti registi italiani, ha attraversato generi e linguaggi diversi, ha assunto rischi e dato vita a certezze, imprimendo in ogni film il segno della sua straordinaria professionalità, del suo grande rigore e del grandissimo talento creativo che l’hanno imposta tra le eccellenze in ambito internazionale”.
Nell’undicesima giornata, quella del 7 settembre, l’ ultima giornata della 81° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, sono stati presentati gli ultimi due film fuori concorso: “Horizon: an american saga Chapter 2”, di e con Kevin Costner, e con Sienna Miller, Sam Worthington, Giovanni Ribisi, Luke Wilson, Isabelle Fuhrman, Abby Lee, Will Patton, Ella Hunt, secondo capitolo (anche il primo è stato proiettato nello stesso giorno alla Mostra del Cinema di Venezia) di una saga che racconta la nascita, la morte e la rinascita di una colonia fluviale nel territorio del Nuovo Messico del XIX° secolo.
Così il regista e attore Kevin Costner ha parlato del suo film alla stampa: “L’idea per “Horizon” nasce dal mio amore per il viaggio e dalla promessa che l’America rappresentava. Quando le persone lasciavano l’Europa e attraversavano l’oceano, vedevano qualcosa a cui non potevano credere, una terra così diversa, e pensavano che se fossero riuscite ad attraversare l’Oceano infuriato avrebbero potuto ottenere qualcosa per sé. Ma mentre una promessa prendeva piede, un’altra si stava perdendo, quella degli indigeni: non era Disneyland, ma una lotta difficile. Volevo disperatamente raccontare questa storia e mi sono ritrovata a farlo principalmente attraverso gli occhi delle donne”.
L’attrice Isabelle Fuhrman ha detto: “Sono rimasta sbalordita dalla trama di queste donne, in particolare dal mio personaggio. La saga è davvero un grande western, ma anche qualcos’altro, poiché si addentra nei dettagli intimi della vita quotidiana dei personaggi: è davvero una testimonianza di quanto fosse dura la vita a quel tempo. Mi sento così completamente onorata di aver potuto lavorare con Kevin Costener e tutto il team che ha creato qualcosa di così epico”.
L’attore Luke Wilson ha affermato: “Leggere le prime due parti della sceneggiatura è stato come leggere un vero e proprio romanzo storico. Ho imparato tantissimo sulle origini del West”.
Infine, l’attore Alejandro Edda ha detto: “Come attore, così come compositore, sogni solo di partecipare a un film western. Kevin Costner mi ha regalato un’incredibile esperienza: “è un sogno diventato realtà!” ,come dite in italiano”.
L’altro film presentato fuori concorso, è stato: “L’orto americano” di Pupi Avati, con Filippo Scotti, Rita Tushingham, Mildred Gustaffsson, Roberto De Francesco, Chiara Caselli, Armando De Ceccon, Morena Gentile, Romano Reggiani, Nicola Nocella, Massimo Bonetti, storia di un giovane problematico, con aspirazioni letterarie che , sullo sfondo della Bologna a ridosso della Liberazione, si innamora di una giovane infermiera dell’esercito americano, cui segue un colpo di scena e una conclusione del tutto inattesa.
Il Regista Pupi Avati ha detto del film: ““L’orto americano” appartiene ai film della maturità, la fase conclusiva della vita che spinge a lasciare più tracce possibili di sé. In questo momento, sono caduti tutti i miei freni inibitori, non ho più paura della sincerità, anzi la vado a cercare. Nel film, il contesto del primo Dopoguerra italiano non legittima il genere gotico, tuttavia, la mia memoria di quegli anni è molto vivida e quindi l’uso del bianco e nero è stata la soluzione ideale perché rimanda ai grandi classici americani. Ho scoperto che girando in bianco e nero non stavo facendo il film, ma stavo facendo il Cinema”.
L’attore Filippo Scotti ha detto: “Mi sembra di aver fatto un salto su un treno in corsa. Non mi aspettavo minimamente di poter far parte di questo film. Eppure, in questo mondo dell’altrove creato da Pupi Avati , mi sono emozionato: l’affetto e l’amore di Pupi erano sempre presenti. In più, si respirava veramente il nostro mestiere. Pupi ci ha messo nella posizione di crescere e di proiettarci in una condizione Altra, necessaria per tener vivo l’entusiasmo. Mi ha dato la possibilità di vivere tante vite”.
L’attore Armando De Ceccon ha affermato: “Mi sono innamorato del mio personaggio. Durante la produzione del film ho avuto la conferma di quello che è il nostro mestiere: un esercizio per imparare l’arte di farsi del male, senza morire. Nel film, il male, così come la bellezza, non muore mai. Tutto ciò che vorremmo uccidere, non svanisce mai. È un dono aver vissuto ed essermi potuto riconoscere in questo film”.
L’attrice Rita Tushingham ha dichiarato: “E’ la seconda volta che lavoro con Pupi Avati. Collaborare con lui ti fa sentire in mani davvero solide. Se stessimo andando nella direzione sbagliata, ce lo direbbe subito in modo onesto. Come attore, hai bisogno di quel tipo di supporto: qualcuno che sia un buon leader!”.
In ultimo, l’attrice Chiara Caselli ha detto: “E’stata una grande festa lavorare con Pupi Avati. Ritrovare vecchi colleghi e nuovi attori. Pupi fissa sempre l’asticella molto in alto e per un’attrice come me, che si deve preparare con una grande ricerca, è un’esperienza molto stimolante. Lui si aspetta molto da me e io cerco di ricambiarlo”.
In serata, poi, alle 19:00, si è svolta ,nella Sala Grande, la cerimonia di premiazione condotta dalla madrina, l’attrice Sveva Alviti, nel corso della quale sono stati consegnati i premi ufficiali, assegnati dalla giuria, presieduta da Isabelle Huppert e composta da James Gray, Andrew Haigh, Agnieszka Holland, Kleber Mendonça Filho, Abderrahmane Sissako, Giuseppe Tornatore, Julia von Heinz e Zhang Ziyi .
Il LEONE D’ORO per il miglior film è stato assegnato a: “THE ROOM NEXT DOOR” di Pedro Almodóvar ; il LEONE D’ARGENTO – GRAN PREMIO DELLA GIURIA a: “VERMIGLIO” di Maura Delpero; il LEONE D’ARGENTO – PREMIO PER LA MIGLIORE REGIA a: Brady Corbetper il film “THE BRUTALIST”; la COPPA VOLPI per la migliore interpretazione femminile a: Nicole Kidmannel film “BABYGIRL” di Halina Reijn; la COPPA VOLPI per la migliore interpretazione maschilea: Vincent Lindon nel film “JOUER AVEC LE FEU” di Delphine Coulin e Muriel Coulin; il PREMIO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a: Murilo Hauser e Heitor Lorega per il film “AINDA ESTOU AQUI” di Walter Salles; il PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a: “APRIL”di Dea Kulumbegashvili e il PREMIO MARCELLO MASTROIANNI a un giovane attore o attrice emergentea: Paul Kircher nel film “LEURS ENFANTS APRÈS EUX” di Ludovic Boukherma e Zoran Boukherma .
Inoltre, la Giuria Orizzonti presieduta da Debra Granik e composta da Ali Asgari, Soudade Kaadan, Christos Nikou, Tuva Novotny, Gábor Reisz e Valia Santella, tra gli altri premi, ha assegnato il premio per il miglior attore a Francesco Gheghi nel film “FAMILIA”di Francesco Costabile.
La Giuria LEONE DEL FUTURO – PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS”, presieduta da Gianni Canova e composta da Ricky D’Ambrose, Bárbara Paz, Taylor Russell, Jacob Wong ha assegnato il premio LEONE DEL FUTURO – PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS” a “FAMILIAR TOUCH” di Sarah Friedland.
La Giuria di VENEZIA CLASSICI ,presieduta da Renato De Mariae composta da 24 studenti– indicati dai docenti – dei corsi di cinema delle università italiane, ha assegnato il PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR FILM RESTAURATO a: “ECCE BOMBO” di Nanni Moretti e il PREMIO VENEZIA CLASSICI PER IL MIGLIOR DOCUMENTARIO SUL CINEMA a: “CHAIN REACTIONS” di Alexandre O. Philippe.
©Riproduzione riservata