di Federica Marengo martedì 25 aprile 2023
-Stamane, in occasione del 78° anniversario della Liberazione, il Presidente della Repubblica Mattarella, che ieri al Quirinale, ha aperto ufficialmente le celebrazioni del 25 aprile, elogiando l’impegno delle Associazioni Combattentistiche d’Arma, si è recato all’Altare della Patria per deporre una corona di alloro al Monumento del Milite Ignoto e osservare un minuto di raccoglimento. Insieme con il capo dello Stato, anche il ministro della Difesa Crosetto e il capo di Stato Maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone.
Il Presidente della Repubblica ha poi ricevuto il saluto delle autorità civili e militari presenti e delle Associazioni combattentistiche d’arma.
Alla cerimonia hanno preso parte anche le più alte cariche dello Stato: il Presidente del Senato La Russa, della Camera, Fontana, la Presidente del Consiglio, Meloni e la Presidente della Corte Costituzionale Sciarra, ma anche il Presidente della Regione Lazio, Rocca, e il sindaco della Capitale, Gualtieri.
Poi, a seguire, il capo dello Stato e il ministro della Difesa Crosetto, sono volati in Piemonte, a Cuneo città Medaglia d’Oro per la Resistenza dal 1° agosto 1947, dove , presso il Parco della Resistenza, il Presidente Mattarella ha deposto una corona di fiori di fronte al monumento di Umberto Mastroianni, dedicato ai caduti della Resistenza.
Successivamente, il Presidente della Repubblica ha visitato la Casa Museo Duccio Galimberti, avvocato antifascista e partigiano, ucciso da una squadra fascista nel dicembre 1944 e si è recato al Teatro Toselli per la cerimonia ufficiale, iniziata con la proiezione di un video realizzato da Rai Cultura dal titolo “19 settembre 1943: la strage di Boves”.
Quivi, nel suo intervento, citando uno dei padri costituenti, Piero Calamandrei, ha dichiarato: “Se volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.È Piero Calamandrei che rivolge queste parole a un gruppo di giovani studenti, a Milano, nel 1955.Ed è qui allora, a Cuneo, nella terra delle 34 Medaglie d’oro al Valor militare e dei 174 insigniti di Medaglia d’argento, delle 228 Medaglie di bronzo per la Resistenza.La terra dei dodicimila partigiani, dei duemila caduti in combattimento e delle duemilaseicento vittime delle stragi nazifasciste.È qui che la Repubblica oggi celebra le sue radici, celebra la Festa della Liberazione.Su queste montagne, in queste valli, ricche di virtù di patriottismo sin dal Risorgimento.In questa terra che espresse, con Luigi Einaudi, il primo Presidente dell’Italia rinnovata nella Repubblica.Rivolgo un saluto a tutti i presenti, ai Vice Presidenti del Senato e della Camera, ai Ministri della Difesa, del Turismo e degli Affari regionali. Al Capo di Stato Maggiore della Difesa. Ai parlamentari presenti.Saluto, e ringrazio per i loro interventi, il Presidente della Regione, la Sindaca di Cuneo, il Presidente della Provincia. Un saluto ai Sindaci presenti, pregandoli di trasmetterlo a tutti i loro concittadini. Un saluto e un ringraziamento al Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza.Stamane, con le altre autorità costituzionali, ho deposto all’Altare della Patria una corona in memoria di quanti hanno perso la vita per ridare indipendenza, unità nazionale, libertà, dignità, a un Paese dilaniato dalle guerre del fascismo, diviso e occupato dal regime sanguinario del nazismo, per ricostruire sulle macerie materiali e morali della dittatura una nuova comunità.“La guerra continua” affermò, nella piazza di Cuneo che oggi reca il suo nome, Duccio Galimberti, il 26 luglio del 1943.Una dichiarazione di senso ben diverso da quella del governo Badoglio. Continua – proseguiva Galimberti – “fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista, fino alla vittoria del popolo italiano che si ribella contro la tirannia mussoliniana…non possiamo accodarci ad una oligarchia che cerca, buttando a mare Mussolini, di salvare se stessa a spese degli italiani”.Un giudizio netto e rigoroso. Uno discorso straordinario per lucidità e visione del momento. Che fa comprendere appieno valore e significato della Resistenza.E fu coerente, salendo in montagna.Assassinato l’anno seguente dai fascisti, è una delle prime Medaglie d’oro della nuova Italia; una medaglia assegnata alla memoria.Il “motu proprio” del decreto luogotenenziale recita: “Arrestato, fieramente riaffermava la sua fede nella vittoria del popolo italiano contro la nefanda oppressione tedesca e fascista”; ed è datato, con grande significato, “Italia occupata, 2 dicembre 1944”.Dopo l’8 settembre il tema fu quello della riconquista della Patria e della conferma dei valori della sua gente, dopo le ingannevoli parole d’ordine del fascismo: il mito del capo; un patriottismo contrapposto al patriottismo degli altri in spregio ai valori universali che animavano, invece, il Risorgimento dei moti europei dell’800; il mito della violenza e della guerra; il mito dell’Italia dominatrice e delle avventure imperiali nel Corno d’Africa e nei Balcani. Combattere non per difendere la propria gente ma per aggredire. Non per la causa della libertà ma per togliere libertà ad altri.La Resistenza fu anzitutto rivolta morale di patrioti contro il fascismo per affermare il riscatto nazionale.Un moto di popolo che coinvolse la vecchia generazione degli antifascisti.onvocò i soldati mandati a combattere al fronte e che rifiutarono di porsi sotto il comando della potenza occupante tedesca, pagando questa scelta a caro prezzo, con l’internamento in Germania e oltre 50.000 morti nei lager.Chiamò a raccolta i giovani della generazione del viaggio attraverso il fascismo, che ne scoprivano la natura e maturavano la scelta di opporvisi. La generazione, “sbagliata” perché tradita. Giovani ai quali Concetto Marchesi, rettore dell’Ateneo di Padova si rivolse per esortarli, dopo essere stati appunto “traditi”, a “rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo italiano”.Fu un moto che mobilitò gli operai delle fabbriche.Coinvolse i contadini e i montanari che, per la loro solidarietà con i partigiani combattenti, subirono le più dure rappresaglie (nel Cuneese quasi 5.000 i patrioti e oltre 4.000 i benemeriti della Resistenza riconosciuti).Quali colpe potevano avere le popolazioni civili?Di voler difendere le proprie vite, i propri beni? Di essere solidali con i perseguitati?uali quelle dei soldati? Rifiutarsi di aggiungersi ai soldati nazisti per fare violenza alla propria gente?L’elenco delle località colpite nel Cuneese compone una dolorosa litania e suona come preghiera.voglio ricordarle.Furono decorate con Medaglie d’oro, d’argento o di bronzo, o con Croci di guerra: Cuneo, l’intera Provincia, Alba, Boves, Borgo San Dalmazzo, Dronero; Clavesana, Peveragno, Cherasco, Busca, Costigliole Saluzzo, Genòla, Trinità, Venasca, Ceva, Pamparato; Mondovì, Priola, Castellino Tanaro, Garessio, Roburent, Paesana, Narzòle, Rossana, Savigliano; Barge, San Damiano Macra, Villanova Mondovì.Alla memoria delle vittime e alle sofferenze degli abitanti la Repubblica oggi si inchina.Questo pomeriggio mi recherò a Boves, prima città martire della Resistenza, Medaglia d’oro al Valor militare e Medaglia d’oro al Valor Civile.Lì si scatenò quella che fu la prima strage operata dai nazisti in Italia.Una strage che colpì la popolazione inerme e coloro che avevano tentato di evitarla: Antonio Vassallo, don Giuseppe Bernardi, ai quali è stata tributata dalla Repubblica la Medaglia d’oro al Valor civile; don Mario Ghibaudo. I due sacerdoti, recentemente proclamati beati dalla Chiesa cattolica, testimoni di fede che non vollero abbandonare il popolo loro affidato, restarono accanto alla loro gente in pericolo.E da Boves vengono segni di un futuro ricco di speranza: la Scuola di pace fortissimamente voluta dall’Amministrazione comunale quasi quarant’anni or sono e il gemellaggio con la cittadina bavarese di Schondorf am Ammersee, luogo dove giacciono i resti del comandante del battaglione SS responsabile della feroce strage del 19 settembre 1943.A Borgo San Dalmazzo visiterò il Memoriale della Deportazione.Borgo San Dalmazzo, dove il binario alla stazione ferroviaria è richiamo quotidiano alla tragedia della Shoah.Cuneo, dopo Roma e Trieste, è la terza provincia italiana per numero di deportati nei campi di sterminio in ragione dell’origine ebraica. Accanto agli ebrei cuneesi che non riuscirono a sfuggire alla cattura, la più parte di loro era di nazionalità polacca, francese, ungherese e tedesca. Si trattava di ebrei che, dopo l’8 settembre, avevano cercato rifugio dalla Francia in Italia ma dovettero fare i conti con la Repubblica di Salò.Profughi alla ricerca di salvezza, della vita per sé e le proprie famiglie, in fuga dalla persecuzione, dalla guerra, consegnati alla morte per il servilismo della collaborazione assicurata ai nazisti.Dura fu la lotta per garantire la sopravvivenza dell’Italia nella catastrofe cui l’aveva condotta il fascismo. Ci aiutarono soldati di altri Paesi, divenuti amici e solidi alleati: tanti di essi sono sepolti in Italia.A questa lotta si aggiunse una consapevolezza: la crisi suprema del Paese esigeva un momento risolutivo, per una nuova idea di comunità, dopo il fallimento della precedente.Si trattava di trasfondere nello Stato l’anima autentica della Nazione.Di dare vita a una nuova Italia.Impegno e promessa realizzate in questi 75 anni di Costituzione repubblicana. Una Repubblica fondata sulla Costituzione, figlia della lotta antifascista.Le Costituzioni nascono in momenti straordinari della vita di una comunità, sulla base dei valori che questi momenti esprimono e che ne ispirano i principi.Le “Repubbliche” partigiane, le zone libere, nelle loro determinazioni e nel loro operare furono anticipatrici della nostra Costituzione.È dalla Resistenza che viene la spinta a compiere scelte definitive per la stabilità delle libertà del popolo italiano e del sistema democratico, rigettando le ambiguità che avevano consentito lo stravolgimento dello Statuto albertino operato con il fascismo.Se il decreto luogotenenziale del 2 agosto 1943 , poco dopo la svolta del 25 luglio, prevedeva, non appena ve ne fossero le condizioni, l’elezione di una nuova Camera dei Deputati, per un ripristino delle istituzioni e della legalità statutaria, fu il decreto del 25 giugno 1944 , pochi giorni dopo la costituzione del primo Governo del CLN , a indicare che dopo la liberazione del territorio nazionale sarebbe stata eletta dal popolo, a suffragio universale, un’Assemblea costituente, con il compito di redigere la nuova Costituzione. Per questo quel decreto viene definito la prima “Costituzione provvisoria”.Seguirà poi il referendum, il 2 giugno 1946, con la Costituente e la scelta per la Repubblica.La rottura del patto tra Nazione e monarchia, corresponsabile, quest’ultima, di avere consegnato l’Italia al fascismo, sottolineava l’approdo a un ordinamento nuovo.La Costituzione sarebbe stata la risposta alla crisi di civiltà prodotta dal nazifascismo, stabilendo il principio della prevalenza sullo Stato della persona e delle comunità, guardando alle autonomie locali e sociali dell’Italia come a un patrimonio prezioso da preservare e sviluppare.Una risposta fondata sulla sconfitta dei totalitarismi europei di impronta fascista e nazista per riaffermare il principio della sovranità e della dignità di ogni essere umano, sulla pretesa di collettivizzazione in una massa forzata al servizio di uno Stato in cui l’uomo appare soltanto un ingranaggio.Il frutto del 25 aprile è la Costituzione.Il 25 aprile è la Festa della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo.È nata così una democrazia forte e matura nelle sue istituzioni e nella sua società civile, che ha permesso agli italiani di raggiungere risultati prima inimmaginabili.E qui a Cuneo, mentre la guerra infuriava, veniva sviluppata un’idea di Costituzione che guardava avanti.Pionieri Duccio Galimberti e Antonino Rèpaci.Guardava a come scongiurare per il futuro i conflitti che hanno opposto gli Stati europei gli uni agli altri, per dar vita, insieme, a una Costituzione per l’Europa e a una per l’Italia. Dall’ossessione del nemico alla ricerca dell’amico, della cooperazione.La Costituzione confederale europea si accompagnava alla proposta di una “Costituzione interna”.Obiettivo: “liberare l’Europa dall’incubo della guerra”.Sentiamo riecheggiare in quello che appariva allora un sogno, il testo del preambolo del Trattato sull’Unione Europea: “promuovere pace, sicurezza, progresso in Europa e nel mondo”.Un sogno che ha saputo realizzarsi per molti aspetti in questi settant’anni. Anche se ancora manca quello di una “Costituzione per l’Europa”, nonostante i tentativi lodevoli di conseguirla.Chiediamoci dove e come saremmo se fascismo e nazismo fossero prevalsi allora!Nel lavoro di Galimberti e Rèpaci troviamo temi, affermazioni, che sono oggi realtà della Carta costituzionale italiana, come all’art. 46: “le differenze di razza, di nazionalità e di religione non sono di ostacolo al godimento dei diritti pubblici e privati”.Possiamo quindi dire, a buon titolo: Cuneo, città della Costituzione!Galimberti era stato a Torino allievo di Francesco Ruffini, uno dei docenti universitari che, rifiutando il giuramento di fedeltà al fascismo, fu costretto ad abbandonare l’insegnamento.Accanto a Galimberti e Rèpaci, altri si misurarono con la sfida di progettare il futuro.Silvio Trentin, in esilio dal 1926, nel suo “Abbozzo di un piano tendente a delineare la figura costituzionale dell’Italia”, dettato al figlio Bruno nel 1944, era sostenitore, anch’egli, dell’anteriorità dei diritti della persona rispetto allo Stato.E Mario Alberto Rollier, con il suo “Schema di costituzione dell’unione federale europea”. Testi, entrambi, di forte ispirazione federalista.Si tratta, nei tre casi, di esponenti di quel Partito d’Azione di cui incisiva sarà l’influenza nel corso della Resistenza e dell’avvio della vita della Repubblica.La crisi della monarchia e quella del fascismo apparivano ormai irreversibili, tanto da indurre un gruppo di intellettuali cattolici a riunirsi a Camaldoli, a pochi giorni dal 25 luglio 1943, con l’intento di riflettere sul futuro, dando vita a una Carta di principi, nota come “Codice di Camaldoli”, che lascerà il segno nella Costituzione. Con la proposta di uno Stato che facesse propria la causa della giustizia sociale come concreta espressione del bene comune, per rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo di ogni persona umana, per rendere sostanziale l’uguaglianza fra i cittadini.Per tornare alla “Costituzione di Duccio”, apparivano allora utopie alcune sue previsioni come quella di una “unica moneta europea”. Oggi realtà.O quella di “un unico esercito confederale”. E il tema della difesa comune è, oggi, al centro delle preoccupazioni dell’Unione Europea, in un continente ferito dall’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina.Sulla scia di quei “visionari” che, nel pieno della tragedia della guerra e tra le macerie, disegnavano la nuova Italia di diritti e di solidarietà, desidero sottolineare che onorano la Resistenza, e l’Italia che da essa è nata, quanti compiono il loro dovere favorendo la coesione sociale su cui si regge la nostra comunità nazionale.Rendono onore alla Resistenza i medici e gli operatori sanitari che ogni giorno non si risparmiano per difendere la salute di tutti. Le rendono onore le donne e gli uomini che con il loro lavoro e il loro spirito di iniziativa rendono competitiva e solida l’economia italiana.Le rendono onore quanti non si sottraggono a concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva.Il popolo del volontariato che spende parte del proprio tempo per aiutare chi ne ha bisogno.I giovani che, nel rispetto degli altri, si impegnano per la difesa dell’ambiente.Tutti coloro che adempiono, con coscienza, al proprio dovere pensando al futuro delle nuove generazioni rendono onore alla liberazione della Resistenza.Signor Presidente della Regione, lei ha definito queste colline, queste montagne “geneticamente antifasciste”.Sappiamo quanto dobbiamo al Piemonte, Regione decorata, a sua volta, con la Medaglia d’oro al merito civile.Ed è alle donne e agli uomini che hanno animato qui la battaglia per la conquista della libertà della Patria che rivolgo il mio pensiero rispettoso. Nuto Revelli ha parlato della sua esperienza di comandante partigiano e della lotta svolta in montagna come di un vissuto di libertà: di un luogo dove era possibile assaporare il gusto della libertà prima che venisse restituita a tutto il popolo italiano.Una terra allora non prospera, tanto da ispirargli i racconti del “mondo dei vinti”.Una terra ricca però di valori morali.Non c’è una famiglia che non abbia memoria di un bisnonno, di un nonno, di un congiunto, di un alpino caduto in Russia, nella sciagurata avventura voluta dal fascismo.Non c’è famiglia che non ricordi il sacrificio della Divisione alpina “Cuneense” nella drammatica ritirata, con la Julia. Un altro esempio. Un altro monito alla dissennatezza della guerra.Rendiamo onore alla memoria di quei caduti.Grazie da tutta la Repubblica a Cuneo e al Cuneese, con le sue Medaglie al valore!Come recita la lapide apposta al Municipio di questa città, nell’ottavo anniversario dell’uccisione di Galimberti, se mai avversari della libertà dovessero riaffacciarsi su queste strade troverebbero patrioti.Come vi è scritto: “morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre Resistenza”.Viva la Festa della Liberazione!.Viva l’Italia!”.
Nel pomeriggio, il Capo dello Stato si è spostato a Borgo San Dalmazzo dove ha deposto una corona d’alloro al Memoriale della deportazione e ha visitato il Museo Memo4345, per poi concludere la giornata di celebrazioni a Boves, in Piazza d’Italia, dove ha reso omaggio al monumento che commemora le vittime dell’eccidio di Boves e ha visitato la Chiesa di San Bartolomeo in cui sono sepolti i Beati Don Giuseppe Bernardi e Don Mario Ghibaudo, vittime dell’eccidio.
La Premier , invece, per il suo primo 25 aprile a Palazzo Chigi, ha scritto per l’occasione una lettera pubblicata da Il Corriere della Sera, nella quale si legge: “Nel mio primo 25 Aprile da presidente del Consiglio, affido alle colonne del Corriere alcune riflessioni che mi auguro possano contribuire a fare di questa ricorrenza un momento di ritrovata concordia nazionale nel quale la celebrazione della nostra ritrovata libertà ci aiuti a comprendere e rafforzare il ruolo dell’Italia nel mondo come imprescindibile baluardo di democrazia. E lo faccio con la serenità di chi queste riflessioni le ha viste maturare compiutamente tra le fila della propria parte politica ormai 30 anni fa, senza mai discostarsene nei lunghi anni di impegno politico e istituzionale. Da molti anni infatti, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo. Capisco, invece, quale sia l’obiettivo di quanti, in preparazione del 25 aprile e delle sue cerimonie stilano la lista di chi possa e di chi non possa partecipare, secondo punteggi che nulla hanno a che fare con la storia ma molto hanno a che fare con la politica. È usare la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di qualsiasi avversario politico. Un atteggiamento talmente strumentale che negli anni, durante le celebrazioni, ha portato perfino a inaccettabili episodi di intolleranza come quelli troppe volte perpetrati ai danni della Brigata ebraica da parte di gruppi estremisti. Episodi indegni ai quali ci auguriamo di non dover più assistere. Mi domando se queste persone si rendano conto di quanto,così facendo, indeboliscono i valori che dicono di voler difendere. È probabilmente questa consapevolezza ad aver spinto Luciano Violante a individuare, nel suo memorabile discorso di insediamento da presidente della Camera quasi trent’anni fa, proprio in una certa «concezione proprietaria» della lotta di Liberazione uno dei fattori che le impedivano di diventare patrimonio condiviso da tutti gli italiani. Un concetto ripreso nel 2009 da Silvio Berlusconi (allora presidente di un Consiglio dei ministri nel quale sedevo anche io) in un altro famoso discorso, quando a Onna, celebrando l’anniversario della Liberazione sulle macerie del terremoto, invitò a fare del 25 Aprile la Festa della Libertà, così da superare le lacerazioni del passato. In tutto il mondo le autocrazie cercano di guadagnare campo sulle democrazie e si fanno sempre più aggressive e minacciose, e il rischio di una saldatura che porti a sovvertire l’ordine internazionale che le democrazie liberali hanno indirizzato e costruito dopo la fine del secondo conflitto mondiale e la dissoluzione dell’Unione Sovietica è purtroppo reale. In questo nuovo bipolarismo l’Italia la sua scelta di campo l’ha fatta, ed è una scelta netta. Stiamo dalla parte della libertà e della democrazia, senza se e senza ma, e questo è il modo migliore per attualizzare il messaggio del 25 Aprile. Perché con l’invasione russa dell’Ucraina la nostra libertà è tornata concretamente in pericolo. È, questa, una convinzione che ho rafforzato grazie all’incontro con una donna straordinaria, Paola Del Din. Durante la Resistenza combatteva con le Brigate Osoppo, le formazioni di ispirazione laica, socialista, monarchica e cattolica. Fu la prima donna italiana a paracadutarsi in tempo di guerra. Il suo coraggio le è valso una Medaglia d’oro al valor militare, che ancora oggi, quasi settant’anni dopo averla ricevuta, sfoggia sul petto con commovente orgoglio. Della Resistenza dice: ‘Il tempo ci ha ribattezzati Partigiani, ma noi eravamo Patrioti, io lo sono sempre stata e lo sono ancora’. Nell’Italia repubblicana è stata insegnante di Lettere e, nonostante i suoi quasi cento anni, continua ad accettare gli inviti a parlare nelle scuole di Italia e del valore della Libertà. Dedico questo giorno a lei, madre di quattro figli e nonna di altrettanti nipoti, ma anche, idealmente, di tutti gli italiani che antepongono l’amore per la propria Patria a ogni contrapposizione ideologica”.
A Praga, invece, dove si è recato subito dopo la cerimonia all’Altare della Patria, il Presidente del Senato, La Russa, intervenendo alla Conferenza dei presidenti dei Parlamenti degli Stati membri dell’Ue ,dopo essere stato al monumento di Jan Palach (lo studente cecoslovacco simbolo della protesta e della resistenza contro l’occupazione sovietica) e , prima di far visita al campo di concentramento di Terezin, ha detto: “La capacità di contrastare ogni forma di regime totalitario potrà venire dall’attuazione di politiche coraggiose, dalla capacità di realizzare veri processi di pacificazione e dando testimonianza delle aberrazioni di tutti i regimi totalitari. Così come lo stesso Parlamento europeo fece solo pochi anni fa approvando un’importante risoluzione di condanna di tutti i totalitarismi del secolo scorso. Oggi stesso, approfittando della mia presenza qui a Praga, ho voluto aggiungere due appuntamenti importanti alla mia agenda e che si legano al tema di questa Conferenza: renderò quindi omaggio alle tante vittime della ferocia nazista recandomi a Terezin e sono già stato al monumento dedicato a Jan Palach, come ho sempre fatto ogni volta che sono venuto a Praga. E l’ho fatto anche stavolta perché non potevo certo mancare di rispetto verso la vostra storia. Era ed è importante in questa sede così significativa e prestigiosa, portare un messaggio molto chiaro: le Istituzioni nazionali ed europee devono lavorare e stanno lavorando per assicurare indipendenza e libertà ai loro popoli.
Poi, ricordando “la più grande atrocità del secolo appena passato: l’Olocausto”, ha sottolineato: “Per evitare che lo spettro di regimi illiberali possa nuovamente tornare a limitare le nostre libertà, deve esserci innanzitutto piena collaborazione e rispetto tra gli Stati, a cominciare dal rispetto dei confini nazionali. In tal senso, domani avrò il piacere di ospitare a Roma il Primo Ministro ucraino Denys Shmyhal al quale rinnoverò la solidarietà e la vicinanza mia personale e quella degli italiani. Il popolo ucraino non è solo nella lotta contro la Russia per l’indipendenza e l’integrità territoriale. In ultimo, faccio mie le parole che la senatrice Liliana Segre pronunciò al Parlamento europeo il Giorno della Memoria: ‘C’era una bambina a Terezin, di cui non ricordo il nome, che disegnò una farfalla gialla che vola sopra i fili spinati. Che la farfalla gialla voli sempre sopra i fili spinati’”.
Quanto al Vicepremier e ministro degli Esteri, Tajani, quest’ultimo, così come gli altri ministri del Governo presenti a diverse cerimonie, ha celebrato il 25 aprile alle Fosse Ardeatine , visitando il Mausoleo dei Martiri, visita, a margine della quale, ha dichiarato: “La libertà è un valore che non conosce divisioni . Questo è il luogo dove tutti questi caduti hanno riscattato l’onore dell’Italia”, mentre il Vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Salvini, ha reso omaggio ai caduti per la Libertà che riposano nel cimitero americano di Firenze alla presenza del capo della diplomazia degli Stati Uniti in Italia Shawn P. Crowley, citando, in post sui suoi account social, la giornalista e scrittrice Oriana Fallaci: “La libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere” diceva Oriana Fallaci. In questa mattina del 25 aprile ho reso omaggio ai caduti per la Libertà che riposano nel cimitero americano di Firenze, alla presenza del capo della diplomazia degli Stati Uniti in Italia Shawn P. Crowley. Si tratta di 4.399 soldati statunitensi uccisi durante la seconda guerra mondiale, con una età media di appena vent’anni. A migliaia hanno combattuto, compresi giovani arrivati da tutto il mondo. A tutti loro e agli Alleati che hanno dato un apporto decisivo alla Liberazione dal nazifascismo va la nostra eterna riconoscenza”.
In casa delle Opposizioni, invece, critico il Pd in merito alla lettera a Il Corriere della Sera inviata dalla Premier, considerata “poco chiara e “reticente nel pronunciare la parola antifascista”, con la segretaria Schlein, che, presente nel pomeriggio al corteo di Milano, insieme con il sindaco dem, Sala, ha dichiarato: “Penso che chi partecipa alla festa della Liberazione ,come noi del Pd , lo fa con lo spirito di ricordare cosa è stata la dittatura nazifascista, cosa è stato il sacrificio di chi ha voluto liberarci e di come riportare oggi quei valori alla attualità, non ho altro da aggiungere. E’ il giorno in cui dobbiamo onorare la memoria dei tanti che hanno sacrificato fino alla loro vita per poter costruire la nostra libertà, per poter dar vita grazie alla resistenza antifascista a quella che oggi è la costituzione della nostra Repubblica. È un giorno in cui dobbiamo solo ricordare e non dare per scontato questa costituzione suoi principi e i suoi valori di libertà. È un giorno in cui chi fa politica deve non solo onorare quella memoria, ma anche proiettarla nel presente e nel futuro. Quella paura di futuro che c’era nel regime oggi assume veste nuova e chiama noi tutti delle istituzioni in politica a un impegno quotidiano per realizzare pienamente i valori e i principi costituzionali che ancora non sono pienamente attuati. Queste sono le cose che oggi rischiano di minacciare il futuro delle nuove generazioni. La memoria che oggi onoriamo diventi un impegno quotidiano per contrastare le diseguaglianze”.
Critico nei confronti della Presidente del Consiglio, anche il leader dei Verdi alleato di Sinistra italiana, Bonelli, che ha sottolineato: “Meloni oggi afferma cose che già conoscevamo, ma nulla dice sui suoi esponenti di punta del suo partito e sulle loro affermazioni dei giorni scorsi inaccettabili. Come ad esempio quelle di Ignazio La Russa, Presidente del Senato, il quale ha fatto dei distinguo tra buoni e cattivi persino tra i partigiani, oltre a dichiarare che non c’è l’antifascismo nella nostra costituzione. Sarebbe stato bene che Meloni prendesse le distanze pubblicamente da Ignazio La Russa per chiarezza e coerenza e non sminuendo la ‘sgrammaticatura istituzionale‘ le parole di La Russa”.
Più conciliante, seppure critica, la posizione del Presidente del M5S Conte, che, a margine della sua visita al Museo della Liberazione, ha affermato: “Buon 25 aprile e buona festa a tutti. Finalmente iniziano a esserci le premesse perché questa sia una festa condivisa, visto che oggi anche la Meloni vuole che questa sia condivisa e rinnega nostalgie del fascismo. Ne prendiamo atto. Quello che non condivido del suo appello è la parte finale, quando ne approfitta poi per perpetuare questa escalation militare del conflitto russo-ucraino. E non mi sembra che sia questo il tema. Anzi direi che, come ha detto Papa Francesco, il coraggio ce l’ha chi vuole costruire faticosamente un percorso di pace, non chi si limita a invii e investimenti di attrezzature ed armamenti militari che ovviamente alimentano questa guerra. Non cerchiamo la polemica a tutti i costi. Nelle pieghe di qualche dichiarazione ci può essere svarione, ma lavoriamo tutti per ciò che ci unisce, perché va apprezzato lo sforzo del loro leader, anche se non è detto che riesca a portarsi tutti appresso”.
Per Emma Bonino di +Europa, invece,“Il Governo non riesce a usare la parola antifascismo”.
Il leader di Azione, Calenda, intervenuto al Pantheon “per festeggiare la Liberazione con le associazioni azioniste-liberali partigiane e con la comunità ucraina” e poi recatosi alle Fosse Ardeatine, esortando a “non dimenticate che la democrazia va curata e difesa ogni giorno”, ha evidenziato che: “Oggi non celebriamo solo la nostra Resistenza, ma il valore stesso della libertà. E per questo è giusto e doveroso pensare a chi resiste in Ucraina da più di un anno. Facciamo uno sforzo e uniti smettiamo di sottolineare le divisioni. I valori della Resistenza non sono di parte: il 25 aprile è la festa di chi lotta e resiste ogni giorno”.
Il leader di Italia Viva, Renzi, sottolineando via social come “la festa della Liberazione sia la festa della libertà e di tutti gli italiani”, ha ringraziato i partigiani e gli Alleati, “che hanno dato la vita per la nostra libertà”.
Un appello all’unità, è arrivato poi dalla Presidente ella Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello, che ha dichiarato: “C’è uno sforzo ogni giorno da parte di tutti per unire perché il 25 aprile è il giorno di tutti, non ci sono state differenze politiche, differenze di religione, veramente alcun distinguo in chi ha scelto in quei giorni di sacrificare la propria vita per donarci la libertà. Troviamo questo valore di unità, facciamo in modo che non ci sia nessuno che se ne appropri da una parte o dall’altra, non ci sono nostalgie. Si tratta del coraggio e del valore assoluto dell’antifascismo innegabilmente riconosciuto da tutti noi”.
Dal palco di Porta San Paolo a Roma ,Fabrizio De Santis, Presidente dell’Anpi Roma, al termine del tradizionale corteo del 25 aprile, ha ribadito la richiesta “di dimissioni del Presidente del Senato La Russa e di scioglimento di tutte le associazioni fasciste”.
Infine, foto a testa in giù della Presidente del Consiglio, Meloni, del Presidente del Senato, La Russa, e dei ministri dell’Interno, Piantedosi e dell’Istruzione e del Merito, Valditara, sono state affisse a Napoli, vicino ai monumenti che ricordano i martiri delle Quattro Giornate , che condussero i napoletani a ribellarsi al nazifascismo tra il 27 ed il 30 settembre 1943.
Avviate dalla Digos, coordinata dal primo dirigente Antonio Bocelli, indagini per individuare i responsabili, mentre condanne per l’atto ed espressioni di solidarietà e vicinanza sono arrivate dal mondo politico, a cominciare dal Presidente della Camera, Fontana.
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