Il 4 febbraio scorso, l’intellettuale, drammaturgo e poeta francese Jacques Prévert , scomparso nel 1977 ,avrebbe compito 120 anni. Divenuto celebre negli anni Ottanta, soprattutto per i suoi versi d’amore (della sua raccolta più celebre : “Paroles” sono state vendute oltre 20 mila copie) fu capace di andare oltre il surrealismo , da cui pure era partito, per immergersi nella realtà, descrivendo, con forza , intensità , humor e ironia, comune a pochi, le gioie , le malinconie degli uomini e i sussulti e i travagli degli innamorati. Eccone, allora,di seguito, un ritratto.
di Federica Marengo sabato 8 febbraio 2020
“Quando non ci sarò più , non la finiranno mai di tirar fuori idiozie e mi conosceranno meglio di me stesso”. Con queste parole, l’intellettuale, drammaturgo e poeta Jacques Prévert, ironizzava su cosa sarebbe accaduto dopo la sua morte, nel corso di un’intervista.
Nato il 4 febbraio 1900 a Neuilly -sur-Seine, da una famiglia borghese, trascorre l’infanzia con il fratello Pierre in Bretagna, mostrando sin da bambino una certa inclinazione per la lettura e lo Spettacolo.
A vent’anni, durante il servizio militare a Lunéville, conosce “Roro”, un ragazzo di Orléans e Yves Tanguy , un pittore dadaista , con i quali, nel 1922, di ritorno a Parigi, si stabilisce al numero 54 di Rue del Chateau , a Montparnasse, dove poi ospita anche il fratello Pierre e che diventa il punto di incontro del movimento artistico e letterario del Surrealismo (1926-1930), animato dal poeta-teorico André Breton, che metteva al centro della creazione il sogno e l’inconscio.
Quindi, fra il 1932 e il 1936, pubblicati i primi testi sulle riviste “De famille” e “Conmmerce”(per quest’ultima vi lavora come redattore anche il poeta, caposcuola dell’Ermetismo, Giuseppe Ungaretti), inizia a svolgere una prolifica attività teatrale, realizzando opere per la compagnia di teatro sociale “Gruppo d’Ottobre”, della Federazione del Teatro Operaio.
Risalgono, infatti, a tale periodo le opere: “Marche ou crève” (“Marciare o morire”), inno divenuto popolare anche in Italia, “La Bataille de Fontenoy” (“La battaglia di Fontenoy”), rappresentata a Mosca nel 1933, durante un’Olimpiade internazionale del Teatro Operaio alla quale partecipa nella duplice veste di autore e di attore.
Avviata in quegli stessi anni anche l’attività cinematografica, scrive una serie di sceneggiature (“L’affaire est dans le sac”-“L’affare è fatto”,diretto dal fratello Pierre e “Drole de drame”- “Lo strano dramma del dottor Molyneux” di Marcel Carné), per poi tornare, dopo un soggiorno di un anno a Hollywood, a Parigi.
Finita la Seconda Guerra Mondiale , nel 1947, Prévert riprende l’attività teatrale , portando in scena un balletto alla cui realizzazione collabora insieme con il pittore e scultore spagnolo, Pablo Picasso.
Intanto, cimentatosi con la poesia, pubblica due raccolte: “Histoires” e “Paroles”, quest’ultima divenuta celebre nell’edizione di René Bertelé, non trascurando però la scrittura di sceneggiature per film (“La Bergère et le ramoneur”-“La pastorella e lo spazzacamino” di Paul Grimault, “Notre Dame de Paris” di Jean Delannoy e “La fleur de l’age”di Carné, che però rimane incompiuta, segnando la fine del sodalizio con il regista) e cartoni animati, diretti dal fratello Pierre.
Nel 1948, dopo il matrimonio e la paternità (viene al mondo la figlia Michelle),rimasto in coma per alcune settimane in seguito a una caduta dalle finestre degli uffici di una Radio degli Champs-Elysée ,risvegliatosi, si trasferisce con la famiglia a Sint-Paul-de-Vence, dove riprende a scrivere soggetti (per la pellicola “Les Amants de Vérone”-“Gli amanti di Verona” del regista André Cayatte) e pubblica la riedizione di “Paroles” e nuove raccolte poetiche : “Spectacle” , “Grand Bal du Printemps” e “Charmes de Londres”, accompagnate dalle fotografie dell’amico Israelis Bidermanas , detto: “Iziz”.
Poi, nel 1955 rientra a Parigi,dedicandosi da quel momento e , fino alla morte, avvenuta l’11 aprile 1977, a Omonville-la-Petite, a causa di un tumore ai polmoni, alla composizione di versi,pubblicati in raccolte (“La pluie et le beau temps” e “Histoires, et d’autres histoires”) e canzoni ( “Le feuilles mortes”- “Le foglie morte”, interpretata da Juliette Greco e Gilbert Bécaud) e alla realizzazione artistica di collage , che espone nel 1957 in una mostra tenutasi presso la galleria Maeght a Saint-Paul-de-Vence e a cui dedica le opere “Fatras”e “Mirò”, ispirata ,quest’ultima, alle opere del pittore e scultore spagnolo.
Tema dominate nella poesia di Prévert, definito dal suo maestro Bréton : “Il sognatore impenitente”, è l’amore come unica salvezza del mondo, che è gioia di vivere, ma anche sofferenza, tradimento e malinconia.
Protagonisti dei suoi versi, musicali, vere e proprie chanson della tradizione francese,dove ad ogni sillaba corrisponde un suono,che nell’insieme si fa ritmo, sono i personaggi incontrati lungo la Senna e per le strade di Parigi , a Rue de Seine e a Lehan de Catzi, sulle panchine e nei caffè delle Tuileries o nelle pensioni di Clichy, i quali soffrono per amore, sperano, ricordano, si fanno beffe del potere con le potenti armi dell’ironia ,della risata e della satira meno indulgente.
Poeta anarchico, ribelle ai falsi moralismi e alle convenzioni, che prende spesso di mira, usa un linguaggio comune, apparentemente banale, ma in realtà ricco di echi interni, di giochi di parole e di rinvii a un significato più profondo, da trovare negli abissi della psiche, come vuole il simbolismo a cui inizialmente aderisce , da cui si distacca ,per rimanerne ,però, sempre influenzato.
Immagini , dunque , quelle presenti nei suoi componimenti, che rimandano a un significato diverso da quello apparente: come nel caso dell’uccello, metafora della libertà e dell’amore, (a detta di Prévert, il sentimento più spontaneo e naturale che esista e, perciò, lontano da ogni costrizione, istituzionalizzazione e sottomissione, pena : la perdita.
La gioia del nascere, del vivere , dell’amare, ci ricorda il poeta attraverso le sue liriche, c’è sempre e il male, per quanto sembri vincere, dominare , sopraffare , attraverso guerre, latrocini, delitti e corruzioni, non riesce a prevalere. Perenne e immortale , infatti, è la speranza, che non si lascia irridere dalla cattiveria del mondo.
Lo sanno bene “I ragazzi che si amano”, pronti a “baciarsi in piedi”, “contro le porte della notte”, indifferenti all’invidia e alla rabbia dei “passanti che li segnano a dito”. Perché “I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno/ sono altrove/ molto più lontano della notte/ molto più in alto del giorno/ nell’abbagliante splendore del loro primo amore”.
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