Elogio di “Io non ci sto più. Consigli pratici per riconoscere un manipolatore affettivo e liberarsene”, il decimo libro di Roberta Bruzzone, edito nel 2018 da DeAgostini , un compendio di Psicopatologia in cui la psicologa forense e criminologa investigativa descrive in modo chiaro e semplice la personalità del manipolatore e delle sue vittime.
di Federica Marengo sabato 6 luglio 2019
Chi è Roberta Bruzzone?
Roberta Bruzzone è una psicologa forense e criminologa investigativa. Nel corso della sua carriera ha analizzato le scene del crimine dei casi di cronaca più rilevanti. E’ presidente di S.O.S Vittima Onlus, che si occupa delle vittime di manipolazione affettiva e dell’Aisf (Accademia Internazionale delle Scienze Forensi) e Vice Presidente dell’Associazione La caramelle buona Onlus, in sostegno alle vittime di pedofilia. Docente di Criminologia, Psicologia Investigativa e Scienze Forensi presso l’Università Jean Monnet di Bari e presso gli Istituti di Polizia di Stato e dei Carabinieri, dal 2007 è ospite del programma Rai, Porta a Porta, di Bruno Vespa.
Addentrarsi nella lettura di manuali di Psicologia o di Criminologia, per chi non è del mestiere, e non ha dimestichezza con termini scientifici, è sempre una fatica paragonabile a quelle di Ercole. E’ per questo che, quando si ha il piacere di imbattersi in un libro come quello di Roberta Bruzzone, “Io non ci sto più-Consigli partici per riconoscere un manipolatore affettivo e liberarsene”, edito nel 2018 da DeAgostini, ci si sente rinfrancati e sollevati, essendo riusciti a giungere alla fine tutto di un fiato e avendo riacquistato l’autostima persa in passato, quando si era tentato, invano, di decifrare astrusi prontuari sul tema, nelle intenzioni alla portata di tutti, ma, di fatto, leggibili solo per la rincarnazione di Freud e Jung.
Con l’ultimo libro della Bruzzone, il decimo, invece, questo non accade. La nota psicologa e criminologa investigativa, infatti, ha il dono della chiarezza e al tempo stesso della precisione.
La sua penna, pur non rinunciando alla formalità e al tecnicismo della materia che affronta, sa descrivere con chiarezza e semplicità le dinamiche della relazione con un manipolatore o manipolatrice afettivo/a.
In 10 capitoli, la Bruzzone, è riuscita a fornire a tutti coloro che sono poco avvezzi all’ambito psichiatrico e neurologico, una descrizione minuziosa e dettagliata del “narcisista maligno” o “patologico”e delle dinamiche di rapporto che tale soggetto instaura con le sue vittime.
La psicologa e criminologa investigativa, attraverso un linguaggio colloquiale ed esempi attinti dalla realtà quotidiana, ha spiegato che il manipolatore o manipolatrice può essere chiunque, non solo i fidanzati/e, i mariti/ le mogli, ma anche gli amici, i familiari, addirittura gli stessi genitori.
Due, le categorie principali, individuate dallo studioso Paul Wink, in cui far rientrare lo spietato aguzzino: la prima è quella del “narcisista overt”, ovvero colui che è affetto da un vero e proprio delirio di onnipotenza che lo rende immune da ogni autocritica o errore. In realtà , questi soggetti, che la Bruzzone definisce “sanguisughe” dell’anima, dell’energia e della positività altrui, hanno una bassa autostima e una scarsa sicurezza in se stessi, cui tentano di ovviare, screditando, umiliando e facendo sentire inadeguati e non all’altezza i loro partner, amici o familiari, dei quali si servono per non sentirsi inferiori al resto del mondo e nei confronti dei quali non nutrono alcun sentimento, alcuna empatia (ovvero: capacità di immedesimarsi nell’altro) eccetto un senso di possesso, condito con tanto, tanto egoismo ed egocentrismo.
Sabotatori della felicità, delle soddisfazioni, dell’ottimismo altrui, criticano tutto e tutti, soffocando ogni slancio vitale, ogni manifestazione di entusiasmo da parte di chi hanno accanto.
Il loro unico scopo, nel rapporto con l’altro, è dominare, avere il pieno controllo sui pensieri e sulle azioni della persona che dicono di amare e nei confronti della quale mettono in atto ,a fasi alterne e in maniera cosciente e studiata, un copione di romanticismo smielato (lovebombing) e di spietata indifferenza, (specie qualora la vittima si comporti nei loro riguardi in un modo che non reputano adeguato), consapevoli, dell’incapacità dell’altro, ormai totalmente dipendente, di sottrarsi al loro giogo.
La seconda categoria , invece, è quella del “narcisista covert”. Al contrario dell’overt, questi interpreta il ruolo del timido, dell’insicuro, dell’umile che tende a rifuggire da ogni comportamento eccentrico ed esibizionista, desiderando, viceversa stare al centro dell’attenzione, al punto, in certi casi, da inventare di essere affetto da malattie o da inscenare ,nel bel mezzo di un funerale ,una crisi isterica.
Tutti e due i tipi di narcisista, però, hanno in comune un unico obiettivo : tirare le fila di un teatrino, dove sono loro i burattinai e le vittime, i burattini da manovrare.
Altro nodo, sciolto dalla Bruzzone, è poi quello della personalità della vittima. A cadere nella rete del narcisista patologico, infatti, è una personalità affetta da “dipendenza affettiva”. Una donna o un uomo, cioè, che , a causa di un cattivo rapporto con se stessa/o (bassa autostima, disprezzo di sé) dovuto a vicende familiari e a rapporti controversi con un padre o una madre mortificanti, sono disposti a tutto, a sopportare qualunque umiliazione pur di sentirsi amati, o meglio illudersi di esserlo.
Tuttavia, la psicologa forense e criminologa investigativa, non vende false speranze: sottrarsi dalle spire di un manipolatore non è impossibile, ma neppure facile e il primo passo è ammettere di esserne soggiogati. Successivamente, bisogna attuare strategie per neutralizzarlo e allontanarsi, escludendolo dalla propria vita, con tutto ciò che ne consegue: ricadute, nostalgia e voglia di ricercarlo.
Per questo, secondo la Bruzzone è importante affidarsi ad uno specialista del campo, uno psicoterapeuta, specializzato in “manipolazione affettiva”, che possa aiutare la vittima a riappropriarsi della propria vita, a scoprire il proprio valore e a credere in se stessa, perché, come ricorda la stessa psicologa forense e criminologa investigativa, citando John Lennon: “Non esiste amore in grado di riempire il vuoto di una persona che non ama se stessa”.
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