di Federica Marengo sabato 21 dicembre 2024
-Domenica scorsa, 15 dicembre, Papa Francesco è partito alle prime ore del mattino dall’aeroporto di Roma-Fiumicino per recarsi ad Ajaccio, in Corsica, per partecipare alla chiusura del congresso “La Religiosité Populaire en Mediterranée”. Prima di lasciare l’Italia, il Pontefice, che, come di consueto alla vigilia di ogni visita apostolica all’estero, si è recato presso la Basilica di Santa Maria Maggiore, per pregare davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani, ha inviato al Presidente della Repubblica Mattarella un telegramma nel quale ha rinnovato “l’invito a considerare il patrimonio religioso-artistico-culturale delle tante civiltà affacciate sul Mare Nostrum, che, nonostante le vicende storiche, hanno custodito con cura l’eredità spirituale consegnata dai loro padri nella fede”, auspicando che “tale singolare evento possa suscitare un maggiore interesse a riscoprire il desiderio di attingere ai sani valori che hanno forgiato uomini e donne , affinché nel dialogo fecondo tra le religioni , le istituzioni politiche e il mondo del sapere, si promuova il rispetto delle proprie radici, la libertà di testimoniare il proprio credo e la responsabilità per il futuro”.
Atterrato all’aeroporto “Napoléon Bonaparte”, il Santo Padre, è stato accolto dal ministro dell’Interno francese. Poi, ricevuti in dono dei fiori, dopo l’esecuzione degli inni, gli onori militari, la presentazione delle delegazioni e l’ascolto di un canto, Papa Francesco si è trasferito con il ministro presso la Hall de Conférences dell’Aeroport per un breve incontro, alla fine del quale ha raggiunto il Baptistère Saint-Jean dove ha ricevuto in offerta da un giovane l’acqua benedetta per il segno della croce e ha recitato la preghiera del Credo.
Benedetti i presenti, il Pontefice si è trasferito al Palais des Congrés et des Expositions per prendere parte alla Sessione conclusiva del Congresso “La Religiosité Populaire en Mediterranée”.
Accolto dal Vescovo di Ajaccio, il Cardinale François-Xavier Bustillo, dal Prefetto della Corsica, dal Presidente del Consiglio Regionale, dal Presidente del Consiglio Esecutivo, dal Presidente della Camera di Commercio e dalla Direttrice della Comunicazione della Camera di Commercio, Papa Francesco ha fatto il Suo ingresso nell’Auditorium Pascal Paoli, nel quale, dopo il saluto introduttivo del Cardinale Vescovo di Ajaccio, ha tenuto il Suo discorso.
Il Pontefice, quindi, sottolineando l’importanza del Mar Mediterraneo come “culla di molte civiltà”, in particolare di quella greco-romana e di quella giudeo-cristiana, e come “scenario ideale per la nascita di miti, racconti ,leggende e di una cultura elevata, i cui principi di base sono ancora oggi validi e attuali”, nonché del Cristianesimo, si è soffermato sulla pietà popolare, riguardo cui ha sottolineato: “Da una parte, essa ci rimanda all’Incarnazione come fondamento della fede cristiana, la quale si esprime sempre nella cultura, nella storia e nei linguaggi di un popolo e si trasmette attraverso i simboli, i costumi, i riti e le tradizioni di una comunità vivente. Dall’altra parte, la pratica della pietà popolare attira e coinvolge anche persone che sono sulla soglia della fede, che non praticano assiduamente e che, tuttavia, in essa ritrovano l’esperienza delle proprie radici e dei propri affetti, insieme a ideali e valori che ritengono utili per la propria vita e per la società. La pietà popolare, esprimendo la fede con gesti semplici e linguaggi simbolici radicati nella cultura del popolo, rivela la presenza di Dio nella carne viva della storia, irrobustisce la relazione con la Chiesa e spesso diventa occasione di incontro, di scambio culturale e di festa – è curioso: una pietà che non sia festosa non ha “un buon odore”, non è una pietà che viene dal popolo, è troppo “distillata” –. In questo senso, le sue pratiche danno corpo alla relazione con il Signore e ai contenuti della fede. Mi piace ricordare, a questo proposito, una riflessione di Blaise Pascal, che in un dialogo con un interlocutore fittizio, per aiutarlo a capire come giungere alla fede, dice che non basta moltiplicare le prove dell’esistenza di Dio o fare sforzi intellettuali; piuttosto, bisogna guardare a coloro che sono già progrediti nel cammino, perché essi hanno iniziato a piccoli passi, «prendendo l’acqua benedetta, facendo dire delle messe». I piccoli passi che ti portano avanti. La pietà popolare è una pietà che viene coinvolta con la cultura, ma non confusa con la cultura. E fa dei piccoli passi”.
Poi, Papa Francesco ha lanciato un monito: “Dobbiamo stare attenti perché la pietà popolare non venga usata, strumentalizzata da aggregazioni che intendono rafforzare la propria identità in modo polemico, alimentando i particolarismi, le contrapposizioni, gli atteggiamenti escludenti. Tutto questo non risponde allo spirito cristiano della pietà popolare e chiama in causa tutti, in modo speciale i Pastori, a vigilare, discernere e promuovere una continua attenzione sulle forme popolari della vita religiosa. Quando la pietà popolare riesce a comunicare la fede cristiana e i valori culturali di un popolo, unendo i cuori e amalgamando una comunità, allora ne nasce un frutto importante che ricade sull’intera società, e anche sulle relazioni tra le istituzioni politiche, sociali e civili e la Chiesa. La fede non rimane un fatto privato, dobbiamo stare attenti a questo sviluppo, direi, eretico della privatizzazione della fede; i cuori si amalgamano e vanno avanti, un fatto che si esaurisce nel sacrario della coscienza, ma – se intende essere pienamente fedele a sé stessa – comporta un impegno e una testimonianza verso tutti, per la crescita umana, il progresso sociale e la cura del creato, nel segno della carità. Proprio per questo, dalla professione della fede cristiana e dalla vita comunitaria animata dal Vangelo e dai Sacramenti, lungo i secoli sono nate innumerevoli opere di solidarietà e istituzioni come ospedali, scuole, centri di assistenza , in Francia sono molte!, in cui i credenti si sono impegnati a favore dei bisognosi e hanno contribuito alla crescita del bene comune. La pietà popolare, le processioni e le rogazioni, le attività caritative delle confraternite, la preghiera comunitaria del santo Rosario e altre forme di devozione possono alimentare questa – mi permetto di qualificarla così, “cittadinanza costruttiva” dei cristiani. La pietà popolare ti dà una “cittadinanza costruttiva”!”.
Quindi, evidenziando la necessità di un “cammino condiviso anche con le istituzioni laiche, civili e politiche, per fare il bene”, il Pontefice ha parlato del concetto di laicità e ha affermato che esso deve essere “non statico e ingessato, ma evolutivo, dinamico, capace di adattarsi a situazioni diverse o impreviste, e di promuovere una costante collaborazione tra autorità civili ed ecclesiastiche per il bene dell’intera collettività, rimanendo ciascuno nei limiti delle proprie competenze e del proprio spazio”, citando Papa Benedetto XVI°: “Sana laicità significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire quest’ultima con gli apporti della religione, mantenendo tra loro una necessaria distanza, una chiara distinzione e la necessaria collaborazione tra le due. Una tale laicità sana garantisce alla politica di operare senza strumentalizzare la religione, e alla religione di vivere liberamente senza appesantirsi con la politica dettata dall’interesse, e qualche volta poco conforme, o addirittura contraria, alle credenze religiose. Per questo la sana laicità (unità-distinzione) è necessaria, anzi indispensabile a entrambe. Una sana laicità, ma accanto una religiosità. Si rispettano i campi”.
“Così”, ha concluso il suo discorso il Santo Padre, “Si potranno liberare più energie e più sinergie, senza pregiudizi e senza opposizioni di principio, in un dialogo aperto, franco e fecondo” tra “il mondo religioso e quello laico, tra la Chiesa e le istituzioni civili e politiche”, le cui rispettive guide, pastori, politici e coloro che rivestono responsabilità pubbliche, come pure i fedeli, ha esortato a : “restare sempre vicini al popolo, ascoltandone i bisogni, cogliendone le sofferenze, interpretandone le speranze, perché ogni autorità cresce solo nella prossimità” e nella “vicinanza”, “vicinanza a Dio, vicinanza con gli altri pastori, vicinanza ai sacerdoti, vicinanza ai popoli”.
Terminato il Suo discorso al Congresso, Papa Francesco si è recato in auto alla Statua della Madunnuccia, Santa protettrice di Ajaccio e qui si è raccolto in preghiera e ha acceso un cero che il Vescovo ha collocato davanti alla statua.
Successivamente, il Pontefice ha raggiunto la Cattedrale di Santa Maria Assunta per recitare la preghiera dell’Angelus con i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, i Consacrati e le Consacrate e i Seminaristi.
Accolto dal Vescovo di Ajaccio, il Cardinale François-Xavier Bustillo, dal Presidente della Conferenza Episcopale Francese, dall’Arcivescovo di Reims, e dal Parroco, il Santo Padre, ricevuto un omaggio floreale tra i canti del coro, provenienti dal piazzale antistante la Cattedrale, la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione, consegnategli da due canonici, dopo aver attraversato la navata centrale per raggiungere l’altare, ascoltato il saluto di benvenuto del Presidente della Conferenza Episcopale Francese, ha pronunciato il Suo discorso.
Il Pontefice, ringraziando i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, i Consacrati e le Consacrate e i Seminaristi, e ricordando loro l’importanza di “mettere Dio al centro” nel proprio servizio e non se stessi, rifuggendo così ogni mondanità e vanità, ha lascito a questi ultimi e queste ultime un duplice invito: “avere cura di voi e prendervi cura degli altri”.
“Il primo invito”, ha spiegato Papa Francesco, “Avere cura di voi. Perché la vita sacerdotale o religiosa non è un “sì” che abbiamo pronunciato una volta per tutte. Non si vive di rendita con il Signore! Al contrario, ogni giorno va rinnovata la gioia dell’incontro con Lui, in ogni momento bisogna nuovamente ascoltare la sua voce e decidersi a seguirlo, anche nei momenti delle cadute. Alzati, uno sguardo al Signore: “Scusami, aiutami ad andare avanti”. Questa vicinanza fraterna e filiale. Ricordiamoci questo: la nostra vita si esprime nell’offerta di noi stessi, ma più un sacerdote, una religiosa, un religioso si donano, si spendono, lavorano per il Regno di Dio, e più diventa necessario che si prendano cura anche di sé stessi. Un prete, una suora, un diacono che si trascura finirà anche per trascurare coloro che gli sono affidati. Per questo ci vuole una piccola “regola di vita”, i religiosi già ce l’hanno, che comprenda l’appuntamento quotidiano con la preghiera e l’Eucaristia, il dialogo con il Signore, ciascuno secondo la spiritualità propria e il proprio stile. E vorrei anche aggiungere: conservare qualche momento di solitudine; avere un fratello o una sorella con cui condividere liberamente ciò che portiamo nel cuore, un tempo si chiamava il direttore spirituale, la direttrice spirituale ; coltivare qualcosa di cui siamo appassionati, e non per passare il tempo libero, ma per riposarci in modo sano dalle stanchezze del ministero. Il ministero stanca! C’è da aver paura di quelle persone che sono sempre attive, sempre al centro, che magari per troppo zelo non si riposano mai, non prendono mai una pausa per sé stessi. Fratelli, non va bene questo, c’è bisogno di spazi e momenti in cui ogni sacerdote e ogni persona consacrata si prende cura di sé. E non per fare un lifting per apparire più belli, no, per parlare con l’Amico, con il Signore, e soprattutto con la Mamma , non lasciate la Madonna, per favore , per parlare della propria vita, come stanno andando le cose. E sempre abbiate per questo sia il confessore, sia qualche amico che vi conosca bene e con cui potete parlare e fare un bel discernimento. I “funghi presbiterali” non vanno bene!. E in questa cura rientra un’altra cosa: la fraternità tra di voi. Impariamo a condividere non soltanto le fatiche e le sfide, ma anche la gioia e l’amicizia tra di noi”.
Il seconda invito, ha continuato il Pontefice: “Avere cura degli altri. La missione che ciascuno di voi ha ricevuto ha sempre un solo scopo: portare Gesù agli altri, donare ai cuori la consolazione del Vangelo. Mi piace ricordare il momento in cui l’apostolo Paolo sta per ritornare a Corinto e scrivendo alla comunità dice: “Per conto mio ben volentieri mi prodigherò, anzi consumerò me stesso per le vostre anime”. Consumarsi per le anime, consumarsi nell’offerta di sé per coloro che ci sono stati affidati. E mi viene in mente un santo prete giovane che poi è morto di cancro poco tempo fa. Lui abitava in una baraccopoli con la gente più povera. Diceva: “A volte ho voglia di chiudere la finestra con i mattoni, perché la gente viene a qualsiasi ora e se io non rispondo alla porta, bussano alla finestra”. Il prete con il cuore aperto a tutti, senza fare distinzioni. L’ascolto, la vicinanza della gente, è anche questo un invito a trovare, nel contesto di oggi, le vie pastorali più efficaci per l’evangelizzazione. Non abbiate paura di cambiare, di rivedere i vecchi schemi, di rinnovare i linguaggi della fede, imparando che la missione non è questione di strategie umane: è anzitutto questione di fede. Avere cura degli altri: di chi attende la Parola di Gesù, di chi si è allontanato da Lui, di coloro che hanno bisogno di orientamento o di consolazione per le loro sofferenze. Prendersi cura di tutti, nella formazione e soprattutto nell’incontro. Incontrare le persone, là dove vivono e lavorano, questo è importante”.
Infine, Papa Francesco ha invitato i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, i Consacrati e le Consacrate e i Seminaristi a “perdonare sempre”: “Perdonate tutto e sempre. Ai sacerdoti dico, nel sacramento della Riconciliazione, di non fare troppe domande. Ascoltare e perdonare. Perdonare sempre. Perdonare tutto. E questo lo dico anche alle religiose e ai religiosi: perdonare, dimenticare, quando ci fanno qualche cosa brutta, le lotte ambiziose di comunità. Perdonare. Il Signore ci ha dato l’esempio: perdonare tutto e sempre! Tutti, tutti, tutti”.
Il Pontefice ha poi guidato la preghiera alla Vergine Maria elevando la supplica per la pace: “per tutte le terre che si affacciano su questo Mare, specialmente per la Terra Santa dove Maria ha dato alla luce Gesù. Pace per la Palestina, per Israele, per il Libano, per la Siria, per tutto il Medio Oriente!. Pace nel Myanmar martoriato. E la Santa Madre di Dio ottenga la sospirata pace per il popolo ucraino e il popolo russo” . Il Santo Padre ha pregato anche per le popolazioni vittime del ciclone che ha colpito l’Arcipelago di Mayotte.
In seguito, terminato il Suo discorso e , impartita la benedizione, Papa Francesco, tra doni e canti, dopo aver salutato alcune persone, si è recato al Vescovado di Ajaccio, da dove, nel pomeriggio, incontrato il sindaco di Ajaccio e scritto una dedica sul Libro d’Onore del Comune della città, si è trasferito presso la Place d’Austerlitz nella quale, prima di presiedere la Santa Messa della Terza domenica d’Avvento, ha compiuto alcuni giri in papamobile tra i fedeli presenti.
Papa Francesco, quindi, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, ha pronunciato l’omelia, incentrata sul tema dell’attesa del Natale e della preparazione all’incontro con il Messia, riflettendo su due atteggiamenti spirituali: “l’attesa sospettosa e l’attesa gioiosa”, riguardo cui ha detto: “Il primo modo di aspettare, quello sospettoso, è pieno di sfiducia e di ansietà. Chi ha la mente occupata in pensieri egocentrici smarrisce la letizia dell’animo: anziché vegliare con speranza, dubita del futuro. Tutto preso da progetti mondani, non attende l’opera della Provvidenza. Non sa aspettare con la speranza che ci dà lo Spirito Santo. E allora giunge salutare la parola di San Paolo, che riscuote da questo torpore: «Non angustiatevi per nulla». Quando l’angoscia ci prende, ci rovina sempre. Una cosa è il dolore, il dolore fisico, il dolore morale per qualche calamità in famiglia ; un’altra cosa è l’angoscia. I cristiani non devono vivere con l’angoscia. Non siate angosciati, delusi, tristi. Quanto sono diffusi questi mali spirituali, oggi, specialmente dove dilaga il consumismo! Io vedevo in questi giorni a Roma, per le strade, tanta gente che va a fare le spese, le spese, con l’ansia del consumismo, che poi svanisce e lascia niente. Una società così che vive di consumismo, invecchia insoddisfatta, perché non sa donare: chi vive per sé stesso non sarà mai felice. E questo è un male che tutti noi possiamo avere, tutti i cristiani, anche noi, i preti, i vescovi, i cardinali, tutti, anche il Papa .L’Apostolo però ci offre una medicina efficace quando scrive: «In ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti». La fede in Dio dà speranza!.
E da qui veniamo al secondo atteggiamento: l’attesa gioiosa. Il primo atteggiamento era l’attesa sospettosa, quell’attesa che è “per me” con le mani che chiudono. Il secondo atteggiamento è l’attesa gioiosa. E non è facile avere gioia. La gioia cristiana non è affatto spensierata, superficiale, una gioia da Carnevale. No. Non è così. È invece una gioia del cuore, basata su un fondamento saldissimo, che il profeta Sofonia, rivolgendosi al popolo, esprime così: gioisci, perché «il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un Salvatore potente». Fiducia nel Signore che è in mezzo a noi. Tante volte non ricordiamo questo: è in mezzo a noi, quando facciamo un’opera buona, quando educhiamo i figli, quando ci prendiamo cura degli anziani. Invece non è in mezzo a noi quando facciamo il chiacchiericcio, sparlando sempre degli altri. Lì non c’è il Signore, ci siamo solo noi. La venuta del Signore ci porta la salvezza: perciò è motivo di gioia. Dio è “potente”, dice la Scrittura: Egli può redimere la nostra vita perché è capace di realizzare quello che dice! La nostra gioia non è dunque una consolazione illusoria, per farci dimenticare le tristezze della vita. No, non è una consolazione illusoria. La nostra gioia è frutto dello Spirito Santo per la fede in Cristo Salvatore, che bussa al nostro cuore, liberandolo dalla mestizia e dalla noia. Pertanto ,l’avvento del Signore diventa una festa piena di futuro per tutti i popoli: in compagnia di Gesù scopriamo la vera gioia di vivere e di donare i segni di speranza che il mondo attende. E il primo di questi segni di speranza è la pace. Colui che viene è l’Emmanuele, il Dio con noi, che dona la pace agli uomini amati dal Signore. E mentre ci prepariamo ad accoglierlo, in questo tempo di Avvento, le nostre comunità crescano nella capacità di accompagnare tutti, specialmente i giovani in cammino verso il Battesimo e i Sacramenti; e in un modo speciale anche i vecchietti, gli anziani. Gli anziani sono la saggezza di un popolo. Non lo dimentichiamo!”.
Infine, rivolgendo un pensiero al dolore e alle sofferenze dei bambini e delle bambine ucraini e dei bambini e delle bambine nelle terre di guerre, dopo l’indirizzo di omaggio del Vescovo di Ajaccio e prima della benedizione finale, il Pontefice ha ringraziato la comunità civile e religiosa di Ajaccio e ha salutato e benedetto i malati, gli anziani soli e i carcerati, augurando loro “un buon cammino verso il Santo Natale”.
Terminata la Celebrazione eucaristica, Papa Francesco ha raggiunto l’Aeroporto Internazionale di Ajaccio “Napoléon Bonaparte” per la cerimonia di congedo dalla Corsica, prima della quale ha incontrato presso la Hall de Conférences, il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, alla presenza del Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, del Sostituto per gli Affari Generali, del Nunzio Apostolico e dei Consiglieri della Nunziatura Apostolica.
In serata, il Pontefice ha fatto rientro in Vaticano.
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