di Federica Marengo sabato 28 settembre 2024
-Nella mattinata di giovedì 26 settembre, Papa Francesco è partito dall’aeroporto di Fiumicino per il Suo 46° Viaggio Apostolico in Lussemburgo e Belgio, che durerà fino a domenica 29 settembre.
Atterrato all’Aeroporto Internazionale di Lussemburgo-Findel, il Pontefice, è stato accolto dal Granduca, Enrico di Lussemburgo, dalla Granduchessa Maria Teresa di Lussemburgo, dal Primo Ministro, Luc Frieden, e da due giovani che gli hanno donato dei fiori.
Quindi, dopo l’ascolto degli inni, gli onori e la presentazione delle rispettive Delegazioni, il Santo Padre si è recato al Palazzo Granducale , dove al Suo arrivo ha trovato ad attenderlo il Granduca e la Granduchessa di Lussemburgo, con cui ha raggiunto il primo piano dell’edificio per la presentazione della famiglia granducale.
Poi, dopo aver firmato il Libro d’Onore e aver scattato le foto ufficiali presso la Ballroom, Papa Francesco si è recato insieme con il Granduca e la Granduchessa presso il Salon des Rois, dove si è svolto l’incontro privato e dove si è proceduto alla foto ufficiale e allo scambio dei doni.
A seguire, il Santo Padre ha raggiunto in auto il Cercle Cité per l’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico, avvenuto presso la Grande Salle.
Qui, dopo l’intervento introduttivo del Premier Frieden, Papa Francesco ha tenuto il Suo discorso, nel quale, dopo aver ringraziato le autorità presenti per l’accoglienza ricevuta, ha elogiato il Lussemburgo come modello per le sue politiche di accoglienza e integrazione e ha toccato diverse tematiche come la cura del Creato, la pace ,che ponga fine alle guerre in corso, e l’inverno demografico, dicendo: “A motivo della sua particolare posizione geografica, sul confine di differenti aree linguistiche e culturali, il Lussemburgo si è trovato spesso ad essere al crocevia delle più rilevanti vicende storiche europee; per ben due volte, nella prima metà del secolo scorso, ha dovuto subire l’invasione e la privazione della libertà e dell’indipendenza. Ammaestrato dalla sua storia , la storia è maestra della vita , a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, il vostro Paese si è distinto nell’impegno per la costruzione di un’Europa unita e solidale, nella quale ogni Paese, piccolo o grande che fosse, avesse il suo proprio ruolo, lasciando finalmente alle spalle le divisioni, i contrasti e le guerre, causate da nazionalismi esasperati e da ideologie perniciose. Le ideologie sempre sono un nemico della democrazia. Va pure riconosciuto che quando prevalgono logiche di scontro e di violenta contrapposizione, i luoghi che si trovano al confine tra potenze che confliggono finiscono per essere ,loro malgrado , pesantemente coinvolti. Quando invece gli spiriti finalmente ritrovano vie di saggezza, e alla contrapposizione sostituiscono la cooperazione, allora questi stessi luoghi diventano i più adatti a indicare, non solo simbolicamente, le esigenze di una nuova epoca di pace e le strade da percorrere. Non fa eccezione a questa regola il Lussemburgo, socio fondatore dell’Unione Europea e delle Comunità che l’hanno preceduta, sede di numerose istituzioni europee, tra le quali la Corte di Giustizia dell’Unione, la Corte dei Conti e la Banca degli Investimenti. E questo si fa sempre con la pace, non dimentichiamo che la guerra sempre è una sconfitta. La pace , il Lussemburgo ha una storia di costruzione della pace , è necessaria. È molto triste che oggi in un Paese dell’Europa gli investimenti che danno più reddito sono quelli delle fabbriche delle armi. È molto triste. A sua volta, la solida struttura democratica del vostro Paese, che ha a cuore la dignità della persona umana e la difesa delle sue libertà fondamentali, è la premessa indispensabile per un ruolo così significativo nel contesto continentale. In effetti, non è l’estensione del territorio o il numero degli abitanti la condizione indispensabile perché uno Stato svolga una parte importante sul piano internazionale, o perché possa diventare un centro nevralgico a livello economico e finanziario. Lo è invece la paziente costruzione di istituzioni e leggi sagge, le quali, disciplinando la vita dei cittadini secondo criteri di equità e nel rispetto dello stato di diritto, pongono al centro la persona e il bene comune, prevenendo e contrastando i pericoli di discriminazione e di esclusione. Il Lussemburgo è un Paese dalle porte aperte, una bella testimonianza di non discriminazione e non esclusione. A questo proposito, rimangono attuali le parole pronunciate da San Giovanni Paolo II quando, nel 1985, visitò il Lussemburgo: «Il vostro Paese ,disse , resta fedele alla sua vocazione di essere, in questo importante crocevia delle civiltà, un luogo di scambi e di cooperazione intense tra un numero sempre maggiore di Paesi. Auspico ardentemente che questa volontà di solidarietà unisca sempre più le comunità nazionali e si estenda a tutte le nazioni del mondo, in particolare alle più povere».
Nel fare mie tali affermazioni, in particolare rinnovo l’appello affinché si instaurino relazioni solidali tra i popoli, in modo che tutti possano diventare partecipi e protagonisti di un ordinato progetto di sviluppo integrale. La dottrina sociale della Chiesa indica le caratteristiche di tale progresso e le vie per raggiungerlo. Anch’io mi sono inserito nella scia di questo magistero approfondendo due grandi tematiche: la cura del creato e la fraternità. Lo sviluppo, infatti, per essere autentico e integrale, non deve saccheggiare e degradare la nostra casa comune e non deve lasciare ai margini popoli o gruppi sociali: tutti, tutti fratelli. La ricchezza , non dimentichiamolo , è una responsabilità. Pertanto chiedo che sia sempre vigile l’attenzione a non trascurare le Nazioni più svantaggiate, anzi, che esse siano aiutate a risollevarsi dalle loro condizioni di impoverimento. Questa è una via maestra per fare in modo che diminuisca il numero di quanti sono costretti a emigrare, spesso in condizioni disumane e pericolose. Il Lussemburgo, con la sua storia peculiare, con la sua altrettanto peculiare posizione geografica, con poco meno della metà degli abitanti provenienti da altre parti dell’Europa e del mondo, sia di aiuto e di esempio nell’indicare il cammino da intraprendere per accogliere e integrare migranti e rifugiati. E voi siete un modello di questo. Purtroppo, si deve constatare considerare il riemergere, anche nel continente europeo, di fratture e di inimicizie che, invece di risolversi sulla base della reciproca buona volontà, delle trattative e del lavoro diplomatico, sfociano in aperte ostilità, con il loro seguito di distruzione e di morte. Sembra proprio che il cuore umano non sappia sempre custodire la memoria e che periodicamente si smarrisca e torni a percorrere le tragiche vie della guerra. Siamo smemorati in questo. Per sanare questa pericolosa sclerosi, che fa ammalare gravemente le Nazioni e aumenta i conflitti e rischia di gettarle in avventure dai costi umani immensi, rinnovando inutili stragi, occorre alzare lo sguardo verso l’alto, occorre che il vivere quotidiano dei popoli e dei loro governanti sia animato da alti e profondi valori spirituali. Saranno questi valori a impedire l’impazzimento della ragione e l’irresponsabile ritorno a compiere i medesimi errori dei tempi passati, aggravati per giunta dalla maggiore potenza tecnica di cui l’essere umano ora si avvale. Il Lussemburgo è proprio al centro della capacità di fare l’amicizia ed evitare queste strade. Io direi: è una delle vostre vocazioni.
Come Successore dell’Apostolo Pietro, a nome della Chiesa che , come diceva Paolo VI , è esperta di umanità, sono inviato anche qui a testimoniare che questa linfa vitale, questa forza sempre nuova di rinnovamento personale e sociale è il Vangelo. Esso ci fa trovare simpatia fra tutte le nazioni, tra tutti i popoli: simpatia, sentire ugualmente, patire ugualmente. Il Vangelo di Gesù Cristo, che solo è in grado di trasformare in profondità l’animo umano, rendendolo capace di operare il bene anche nelle situazioni più difficili, di spegnere gli odi e riconciliare le parti in conflitto. Possano tutti, ogni uomo e ogni donna, in piena libertà, conoscere il Vangelo di Gesù, che ha riconciliato nella sua Persona Dio e l’uomo e che, conoscendo cosa c’è nel cuore umano, può sanarne le ferite. Sempre positivo. Altezza Reale, Signore e Signori, il Lussemburgo può mostrare a tutti i vantaggi della pace rispetto agli orrori della guerra, dell’integrazione e promozione dei migranti rispetto alla loro segregazione , e su questo vi do tante grazie: quello spirito di accoglienza dei migranti e anche dare loro un inserimento nella vostra società, questo arricchisce, i benefici della cooperazione tra le Nazioni a fronte delle nefaste conseguenze dell’indurimento delle posizioni e del perseguimento egoistico e miope o addirittura violento dei propri interessi. E mi permetto di aggiungere una cosa. Ho visto la percentuale delle nascite: per favore, più bambini, più bambini! È il futuro. Non dico più bambini e meno cagnolini , questo lo dico in Italia , ma più bambini!. Vi è infatti un impellente bisogno che quanti sono investiti di autorità si impegnino con costanza e pazienza in oneste trattative in vista della soluzione dei contrasti, con l’animo disposto a individuare onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace. “Pour servir”, “Per servire”: con questo motto sono venuto tra voi. Esso si riferisce direttamente ed eminentemente alla missione della Chiesa, che Cristo, Signore fattosi servo, ha inviato nel mondo come il Padre aveva inviato Lui. Ma permettetemi di ricordarvi che questo, il servire, è anche per ognuno di voi l’alto titolo di nobiltà. Il servizio è per voi anche il compito principale, lo stile da assumere ogni giorno. Il buon Dio vi conceda di farlo sempre con animo lieto e generoso. E coloro che non hanno fede lavorino per i fratelli, lavorino per la patria, lavorino per la società. Questa è una strada per tutti, sempre per il bene comune!”.
Al termine del discorso, prima di lasciare la Grande Salle, il Pontefice ha salutato alcune autorità e all’esterno della Salle Flamande, ha firmato il Libro d’Onore, per poi raggiungere la Casa Arcivescovile.
Nel pomeriggio, poi, Papa Francesco si è recato alla Cattedrale di Notre-Dame per incontrare la Comunità Cattolica del Lussemburgo. Accolto dall’Arcivescovo di Lussemburgo, Card. Jean-Claude Hollerich, dal Parroco, che gli ha porto la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione e da due bambini, che gli hanno offerto dei fiori, il Pontefice , attraversando la navata centrale, ha raggiunto l’altare.
Ricevuto il saluto di benvenuto del Cardinale Arcivescovo di Lussemburgo e, ascoltata la testimonianza di un giovane , Papa Francesco ha assistito a uno spettacolo di danza, “Laudato si’”, ispirato alla vita di San Francesco, seguito dalle testimonianze di due rappresentanti delle Comunità linguistiche.
Il Pontefice , quindi, ha pronunciato il Suo discorso, incentrato sulle parole: servizio, missione e gioia: “Anzitutto il servizio. Poco fa è stato detto che la Chiesa lussemburghese vuol essere “Chiesa di Gesù Cristo, che non è venuto per essere servito ma per servire”. Ed è stata pure richiamata l’immagine di San Francesco che abbraccia il lebbroso e ne cura le piaghe. Io, del servizio, vorrei raccomandarvi un aspetto oggi molto urgente: quello dell’accoglienza. Lo faccio qui, tra voi, in modo particolare, perché il vostro Paese ha e mantiene viva, in questo campo, una tradizione secolare, come più volte è emerso, anche nelle altre testimonianze, nel grido: “todos, todos, todos!”, “tutti, tutti, tutti!”, ripetuto in varie occasioni. Sì, lo spirito del Vangelo è spirito di accoglienza, di apertura a tutti, e non ammette nessun tipo di esclusione . vi incoraggio, dunque, a rimanere fedeli a questa eredità vostra, a questa ricchezza che voi avete, continuando a fare del vostro Paese una casa amica per chiunque bussi alla vostra porta chiedendo aiuto e ospitalità. È un dovere di giustizia prima ancora che di carità, come già diceva San Giovanni Paolo II quando ricordava le radici cristiane della cultura europea. Egli incoraggiava proprio i giovani lussemburghesi a tracciare il cammino per «un’Europa non solo delle merci e dei beni, ma dei valori, degli uomini e dei cuori», in cui il Vangelo fosse condiviso «nella parola dell’annunzio e nei segni dell’amore» ambedue le cose. Lo sottolineo perché è importante: un’Europa, e un mondo, in cui il Vangelo sia condiviso nella parola dell’annuncio unita ai segni dell’amore. E questo ci porta al secondo tema: la missione. Il Cardinale Arcivescovo, poco fa, ha parlato di una “evoluzione della Chiesa lussemburghese in una società secolarizzata”. Mi è piaciuta questa espressione: la Chiesa, in una società secolarizzata, evolve, matura, cresce. Non si ripiega su sé stessa, triste, rassegnata, risentita, no; accetta piuttosto la sfida, nella fedeltà ai valori di sempre, di riscoprire e rivalorizzare in modo nuovo le vie di evangelizzazione, passando sempre più da un semplice approccio di cura pastorale a quello di annuncio missionario , e ci vuole coraggio. E per fare questo è pronta ad evolvere nella condivisione di responsabilità e ministeri, camminando insieme come Comunità che annuncia e facendo della sinodalità un “modo duraturo di relazionarsi” tra i suoi membri. E del valore di questa crescita ci hanno mostrato un’immagine bellissima i giovani amici che hanno interpretato, poco fa, alcune scene del musical Laudato si’. Bravi, hanno fatto bene! Grazie per il dono che ci avete fatto! Il vostro lavoro, frutto di uno sforzo comunitario che ha coinvolto molti nell’Arcidiocesi, è per tutti noi un segno doppiamente profetico! Ci ricorda, in primo luogo, le nostre responsabilità nei confronti della “casa comune”, di cui siamo custodi e non despoti. Poi però ci fa anche riflettere su come tale missione, vissuta insieme, costituisce in sé un meraviglioso strumento corale per dire a tutti la bellezza del Vangelo. E questo è importante, è importante per tutti noi: ciò che ci spinge alla missione, infatti, non è il bisogno di “far numero”, di fare “proselitismo”, ma il desiderio di far conoscere a più fratelli e sorelle possibili la gioia dell’incontro con Cristo. E qui vorrei ricordare una bella espressione di Benedetto XVI: “La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”. Ecco allora, al di là delle difficoltà, il dinamismo vivo dello Spirito Santo che agisce in noi! L’amore ci spinge ad annunciare il Vangelo aprendoci agli altri e la sfida dell’annuncio ci fa crescere come comunità, aiutandoci a vincere la paura di intraprendere vie nuove e spingendoci ad accogliere con gratitudine l’apporto di tutti. È una bella dinamica, sana, gioiosa, che ci farà bene coltivare in noi e attorno a noi. E veniamo così alla terza parola: la gioia. Vedete? La nostra fede è così: è gioiosa, “danzante”, perché ci dice che siamo figli di un Dio amico dell’uomo, che ci vuole felici e uniti, e che di nulla è più contento che della nostra salvezza. E su questo, per favore: alla Chiesa fanno male quei cristiani tristi, noiosi, con la faccia lunga. No, questi non sono cristiani. Per favore, abbiate la gioia del Vangelo: questo ci fa credere e crescere tanto. In proposito, vorrei concludere richiamando un’altra bella tradizione del vostro Paese, di cui mi hanno parlato: la processione di primavera ,Springprozession , che a Pentecoste si svolge ad Echternach, in ricordo dell’infaticabile opera missionaria di San Willibrord, evangelizzatore di queste terre. L’intera città si riversa ballando per le strade e per le piazze, assieme a tanti pellegrini e visitatori che accorrono, e la processione diventa una grandissima, unica danza. Ricordiamo che il re Davide danzava davanti al Signore e questa è un’espressione di fedeltà. Grandi e piccoli, tutti ballano insieme verso la Cattedrale, quest’anno perfino sotto la pioggia, ho saputo , testimoniando con entusiasmo, nel ricordo del santo Pastore, quanto è bello camminare insieme e ritrovarci tutti fratelli attorno alla mensa del nostro Signore. E qui, soltanto una parolina: per favore, non perdere la capacità di perdono. Sapete che tutti dobbiamo perdonare, ma sapete perché? Perché tutti siamo stati perdonati e tutti abbiamo bisogno di perdono. Care sorelle, cari fratelli, è bella la missione che il Signore ci affida: consolare e servire, sull’esempio e con l’aiuto di Maria. Grazie a voi, consacrati e consacrate, per il lavoro che fate, seminaristi, preti, tutti; e anche per l’aiuto generoso che avete voluto condividere con i bisognosi. Dove c’è un bisognoso c’è Cristo. Vi benedico e prego per voi. E anche voi, per favore, pregate per me. Grazie”.
Terminato il discorso, dopo un momento di raccoglimento davanti alla Statua della Consolatrice degli Afflitti, il Santo Padre ha ascoltato il Cardinale Hollerich recitare la preghiera d’apertura del Giubileo mariano, in occasione del quattrocentesimo anniversario.
Dopo aver deposto la Rosa d’Oro e dopo la benedizione finale, la Chiesa lussemburghese ha consegnato al Pontefice un dono. Prima di uscire dalla Cattedrale, Papa Francesco ha salutato alcuni Vescovi presenti e, nel piazzale antistante l’ingresso posteriore della Cattedrale, ha salutato e benedetto i fedeli e le fedeli.
A bordo dell’auto papale ha poi raggiunto l’Aeroporto di Lussemburgo-Findel per la cerimonia di congedo.
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