di Federica Marengo lunedì 16 settembre 2024
-Partito dall’aeroporto di Papua Nuova Guinea, Papa Francesco ha raggiunto Dili, Timor-Leste, dove, è stato accolto dal Presidente della Repubblica , José Ramos-Horta, dal Primo Ministro Xanana Gusmão e da due bambini in abito tradizionale che Gli hanno offerto dei fiori e una sciarpa tipica, il tais.
Dopo un breve colloquio con le autorità, il Pontefice ha lasciato l’Aeroporto per dirigersi alla Nunziatura Apostolica.
Nel pomeriggio del 9 settembre, il Santo Padre ha raggiunto il Palazzo Presidenziale Nicolau Lobato per la Cerimonia di benvenuto in Timor-Leste e la Visita di cortesia al Presidente della Repubblica, José Manuel Ramos-Horta.
Accolto dal Presidente della Repubblica, insieme con il quale ha raggiunto la sala dove si è svolto l’incontro privato, dopo la Firma del Libro d’Onore e la foto ufficiale, il Pontefice ha raggiunto Salão China del Palazzo Presidenziale per l’incontro con le Autorità, la Società Civile, il mondo della Cultura e il Corpo Diplomatico.
Dopo il discorso introduttivo del Presidente di Timor-Leste, José Manuel Ramos-Horta, il Santo Padre ha pronunciato il Suo discorso: “Vi ringrazio per la gentile e gioiosa accoglienza in questa bella terra di Timor-Leste; e sono grato al Presidente, Signor José Ramos-Horta, per le cortesi espressioni che mi ha appena rivolto. Qui ,Asia e Oceania si sfiorano e, in un certo senso, incontrano l’Europa, lontana geograficamente, eppure vicina per il ruolo che essa ha avuto a queste latitudini negli ultimi cinque secoli , non mi riferisco ai pirati olandesi!. Dal Portogallo, infatti, nel XVI secolo giunsero i primi missionari domenicani che portarono il Cattolicesimo e la lingua portoghese; e quest’ultima insieme alla lingua tetum sono oggi i due idiomi ufficiali dello Stato. Il Cristianesimo, nato in Asia, è arrivato a queste propaggini del continente tramite missionari europei, testimoniando la propria vocazione universale e la capacità di armonizzarsi con le più diverse culture, le quali, incontrandosi con il Vangelo, trovano una nuova sintesi più alta e profonda. Il cristianesimo si incultura, assume le culture e i diversi riti orientali, dei diversi popoli. Infatti una delle dimensioni importanti del cristianesimo è l’inculturazione della fede. Ed esso, a sua volta, evangelizza le cultura. Questo binomio è importante per la vita cristiana: inculturazione della fede ed evangelizzazione della cultura. Non è una fede ideologica, è una fede radicata nella cultura. Questa terra, ornata di montagne, foreste e pianure, circondata da un mare meraviglioso, per quello che ho potuto vedere, ricca di tante cose, di tanti frutti e legname. Con tutto ciò, questa terra ha attraversato nel recente passato una fase dolorosa. Ha conosciuto le convulsioni e le violenze, che spesso si registrano quando un popolo si affaccia alla piena indipendenza e la sua ricerca di autonomia viene negata o contrastata. Dal 28 novembre 1975 al 20 maggio 2002, cioè dall’indipendenza dichiarata a quella definitivamente restaurata, Timor-Leste ha vissuto gli anni della sua passione e della sua più grande prova. Ha sofferto. Il Paese ha saputo però risorgere, ritrovando un cammino di pace e di apertura a una nuova fase, che vuole essere di sviluppo, di miglioramento delle condizioni di vita, di valorizzazione a tutti i livelli dello splendore incontaminato di questo territorio e delle sue risorse naturali e umane. Rendiamo grazie a Dio perché, nell’attraversare un periodo tanto drammatico della vostra storia, voi non avete perso la speranza, e per il fatto che, dopo giorni oscuri e difficili, è finalmente sorta un’alba di pace e di libertà. Nel conseguimento di queste importanti mete è stato di grande aiuto il vostro radicamento nella fede, come San Giovanni Paolo II mise in rilievo nella sua visita al vostro Paese. Egli, nell’omelia a Tasi-Tolu, ricordò che i cattolici di Timor-Leste hanno «una tradizione in cui la vita familiare, la cultura e i costumi sociali sono profondamente radicati nel Vangelo»; una tradizione «ricca degli insegnamenti e dello spirito delle Beatitudini», una tradizione ricca di «umile fiducia in Dio, di perdono e misericordia e, quando necessario, di paziente sofferenza nella tribolazione”. E traducendo questo nell’oggi, io direi che voi siete un popolo che ha sofferto, ma saggio nella sofferenza. A questo proposito, desidero in particolare ricordare e lodare il vostro impegno assiduo per giungere a una piena riconciliazione con i fratelli dell’Indonesia, atteggiamento che ha trovato la sua fonte prima e più pura negli insegnamenti del Vangelo. Avete mantenuto salda la speranza anche nell’afflizione e, grazie all’indole del vostro popolo e alla vostra fede, avete trasformato il dolore in gioia! Voglia il Cielo che pure in altre situazioni di conflitto, in diverse parti del mondo, prevalga il desiderio della pace. Infatti l’unità è superiore al conflitto, sempre; la pace dell’unità è superiore al conflitto. E per questo si richiede anche una certa purificazione della memoria, per guarire le ferite, combattere l’odio con la riconciliazione, lo scontro con la collaborazione. È bello parlare della “politica della mano tesa”, è molto saggia, non è sciocca, no, perché quando la mano tesa si vede tradita, sa lottare, sa portare avanti le cose. È motivo di grato encomio anche il fatto che, nel ventesimo anniversario dell’indipendenza del Paese, avete recepito come documento nazionale la Dichiarazione sulla Fratellanza umana – ne sono grato, Signor Presidente – da me firmata insieme al Grande Imam di Al-Azhar il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi. E lo avete fatto affinché – come auspica la Dichiarazione stessa – essa possa venire adottata e inclusa nei programmi scolastici, e ciò è fondamentale. Nel medesimo tempo, vi esorto a proseguire con rinnovata fiducia nella sapiente costruzione e nel consolidamento delle istituzioni della vostra Repubblica, in modo che i cittadini si sentano effettivamente rappresentati ed esse siano pienamente idonee a servire il Popolo di Timor-Leste. Ora davanti a voi si è aperto un nuovo orizzonte, sgombro da nuvole nere, ma con nuove sfide da affrontare e nuovi problemi da risolvere. Per questo voglio dirvi: la fede, che vi ha illuminato e sostenuto nel passato, continui a ispirare il vostro presente e il vostro futuro. «Que a vossa fé seja a vossa cultura!»; cioè, che ispiri i criteri, i progetti, le scelte secondo il Vangelo. Tra le molte questioni attuali, penso al fenomeno dell’emigrazione, che è sempre indice di una insufficiente o inadeguata valorizzazione delle risorse; come pure della difficoltà di offrire a tutti un lavoro che produca un equo profitto e garantisca alle famiglie un reddito corrispondente alle loro esigenze di base. E non sempre è un fenomeno esterno. Ad esempio, in Italia c’è l’emigrazione del sud verso il nord e abbiamo tutta una regione del sud che si sta spopolando. Penso alla povertà presente in tante zone rurali, e alla conseguente necessità di un’azione corale di ampio respiro che coinvolga molteplici forze e distinte responsabilità, civili, religiose e sociali, per porvi rimedio e per offrire valide alternative all’emigrazione. E penso infine a quelle che possono essere considerate delle piaghe sociali, come l’eccessivo uso di alcolici tra i giovani. Per favore, abbiate cura di questo! Date ideali ai giovani, perché escano da queste trappole! E anche il fenomeno del costituirsi in bande, le quali, forti della loro conoscenza delle arti marziali, invece di usarla al servizio degli indifesi, la usano come occasione per mettere in mostra l’effimero e dannoso potere della violenza. E non dimentichiamo tanti bambini e adolescenti offesi nella loro dignità – questo fenomeno sta emergendo in tutto il mondo –: tutti siamo chiamati ad agire con responsabilità per prevenire ogni tipo di abuso e garantire una crescita serena ai nostri ragazzi. Per la soluzione di questi problemi, come pure per una gestione ottimale delle risorse naturali del Paese – in primo luogo delle riserve petrolifere e del gas, che potrebbero offrire inedite possibilità di sviluppo – è indispensabile preparare adeguatamente, con una formazione appropriata, coloro che saranno chiamati ad essere la classe dirigente del Paese in un non lontano futuro. Mi è piaciuto quello che mi ha detto il Signor Presidente riguardo all’educazione qui. Essi potranno così avere a disposizione tutti gli strumenti indispensabili a delineare una progettualità di ampio respiro, nell’esclusivo interesse del bene comune. La Chiesa offre come base di tale processo formativo la sua dottrina sociale. Essa costituisce un pilastro indispensabile, su cui costruire specifiche conoscenze e al quale sempre occorre appoggiarsi, per verificare se tali ulteriori acquisizioni siano andate veramente a favore dello sviluppo integrale o non risultino invece di ostacolo, producendo squilibri inaccettabili e una quota elevata di scartati, lasciati ai margini. La dottrina sociale della Chiesa non è un’ideologia, è basata sulla fraternità. È una dottrina che deve favorire, che favorisce lo sviluppo dei popoli, specialmente di quelli più poveri. Tuttavia, se i problemi non mancano – come è per ogni popolo e per ogni epoca –, vi invito ad essere fiduciosi e a mantenere uno sguardo pieno di speranza verso l’avvenire. E c’è una cosa che vorrei dirvi, che non sta nel discorso, perché la porto dentro. Questo è un Paese bello, ma che cos’è la cosa più bella che ha questo Paese? Il popolo. Abbiate cura del popolo, amate il vostro popolo, fate cresce il popolo! Questo popolo è meraviglioso, è meraviglioso. In queste poche ora dal mio arrivo ho visto come il popolo si esprime, e il vostro popolo si esprime con dignità e con gioia. È un popolo gioioso. Siete un popolo giovane, non per la vostra cultura e per l’insediamento su questa terra, che sono invece molto antichi, ma per il fatto che circa il 65% della popolazione di Timor-Leste è al di sotto dei 30 anni di età. Penso a due Paesi europei, dove l’età media è di 46 e 48 anni. E da voi, il 65% ha meno di 30 anni; possiamo pensare che l’età media sarà intorno ai 30 anni, un po’ meno. Questa è una ricchezza. Questo dato ci dice che il primo ambito su cui investire è per voi l’educazione. Sono contento di ciò che ho appreso dal Presidente e che state facendo. Andate avanti. Credo che ci sono già diverse Università, magari anche troppe, e in più varie scuole secondarie, cosa che forse vent’anni fa non c’era. Questo è un ritmo di crescita molto grande. Investite sull’educazione, sull’educazione nella famiglia e nella scuola. Un’educazione che metta al centro i bambini e i ragazzi e promuova la loro dignità. Sono rimasto contento vedendo i bambini sorridere, con quei denti bianchi! C’era pieno di ragazzi da tutte le parti. L’entusiasmo, la freschezza, la proiezione verso l’avvenire, il coraggio, l’intraprendenza, tipici dei giovani, uniti all’esperienza e alla saggezza degli anziani, formano una miscela provvidenziale di conoscenze e di slanci generosi verso il domani. E qui mi permetto di dare un consiglio: mettete insieme i bambini con i nonni! L’incontro dei bambini e dei nonni provoca saggezza. Pensateci. Insieme, questo entusiasmo giovanile e questa saggezza sono una grande risorsa e non permettono la passività né, tantomeno, il pessimismo. La Chiesa Cattolica, la sua dottrina sociale, le sue istituzioni per l’assistenza e la carità ai bisognosi, quelle educative e quelle sanitarie sono al servizio di tutti e sono anch’esse una preziosa risorsa, che consente di guardare al futuro con occhi pieni di speranza. Merita apprezzamento, al riguardo, il fatto che l’impegno della Chiesa a favore del bene comune possa avvalersi della collaborazione e del sostegno dello Stato, nel quadro delle cordiali relazioni sviluppate tra la Santa Sede e la Repubblica Democratica di Timor-Leste, recepite dall’Accordo tra le Parti entrato in vigore il 3 marzo 2016. Relazioni eccellenti. Timor-Leste, che ha saputo far fronte a momenti di grande tribolazione con paziente determinazione ed eroismo, oggi vive come Paese pacifico e democratico, che si impegna nella costruzione di una società che è fraterna, sviluppando relazioni pacifiche con i vicini nell’ambito della comunità internazionale. Guardando al vostro recente passato e a quanto è stato finora compiuto, c’è motivo di essere fiduciosi che la vostra Nazione saprà ugualmente affrontare con intelligenza, chiarezza e creatività. le difficoltà e i problemi odierni. Abbiate fiducia nella saggezza del popolo. Il popolo ha la sua saggezza, abbiate fiducia in questa saggezza. Affido Timor-Leste e tutto il suo popolo alla protezione dell’Immacolata Concezione, celeste Patrona invocata con il titolo di Virgem de Aitara. Ella vi accompagni e vi aiuti sempre nella missione di costruire un Paese libero, democratico, solidale e gioioso, dove nessuno si senta escluso ed ognuno possa vivere in pace e dignità. Deus abençoe Timor-Leste!Maromak haraik bênção ba Timor-Lorosa’e!”.
Terminato il Suo discorso, dopo lo scambio dei doni e la foto ufficiale con il Presidente della Repubblica, il Primo Ministro, il Presidente del Parlamento e il Presidente della Corte Suprema, Papa Francesco e il Presidente si sono trasferiti all’ingresso del Palazzo per il congedo. Qui , il Pontefice ha impartito una benedizione a un gruppo di circa 1000 persone tra i dipendenti del Palazzo Presidenziale e le rispettive famiglie.
Pertanto, congedatosi, il Pontefice è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica.
Nella mattinata del 10 settembre, il Santo Padre, si è recato presso la Scuola per bambini e bambine con disabilità Irmãs Alma. Accolto da un gruppo di Suore della Congregazione Alma e da alcuni bambini in abiti tradizionali ,che hanno intonato un canto, è stato accompagnato nella Sala San Vincenzo de’ Paoli dove ha incontrato circa 50 bambini e 28 suore.
Un bambino , Gli ha donato il tais, la sciarpa tradizionale e la Superiora della Congregazione ha presentato il lavoro della realtà caritativa. Poi, Gli è stata portata una placca celebrativa del 60°anniversario della fondazione della Congregazione.
In seguito, il Pontefice ha rivolto ai bambini e alle bambine delle parole a braccio: “C’è una cosa che sempre mi fa pensare: quando Gesù parla del giudizio finale, dice ad alcuni: “Venite con me”, ma non dice: “Venite con me ,perché siete stati battezzati, perché siete stati cresimati, perché vi siete sposati in chiesa, perché non avete detto menzogne, perché non avete rubato”. No. “Venite con me perché vi siete presi cura di me”. Vi siete presi cura di me. E Gesù dice: “Venite con me perché vi siete presi cura di me quando avevo fame e mi avete dato da mangiare, quando avevo sete e mi avete dato da bere, quando ero malato e mi avete visitato”, e così via. Questo, lo chiamo il sacramento dei poveri. Un amore che incoraggia, che costruisce e che rafforza. E questo è ciò che si trova qui: amore. Senza amore questo non si capisce. E così comprendiamo l’amore di Gesù che ha dato la sua vita per noi. Non possiamo capire l’amore di Gesù se non ci mettiamo a praticare l’amore. Condividere la vita con le persone che hanno più bisogno è un programma, un vostro programma, è un programma di ogni cristiano. Voglio ringraziarvi per quello che fate; e voglio ringraziare anche le bambine e i bambini, i ragazzi e le ragazze che ci danno la testimonianza di lasciarsi curare. Perché loro insegnano a noi come dobbiamo lasciarci curare da Dio. Lasciarci curare da Dio e non da tante idee, o progetti, o capricci. Lasciarci curare da Dio. E loro sono i nostri maestri. Grazie a voi per questo!. E adesso recitiamo alla Madonna un’Ave Maria e vi do la benedizione. E non dimenticatevi, non dimenticatevi che dobbiamo imparare a lasciarci curare, tutti, come loro si lasciano curare. Grazie!”.
Poi, il Santo Padre ha raggiunto in auto la Cattedrale dell’Immacolata Concezione di Dili, dove ha incontrato i Vescovi, i Sacerdoti, i Diaconi, i Consacrati e le Consacrate, i Seminaristi e i Catechisti.
Accolto al Suo arrivo dall’Arcivescovo di Dili, Card. Virgílio do Carmo da Silva, S.D.B., dal Presidente della Conferenza Episcopale, Mons. Norberto do Amaral, Vescovo di Maliana, e dal Parroco, da una danza di benvenuto e da due bambini , ha ricevuto dei fiori e dal parroco la croce e l’acqua benedetta per l’aspersione.
Quindi, dopo il saluto di benvenuto del Presidente della Conferenza Episcopale, e le testimonianze di una suora, un sacerdote e un catechista, il Santo Padre ha pronunciato il Suo discorso: “Sono felice di trovarmi in mezzo a voi, nel contesto di un viaggio che mi vede pellegrino nelle terre d’Oriente. Ringrazio Mons. Norberto de Amaral per le parole che mi ha rivolto, ricordando che Timor Est è un Paese “ai confini del mondo”. Anch’io vengo dai confini del mondo, ma voi più di me! E mi piace dire: proprio perché è ai confini del mondo sta al centro del Vangelo! Questo è un paradosso che dobbiamo imparare: nel Vangelo, i confini sono il centro e una Chiesa che non è capace di andare ai confini e che si nasconde nel centro è una Chiesa molto malata. Invece, quando una Chiesa guarda fuori, manda missionari, si mette su quei confini che sono il centro, il centro della Chiesa. Grazie perché state ai confini. Perché sappiamo bene che nel cuore di Cristo le periferie dell’esistenza sono il centro: il Vangelo è popolato da persone, figure e storie che sono ai margini, ai confini, ma vengono convocate da Gesù e diventano protagoniste della speranza che Egli è venuto a portarci. Gioisco con voi e per voi, perché siete i discepoli del Signore in questa terra. Pensando alle vostre fatiche e alle sfide che siete chiamati ad affrontare, mi è ritornato in mente un brano del Vangelo di Giovanni, molto suggestivo, che ci racconta una scena di tenerezza e di intimità accaduta nella casa degli amici di Gesù, Lazzaro, Marta e Maria . A un certo punto, durante la cena, Maria «prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo». Maria unge i piedi di Gesù e quel profumo si diffonde nella casa. Vorrei soffermarmi con voi proprio su questo: il profumo, il profumo di Cristo, il profumo del suo Vangelo, è un dono che voi avete, un dono che vi è stato dato gratuitamente, ma che dovete custodire e che tutti insieme siamo chiamati a diffondere. Custodire il profumo, questo dono del Vangelo che il Signore ha dato a questa terra di Timor Est, e diffondere il profumo. Prima cosa: custodire il profumo. Abbiamo sempre bisogno di tornare all’origine, all’origine del dono ricevuto, del nostro essere cristiani, sacerdoti, religiosi o catechisti. Noi abbiamo accolto la vita stessa di Dio per mezzo di Gesù, suo figlio, che è morto per noi e ci ha donato lo Spirito Santo. Siamo stati unti, siamo unti con Olio di letizia e l’apostolo Paolo scrive: «Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo». Care sorelle, cari fratelli, voi siete il profumo di Cristo! E questo simbolo a voi non è estraneo: qui a Timor, infatti, cresce in abbondanza il legno di sandalo, con la sua fragranza molto apprezzata e ricercata anche presso altri popoli e Nazioni. La Bibbia stessa ne loda il valore, quando racconta che la regina di Saba fece visita al re Salomone offrendogli in dono il legno di sandalo. Non so se la regina di Saba, prima di andare da Salomone, fece scalo a Timor Est, forse, e prese il sandalo da qui!. Sorelle, fratelli, voi siete il profumo di Cristo, un profumo molto più prezioso dei profumi francesi! Voi siete il profumo di Cristo, voi siete il profumo del Vangelo in questo Paese. Come un albero di sandalo, sempreverde, sempre forte, che cresce e produce frutti, anche voi siete discepoli missionari profumati di Spirito Santo per inebriare la vita del santo popolo fedele di Dio. Tuttavia, non dimentichiamo una cosa: il profumo ricevuto dal Signore va custodito, va curato con molta attenzione, come Maria di Betania lo aveva messo da parte, lo aveva serbato, proprio per Gesù. Allo stesso modo noi dobbiamo custodire l’amore. Non dimenticate questa frase: dobbiamo custodire l’amore, con cui il Signore ha profumato la nostra vita, perché non si dissolva e non perda il suo aroma. E questo cosa significa? Significa essere consapevoli del dono ricevuto ,tutto quello che abbiamo è un dono, essere consapevoli di questo, ricordarci che il profumo non serve per noi ,ma per ungere i piedi di Cristo, annunciando il Vangelo, servendo i poveri, significa vigilare su stessi perché la mediocrità e la tiepidezza spirituale sono sempre in agguato. E mi viene in mente una cosa che diceva il cardinale De Lubac sulla mediocrità e sulla mondanità: “La cosa peggiore che può succedere alle donne e agli uomini di Chiesa è cadere nella mondanità, nella mondanità spirituale”. State attenti, conservate questo profumo che ci dà tanta vita. E aggiungo un’altra cosa: noi guardiamo con gratitudine alla storia che ci ha preceduto, al seme della fede gettato qui dai missionari. Questi tre che ci hanno parlato: la religiosa che tutta la sua vita consacrata l’ha vissuta qui; questo sacerdote che ha saputo accompagnare il suo popolo nei momenti difficili della dominazione straniera; e questo diacono al quale non si è bloccata la lingua per annunciare il Vangelo e per battezzare. Pensiamo a questi tre esempi che sono rappresentativi della storia della nostra Chiesa, e amiamo la nostra storia. È il seme gettato qui. Lo sono anche le scuole per la formazione degli operatori pastorali e tanto altro. Ma questo può bastare? In realtà, sempre dobbiamo alimentare la fiamma della fede. Pertanto, vorrei dirvi: non trascurate di approfondire la dottrina del Vangelo, non trascurate di maturare nella formazione spirituale, catechetica e teologica; perché tutto questo serve ad annunciare il Vangelo in questa vostra cultura e, nello stesso tempo, a purificarla da forme arcaiche e talvolta superstiziose. La predicazione della fede deve inculturarsi nella vostra cultura, e la vostra cultura dev’essere evangelizzata. E questo vale per tutti i popoli, non solo per voi. Se una Chiesa non è capace di inculturare la fede, non è capace di esprimere la fede nei valori propri di quella terra, sarà una Chiesa eticista e senza fecondità. Ci sono tante cose belle nella vostra cultura, penso specialmente alla fede nella risurrezione e nella presenza delle anime dei defunti; però tutto questo va sempre purificato alla luce del Vangelo, alla luce della dottrina della Chiesa. Impegnatevi, per favore, in questo, perché «ogni cultura e ogni gruppo hanno bisogno di essere purificati e di maturare. E veniamo al secondo punto: diffondere il profumo. La Chiesa esiste per evangelizzare, e noi siamo chiamati a portare agli altri il dolce profumo della vita, la vita nuova del Vangelo. Maria di Betania non usa il nardo prezioso per abbellire sé stessa, ma per ungere i piedi di Gesù, e così sparge l’aroma in tutta la casa. Anzi, il Vangelo di Marco specifica che Maria, per ungere Gesù, rompe il vasetto di alabastro che contiene l’unguento profumato. L’evangelizzazione avviene quando abbiamo il coraggio di “rompere” il vaso che contiene il profumo, rompere il “guscio” che spesso ci chiude in noi stessi e uscire da una religiosità pigra, comoda, vissuta soltanto per un bisogno personale. Anche il vostro Paese, radicato in una lunga storia cristiana, ha bisogno oggi di un rinnovato slancio nell’evangelizzazione, perché a tutti arrivi il profumo del Vangelo: un profumo di riconciliazione e di pace dopo gli anni sofferti della guerra; un profumo di compassione, che aiuti i poveri a rialzarsi e susciti l’impegno per risollevare le sorti economiche e sociali del Paese; un profumo di giustizia contro la corruzione. State attenti! Tante volte la corruzione può entrare nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie. E, in particolare, il profumo del Vangelo bisogna diffonderlo contro tutto ciò che umilia, ciò che deturpa e addirittura distrugge la vita umana, contro quelle piaghe che generano vuoto interiore e sofferenza come l’alcolismo, la violenza, la mancanza di rispetto per la donna. Il Vangelo di Gesù ha la forza di trasformare queste realtà oscure e di generare una società nuova. Il messaggio che voi religiose offrite di fronte al fenomeno della mancanza di rispetto per le donne è che le donne sono la parte più importante della Chiesa, perché si occupano dei più bisognosi: li curano, li accompagnano. Ho appena fatto visita a quella bella casa d’accoglienza per i più poveri e i più bisognosi. Sorelle, siate madri del popolo di Dio; sappiate “partorire” comunità, siate madri. È questo che voglio da voi. Care sorelle, cari fratelli, c’è bisogno di questo sussulto di Vangelo; e oggi, perciò, c’è bisogno di religiose, religiosi, sacerdoti, di catechisti appassionati, catechisti preparati e creativi. Serve creatività nella missione. E ai sacerdoti, in particolare, vorrei dire: ho appreso che il popolo si rivolge a voi con tanto affetto chiamandovi “Amu”, che qui è il titolo più importante, significa “signore”. Però, questo non deve farvi sentire superiori al popolo: voi venite dal popolo, siete nati da madri del popolo, siete cresciuti con il popolo. Non dimenticate la cultura del popolo che avete ricevuto. Non siete superiori. Non deve neanche indurvi nella tentazione della superbia e del potere. E sapete come incomincia la tentazione del potere? Avete capito, vero? Mia nonna mi diceva: “Il diavolo entra sempre dalle tasche” ; da qui entra il diavolo, entra sempre dalle tasche. Per favore, non pensate al vostro ministero come a un prestigio sociale. No, il ministero è un servizio. E se qualcuno di voi non si sente servitore del popolo, vada a chiedere consiglio a un sacerdote saggio affinché lo aiuti ad avere questa dimensione tanto importante. Ricordiamoci questo: col profumo si ungono i piedi di Cristo, che sono i piedi dei nostri fratelli nella fede, a partire dai più poveri. I più privilegiati sono i più poveri, e con questo profumo dobbiamo prenderci cura di loro. È eloquente il gesto che qui i fedeli compiono quando incontrano voi sacerdoti: prendono la vostra mano consacrata e la avvicinano alla fronte come segno di benedizione. È bello cogliere in questo segno l’affetto del Popolo santo di Dio, perché il prete è strumento di benedizione: mai, mai, il sacerdote deve approfittare del ruolo, sempre deve benedire, consolare, essere ministro di compassione e segno della misericordia di Dio. E forse il segno di tutto questo è il sacerdote povero. Amate la povertà come la vostra sposa. Cari fratelli, un diplomatico portoghese del 1500, Tomé Pires, ha scritto così: «I mercanti malesi dicono che Dio creò Timor per il legno di sandalo». Noi, però, sappiamo che c’è anche un altro profumo: oltre al sandalo ce n’è un altro, che è il profumo di Cristo, il profumo del Vangelo, che arricchisce la vita e la riempie di gioia.Voi, sacerdoti, diaconi, religiose: non scoraggiatevi, Dio sa come prendersi cura di coloro che ha chiamato e inviato nella sua missione. Nei momenti di grande difficoltà, pensate a questo: Lui ci accompagna. Lasciamoci accompagnare dal Signore con spirito di povertà e con spirito di servizio. Vi benedico di cuore. E vi chiedo per favore di non dimenticarvi di pregare per me. Ma pregate a favore, non contro! Grazie.E vorrei finire con un grazie, un grande ringraziamento per i vostri anziani, sacerdoti anziani che hanno speso la loro vita qui; religiose anziane che sono qui, che sono straordinarie, che hanno speso la vita. Loro sono il nostro modello. Grazie!”.
Al termine del Suo discorso, il Pontefice ha benedetto i presenti e alcune prime pietre provenienti dalle tre Diocesi di Timor-Leste e, dopo una sosta per salutare un gruppo di malati , è salito a bordo dell’auto diretto verso la Nunziatura Apostolica dove ha incontrato ,in forma privata ,i Membri della Compagnia di Gesù presenti nel Paese.
Nel pomeriggio, raggiunta la Spianata di Taci Tolu, il Santo Padre , alla presenza di 600.000 fedeli, ha celebrato la Messa, nel corso della quale, ha pronunciato la Sua Omelia: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio». Queste sono le parole con cui il profeta Isaia si rivolge, nella prima Lettura, agli abitanti di Gerusalemme, in un momento prospero per la città, caratterizzato però, purtroppo, anche da una grande decadenza morale. C’è tanta ricchezza, ma il benessere acceca i potenti, li illude di bastare a sé stessi, di non aver bisogno del Signore, e la loro presunzione li porta ad essere egoisti e ingiusti. Per questo, anche se ci sono tanti beni, i poveri sono abbandonati e soffrono la fame, l’infedeltà dilaga e la pratica religiosa si riduce sempre più a pura formalità. La facciata ingannevole di un mondo a prima vista perfetto nasconde così una realtà molto più oscura, molto più dura e crudele, in cui c’è tanto bisogno di conversione, di misericordia e di guarigione. Per questo il profeta annuncia ai suoi concittadini un orizzonte nuovo, che Dio aprirà davanti a loro: un futuro di speranza, un futuro di gioia, dove la sopraffazione e la guerra saranno bandite per sempre. Farà sorgere per loro una grande luce che li libererà dalle tenebre del peccato da cui sono oppressi, e lo farà non con la potenza di eserciti, di armi o ricchezze, ma attraverso il dono di un figlio. Fermiamoci a riflettere su questa immagine: Dio fa splendere la sua luce che salva attraverso il dono di un figlio. In ogni luogo ,la nascita di un figlio è un momento luminoso, un momento di gioia e di festa, e a volte suscita anche in noi desideri buoni, di rinnovarci nel bene, di ritornare alla purezza e alla semplicità. Di fronte ad un neonato, anche il cuore più duro si riscalda e si riempie di tenerezza. La fragilità di un bambino porta sempre un messaggio così forte da toccare anche gli animi più induriti, portando con sé movimenti e propositi di armonia e di serenità. È meraviglioso, fratelli e sorelle, quello che succede alla nascita di un bambino!.La vicinanza di Dio è attraverso un bambino. Dio si fa bambino. E non solo per stupirci e commuoverci, ma anche per aprirci all’amore del Padre e lasciarcene plasmare, perché possa guarire le nostre ferite, ricomporre i nostri dissensi, rimettere ordine nella nostra esistenza. A Timor Est è bello, perché ci sono tanti bambini: siete un Paese giovane in cui in ogni angolo si sente pulsare, esplodere la vita. E questo è un regalo, un dono grande: la presenza di tanta gioventù e di tanti bambini, infatti, rinnova costantemente la nostra energia e la nostra vita. Ma ancora di più è un segno, perché fare spazio ai bambini, ai piccoli, accoglierli, prendersi cura di loro, e farci anche noi piccoli davanti a Dio e gli uni di fronte agli altri, sono proprio gli atteggiamenti che ci aprono all’azione del Signore. Facendoci bambini permettiamo l’azione di Dio in noi. Oggi veneriamo la Madonna come Regina, cioè la madre di un Re, Gesù, che ha voluto nascere piccolo, farsi nostro fratello, chiedendo il “sì” di una giovane umile e fragile. Maria questo lo ha capito, al punto che ha scelto di rimanere piccola per tutta la vita, di farsi sempre più piccola, servendo, pregando, scomparendo per far posto a Gesù, anche quando questo le è costato molto. Perciò, cari fratelli, care sorelle, non abbiamo paura di farci piccoli davanti a Dio, e gli uni di fronte agli altri, non abbiamo paura di perdere la nostra vita, di donare il nostro tempo, di rivedere i nostri programmi e ridimensionare quando necessario anche i nostri progetti, non per sminuirli, ma per renderli ancora più belli attraverso il dono di noi stessi e l’accoglienza degli altri. Tutto questo è simboleggiato molto bene da due bellissimi monili tradizionali di questa terra: il Kaibauk e il Belak. Tutti e due sono di metallo prezioso. Vuol dire che sono importanti!. Il primo simboleggia le corna del bufalo e la luce del sole, e si mette in alto, a ornamento della fronte, come pure sulla sommità delle abitazioni. Esso parla di forza, di energia e di calore, e può rappresentare la potenza di Dio, che dona la vita. Ma non solo: posto a livello del capo, infatti, e in cima alle case, ci ricorda che, con la luce della Parola del Signore e con la forza della sua grazia, anche noi possiamo cooperare con le nostre scelte e azioni al grande disegno della redenzione. Il secondo, poi, il Belak, che si mette sul petto, è complementare al primo. Ricorda il chiarore delicato della luna, che riflette umilmente, nella notte, la luce del sole, avvolgendo ogni cosa di una fluorescenza leggera. Parla di pace, di fertilità, di dolcezza, e simboleggia la tenerezza della madre, che coi riflessi delicati del suo amore rende ciò che tocca luminoso della stessa luce che riceve da Dio. Kaibauk e Belak, forza e tenerezza di Padre e di Madre: così Il Signore manifesta la sua regalità, fatta carità e misericordia. E allora chiediamo insieme, in questa Eucaristia, ciascuno di noi, come donne e uomini, come Chiesa, come società, di saper riflettere nel mondo la luce forte, la luce tenera del Dio dell’amore, di quel Dio che, come abbiamo pregato nel Salmo responsoriale, «solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero, per farlo sedere tra i principi»”.
Terminata la Celebrazione, dopo le parole di ringraziamento dell’Arcivescovo di Dili, Card. Virgílio do Carmo da Silva, Papa Francesco, fatto un giro tra i fedeli e le fedeli, è rientrato in auto alla Nunziatura Apostolica.
Nella mattinata successiva, dopo aver celebrato la Messa in privato, ha raggiunto il Centro de Convenções de Dili per l’Incontro con i Giovani. Accolto , al Suo arrivo dal Presidente Esecutivo della Commissione Nazionale Cattolica della Gioventù di Timor-Leste, Padre Francisco Indra Tey Seran, e da alcuni giovani ,che Gli hanno recato in dono dei fiori e la sciarpa tradizionale, il tais, il Pontefice, è entrato nella Sala Grande e, prima di raggiungere il palco, ha sostato in preghiera dinanzi alla statua della Madonna, cui ha lasciato dei fiori.
Dopo una danza tradizionale e il saluto di benvenuto del Presidente Esecutivo della Commissione Nazionale Cattolica per la Gioventù di Timor-Leste (CNJCTL), quattro giovani hanno portato la loro testimonianza. Quindi ,il Santo Padre ha pronunciato a braccio il Suo discorso, dialogando con i giovani presenti: “C’è una cosa che fanno sempre i giovani, i giovani di diverse nazionalità, i giovani di diverse religioni. Sapete cosa fanno sempre i giovani? I giovani fanno chiasso, i giovani fanno confusione. Siete d’accordo? Siete d’accordo su questo? . Vi ringrazio per i saluti, le testimonianze e le domande. Vi ringrazio per i balli. Perché sapete che ballare è esprimere un sentimento con tutto il corpo. Conoscete qualche giovane che non sa ballare? La vita viene con la danza. E voi siete un Paese di gente giovane. C’è una cosa che dicevo stamattina a un vescovo: non dimenticherò mai i vostri sorrisi. Non smettete di sorridere! E voi giovani siete la maggioranza della popolazione di questa terra, e la vostra presenza riempie di vita questa terra, la riempie di speranza e la riempie di futuro. Non perdete l’entusiasmo della fede! Immaginate un giovane senza fede, con una faccia triste. Ma voi sapete cos’è che butta giù un giovane? I vizi. State attenti. Perché arrivano quelli che si definiscono venditori di felicità. E ti vendono la droga, ti vendono tante cose che ti danno felicità per mezz’ora e basta. Lo sapete meglio di me, vero? Voi conoscete questa situazione meglio di me. La conoscete o no?. Non “sento”!. Bene, molto bene, grazie. Vi auguro di andare avanti con la gioia della gioventù. Ma non dimenticatevi una cosa: voi siete gli eredi di coloro che vi hanno preceduto nella fondazione di questa Nazione. Pertanto, non perdete la memoria! La memoria di quelli che vi hanno preceduto e che con tanto sacrificio hanno costruito questa Nazione. E ci sono due cose che mi hanno toccato il cuore mentre camminavo per le strade. Mi hanno davvero toccato il cuore. La gioventù di questo Paese e il sorriso. Siete un popolo che sa sorridere! Continuate così! Non dimenticatelo. Un giovane deve sognare. “E come si fa, Padre, per sognare?”. Si beve alcol?, No!. Se fai questo, avrai degli incubi! Vi invito a sognare, a sognare cose grandi. Un giovane che non sogna è un pensionato della vita. E qualcuno di questi giovani, di voi, è un pensionato?. I giovani devono fare confusione, per mostrare la vita che hanno. Ma un giovane è nel mezzo del cammino della vita, è a metà, nel mezzo della strada della vita. Tra i ragazzi e i grandi. E sapete qual è una delle più belle ricchezze di una società? Lo sapete? Gli anziani, i nonni! Voi giovani, e l’altra punta sono gli anziani. Ma sono i nonni, sono gli anziani che danno la saggezza ai giovani. Voi rispettate gli anziani?. Gli anziani precedono sempre i giovani nella storia, non è vero? Gli anziani sono un tesoro: i due tesori di un popolo sono i bambini e gli anziani. Capito? Vediamo, ripetetelo voi. Quali sono i due più grandi tesori di un popolo? .I bambini e gli anziani. Ecco perché una società che ha tanti bambini come la vostra deve prendersi cura di loro. E una che ha tanti anziani che sono la memoria deve rispettarli e prendersene cura. Vi racconto una storia. C’era una famiglia, il papà, la mamma, i bambini e il nonno molto anziano stavano mangiando insieme. E il nonno, poverino molto anziano, quando mangiava si sporcava e rovesciava il cibo. Allora il papà decise di mettere un tavolo in cucina, in modo che il nonno mangiasse lì da solo. E spiegò alla famiglia che così, visto che il nonno non c’era, avrebbero potuto invitare gente senza essere in imbarazzo per il nonno. Pensate a questo. Passano alcuni giorni e il papà arriva e trova il figlio di cinque anni che sta giocando con dei legni. Il papà gli chiede: “Cosa stai facendo con quel legno?” ,“Sto facendo un tavolo” , “Perché?” , “Per te, quando sarai vecchio e dovrai mangiare da solo”. I due più grandi tesori di una società sono i bambini e i nonni. Insieme: quali sono i due tesori più grandi della società?. Prendetevi cura dei bambini e dei nonni, d’accordo? E ora facciamo un grande applauso ai nostri nonni!. Voi, in questo Paese così sorridente, avete una storia meravigliosa, di eroismo, di fede, di martirio e, soprattutto, di perdono e di riconciliazione. Vi faccio una domanda: chi è la persona, in tutta la storia, che è stata capace di perdonare e voler riconciliare? Pensateci bene, chi è questa persona? Chi è? ,Gesù! Gesù nostro fratello che ama tutti noi, giusto? E questa riconciliazione mi porta a raccomandare a voi giovani tre cose: libertà, impegno, fraternità. Nella lingua tetum c’è un detto: “ukun rasik-an”, cioè essere in grado di governare sé stessi. Un giovane che non è in grado, una giovane che non è in grado di governarsi, che non è in grado di vivere “ukun rasik-an”, che cos’è? Cosa dite? Uno che dipende dagli altri. Molto bene. E un uomo, una donna, un giovane, un ragazzo che non governa sé stesso è schiavo, è dipendente, non è libero. E di cosa può essere schiavo un giovane? Vediamo, qualcuno risponda. Di che cosa? Del peccato, del telefonino , dopo vi racconto qualcosa sul telefonino , un’altra cosa. Di cosa può essere schiavo? Essere schiavo del proprio desiderio, credersi onnipotente. Di cos’altro può essere schiavo un giovane?, dell’arroganza: un giovane sempre così è un giovane arrogante. Invece, un giovane impegnato, un giovane che lavora, com’è? Ditemi, com’è un giovane che lavora?. Bene, uno che ama la semplicità. E poi? Che ha responsabilità. Un giovane che ama la compagnia dei fratelli, delle sorelle, che ha responsabilità, è un giovane che ama il suo Paese. Questo è molto importante. E c’è un’altra cosa , l’importanza di prendersi cura della casa comune e di coltivare l’unità della famiglia. Un giovane deve capire che essere libero non significa fare ciò che si vuole, ma che un giovane è responsabile. E una delle responsabilità è imparare a prendersi cura della casa comune. E per questo il giovane deve impegnarsi. Un proverbio orientale dice: i tempi difficili creano uomini forti. Guardate i vostri genitori, i vostri nonni, che hanno dovuto affrontare tempi difficili per dare la libertà al Paese. Ecco perché dovete imparare a gestire i momenti difficili. Un’ultima cosa prima di andare via. È un valore che dovete imparare: la fraternità. Essere fratelli, non essere nemici. I vostri anziani, i vostri genitori e nonni, magari con idee diverse, ma erano fratelli. Ed è bene che i giovani abbiano idee diverse? E questo perché? Per litigare con gli altri? O per rispettarci? . Io credo che tu pensi questo: se io sono di questa religione e tu sei di quest’altra religione, ci scontreremo. Non è così, bisogna rispettarsi. Ripetiamo questa parola: rispettarsi. E una domanda: l’odio è un buon atteggiamento?. L’amore e il servizio, questo è l’atteggiamento giusto. Adesso ripetiamo tutti insieme: odio no, amore e servizio sì. Ancora una volta, non ho sentito bene. E se un giovane, una giovane, litiga con un altro, cosa deve fare?. Non sento, cos’hanno detto? Ripetiamolo tutti insieme: amore e riconciliazione!. C’è una cosa che non so se succede in questo Paese, ma in altri Paesi sì: il bullismo. C’è bullismo qui? Il bullismo è un atteggiamento che si approfitta del più debole. Perché è brutto, perché è grasso, perché cammina male. Ma è sempre un atteggiamento brutto perché usa la debolezza degli altri. Ma qui, a Timor Leste, c’è bullismo? Per favore, d’ora in poi niente bullismo!. Cari giovani, siate eredi della storia tanto bella che vi ha preceduto!. E portatela avanti. Abbiate coraggio, abbiate coraggio per portare avanti le cose. E se litigate, riconciliatevi. Vi ringrazio per tutto quello che fate per la patria, per il popolo di Dio. E ricordiamo : dobbiamo amarci al di là di tutte le differenze etniche o religiose. Avete capito questo?. Riconciliazione, convivenza con tutte le differenze. È importante. Siamo d’accordo? . E prima di finire devo darvi un consiglio: fate chiasso, fate confusione! Il mio secondo consiglio: rispettate e ascoltate gli anziani, d’accordo? . Dio vi benedica tanto. Grazie per questa presenza! Grazie per il canto e il ballo, molto bello. E com’era? Scusate, mi dimentico io. Quali erano i due consigli? Il primo? Il secondo? Fate chiasso, fate confusione e rispettate gli anziani. Che Dio vi conservi questa gioia. Che Dio vi custodisca sempre!.Grazie per la vostra gioia, grazie per il vostro sorriso!. I giovani devono fare confusione e i giovani devono rispettare gli anziani, d’accordo?. Grazie per la vostra presenza. Lascio questa terra che è un sorriso con i vostri volti e con le vostre speranze. Che Dio vi benedica tutti!”.
Poi, il Pontefice ha raggiunto l’ingresso principale dove due giovani gli hanno porto delle colombe da liberare come simbolo di pace e si è recato nel piazzale antistante l’ingresso principale per salutare i giovani che lo attendevano all’esterno.
Alle ore 11.40 (4.40 ora di Roma), dell’11 settembre, il Santo Padre, arrivato presso l’Aeroporto Internazionale “Presidente Nicolau Lobato” di Dili, dopo la cerimonia di congedo , è salito a bordo del volo diretto a Singapore, ultima tappa del Suo Viaggio apostolico.
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