di Federica Marengo sabato 28 dicembre 2024
-Nella serata del 24 dicembre, Vigilia di Natale, Papa Francesco ha presieduto il rito dell’Apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, dando così inizio al Giubileo ordinario del 2025, che si concluderà il 6 gennaio del 2026.
A seguire, il Pontefice ha celebrato la Messa nella notte della Solennità del Natale del Signore, pronunciando, dopo la proclamazione del Vangelo, la Sua omelia, nella quale ha sottolineato come la nascita del Bambino Gesù rappresenti per i cristiani e per l’umanità intera “la speranza che non delude”.
Il Santo Padre ha perciò evidenziato: “Con l’apertura della Porta Santa abbiamo dato inizio a un nuovo Giubileo: ciascuno di noi può entrare nel mistero di questo annuncio di grazia. Questa è la notte in cui la porta della speranza si è spalancata sul mondo; questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno: c’è speranza anche per te! C’è speranza per ognuno di noi. Ma non dimenticatevi, sorelle e fratelli, che Dio perdona tutto, Dio perdona sempre. Non dimenticatevi questo, che è un modo di capire la speranza nel Signore”, per poi invitare i fedeli e le fedeli a mettersi in cammino verso il Signore con lo stesso stupore dei pastori di Betlemme e “senza indugio” per “ritrovare la speranza perduta” e per “tradurla nelle diverse situazioni della vita”, perché, ha evidenziato Papa Francesco: “la speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l’happy end di un film: è la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, che è il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia”.
Ancora, il Pontefice ha esortato i fedeli e le fedeli a imparare dall’esempio dei pastori, facendosi guidare dalla speranza cristiana che “non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità”, perché “la speranza non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; la speranza è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri”, ma, al contrario, “mentre ci invita alla paziente attesa del Regno che germoglia e cresce, esige da noi l’audacia di anticipare oggi questa promessa, attraverso la nostra responsabilità, e non solo, anche attraverso la nostra compassione”.
La speranza cristiana, dunque, per Papa Francesco “è proprio il “qualcos’altro” che ci chiede di muoverci “senza indugio”. Per questo, il Giubileo, “tempo di speranza”, “ci invita a riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama al rinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo, perché questo diventi davvero un tempo giubilare: lo diventi per la nostra madre Terra, deturpata dalla logica del profitto; lo diventi per i Paesi più poveri, gravati da debiti ingiusti; lo diventi per tutti coloro che sono prigionieri di vecchie e nuove schiavitù”.
Infine, il Pontefice ha invitato i fedeli e le fedeli “a portare speranza là dove è stata perduta: dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano il cuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nella sofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde dei poveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza. Portare speranza lì, seminare speranza lì” e ha esortato a “guardare al presepe, alla tenerezza di Dio che si manifesta nel volto del Bambino Gesù”, contemplando anche “la grandezza della speranza che ci attende”, affinché “questa visione di speranza illumini il nostro cammino di ogni giorno”.
Quindi, ha concluso il Santo Padre, rivolto a ciascuno dei fedeli e delle fedeli, “In questa notte è per te che si apre la “porta santa” del cuore di Dio. Gesù, Dio-con-noi, nasce per te, per me, per noi, per ogni uomo e ogni donna. E, sai?, con Lui fiorisce la gioia, con Lui la vita cambia, con Lui la speranza non delude”.
Nella mattinata del 25 dicembre, invece, giorno di Natale, Papa Francesco, dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana, ha rivolto ai fedeli e alle fedeli presenti in Piazza San Pietro, il tradizionale messaggio natalizio, seguito dalla Benedizione Urbi et Orbi.
Nel Suo messaggio, il Pontefice ha evidenziato come la nascita di Gesù, “avvenimento, accaduto più di duemila anni fa, si rinnovi per opera dello Spirito Santo “nel travaglio di questo nostro tempo”, per dire “ad ogni uomo e ogni donna, al mondo intero”: “Io ti amo, io ti perdono, ritorna a me, la porta del mio cuore è aperta per te!”.
Da qui, tornando all’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, che ha dato inizio del Giubileo ordinario del 2025, il Pontefice ha detto: “La porta del cuore di Dio è sempre aperta, ritorniamo a Lui! Ritorniamo al cuore che ci ama e ci perdona! Lasciamoci perdonare da Lui, lasciamoci riconciliare con Lui! Dio perdona sempre! Dio perdona tutto. Lasciamoci perdonare da Lui. Questo significa la Porta Santa del Giubileo, che ieri sera ho aperto qui a San Pietro: rappresenta Gesù, Porta di salvezza aperta per tutti. Gesù è la Porta; è la Porta che il Padre misericordioso ha aperto in mezzo al mondo, in mezzo alla storia, perché tutti possiamo ritornare a Lui. Tutti siamo come pecore smarrite e abbiamo bisogno di un Pastore e di una Porta per ritornare alla casa del Padre. Gesù è il Pastore, Gesù è la Porta. Fratelli, sorelle, non abbiate paura! La Porta è aperta, la Porta è spalancata! Non è necessario bussare alla Porta. È aperta. Venite! Lasciamoci riconciliare con Dio, e allora saremo riconciliati con noi stessi e potremo riconciliarci tra di noi, anche con i nostri nemici. La misericordia di Dio può tutto, scioglie ogni nodo, abbatte ogni muro di divisione, la misericordia di Dio dissolve l’odio e lo spirito di vendetta. Venite! Gesù è la Porta della pace. Spesso noi ci fermiamo solo sulla soglia; non abbiamo il coraggio di oltrepassarla, perché ci mette in discussione. Entrare per la Porta richiede il sacrificio di fare un passo , piccolo sacrificio; fare un passo per una cosa così grande -, richiede di lasciarsi alle spalle contese e divisioni, per abbandonarsi alle braccia aperte del Bambino che è il Principe della pace. In questo Natale, inizio dell’Anno giubilare, invito ogni persona, ogni popolo e nazione ad avere il coraggio di varcare la Porta, a farsi pellegrini di speranza, a far tacere le armi e a superare le divisioni!”.
Quindi, l’esortazione di Papa Francesco a : “far tacere le armi nella martoriata Ucraina, ad aprire la porta al negoziato e a gesti di dialogo e d’incontro, per arrivare a una pace giusta e duratura”; a far tacere le armi in Medio Oriente, “dove la situazione umanitaria è gravissima”, al cessate il fuoco, alla liberazione degli ostaggi, alla fornitura di aiuti alla popolazione stremata dalla fame e dalla guerra”.
Poi, un pensiero anche alla comunità cristiana in Libano, soprattutto al sud, a quella di Siria, affinché “si aprano le porte del dialogo e della pace in tutta la regione, lacerata dal conflitto” e al popolo libico, perché “si cerchino soluzioni che consentano la riconciliazione nazionale”.
Nelle preghiere del Pontefice anche “le famiglie di migliaia di bambini che stanno morendo per un’epidemia di morbillo nella Repubblica Democratica del Congo, come pure le popolazioni dell’Est di quel Paese e quelle del Burkina Faso, del Mali, del Niger e del Mozambico, dove “la crisi umanitaria che le colpisce è causata principalmente dai conflitti armati e dalla piaga del terrorismo ed è aggravata dagli effetti devastanti del cambiamento climatico, che provocano la perdita di vite umane e lo sfollamento di milioni di persone”; le popolazioni dei Paesi del Corno d’Africa, la popolazione civile del Sudan, gli abitanti del Myanmar, “che, a causa dei continui scontri armati, patiscono gravi sofferenze e sono costretti a fuggire dalle proprie case”.
Papa Francesco ha poi invocato “verità e giustizia”, e “l’armonia sociale”, per Paesi come : Haiti, in Venezuela, Colombia e Nicaragua, “per edificare il bene comune e riscoprire la dignità di ogni persona, superando le divisioni politiche” e l’abbattimento “di tutti i muri di separazione: quelli ideologici, che tante volte segnano la vita politica, e anche quelli fisici, come la divisione che interessa da ormai cinquant’anni l’isola di Cipro e che ne ha lacerato il tessuto umano e sociale”, auspicando che “si possa giungere a una soluzione condivisa, una soluzione che ponga fine alla divisione nel pieno rispetto dei diritti e della dignità di tutte le comunità cipriote”.
Ancora, tornando alla Porta Santa , il Pontefice ha sottolineato: “Gesù, il Verbo eterno di Dio fatto uomo, è la Porta spalancata; è la Porta spalancata che siamo invitati ad attraversare per riscoprire il senso della nostra esistenza e la sacralità di ogni vita ,ogni vita è sacra, e per recuperare i valori fondanti della famiglia umana. Egli ci attende sulla soglia. Attende ciascuno di noi, specialmente i più fragili: attende i bambini, tutti i bambini che soffrono per la guerra e soffrono per la fame; attende gli anziani, costretti spesso a vivere in condizioni di solitudine e abbandono; attende quanti hanno perso la propria casa o fuggono dalla propria terra, nel tentativo di trovare un rifugio sicuro; attende quanti hanno perso o non trovano un lavoro; attende i carcerati che, nonostante tutto, rimangono figli di Dio, sempre figli di Dio; attende quanti sono perseguitati per la propria fede. Ce ne sono tanti”, esprimendo gratitudine “verso chi si prodiga per il bene in modo silenzioso e fedele”: i genitori, gli educatori e gli insegnanti, “che hanno la grande responsabilità di formare le generazioni future”; gli operatori sanitari, le forze dell’ordine e “quanti sono impegnati in opere di carità, specialmente i missionari sparsi nel mondo, che portano luce e conforto a tante persone in difficoltà”.
Infine, l’esortazione a che “Il Giubileo sia l’occasione per rimettere i debiti, specialmente quelli che gravano sui Paesi più poveri. Ciascuno è chiamato a perdonare le offese ricevute, perché il Figlio di Dio, che è nato nel freddo e nel buio della notte, rimette ogni nostro debito. Egli è venuto per guarirci e perdonarci. Pellegrini di speranza, andiamogli incontro!. Apriamogli le porte del nostro cuore. Apriamogli le porte del nostro cuore, come Lui ci ha spalancato la porta del suo Cuore”.
La mattina del 26 dicembre, invece, giorno della Festa di Santo Stefano, primo martire della Cristianità, Papa Francesco ha presieduto il rito dell’Apertura della Porta Santa e la Messa nella chiesa del Padre Nostro all’interno della Casa Circondariale di Rebibbia, nel corso della quale ha pronunciato la Sua omelia, dicendo: “Care sorelle e cari fratelli, buongiorno e buon Natale!. Ho voluto spalancare la Porta, oggi, qui. La prima l’ho aperta a San Pietro, la seconda è vostra. È un bel gesto quello di spalancare, aprire: aprire le porte. Ma più importante è quello che significa: è aprire il cuore. Cuori aperti. E questo fa la fratellanza. I cuori chiusi, quelli duri, non aiutano a vivere. Per questo, la grazia di un Giubileo è spalancare, aprire e, soprattutto, aprire i cuori alla speranza. La speranza non delude mai! Pensate bene a questo. Anche io lo penso, perché nei momenti brutti uno pensa che tutto è finito, che non si risolve niente. Ma la speranza non delude mai. A me piace pensare alla speranza come all’àncora che è sulla riva e noi con la corda stiamo lì, sicuri, perché la nostra speranza è come l’àncora sulla terraferma. Non perdere la speranza. È questo il messaggio che voglio darvi; a tutti, a tutti noi. Io il primo. Tutti. Non perdere la speranza. La speranza mai delude. Mai. Delle volte la corda è dura e ci fa male alle mani … ma con la corda, sempre con la corda in mano, guardando la riva, l’àncora ci porta avanti. Sempre c’è qualcosa di buono, sempre c’è qualcosa che ci fa andare avanti. La corda in mano e, secondo, le finestre spalancate, le porte spalancate. Soprattutto la porta del cuore. Quando il cuore è chiuso diventa duro come una pietra; si dimentica della tenerezza. Anche nelle situazioni più difficili – ognuno di noi ha la propria, più facile, più difficile, penso a voi – sempre il cuore aperto; il cuore, che è proprio quello che ci fa fratelli. Spalancate le porte del cuore. Ognuno sa come farlo. Ognuno sa dove la porta è chiusa o semichiusa. Ognuno sa. Due cose vi dico. Primo: la corda in mano, con l’àncora della speranza. Secondo: spalancate le porte del cuore. Abbiamo spalancato questa, ma questo è un simbolo della porta del nostro cuore. Vi auguro un grande Giubileo. Vi auguro molta pace, molta pace. E tutti i giorni prego per voi. Davvero. Non è un modo di dire. Penso a voi e prego per voi. E voi pregate per me. Grazie”.
Poi, dopo la Benedizione finale, il Pontefice ha augurato buon anno a tutti e ha pronunciato alcune parole a braccio: “Adesso non dimentichiamo due cose che dobbiamo fare con le mani. Primo: aggrapparsi alla corda della speranza, aggrapparsi all’àncora, alla corda. Mai lasciarla. Secondo: spalancare i cuori. Cuori aperti. Che il Signore ci aiuti in tutto questo. Grazie”.
A seguire, Papa Francesco, affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano, ha recitato la preghiera dell’Angelus, alla presenza dei fedeli e delle fedeli, dei pellegrini e delle pellegrine presenti in Piazza San Pietro.
Il Pontefice ha quindi ricordato la vicenda di Santo Stefano e, insieme, quanti ancora oggi vengono perseguitati per la loro Fede nel Vangelo: “Oggi, subito dopo il Natale, la liturgia celebra Santo Stefano, il primo martire. Il racconto della sua lapidazione si trova negli Atti degli Apostoli e ce lo presenta mentre, morendo, prega per i suoi uccisori. E questo ci fa riflettere: infatti, anche se a prima vista Stefano sembra subire impotente una violenza, in realtà, da uomo veramente libero, continua ad amare anche i suoi uccisori e ad offrire la sua vita per loro, come Gesù; offre la vita perché si pentano e, perdonati, possano avere in dono la vita eterna. In questo modo, il diacono Stefano ci appare come testimone di quel Dio che ha un solo grande desiderio: «che tutti gli uomini siano salvati» ,questo è il desiderio del cuore di Dio, e che nessuno vada perduto. Stefano è testimone di quel Padre , il nostro Padre , che vuole il bene e solo il bene per ciascuno dei suoi figli, e sempre; il Padre che non esclude nessuno, il Padre che non si stanca mai di cercarli, e di riaccoglierli quando, dopo essersi allontanati, ritornano pentiti a Lui e il Padre che non si stanca di perdonare. Ricordate questo: Dio perdona sempre e Dio perdona tutto. Torniamo a Stefano. Purtroppo anche oggi ci sono, in varie parti del mondo, molti uomini e donne perseguitati, a volte fino alla morte, a causa del Vangelo. Anche per loro vale quello che abbiamo detto di Stefano. Non si lasciano uccidere per debolezza, né per difendere un’ideologia, ma per rendere tutti partecipi del dono di salvezza. E lo fanno in primo luogo per il bene dei loro uccisori: per i loro uccisori e pregano per loro. Ce ne ha lasciato un esempio bellissimo il Beato Christian de Chergé, che chiamava il suo uccisore “amico dell’ultimo minuto”. Chiediamoci allora, ognuno di noi: sento io il desiderio che tutti conoscano Dio e tutti si salvino? So volere il bene anche di chi mi fa soffrire? Mi interesso e prego per tanti fratelli e sorelle perseguitati a causa della fede?. Maria, Regina dei Martiri, ci aiuti ad essere testimoni coraggiosi del Vangelo per la salvezza del mondo”.
Infine, dopo l’Angelus, il Santo Padre ha inviato il suo augurio di pace e di fraternità “ai fratelli e alle sorelle ebrei nel mondo” per la festa delle luci, Hanukkah, celebrata per otto giorni e , salutando i pellegrini e le pellegrine, è tornato a parlare dell’apertura della Porta Santa nella Casa Circondariale di Rebibbia e delle iniziative per l’anno giubilare appena iniziato, invocando nuovamente la pace: “Penso che in molti abbiate fatto il percorso giubilare che conduce alla Porta Santa della Basilica di San Pietro. È un bel segno, un segno che esprime il senso della nostra vita: andare incontro a Gesù, che ci ama e ci apre il suo Cuore per farci entrare nel suo Regno di amore, di gioia e di pace. Stamattina ho aperto una Porta Santa, dopo quella di San Pietro, nel carcere romano di Rebibbia. È stata come, per così dire, “la cattedrale del dolore e della speranza”. Una delle azioni che caratterizzano i Giubilei è la remissione dei debiti. Incoraggio pertanto tutti a sostenere la campagna di Caritas Internationalis intitolata “Trasformare il debito in speranza”, per sollevare i Paesi oppressi da debiti insostenibili e promuovere lo sviluppo. La questione del debito è legata a quella della pace e del “mercato nero” degli armamenti. Basta colonizzare i popoli con le armi! Lavoriamo per il disarmo, lavoriamo contro la fame, contro le malattie, contro il lavoro minorile. E preghiamo, per favore, per la pace nel mondo intero! La pace nella martoriata Ucraina, in Gaza, Israele, Myanmar, Nord Kivu e in tanti Paesi che sono in guerra”.
Alle 10:00 di domani, domenica 29 dicembre, il Cardinale Vicario per la diocesi di Roma, su mandato di Papa Francesco, aprirà la terza Porta Santa del Giubileo, quella della Basilica di San Giovanni in Laterano.
Il 1° gennaio, alle 17:00, invece, verrà aperta la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore e il 5 gennaio , alle 10:00, la Porta Santa della Basilica di San Paolo fuori le Mura.
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