E’ scomparso ieri mattina, alle 8:20, all’età di novantatré anni, presso l’ospedale Santo Spirito di Roma, dove era ricoverato da un mese, in seguito a un arresto cardiorespiratorio, lo scrittore, sceneggiatore, regista e drammaturgo, insegnante, Andrea Camilleri, autore, tra le altre opere, del ciclo di romanzi del Commissario Montalbano. L’ultimo saluto, oggi, alle 15:00, presso il Cimitero Acattolico al Testaccio, dove è stato sepolto.
di Federica Marengo giovedì 18 luglio 2019
Ci sono notizie che non si vorrebbero mai apprendere, fatti che non si vorrebbero mai commentare. Tra questi, sicuramente, la morte di Andrea Camilleri, scrittore, sceneggiatore, drammaturgo , regista, insegnante. E’ vero, un letterato , un artista, non muore mai. Gli sopravvivono le sue opere, le sue parole, i suoi personaggi. Ma quando il cuore di un narratore appassionato si spegne, l’intera umanità , non può fare a meno di sentirsi più sola. Ed è così che i suoi lettori si sentono da ieri mattina, da quando, cioè, l’Ospedale Santo Spirito di Roma, presso il quale l’autore era ricoverato dal 17 giugno per via di un arresto cardiaco, ha comunicato la sua scomparsa.
L’aggravarsi nelle ultime ore delle sue condizioni e la conseguente compromissione delle funzioni vitali ne hanno determinato il decesso e la fine di un’esistenza, come l’aveva definita lui, qualche tempo fa, “davvero fortunata”, durata novantatré anni e iniziata il 6 settembre del 1925 a Porto Empedocle(Agrigento), grazie all’incontro e al matrimonio di Carmelina Fragapane con Giuseppe Camilleri, ispettore delle compagnie portuali.
Poi, l’infanzia, insolita, trascorsa a leggere i romanzi di Simenon, presi nella biblioteca del padre, piuttosto che le consuete favole e a inventare parole nuove come insegnatogli dalla nonna.
Trasformatosi, dunque, molto presto, da bambino adulto in adolescente indisciplinato e ribelle, (nel 1943 , giunto all’ultimo anno di Liceo Classico presso il collegio vescovile, viene espulso per aver lanciato uova contro un Crocifisso), si iscrive al Liceo Empedocle, ottenendo la maturità senza fare esami per via dei bombardamenti del Secondo Conflitto Mondiale e dello sbarco degli Alleati in Sicilia.
Gira allora tutta l’Isola a piedi o su camion, ora tedeschi, ora italiani, finché nel 1947 si stabilisce ad Enna, in una stanzetta priva di riscaldamento, cercando tepore nella Biblioteca Comunale diretta dall’avvocato Fontanazza. E’ grazie a lui che conosce alcuni autori locali: Nino Savarese, Francesco Lanza e Franco Cannarozzo, autore di romanzi di fantascienza, iniziando a scrivere poesie e racconti e a partecipare a certamen letterari.
Quindi, dopo essersi iscritto alla Facoltà di Lettere dell’Università di Palermo (non ha mai completato gi studi), nel 1949, si trasferisce a Roma, dove, ammesso al corso di regia, frequenta l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, fino al diploma, conseguito nel 1952.
Da allora, si dedica alla direzione di più di cento opere, soprattutto drammi di Luigi Pirandello, senza mai tralasciare la scrittura di poesie e racconti, che pubblica su quotidiani come L’Ora di Palermo e grazie ai quali vince il Premio Saint Vincent.
Nel 1957, anno nel quale sposa Rosetta Dello Siesto, da cui avrà tre figlie, vinto un concorso in Rai, vi entra come funzionario, divenendo poi delegato di produzione e regista di radiodrammi e sceneggiati televisivi (tra cui : “Le avventure di Laura Storm”, “Il tenente Sheridan” e “Le inchieste del commissario Maigret”), ambito di cui si occuperà per tutto il decennio Sessanta, portando in Tv i drammi e le commedie del drammaturgo partenopeo Eduardo De Filippo.
Divenuto insegnante di regia, prima presso il Centro Sperimentale di Cinematografia (dal 1958 al 1970), poi presso l’Accademia Silvio D’Amico (dal 1970 al 1997), nel 1987 pubblica il “Il corso delle cose”, esordio nella narrativa, con cui ottiene un discreto riscontro di pubblico, ma il vero e proprio successo arriva nel 1994, compiuti i settant’anni, con il primo romanzo della serie del Commissario Montalbano, edito da Elvira Sellerio, dal titolo “La forma dell’acqua”, ciclo andato avanti fino a oggi (oltre 100 i titoli) e adattato per la serie televisiva, in onda dal 1999 sul primo canale Rai e interpretata da un suo ex allievo dell’Accademia, Luca Zingaretti.
Scrittore ai primi posti in classifica, secondo solo ai suoi riferimenti letterari: Luigi Pirandello e Leonardo Sciascia, tradotto in 120 lingue, inventore di una lingua italiana, frammista a un dialetto siciliano-vigatese letterario e al tempo stesso popolare, nel 2006, con l’incalzare dell’età, decide di scrivere in anticipo il finale del suo Montalbano, consegnando il manoscritto all’editore, con la postilla di pubblicarlo solo dopo la sua morte.
Nel 2016, gli viene diagnosticato un glaucoma, malattia che non gli impedisce certo di lavorare, (fino a pochi mesi fa), come “artigiano autentico”, alla scrittura dei suoi romanzi, alcuni anche storici (“Un filo di fumo”) o dedicati a grandi pittori (“Il colore del sole”–Caravaggio”), e dei suoi racconti con venature autobiografiche (“Dimmi di te. Lettera Matilda”edito da Bompiani e dedicato alla pronipote Matilda).
Attore, interprete, oltre che scrittore, del suo spettacolo “Conversazione su Tiresia”, interpretato nell’estate del 2018, sul palcoscenico del Teatro Greco di Siracusa, in una sorta di identificazione, per via della cecità, con il personaggio omerico, sarebbe dovuto tornare in scena, presso le Terme di Caracalla, il 15 luglio con la pièce “Autodifesa di Caino”, se un arresto cardiorespiratorio non lo avesse fatto precipitare in un coma profondo, fino alla scomparsa.
Salutato questo pomeriggio dai familiari e dagli amici più cari, al Cimitero Acattolico di Roma, dove è stato sepolto, all’ombra delle ali dell’angelo della Risurrezione, a poca distanza dall’intellettuale e politico Antonio Gramsci (nota la sua militanza nel PC e l’ impegno civile) è stato omaggiato dalla visita dei suoi numerosi lettori e ammiratori.
Un ricordo su tutti, però, ha emozionato e commosso: quello dello dell’ ex allievo, amico, volto del suo “Commissario Montalbano”, Luca Zingaretti, che, raggiunto dalla notizia della sua morte, proprio mentre si trovava sul set per rivestire ancora una volta i panni dell’amato funzionario di Polizia, ha scritto sui Social: “Adesso te ne vai e mi lasci con un senso incolmabile di vuoto, ma so che ogni volta che dirò anche da solo, nella mia testa, “Montalbano sono!”, dovunque te ne sia andato, sorriderai sornione, magari fumandoti una sigaretta e facendomi l’occhiolino in segno di intesa, come l’ultima volta che ci siamo visti a Siracusa. Addio maestro e amico, la terra ti sia lieve!. Tuo, Luca”.
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