di Federica Marengo sabato 9 novembre 2024
– Dal 31 ottobre 2024 al 26 gennaio 2025 è possibile visitare a Roma, presso le Scuderie del Quirinale e due sale del Casino Boncompagni Ludovisi o Villa Ludovisi, tra cui quella dell’”Aurora”, la mostra: “Guercino. L’era Ludovisi a Roma”, realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale, le Gallerie degli Uffizi e i Musei Capitolini.
L’esposizione, che nasce da uno studio del 2019 proprio sul dipinto del Guercino, intitolato “Aurora”, realizzato da Raffaella Morselli e dalla curatrice del progetto, Caterina Volpi, consta di 122 opere giunte in prestito da 68 istituzioni prestatrici è incentrata sulle opere di Giovanni Francesco Barbieri, detto “Guercino”, pittore autodidatta, nato a Cento nel 1591 e morto a Bologna nel 1666.
In particolare, la mostra approfondisce il rapporto tra il pittore Guercino e la famiglia Ludovisi, i cui esponenti conobbe a Bologna grazie a Padre Mirandola, e il rapporto tra arte e potere, attraverso le opere realizzate da quest’ultimo fra il 1616 e il 1625 e, più segnatamente, quelle dipinte nel biennio romano (1621-1623), quando ascese al soglio pontificio Alessandro Ludovisi, Papa Gregorio XV°, il cui nipote, Ludovico, fra il 1621 e il 1622, fece costruire la Villa di famiglia, arricchita di una collezione d’Arte classica e rinascimentale con cui apportò nuovi elementi artistici nella Capitale dopo la stagione dei Borghese e con cui anticipò quella dei Barberini.
Tra questi elementi di novità, si annoverano: la ricerca dell’”antico”, la collezione e il recupero del Cinquecento veneto e il contributo di una numerosa comunità di artisti riunitisi a Roma.
Proprio la ricerca dell’ “Antico”, è uno degli elementi che connotano lo stile pittorico del Guercino e che si ritrovano anche nei dipinti esposti nella mostra, a partire dalla sala introduttiva in cui campeggiano i ritratti dello stesso Guercino e di Gregorio XV° in cui, l’elemento classicista si fonde con il naturalismo, in continuità con pittori come Dosso Dossi e Tiziano, conferendo un primo elemento di originalità al suo tratto.
Un tratto di originalità che emerge anche nel confronto con le opere di altri pittori protagonisti della scena artistica romana del Seicento, quali: Domenico Zampieri, detto “Domenichino” ,Guido Reni, Lanfranco, Annibale e Ludovico Carracci, Padovanino, Pietro da Cortona, Van Dyck, Poussin e Bernini.
Ad esempio, nel confronto tra il “Peccato originale” del Domenichino, datato 1621-1623, tela che presenta le dimensioni monumentali di un arazzo, e il “Mosè”, proveniente dalla collezione del cardinale Alessandro d’Este, attribuito al Guercino e datato 1618-1619, in cui emerge la modernità dell’inquadratura ravvicinata, volta a enfatizzare l’estasi del profeta.
Quanto a Guido Reni, il confronto e le relative differenze riguardano due pale d’altare risalenti al 1624-1625: quella del Reni, dal titolo “La Santissima Trinità dei Pellegrini” , in cui emerge un tratto monumentale e idealistico, volto a mettere in evidenza l’elemento liturgico dell’incarnazione e della Passione; e quella di Guercino, intitolata “La Crocifissione”, proveniente dalla Basilica della Beata Vergine della Ghiera a Reggio Emilia, in cui il dipinto appare come un’icona votiva nella quale la classicità si sposa con la naturalezza del tratto e con il colore e la luce, attraverso cui il pittore riesce a trasmettere il sentimento del dolore provato dal personaggio raffigurato, che diventa il dolore di chi guarda e , quindi, della collettività.
La fusione tra elemento classicista e naturalismo, si scorge anche nel ritratto di Papa Gregorio XV°. Infatti, se Domenichino rappresenta il Pontefice in trono, con un impianto iconografico tradizionale, Guercino, invece, lo ritrae nel suo studio in veste da camera , creando, attraverso l’uso dei colori, un’atmosfera confidenziale.
Passando all’altra parte della mostra, presso il Casino Ludovisi, si può ammirare nella sala centrale l’affresco “L’Aurora”, realizzato dallo stesso Guercino fra il 1621 e il 1622. La scena è raffigurata all’interno di un’architettura progettata da Agostino Tassi in cui è rappresentata la dea “Aurora” a bordo di un carro trainato da cavalli. L’artista, dunque, per creare spazio e dare un impressione di movimento al carro ha usato un espediente: ha sfondato l’architettura che incornicia l’affresco, creando così una composizione dinamica in continuità con gli interni della villa, ma anche con gli esterni, di cui riprende la prospettiva e il punto di vista dei giardini.
Inoltre, prima di tale affresco, Guercino aveva realizzato delle scene nelle lunette della sala in cui la rappresentazione in forme classiche e idealizzate tipiche del Domenichino e di Guido Reni, lasciano il posto a una rappresentazione naturalistica e teatrale al tempo stesso, in cui il colore e la luce vengono utilizzati per suscitare sensazioni nell’osservatore ed esprimere emozioni e per conferire verità alle figure e agli oggetti rappresentati e in cui l’antico si fonde con il moderno.
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