E’scomparso giovedì 18 luglio, presso il Policlinico Gemelli di Roma, all’età di 90 anni Luciano De Crescenzo, ingegnere, filosofo, scrittore, attore, regista. Ultimo grande intellettuale, rappresentante di una Napoli colta, borghese e al tempo stesso popolare. Con il suo libro, “Così parlo Bellavista”, pubblicato nel 1977, ha venduto più di 600.000 copie, approdando poi alla televisione e al cinema, nella doppia veste di attore e regista, grazie al sodalizio con i nomi più affermati dello Spettacolo italiano quali : Maurizio Costanzo e Renzo Arbore. Divulgatore, ha raccontato al lettore medio, i pensatori classici come Socrate e i grandi avvenimenti della Storia, attraverso l’ironia e il paradosso. Snobbato dalla critica, perché considerato “popolare”, aveva in sé, invece, dietro l’apparente leggerezza e bonomia, la saggezza e la profondità di pensiero proprie dell’uomo di Cultura. Omaggiato ieri da amici e colleghi presso la Protomoteca del Campidoglio, dov’è stata allestita la camera ardente, ha ricevuto questa mattina, alle 11:00, nella Basilica di Santa Chiara, a Napoli, l’ultimo abbraccio dalla sua città.
di Federica Marengo sabato 20 luglio 2019
Se Luciano De Crescenzo fosse una canzone, sarebbe “Era de Maggio”, di Salvatore di Giacomo,non solo perché da lui molto amata , ma perché più di tutte incarna lo spirito, il sentimento, il colore locale della Napoli colta e borghese, ma al tempo stesso popolare, cui, l’ingegnare-filosofo del quartiere San Ferdinando, apparteneva. Quella Napoli di Benedetto Croce e Raffaele La Capria, sussurrata e non gridata, nella quale era nato il 18 agosto di novant’anni fa. Figlio di un fabbricante e negoziante di pellami, che aveva conosciuto la moglie, (sua madre), tramite fotografia e che aveva sposato per intercessione di una nota mezzana del tempo, tale : “Amalia ‘a Purpessa”, durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale si trasferì a Cassino con la famiglia, perché ritenuta dal padre città più sicura, valutazione che si rivelò presto errata, visto che fu rasa al suolo.
Rientrato a Napoli nel Dopoguerra , lavorò nella ditta di guanti gestita dal padre, alternando al lavoro gli studi di Ingegneria Idraulica presso l’Università Federico II, che abbandonò in favore di quelli in Ingegneria Elettronica e che lo condussero, dopo la laurea e un periodo lavori saltuari,a Milano, dove fu assunto all’IBM, come addetto alle pubbliche relazioni, incarico svolto per un ventennio, sebbene avesse già intuito la sua vera vocazione di scrittore e divulgatore.
Tuttavia, proprio nel 1977, quando diede alle stampe il suo primo libro : “Così parlò Bellavista”, fu promosso dirigente , promozione che rifiutò deciso a dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, anche grazie all’interessamento per la sua opera di Maurizio Costanzo, che ne aveva intuito le doti comunicative, invitandolo, in veste di opinionista, nella sua a trasmissione Rai ,“Bontà loro”.
Divenuto in pochi mesi un vero e proprio “caso letterario”, (il libro vendette 600.000 mila copie, conquistando anche il Giappone), inaugurò una lunga serie di pubblicazioni bestseller.
Negli anni Ottanta, però, l’ingegnere-filosofo, convinto da alcuni amici della TV,(Renzo Arbore e Roberto Begnini), si cimenta nella recitazione, partecipando ai film diretti dallo stesso Arbore :“Il Pap’Occhio” e “FF.SS”, nei quali mise in luce le qualità di attore e improvvisatore.
Nel 1984, invece,volle sperimentare il doppio ruolo di regista e interprete della trasposizione cinematografica del suo libro “Così parlò Bellavista”, pellicola divenuta un vero e proprio cult.
Replicato il successo editoriale con una lunga serie di saggi nei quali mescolò : cultura partenopea, comicità, filosofia e miti della Magna Grecia, tra questi, nel 1988, riadattò per il cinema “I dialoghi di Bellavista”, trattato sulla relatività del tempo, divenuto per il grande schermo il film a episodi: “32 dicembre”.
Sul set, poi, tornò ancora una volta, in veste di regista, nel 1995, per dirigere con l’amica Isabella Rossellini e con Teo Teocoli, “Croce e delizia”, pellicola desunta ancora una volta da un suo libro, mentre si lasciò convincere ,per ben due volte, nel 1990 e nel 2001,da un’altra amica, Lina Wertmuller, a provarsi come attore, (forse, invogliato ad accettare in entrambi i casi dalla presenza di Sophia Loren) , in “Sabato, domenica e lunedì”, flm-adattamento dell’omonima opera di Eduardo De Filippo e in “Francesca e Nunziata”, miniserie Tv di Canale 5.
Oltre cinquanta, i libri pubblicati fra gli anni Novanta e i Duemila( tra i titoli: “Storia della filosofia greca”, “Panta rei”, “Storia della filosofia medioevale”, “Storia della filosofia moderna”, “Il caffè sospeso”, “7 idee per 7 filosofi” e “Sono stato fortunato. Autobiografia”, tutti editi da Mondadori). L’ultimo, “Napolitudine. Dialoghi sulla vita, la felicità e la smania ‘e turnà”, uscito nel 2019, è stato scritto a quattro mani con l’attore e regista Alessandro Siani.
Diradate le partecipazioni televisive a partire dal 2007, negli ultimi anni, ha sofferto di una malattia neurologica, la prosopagnosia, che gli ha impedito di riconoscere i volti delle persone conosciute e amate.
Spentosi, giovedì 18 luglio, all’età di 91 anni, al Policnico Gemelli di Roma, dov’era ricoverato da alcuni giorni, è stato omaggiato ieri , da amici, colleghi e ammiratori, presso la Camera ardente allestita nella sala della Protomoteca del Campidoglio.
Stamane, invece, fatto espressa richiesta di ritornare a Napoli dopo la sua morte, è stato salutato da una folla di napoletani riunitisi insieme ai familiari,alla moglie Gilda e alla figlia, Paola, nella Basilica di Santa Chiara, per le solenni esequie, scandite, in conclusione, dalle note di “Era de maggio”.
E mentre il feretro dell’ingegnere con il pallino della filosofia è in viaggio verso Furore, sulla costiera amalfitana, dove verrà tumulato, e già sono stati annunciati dalle autorità cittadine provvedimenti come quello di intitolargli una strada (Vico Belledonne, nel quartiere Chiaia, “salotto buono” del capoluogo partenopeo), ancora riecheggiano le parole degli amici fraterni di una vita pronunciate in queste ore : “Era un uomo d’amore. Amava il prossimo, una merce rara, oggi, in questa Italia divisa e cattiva. Caro Luciano, avevi ragione, siamo angeli con un’ala sola. Dobbiamo volare abbracciati”, ha detto, commosso, Renzo Arbore , riecheggiato da Marisa Laurito: “Tutto scorre, panta rei. Luciano, su questo libro mi hai fatto una dedica. Mi scrivesti : “Tutto cambia”, ma non cambierà mai il bene che ti voglio. C’è una cosa che non cambierà mai: l’amore che tutti ti vogliamo. Hai illuminato la mia vita con la tua grande intelligenza, con l’ironia, con l’amore, con la tua cultura e io ricorderò i tuoi dolcissimi occhi. Io, la prossima vita, voglio nascere con te a Napoli, siamo abitudinari, ci piace Napoli”.
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