di Federica Marengo martedì 4 febbraio 2025
-Nelle ultime 24 ore, il Premier israeliano Netanyahu ha incontrato a Washington Elon Musk e il Presidente Trump. A tal riguardo, la portavoce della Casa Bianca, Leavitt ,parlando con i cronisti, ha affermato: “Il fatto che Benjamin Netanyahu sia il primo leader straniero alla Casa Bianca dimostra che il presidente Trump continuerà a schierarsi fermamente con Israele e che è impegnato con tutto il cuore a garantire che tutti gli ostaggi ritornino a casa”.
Inoltre, secondo Reuters, che riporta quanto detto da un funzionario, il Presidente Trump dovrebbe firmare un memorandum presidenziale che ripristina la sua campagna di “massima pressione sull’Iran” e mira a negare a quest’ultimo ogni via verso l’arma nucleare, imponendo “sanzioni e i meccanismi di applicazione su coloro che violano le sanzioni esistenti”.
Intanto, l’ufficio del Premier Netanyahu ha fatto sapere che “Israele invierà una delegazione in Qatar “alla fine della settimana per discutere un cessate il fuoco esteso”, come previsto dalla seconda fase dell’accordo con Hamas. Poi, “convocherà il Gabinetto di Sicurezza per discutere le posizioni di Israele”.
Il portavoce di Hamas, ha confermato che i colloqui sulla seconda fase dell’accordo per il cessate il fuoco a Gaza sono iniziati.
Tuttavia, come riportato dal Times of Israel, il partito sionista religioso, guidato da Smotrich, ha avvertito che ,se il Premier Netanyahu proseguirà con la seconda fase del rilascio degli ostaggi e dell’accordo di cessate il fuoco con Hamas, il suo partito “si assicurerà che il governo non continui a esistere”.
In merito, il ministro della Cultura israeliano Zohar ha dichiarato: “Il governo israeliano vuole andare avanti con la seconda fase dell’accordo sugli ostaggi ma non può permettere ad Hamas di rimanere a Gaza come potenza sovrana, che gestisce la Striscia e punta le armi contro lo Stato di Israele. L’esecutivo farà tutto il possibile per garantire che ci sia una seconda parte dell’accordo ma non permetterà ad Hamas di mantenere il controllo di Gaza ,anche se ciò significa che non ci sarà alcuna continuazione dell’accordo”.
In Cisgiordania, invece , dove proseguono i raid dell’Idf, stamane 7 soldati israeliani sono stati feriti e tra loro 2 sono rimasti uccisi nell’attacco ad un checkpoint di Tayasir, nel Nord della regione. Ucciso l’aggressore.
Successivamente, il portavoce di Hamas ha fatto sapere che “L’attacco a un posto di blocco militare israeliano in Cisgiordania costato la vita a due soldati israeliani è la risposta alla crescente aggressione di Israele e al diritto del nostro popolo a difendersi”.
Alla luce di quanto accaduto, i leader delle organizzazioni dei coloni israeliani in Cisgiordania hanno chiesto l’annessione degli insediamenti e la fine del rilascio dei prigionieri palestinesi.
Sul fronte del Libano, il ministero degli Esteri libanese ha invitato il Consiglio di sicurezza e i Paesi che sostengono il cessate il fuoco a prendere una posizione chiara e determinata contro le ripetute violazioni dell’accordo da parte di Israele”.
A proposito di Libano, in una conferenza stampa a Beirut, dopo un incontro con il Presidente libanese Aoun, il Premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ha dichiarato che il suo Paese sosterrà le istituzioni libanesi e lavorerà su progetti comuni dopo la formazione di un governo libanese e che continuerà a sostenere l’esercito libanese.
Quanto alla Siria, il Presidente del governo di transizione, al-Sharaa, in un’intervista all’Economist, la prima a un media internazionale, chiedendo il ritiro di Israele dal territorio occupato nel sud-ovest della Siria e , definendo “illegale” la presenza militare statunitense nella base di al-Tanf al confine con Iraq e Giordania, iniziata nel 2016, ha detto: “Entro un mese si avrà un governo con una partecipazione ampia e variegata da parte di tutti i segmenti della società. I nuovi ministri saranno scelti in base alle competenze e non sulla base etnica o confessionale. Ci saranno elezioni libere e giuste. E’ necessario avviare l’elaborazione di una nuova costituzione, un processo che prenderà dai tre ai quattro anni di tempo”.
Proprio al- Sharaa, si è recato quest’oggi in Turchia per incontrare il Presidente Erdogan. Al centro del colloquio, tutti gli aspetti degli ultimi sviluppi in Siria e le misure congiunte che entrambi i Paesi dovranno adottare per la ripresa economica, la stabilità sostenibile e la sicurezza del Paese, ma anche la questione curda. Nelle ultime ore, infatti, si sono registrati degli scontri tra le milizie filo-turche e le forze turche nel nord est della Siria, nella regione di Aleppo, in cui almeno 20 sono stati i morti. La popolazione curda , per far parte della nuova Siria, chiede un governo laico e garanzie sui diritti di tutte le comunità e delle donne.
Al riguardo, nella medesima intervista all’Economist, al-Sharaa ha dichiarato: “La Turchia è molto preoccupata per la presenza del Pkk nel nord-est della Siria e si stava preparando a lanciare una guerra, ma abbiamo chiesto di aspettare per dare spazio ai negoziati”.
Quindi, alla domanda se accetterà il sistema federale chiesto dai curdi che guidano le Sdf, ha risposto: “Un sistema federale in Siria manca del sostegno popolare e la regione del Nord-Est del Paese ha una maggioranza araba che non approva il governo delle Forze democratiche siriane (Sdf). Le Sdf non hanno annunciato la richiesta di un sistema federale perché sanno che non è possibile ottenerlo ora in Siria. Al contrario, hanno annunciato la loro disponibilità a unirsi allo Stato e a integrare le loro forze militari nello stato. Ma c’è una discussione sui dettagli; sono d’accordo in linea di principio, ma c’è una discussione sui dettagli. Abbiamo bisogno di più tempo per raggiungere quell’accordo”.
Infine, sulla possibilità che si arrivi a un accordo, ha risposto: “Lasciatemi dire, non con tanto ottimismo. Avviamo il processo negoziale e speriamo di risolvere le questioni pacificamente, senza alcun danno”.
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