di Federica Marengo sabato 10 febbraio 2024
-“Sono passati quasi ottant’anni dai terribili avvenimenti che investirono le zone del confine orientale e venti anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo, deliberata dal Parlamento a larghissima maggioranza. Giorno dedicato alla tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra”. Così, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha principiato il suo discorso, in occasione delle celebrazioni del Giorno del Ricordo, svoltosi ieri al Quirinale.
Quindi, il Capo dello Stato ha continuato, sottolineando: “In quelle martoriate ma vivacissime terre di confine, che da secoli ospitavano popoli, lingue, culture, alternando fecondi periodi di convivenza a momenti di contrasto e di scontri, il secolo scorso ha riservato la tragica e peculiare sorte di vedere affiancati, a pochi chilometri di distanza, in una lugubre geografia dell’orrore, due simboli della catastrofe dei totalitarismi, del razzismo e del fanatismo ideologico e nazionalista: la Risiera di San Sabba, campo di concentramento e di sterminio nazista, e la Foiba di Basovizza, uno dei luoghi dove si esercitò la ferocia titina contro la comunità italiana. Quel territorio, intriso di storie e di civiltà, condivise lo stesso tragico destino di molti Paesi dell’Europa centro-orientale, che, dopo la sconfitta del nazifascismo, si videro negate le aspirazioni alla libertà, alla democrazia e all’autodeterminazione dall’instaurazione della dittatura comunista, imposta dall’Unione Sovietica. Milioni di persone, in quei Paesi si videro allora espulse dalla terra che avevano abitato, costrette a mettersi in cammino alla ricerca di una nuova patria. Un muro di silenzio e di oblio – un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità – si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto, di fronte alla minaccia dell’imprigionamento se non dell’eliminazione fisica.
Il nostro Paese, per responsabilità del fascismo, aveva contribuito a scatenare una guerra mondiale devastante e fratricida; e fu grazie anche al contributo dei civili e dei militari alla lotta di Liberazione e all’autorevolezza della nuova dirigenza democratica, che all’Italia fu risparmiata la sorte dell’alleato tedesco, il cui territorio e la cui popolazione vennero drammaticamente divisi in due. Questo, tuttavia, non evitò che le istanze legittime di tutela della popolazione italiana residente nelle zone del confine orientale fossero osteggiate, frustrate e negate.Il nostro “muro di Berlino” – certamente ben minore per dimensioni ma con grande intensità delle sofferenze provocate – passava per il confine orientale, per la cortina di ferro che separava in due Gorizia, allontanando e smembrando territori, famiglie, affetti, consuetudini, appartenenze. Il nuovo assetto internazionale, venutosi a creare con la divisione in blocchi ideologici contrapposti, secondo la logica di Yalta, fece sì che passassero in secondo piano le sofferenze degli italiani d’Istria, di Dalmazia e di Fiume.Furono loro a pagare il prezzo più alto delle conseguenze seguite alla guerra sciaguratamente scatenata con le condizioni del Trattato di pace che ne derivò. Dopo aver patito le violenze subite all’arrivo del regime di Tito, quei nostri concittadini, dopo aver abbandonato tutto, provarono sulla propria sorte la triste condizione di sentirsi esuli nella propria Patria. Fatti oggetto della diffidenza, se non dell’ostilità, di parte dei connazionali.Le loro sofferenze non furono, per un lungo periodo, riconosciute. Un inaccettabile stravolgimento della verità che spingeva a trasformare tutte le vittime di quelle stragi e i profughi dell’esodo forzato, in colpevoli – accusati indistintamente di complicità e connivenze con la dittatura – e a rimuovere, fin quasi a espellerla, la drammatica vicenda di quegli italiani dal tessuto e dalla storia nazionale.La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o sommaria giustizia contro i fascisti occupanti; il cui dominio era stato – sappiamo – intollerante e crudele per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse. Le sparizioni nelle foibe o dopo l’internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e i loro figli, di ostacolare l’annessione di quei territori sotto la dittatura comunista.Le foibe e l’esodo hanno rappresentato un trauma doloroso per la nascente Repubblica che si trovava ad affrontare l’eredità gravosa di un Paese uscito sconfitto dalla guerra.Quelle vicende costituiscono una tragedia, che non può essere dimenticata. Non si cancellano pagine di storia, tragiche e duramente sofferte. I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione.L’istituzione del giorno del Ricordo – con tante iniziative da essa scaturite, con ricerche, libri, dibattiti – ha avuto il merito di riconnettere la memoria collettiva a quel periodo e a quelle sofferenze, dopo anni di rimozione.Ha reso verità a tante vittime innocenti e al dolore dei loro familiariTutto questo è stato importante, doveroso, pur se in ritardo, giusto. Ma non è sufficiente.Il ricordo, la memoria della persecuzione e delle tragedie, deve essere fecondo, deve produrre anticorpi, deve portarci, come hanno sottolineato, con semplicità ed efficacia straordinaria, Lada e Alessandra Rivaroli, e anche la Signora Haffner, a fare in modo che simili lacerazioni crudeli nei confronti della libertà, del rispetto dei diritti umani, della convivenza appartengano a un passato irripetibile”.
Poi, tornando al presente, il capo dello Stato ha fatto riferimento alle guerre in corso in Ucraina, Medio Oriente e in altre zone del mondo, ribadendo che, anche contro “Le pagine buie della storia, anche d’Europa” che “sembrano volersi riproporre, disponiamo di un forte antidoto e dobbiamo consolidarlo e svilupparlo sempre di più. La costruzione dell’Unione Europea, pur con i suoi ritardi e le sue carenze, ha rappresentato, come ha fatto ben presente il professor Rossi, il ripudio della barbarie provocata da tutti i totalitarismi del Novecento e la concreta e valida direzione di marcia per guardare al futuro con fiducia e speranza. In questo quadro nelle splendide terre di cui parliamo, oggi, grazie alla comune appartenenza all’Unione Europea, non esistono più barriere o frontiere, ma strade e ponti. Così, l’’istituzione del Giorno del Ricordo, con tante iniziative da essa scaturite, con ricerche, libri, dibattiti, ha avuto il merito di riconnettere la memoria collettiva a quel periodo e a quelle sofferenze, dopo anni di rimozione. Ha reso verità a tante vittime innocenti e al dolore dei loro familiari. Tutto questo è stato importante, doveroso, giusto. Ma non è sufficiente; il ricordo, la memoria della persecuzione e delle tragedie, deve essere fecondo, deve produrre anticorpi, deve portarci, come hanno sottolineato, con semplicità e straordinaria efficacia, Lada e Alessandra Rivaroli, a fare in modo che simili crudeli lacerazioni nei confronti della libertà, del rispetto dei diritti umani, della convivenza appartengano a un passato irripetibile. Malgrado queste tragiche esperienze del passato, assistiamo con angoscia anche oggi, non lontano da noi, al risorgere di conflitti sanguinosi, in nome dell’odio, del nazionalismo esasperato, del razzismo”.
Presente alle celebrazioni al Colle, anche la Premier Meloni, il ministro degli Esteri, Tajani, della Difesa, Crosetto, degli Interni Piantedosi, della Cultura, Sangiuliano e quello dello sport, Abodi.
Nel suo intervento, il Vicepremier e ministro degli Esteri, Tajani, ha evidenziato: “Nel giorno del ricordo siamo tutti in un ideale raccoglimento di fronte a ogni foiba a ogni cippo o monumento di fronte alle molte semplici croci di legno per non dimenticare “una delle pagine più buie della nostra patria. Ricordiamo quelle vittime delle quali finalmente emergono i nomi. Abbiamo abbattuto il muro dell’oblio. Purtroppo, le foibe non sono l’unico atto di pulizia etnica che ha funestato i Balcani nel XX secolo. Si può anzi dire che abbiano anticipato altre tragedie, che mezzo secolo dopo avrebbero accompagnato la dissoluzione dell’ex-Jugoslavia. Ma naturalmente questo è il dramma che ci riguarda più da vicino, che ci tocca più dolorosamente. Per questo, il governo Berlusconi nel 2004 decise di istituire il giorno del ricordo il 10 febbraio, come doveroso omaggio alle vittime e come monito perché simili drammi non si ripetano. Ricordare è un dovere morale, civile, politico, ma non significa in alcun modo riaprire antichi conflitti. I responsabili di quelle stragi sono persone fisiche da tempo scomparse, inquadrate nell’ambito di una forza armata, espressione di uno Stato oggi dissolto, l’Esercito Popolare di liberazione Jugoslavo, guidato dal Maresciallo Tito, ed erano ispirate da un’ideologia sconfitta dalla storia. Gli Stati che hanno preso il posto dell’ex-Jugoslavia non hanno alcuna responsabilità delle violenze di allora. Oggi, nuove ombre si addensano sulla pace. L’ordine internazionale pacifico, basato sulle regole, è posto in discussione in tante aree del mondo, ed anche nel nostro continente. Oggi, più che mai l’Europa e l’Alleanza Atlantica sono di fronte alle sfide decisive per delineare quello che sarà il mondo nei decenni a venire. Lavorare per una pace giusta, rispettosa dei diritti dei popoli e della sovranità delle nazioni è il solo modo che abbiamo per dire davvero ‘mai più’ e conservare il ricordo di una tragedia italiana. Questo è il modo migliore per rendere onore alle vittime delle foibe. Ricordare quella stagione di conflitti attraverso materiali oggi a disposizione di tutti, ci consente di avvertire ancora meglio il grande valore della pace, della convivenza proficua e cordiale fra popoli diversi ma uniti da una comune identità europea. È questo il grande valore dell’Europa, la ragione che, prima di ogni altra, ci rende profondamente, convintamente europeisti. Il grande sogno di Adenauer, di Schuman, di De Gasperi, leader di nazioni che si erano combattute aspramente fino a pochi anni prima e che decisero di intraprendere un percorso comune verso un futuro diverso”.
A celebrare il giorno del Ricordo anche il Senato e la Camera, le cui facciate saranno illuminate con il Tricolore da stasera e fino a domani.
Il Presidente del Senato, La Russa, in visita ieri alla Foiba di Basovizza, a Trieste, ha dichiarato: “ Il ricordo dell’esodo doloroso dalle terre che erano italiane oggi appartiene credo a tutti gli italiani ed è un segno importante della nostra comunità nazionale che tende a una storia condivisa. Fintanto che la vicenda delle foibe e la vicenda dell’esodo non è appartenuta a tutta la comunità nazionale credo che non si potesse parlare di una memoria condivisa. Oggi questo mi lascia sperare su un percorso che va completato ma che è già in corso. Ricorre infatti domani 10 febbraio la commemorazione di tutte le vittime delle foibe, per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Vittime innocenti per motivi di ideologia o più semplicemente perché erano italiani. Questa è la vera causa che scatenò l’odio titino, l’odio dei comunisti che avevano, per carità, vinto la guerra; avevano motivi di revanscismo ma che scatenarono un odio bestiale che giustamente oggi viene ricordato per quello che funon solo da noi ma anche dai Paesi, dalle nazioni che oggi sono vicini all’Italia. E che insieme ricordano come qualcosa che non deve mai più ripetersi l’odio che c’è stato tra i popoli e l’odio che c’è stato nei confronti degli italiani”.
Per il Presidente della Camera Fontana, intervenuto giovedì 8 febbraio alla proiezione del documentario Rai : “L’odissea giuliano-dalmata: dalle foibe all’esodo”, “La ricerca storiografica e il prezioso lavoro delle associazioni degli esuli permettono oggi di comprendere in tutta la sua portata il dramma degli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia. C’è però ancora molto da fare per una compiuta ricostruzione storica di quei fatti.L’odissea giuliano-dalmata dalle foibe all’esodo”, presente il presidente del Senato, Ignazio La Russa, e quello della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga. “Al tempo stesso è importante ricordare e riportare al cuore quegli avvenimenti, affinché non siano rimossi dalla nostra Storia. L’esodo delle popolazioni istriane e giuliano-dalmate deve far parte della memoria collettiva degli italiani. È un preciso dovere che abbiamo nei confronti della verità e di quelle popolazioni.E deve rappresentare anche un monito a non dimenticare i valori del dialogo e della reciproca comprensione che sono alla base della democrazia”.
Stamane, invece, il presidente Fontana ha scritto su X: “È fondamentale preservare e tramandare la verità storica delle atrocità commesse dalle milizie di Tito. Onoriamo la memoria delle vittime delle foibe e ricordiamo la tragedia dell’esodo giuliano-dalmata. Una preghiera per chi ha sofferto”.
E al monumento dedicato alle vittime della foiba di Basovizza, vicino Trieste, si è recata stamane anche la presidente del Consiglio Meloni, che ha deposto una corona d’alloro davanti al monumento nazionale “Foiba di Basovizza”, per poi recarsi alla Stazione centrale di Trieste, binario 1, per partecipare all’inaugurazione del “Treno del Ricordo”.
Nel suo intervento, la presidente del Consiglio Meloni ha dichiarato: “Io sono venuta diverse volte nella mia vita qui a Basovizza, a rendere omaggio a questo Sacrario, e ogni volta che l’ho fatto me ne sono andata con qualcosa di più nel cuore. Perché questo è un luogo del cuore, è un luogo che ti dona sempre qualcosa di prezioso. Un’immagine, uno sguardo, un’emozione, una storia da raccontare al ritorno a casa. Sono venuta qui da ragazza, quando lo facevano in pochi e farlo significava essere additati, accusati, isolati. Sono tornata qui da adulta per celebrare finalmente il Giorno del Ricordo, quel Giorno del Ricordo che spazzava via, una volta per tutte, la congiura del silenzio che per imperdonabili decenni aveva avvolto la tragedia delle foibe e il dramma dell’esodo nell’oblio e nell’indifferenza. E torno qui oggi, con qualche ruga in più e con responsabilità sulle spalle che da ragazza non avrei mai immaginato che un giorno avrei avuto. E torno per assumermi un impegno, per assumermi un impegno solenne, e cioè fare la mia parte, perché venga trasmesso ai nostri figli quel testimone del ricordo che voi, con la vostra tenacia, con il vostro coraggio, con il vostro orgoglio avete consentito che ci venisse consegnato, perché i nostri figli a loro volta lo trasmettano ai nostri nipoti, affinché la memoria di ciò che è accaduto, in barba a chi avrebbe voluto nasconderlo per sempre, non svanisca invece mai. Uno dei padri della nostra Nazione, Giuseppe Mazzini, diceva che “la Patria è la famiglia del cuore”. E se è così, ed è così, allora voi, che quella patria avete difeso e amato e così contribuito a costruire, siete la nostra famiglia. Siete madri, padri, sorelle, fratelli, nonni, zii, cugini, e i vostri ricordi sono i nostri ricordi, le vostre lacrime sono le nostre lacrime, le vostre storie sono le nostre storie. È una storia di famiglia quella di Monsignor Ugo Camozzo, ultimo vescovo di Fiume italiana. Lasciando Fiume, per sfuggire ai controlli e alle perquisizioni della polizia titina, tagliò in tre pezzi il suo Tricolore e lo nascose in tre valigie differenti. Con la parte verde avvolse il calice, con la parte bianca un Vangelo, con la parte rossa una Bibbia. Arrivato in Italia, ricucì la bandiera e ricompose la sua Trinità d’italiano. Morirà da esule a Pisa e verrà sepolto con una croce e la bandiera di Fiume sul cuore.È una storia di famiglia la storia di Angelo Adam, meccanico, ebreo. Sulla pelle un tatuaggio, il numero 59001, con cui i nazisti lo avevano marchiato dopo averlo deportato a Dachau. Da quell’inferno si era salvato e, una volta tornato a Fiume, aveva ripreso la sua attività sindacale. Qualcuno aveva provato a dirgli che quello che faceva poteva dare fastidio, però lui non aveva ascoltato. Il 4 dicembre 1945 i titini lo prelevarono con la forza, insieme a sua moglie. Di lui non si seppe più nulla e, quando la loro figlia cominciò a fare domande, sparì anche lei. E i loro corpi non sono mai stati ritrovati. È una storia di famiglia, quella di Odda Carboni, 39 anni, impiegata. Prelevata e trascinata dai titini davanti alla foiba di Vines, sapeva quale fosse il suo destino, ma non voleva dare ai suoi aguzzini la soddisfazione di spingerla giù e allora si gettò nella foiba da sola, gridando: “Viva l’Italia”. E tanti altri sono morti gridando il loro amore per l’Italia.È vero, noi oggi siamo qui per ricordare degli innocenti trucidati, certo, ma siamo qui anche per chiedere ancora una volta perdono a nome delle Istituzioni di questa Repubblica per il silenzio colpevole che per decenni ha avvolto le vicende del nostro confine orientale.E siamo qui per rendere omaggio a tutti gli istriani, i giuliani, i dalmati, che per rimanere italiani decisero di lasciare tutto, case, beni, terreni, per restare con l’unica cosa che i comunisti titini non potevano togliere loro, e cioè l’identità. Così, fiumani istriani e dalmati, pagando un prezzo altissimo, hanno deciso di essere italiani due volte, italiani per nascita e italiani per scelta. Hanno deciso di seguire il loro cuore, di portare con sé, oltre a un pugno di terra o qualche piccolo frammento dell’Arena di Pola qualcosa che nessuna polizia politica, nessun aguzzino può strapparti via, che è l’amore per ciò che sei, per la terra nella quale affondano le tue radici, per la famiglia che ti ha generato, per le tradizioni che ti hanno accompagnato. Perché ovunque ti troverai quella sarà la tua casa, non qualcosa che ti circonda, ma quello che ti porti dentro. L’Italia a lungo non ha ricambiato quell’amore. Certo non lo fece sempre con quegli esuli che scappavano per ricongiungersi alla loro comunità. È stato citato, torna alla mente, il treno partito da Ancona nel febbraio del ‘47, che conduceva gli esuli partiti da Pola nei vari campi profughi. Quando quel treno si fermò nella stazione di Bologna, venne preso a sassate. Il latte che era destinato ai bambini, che erano già in stato di disidratazione, venne buttato sulle rotaie. Gli esuli vennero insultati, fu impedito loro di scendere da chi aveva come patria un’ideologia e considerava un tradimento preferire la propria appartenenza nazionale a quella ideologia.Quel treno è stato rinominato il “treno della vergogna”, ma quando sarà finita questa cerimonia, noi ci recheremo nella stazione di Trieste per inaugurare un altro treno, un treno storico, simile a quello che all’epoca portò gli esuli nei vari campi profughi in Italia, che compirà un viaggio da Nord a Sud, non per riaprire ferite del passato, non per dividere ancora, ma per chiudere un cerchio, per sanare quella vergogna, per accompagnare idealmente quegli esuli in un’Italia che oggi conosce la loro storia e riconosce il loro sacrificio, e ricucire quel sentimento di solidarietà sul quale qualsiasi Nazione degna di questo nome si fonda. È una solidarietà all’insegna della verità storica, che per noi è un patrimonio da condividere anche con i popoli delle Repubbliche di Slovenia e Croazia, con lo stesso spirito di pacificazione che ha portato le città di Gorizia e Nuova Gorizia a condividere la candidatura, e poi ottenere insieme, l’assegnazione a titolo di Capitale europea della Cultura del 2025. Con la commemorazione di oggi e con l’inaugurazione del treno, noi celebriamo il ventesimo anniversario della legge 92/2004, che istituisce il Giorno del Ricordo. Fu una legge spartiacque, che ha permesso di scrivere pagine di storia che non erano mai state scritte e ha consentito in questi vent’anni di compiere tanti passi in avanti. È grazie a quella legge e alla tenacia di chi l’ha portata avanti, se oggi è normale parlare di foibe a scuola. È grazie a quella legge se oggi artisti del cinema e della tv rendono omaggio a quella vicenda, anche in prima serata, certamente sul servizio pubblico. È grazie a quella legge se la storia delle foibe e dell’esodo è entrata nei libri di storia, oggetto di ricerca e documentazione e approfondimenti. E voglio anche ringraziare il Parlamento italiano che proprio in questi giorni lavora per rafforzare e implementare quella legge, perché certo si può sempre fare di più. È grazie a quella legge, insomma, se il fiume carsico del ricordo è emerso in superficie, ha intercettato affluenti, è diventato forte, impetuoso e oggi risplende in tutta la sua bellezza alla luce del sole, una luce che nessun tentativo riduzionista, negazionista o giustificazionista di quella tragedia, che spesso ancora riemerge, potrà mai oscurare. Una storia tutta italiana che noi vogliamo contribuire a perpetuare nel tempo, anche con la nascita del Museo nazionale del Ricordo. Museo che sorgerà a Roma, nella Capitale d’Italia, perché questa è una storia che non appartiene a una piccola porzione di confine o di quel che resta dell’esodo del popolo giuliano dalmata, ma è una storia che appartiene all’Italia intera e l’Italia intera deve avere la possibilità e l’occasione di dirvi grazie”.
Anche la facciata principale di Palazzo Chigi, presso cui si è svolta ieri la cerimonia di consegna delle onorificenze ai congiunti delle vittime delle foibe, dalle ore 00,01 alle 24,00 del 10 febbraio, sarà illuminata con il Tricolore e la scritta “Io ricordo”.
Dalle Opposizioni, invece, la capogruppo alla Camera, Braga, ha scritto su X: “Nel Giorno del Ricordo siamo vicini alle famiglie delle vittime delle foibe, agli esuli giuliano dalmati, alle associazioni che chiedono pace e giustizia. Solo riconoscendo gli orrori del passato senza riscrivere la storia, si costruisce una convivenza di pace e diritti”.
Per la consigliera regionale della Regione Friuli Venezia Giulia, in quota M5S, Capozzi: “Il Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime scappate, torturate, assassinate e gettate nelle foibe alla fine della Seconda guerra mondiale rappresenta un momento doloroso per la nostra storia. Quelle persone esigono di essere ricordate. Alla luce di momenti bui della storia, troppo spesso ignorata o addirittura negata, devono essere riavviati i processi di pace sempre più necessari, perché non ci siano più vittime ingiuste da ricordare. Abbiamo apprezzato le parole di Mattarella che portano avanti valori come pace e dignità”.
Per la deputata di Azione, Bonetti: “In questo 10 febbraio dal Presidente Mattarella è arrivato un richiamo chiaro: la costruzione dell’Europa ha rappresentato il “ripudio della barbarie provocata da tutti i totalitarismi del Novecento”, l’occasione per costruire ponti tra culture, territori e persone. La nostra storia, le ferite che l’hanno segnata, l’oblio in cui il dramma delle foibe e di tutti gli abitanti del confine orientale per troppo tempo è rimasto, ci ricordino ogni giorno la strada su cui impegnarci e lavorare per costruire pace e concordia tra tutte le nazioni europee”.
Intanto, nella notte, è stata vandalizzata per la seconda volta la targa in memoria delle vittime delle foibe a Firenze, posta nella piazza dedicata ai martiri dell’Istria e della Venezia Giulia, vicino alla Fortezza da Basso. Una condanna del gesto è arrivata dal deputato e responsabile dell’organizzazione di FdI , Donzellie dalla vicepresidente del Senato, in quota FI, Ronzulli.
La Polizia e la Digos indagano per risalire ai colpevoli e nell’ambito dell’indagine sono state acquisite immagini dalle telecamere pubbliche.
In settimana, invece, a vent’anni dall’istituzione per legge del Giorno del Ricordo, la Camera ha approvato con 244 voti a favore, 10 astenuti e nessun contrario, la legge per la promozione della conoscenza della tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata nelle giovani generazioni, tornata, quindi, all’esame del Senato per l’ok definitivo .
Via libera a Montecitorio anche a un ordine del giorno per togliere l’onorificenza al Maresciallo Tito concessa dal presidente della Repubblica Saragat.
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