Sesta tappa del nostro tour per il decumano maggiore del Centro storico di Napoli, la basilica di San Lorenzo Maggiore, in piazza San Gaetano. Tra le più antiche della città, la chiesa, in stile gotico, con innesti barocchi ,dovuti a successivi rifacimenti,fu eretta per volere di re Carlo I d’Angiò e, dedicata a San Lorenzo. Essa comprende il vicino convento francescano e gli scavi archeologici sottostanti ,che hanno riportato alla luce resti risalenti all’epoca greco-romana, in particolare della zona destinata al mercato cittadino, le cui botteghe sorgono su basamenti di strutture greche preesistenti,databili intorno al IV secolo a.C .
di Federica Marengo lunedì 28 ottobre 2019
Napoli conserva intatto il suo fascino anche in autunno, anche quando il cielo è imbronciato e il sole, rimasto a dormire dietro le nuvole, non dona al mare con i suoi raggi quel luccichio speciale, che i turisti, allontanandosi, conservano indelebile nella memoria.
Al profumo di salsedine, che a partire da maggio sale dal Molo Beverello e si riversa espandendosi in tutto il Centro storico, già nei primi giorni di ottobre , si sostituisce l’odore acre dei fumi sprigionati dai bracieri collocati ai crocicchi del decumano maggiore e su cui gli ambulanti cuociono castagne.
E’ proprio uno di questi tizzoni, allestito in piazza San Gaetano, accanto all’ingresso della Basilica di San Lorenzo Maggiore , a segnalarci che siamo arrivati alla meta: la sesta tappa del nostro viaggio nel cuore sacro di Partenope.
Però, prima di entrarvi, per godere delle bellezze artistiche e architettoniche, dobbiamo accennare alla storia della sua edificazione.
Correva l’anno 1235, quando Papa Gregorio IX ratificò la concessione di una chiesa da erigere in città che fosse dedicata a San Lorenzo, al posto di quella del “Foro”, di epoca paleocristiana,assegnata ai frati francescani.
Quindi, nel 1270 fu Carlo I d’Angiò, reduce dalla vittoria nella battaglia di Benevento contro Manfredi di Svevia, a sovvenzionare la costruzione della chiesa e del convento in stile gotico e francescano, la cui edificazione ebbe luogo a partire dall’abside, realizzato da architetti francesi e, per questo, primo esempio in Italia di gotico d’Oltralpe. Tuttavia, nella costruzione dell’abside e della zona del transetto e della navata , avvenuta negli anni,si riscontrano i caratteri di un gotico italiano, segno dell’avvicendarsi di numerosi e diversi progettisti.
Scenario, fra il Trecento e il Quattrocento, di molteplici eventi e celebrazioni importanti, la Basilica è stato luogo di consacrazioni come quella di Ludovico di Tolosa, rinunciatario al trono ereditato dal padre Carlo II d’Angiò, a beneficio del fratello, Roberto d’Angiò, e quella di Felice Peretti, vescovo di Sant’Agata de’ Goti, futuro Papa Sisto V.
Nel 1343, invece, soggiornò nel convento il poeta, Francesco Petrarca,come testimoniato da una lettera inviata da quest’ultimo all’amico Giovanni Colonna, per descrivergli il maremoto che il 25 novembre di quell’anno colpì la città,mentre dieci anni prima, nel 1334 ,lo scrittore Giovanni Boccaccio, pare si innamorò di Fiammetta , ovvero Maria d’Aquino, figlia del re Roberto d’Angiò, sua musa ispiratrice, dopo averla vista proprio all’interno della basilica nel corso della Messa del sabato Santo del 1334.
A cominciare dal XVI secolo,poi, la chiesa fu oggetto di molteplici rimaneggiamenti dovuti in parte ai danni causati da ripetuti terremoti,e in parte ad avvenimenti storici, quali la conquista della città da parte dei Viceré spagnoli, i cui eserciti trasformarono il chiostro in un deposito di armi, mentre nel 1547 il campanile fu posto sotto assedio dal popolo nella rivolta contro don Pedro de Toledo.
Altri eventi, che determinarono delle modifiche alla struttura, si ebbero anche nel 1647, quando i seguaci di Masaniello,protagonista della rivolta napoletana che vide la popolazione insorgere contro la pressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo, assaltarono la torre campanaria della chiesa, usandola quale avamposto di artiglieria contro gli spagnoli.
Fu dunque fra il XVII e il XVIII secolo che , architetti locali, realizzarono rifacimenti in stile barocco, i quali interessarono soprattutto la facciata, totalmente rifatta nel 1742.
Oggetto di restauri,dal 1882 alla seconda metà del XX secolo, la basilica perse i connotati barocchi, salvo che per la facciata e la controfacciata, opera dell’architetto Ferdinando Sanfelice e per la cappella Cacace e per quella di Sant’Antonio, realizzate dall’architetto Cosimo Fanzago.
Semplici interventi di consolidamento delle mura, invece, furono approntati nel 1950-1960.
Ora che sappiamo qualcosa di più, possiamo finalmente fare il nostro ingresso, senza però trascurare il portale gotico, eseguito, con ogni probabilità, da maestri toscani e costituito da battenti lignei trecenteschi suddivisi in quarantotto riquadri e la facciata, databile intorno al 1742, realizzata dal Sanfelice.
Proprio sul lato destro della facciata, vediamo convergere l’esterno del convento e il campanile del XV secolo, di forma quadrata e suddiviso in quattro piani, costruito su quello preesistente.
Il portale marmoreo del convento risale, invece, alla seconda metà del Quattrocento, ed è sormontato da un balconcino di fine Seicento, realizzato dallo scultore-architetto barocco, Lorenzo Vaccaro, sopra il quale , nel XIX secolo, sono stati esposti gli stemmi della città e dei parlamenti rappresentativi, chiamati “sedili”, con funzioni amministrative, giuridiche e giudiziarie, che a partire dal XIII secolo e, per oltre cinque secoli, riunirono i delegati dei vari rioni, una sorta di circoscrizione alle quali potevano iscriversi solo le famiglie nobili. Tuttavia, grazie a delle rivolte di piazza del XV secolo, il popolo napoletano riuscì a ottenere un “sedile”, sebbene non avesse alcun potere di presiedere alle sedute.
Gli stemmi dei seggi, a cominciare da quello in alto a destra, sono: il cavallo (simboleggiante il sedile del Nilo), la figura umana (sedile di Porto), la porta d’oro (sedile di Portanova), la P (che sta per “sedile del Popolo”), la Y (sedile di Forcella), l’immagine dei monti (sedile di Montagna) e , infine, in alto a sinistra, un altro cavallo (rappresentante il sedile di Capuana).
Entrati dentro, finalmente, ci troviamo di fronte a un’aula a croce latina, con cappelle laterali che lambiscono l’unica navata coperta a capriate, come il transetto.
La controfacciata,interessata anch’essa ,come la facciata, dal rifacimento barocco ad opera del Sanfelice, vede a destra il Sepolcro del filosofo e commediografo Giambattista della Porta, mentre sopra il portale d’ingresso si scorge un’ “Allegoria francescana” di Francesco Curia.
Le cappelle laterali sono sedici, otto per lato, di uguali dimensioni e non tutte contenenti opere (alcune sono spoglie, altre conservano pochi frammenti di cicli di affreschi trecenteschi, altre ancora, come la terza di destra, la seconda e la terza di sinistra, espongono opere di matrice barocca), ma tutte ugualmente aperte sulla navata, tramite archi acuti, ad eccezione della terza di destra, che presenta invece un arco marmoreo a tutto sesto in stile barocco napoletano.
Nelle sale all’interno, invece, predomina lo stile gotico, con decorazioni eseguite da artisti di scuola francese o napoletana.
Tra le cappelle sul lato sinistro, le principali sono:la prima, nella quale sono collocati alcuni monumenti sepolcrali della famiglia Carmignano risalenti ai secoli dal XIV al XVIII e una tela raffigurante L’Angelo Custode, dipinta da Francesco De Mura.
La seconda cappella presenta rifacimenti in marmo di gusto barocco realizzati da Giorgio Marmorano, che eseguì anche l’altare maggiore, sulla quale è posta la pala d’altare di Paolo Finoglia, rappresentante l’Immacolata.
La quarta, ospita invece un’Adorazione dei Magi, dipinta da Marco dal Pino fra il 1551 e il 1568 per la chiesa del Gesù Vecchio e poi, spostata nel 1845, all’interno della Basilica di San Lorenzo.
La quinta cappella,corridoio d’uscita laterale della chiesa su via dei Tribunali, presenta ai lati due monumenti funebri del primo quarto del Cinquecento, attribuiti allo scultore Giovan Tommaso Malvito.
La sesta cappella invece ospita i monumenti funebri della famiglia Pignone, mentre la settima è spoglia.
Nell’ottava, infine, troviamo due monumenti funebri cinquecenteschi a “Vito Pisanelli” e “Giacomo Pisanelli”, realizzati da Romolo Balsimelli.
Spostandoci sul lato destro, le più importanti cappelle sono: la prima, dominata dal monumento sepolcrale di Ludovico Aldomorisco, consigliere del Re Ladislao di Durazzo, realizzato in stile tardo gotico dallo scultore Antonio Baboccio da Piperno che lo ultimò nel 1421, dando vita così alla sua ultima opera documentata.
La seconda, di proprietà della famiglia Cacace e in stile barocco, fu decorata dall’architetto e scultore Cosimo Fanzago con la cancellata d’ingresso in ottone e conserva le tombe della famiglia con busti e statue eseguite nel 1653 da Andrea Bolgi. Sulla parete frontale presenta una Madonna del Rosario dipinta da Massimo Stanzione, mentre la volta fu affrescata da Niccolò de Simone.
La terza cappella custodisce invece un polittico rinascimentale in terracotta realizzato da Domenico Napoletano con scene della Madonna col Bambino e San Rocco e San Marco, e in alto, una Pietà.
La quarta cappella presenta sulle pareti e sulla volta affreschi di Onofrio de Lione e Luigi Rodriguez.
La quinta cappella mostra resti di affreschi del Trecento alle pareti e due monumenti funebri del Cinquecento/Seicento.
Nella sesta, vediamo il monumento funebre tardo-quattrocentesco di Alberico Bacio Terracina realizzato da uno scultore ignoto e nella settima una tela dipinta nel 1778 dal pittore romano Giuseppe Giampedi.
Nella campata che divide la settima cappella e l’ambiente che conduce al chiostro è collocato un pulpito cinquecentesco, caratterizzato sul fronte principale da un rilievo raffigurante Santa Caterina d’Alessandria davanti al tiranno Massimino e da un altarino sottostante, sormontato dalla tavola coeva La Madonna con il Bambino tra i Santi Caterina d’Alessandria e Stefano.
Proseguendo dritto verso il transetto, poi, scorgiamo sulla sinistra, ai lati dei due monumenti funebri, della seconda metà del XIV secolo, a Carlo di Durazzo e Roberto d’Artois e Giovanna di Durazzo, il cappellone di Sant’Antonio, realizzato da Cosimo Fanzago nel 1638, in stile barocco, con apertura centrale ed arco a tutto sesto.
Nel cappellone vediamo i dipinti di Francesco Di Maria: il Redentore a sinistra e l’Assunta a destra e due tele di Mattia Preti: Madonna col Bambino e Sante francescane e Crocifisso adorato da San Francesco, entrambi risalenti al 1657; al centro, invece, la tavola del 1438 di Leonardo da Besozzo, Sant’Antonio e angeli, la cui figura del Santo fu rifatta da un maestro ignoto, sempre del XV secolo.
Nel transetto destro, invece, sono conservate numerose testimonianze pittoriche risalenti alle origini della chiesa. Nelle parti superiori delle pareti laterali, infatti, sono visibili cicli di affreschi trecenteschi di Montano d’Arezzo, insieme con sculture quali: Il Monumento funerario di Carlo di Durazzo, fatto giustiziare nel 1348 dal Re Luigi d’Ungeria(è da considerarsi un errore la data del 1347 iscritta di fronte al sarcofago) o ciò che resta del Monumento a Ludovico Caracciolo, risalente al 1335.
Al Cinquecento, invece, sono riconducibili i monumenti sepolcrali alla famiglia Cicinelli di Salvatore Caccavello, allievo e parente di Annibale Caccavello, un altorilievo di Giovanni da Nola con la Madonna col Bambino ed Angeli, collocato in origine nella parte alta dell’altare maggiore della stessa basilica, ed il sepolcro di Giovanni Antonio Pisanello di autore ignoto.
La zona dell’abside , databile intorno alla fine del XIII secolo è un chiaro esempio, unico architettonico in Italia, di gotico francese, con un alto presbiterio a costoloni, slanciato da dieci pilastri polistili che aprono arcate dietro le quali scorre il notevole deambulatorio a volte a crociera, su cui a loro volta si affacciano nove cappelle, quadrate le prime due alle estremità, e poligonali, le altre, che ruotano alle spalle dell’abside.
Gli studiosi, tuttavia, non concordano sull’attribuzione di questa area della Basilica. Per Giorgio Vasari, l’autore sarebbe l’architetto e scultore Nicola Pisano, per Gaetano Filangieri Junior, (nipote del giurista e filosofo Gaetano), invece, sarebbe l’architetto e scultore, Arnolfo di Cambio, secondo altri ancora, per via di alcune analogie costruttive e stilistiche con la chiesa di Santa Maria Donnaregina, sarebbe da attribuire all’architetto francese, rimasto ignoto, che edificò la chiesa.
L’altare maggiore, di epoca rinascimentale , è dello scultore partenopeo Giovanni da Nola e reca nella parte superiore le statue dei Santi Lorenzo, Antonio e Francesco, mentre sulla parete inferiore lo scultore rappresentò Il Martirio di San Lorenzo, San Francesco con il lupo di Gubbio e Sant’Antonio che parla ai pesci, su uno sfondo in cui è rappresentata la città napoletana all’epoca rinascimentale.
Sul lato destro, all’altezza della prima arcata, si trova il Sepolcro di Caterina d’Austria, prima moglie del duca Carlo di Calabria, figlio di re Roberto d’Angiò, realizzato da Tino di Camaino, alla sua prima opera napoletana.
Di fronte, nella prima cappella radiale a destra del deambulatorio, scorgiamo affreschi con Storie della Maddalena di ignoti giotteschi, databili fra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento.
Attraversando la cappella , poi, si accede alla sacrestia, risalente al Cinquecento e collegata con la sala capitolare del convento, nella quale troviamo affreschi di Luigi Rodriguez.
Proseguendo nel deambulatorio, vediamo le altre cappelle , tutte con frammenti di monumenti sepolcrali e lastre tombali del XIV-XV secolo.
Nella sesta cappella, appartenete alla famiglia Barrile, sono presenti lastre della famiglia e affreschi su Storie della Vergine, databili intorno al secondo quarto del Trecento, eseguiti dal Maestro di Giovanni Barrile.
Nella nona, invece, ovvero la prima del deambulatorio partendo da sinistra, troviamo invece i monumenti funebri trecenteschi a Leone Folliero e Maria di Durazzo, figlia di Carlo, morta nel 1731 a soli tre anni.
Nell’area sottostante la chiesa, infine, gli scavi archeologici di età greco romana, evidenziano l’area del “macellum”, il mercato romano, le cui botteghe rivelano nei basamenti, preesistenti strutture greche, databili intorno al IV secolo a.C., mentre sotto il convento, annesso alla basilica, scorgiamo altri resti risalenti alla seconda metà del I secolo a.C., attribuibili all’agorà greca prima, e al foro romano poi, i quali si estendono fino a Piazza San Gaetano, dove troviamo il Santuario di San Gaetano Thiene e la basilica di San Paolo Maggiore, nei cui sotterranei si vedono i resti dell’anfiteatro.
Queste, le prossime tappe del nostro tour nel “ventre” di Napoli.
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