Quarta tappa del nostro tour per le strade del Centro Storico di Napoli. Una volta usciti dalla chiesa di San Domenico Maggiore, proseguendo il nostro cammino lungo Spaccanapoli, nel Decumano inferiore, ci imbattiamo in Piazzetta Nilo, detta anche : Largo corpo di Napoli. Unico slargo a formare un incrocio con piazza S.Domenico Maggiore, la piazza prende il nome dalla statua del Dio Nilo, rinvenuta nel XV secolo , ma scolpita nel II secolo a.C, quando, in epoca greco-romana, si erano stanziati in luogo, per motivi commerciali , gli alessandrini (egiziani), che eressero una scultura per rievocare l’Egitto, loro Paese di provenienza. Questi ultimi, inoltre, avevano anche un proprio “cardo”, il “Vicus Alexandrinus”: per alcuni, l’attuale Via Nilo , per altri, Via Mezzocannone. Tra gli edifici che sorgono nella piazza, troviamo: la chiesa di Sat’Angelo, nota anche come Cappella Brancaccio.
di Federica Marengo domenica 1 settembre 2019
Sebbene la canicola estiva si faccia sentire, non demordiamo e una volta usciti dalla Basilica di San Domenico Maggiore, decidiamo di proseguire il nostro cammino lungo Spaccanapoli, nel Decumano Inferiore.
Prossima destinazione sarà la chiesa di Sant’Angelo, ma prima ci imbattiamo in piazzetta Nilo, conosciuta anche come : Largo corpo di Napoli.
La piazza, un piccolo slargo all’incrocio con piazza San Domenico Maggiore, è chiamata così per via della presenza al centro di una statua raffigurante il dio Nilo, risalente al II secolo a. C, quando Napoli era una delle città principali della Magna Grecia e meta di flussi migratori di mercanti e schiavi, provenienti da Alessandria d’Egitto.
Questi ultimi, dunque, costituirono in città delle colonie di nilesi (persone provenienti dal Nilo) e si stanziarono in particolare lungo un cardo chiamato : Cardo Alexandrinus, corrispondente all’attuale Via Nilo o, per altri, a Via Mezzocannone.
Quindi, il proposito da parte di queste comunità di onorare il dio Nilo con una sua rappresentazione, legata a riti misterici, cui si aggiunse il culto di Iside, altra divinità egizia, celebrata mediante i “misteri eleusini” legati all’oltretomba.
Tuttavia, mentre in epoca greco-romana la libertà di culto fu garantita, a partire dall’epoca cristiana e, ancora nel corso del Sacro Romano Impero, essa fu repressa e i culti del Nilo e di Iside praticati in segreto. La statua del Nilo allora fu decapitata e fu fatta sparire fino al Seicento, quando la scultura fu ritrovata e restaurata, apponendovi elementi assenti nell’assetto originario quali: le teste del Dio, della Sfinge e del coccodrillo. Il gruppo scultoreo rappresenta infatti il dio Nilo adagiato al centro, mentre imbraccia una cornucopia, simbolo dell’abbondanza e della fertilità dell’Egitto, richiamate anche dal putto che fuoriesce da un capezzolo del dio. Altri riferimenti alla terra egizia sono poi : la Sfinge , posta a destra del dio e un coccodrillo, collocato ai piedi.
La decapitazione e la perdita di elementi iconografici che aiutassero a decifrare la simbologia della statua, ha determinato nel tempo interpretazioni errate. Secondo la trecentesca Cronaca di Partenope, la statua rappresenterebbe non un uomo, ma una donna che allatta al seno un bambino,nient’altri che Partenope (il corpo di Napoli) ,che nutre i propri cittadini. Significato, quest’ultimo , da cui è derivato l’altra denominazione della piazza : Largo Corpo di Napoli.
Dopo la breve digressione sulla piazzetta dei mercanti egiziani, raggiungiamo l’adiacente chiesa di Sant’Angelo, nota anche come Cappella Brancaccio, in quanto conserva all’interno i sepolcri di molteplici esponenti della famiglia nobiliare dei Brancaccio, tra cui il monumento funebre del cardinale Rainaldo Brancaccio, realizzato da Donatello e da Michelozzo.
E proprio il cardinale Brancaccio fece erigere nel 1385 una cappella , dedicata ai Santi Angelo e Marco, nelle vicinanze del palazzo nobiliare appartenente alla sua famiglia.
Solo il portale principale, tuttavia, testimonia la configurazione originaria in stile gotico-catalano della facciata, il cui aspetto attuale risale al 1709, quando l’architetto Arcangelo Guglielmelli diede luogo al rifacimento dell’edificio.
Soffermandoci sull’ingresso alla cappella , che è su Via Mezzocannone , scorgiamo un architrave con figure in mezzorilievo di angeli e santi e una lunetta soprastante con un affresco che raffigura la “Vergine e i Santi Michele e Baculo che presentano il cardinale Brancaccio”, eseguito nel XV secolo da Nicolantonio del Fiore, poi staccato e conservato in sacrestia per un periodo a causa delle cattive condizioni di conservazione e ricollocato nella sua ubicazione originale.
Sempre allo stesso periodo, risale il portone ligneo con sei figure( San Pietro, San Lorenzo, Sant’Antonio da Padova, San Paolo, San Giovanni Evangelista e San Domenico ), intagliate in sei riquadri (tre per lato).
Il portale laterale, invece, cui si accede dall’altro ingresso, posto sul versante sud-est rispetto a piazza San Domenico Maggiore, databile anch’esso alla seconda metà del XV secolo, presentava una lunetta con scultura raffigurante San Michele , poi trasferita all’interno della chiesa.
Sulla cornice marmorea , poi, vediamo le figure a mezzorilievo dell’Arcangelo Gabriele , di San Giovanni Battista , di San Giovanni della Croce, di Madonna Annunziata, di San Michele e di Sant’Agnese, mentre ai lati del portale , in due nicchie , sono collocate le statue delle sante, appartenenti alla famiglia Brancaccio: Santa Candida Iuniore, (in realtà, ritenuta erroneamente Santa e le cui reliquie si trovano nella cappella) e Santa Candida Seniore, realizzate da Bartolomeo Granucci.
Entrando in chiesa, troviamo all’interno una navata unica , di forma rettangolare, priva di transetto e con sole due cappelle e una sacrestia, sul lato destro.
Un arredo marmoreo sei-settecentesco e stucchi disegnati dal Guglielmelli delimitano i dipinti di Giovan Battista Lama, (tra cui : “Santi in adorazione del Volto Santo”) e quattro busti sepolcrali sulle pareti laterali raffiguranti i Cardinali: Nicola, Pietronicola, Morinello e Marcello Brancaccio.
Sulla cantoria (zona della chiesa riservata ai cantori e all’esecuzione liturgico-musicale), in controfacciata, invece, all’interno di una cassa lignea intagliata e riccamente decorata, si trova un organo a canne in stile barocco, costruito nel XVIII secolo , a partire da un altro organo ignoto, restaurato nel 1970.
Attraversando la navata, sul lato destro, vediamo la cappella di Santa Candida Iuniore, lambita da una cancellata settecentesca di ottone e ferro battuto , che custodisce le reliquie della matrona,risalenti al VI secolo d.C, erroneamente venerata come santa sino alla fine del Novecento. Nella stessa cappella troviamo la Pala d’altare “Visione di Santa Candida” di Carlo Sellitto , mentre sulla parete destra vediamo la tomba di Luigi Stuart, terzo figlio di Carlos Miguel FitzJames Stuart , XIV duca d’Alba e duca di Berwick, risalente alla metà dell’Ottocento.
Sull’altare, posto nella zona absidale, la tavola del San Michele Arcangelo, realizzata nel 1573 dal senese Marco dal Pino.
A destra dell’altare, poi, scorgiamo la cappella che custodisce nella parete frontale il sepolcro del Cardinale Rainaldo Brancaccio, una delle prime testimonianze del passaggio dalle forme tardo-gotiche a quelle rinascimentali. Infatti, sebbene il monumento sepolcrale abbia l’impianto a baldacchino tipico dell’epoca tardo-gotica, da ascrivere alla maniera di Tino di Camaino, presenta sculture e rilievi moderni per l’epoca. L’opera , dapprima collocata lungo una delle pareti della chiesa originaria, fu eseguita fra il 1426 e il 1428 a Pisa, da Donatello e da altri maestri toscani: Michelozzo e Pagno di Lapo Portigiani e inviata a Napoli via mare. La parete sinistra della cappella , invece, è occupata dal quattrocentesco sepolcro di Pietro Brancaccio, opera di Jacopo della Pila.
A sinistra dell’altare maggiore , infine, il sepolcro dei Cardinali Francesco e Stefano Brancaccio, realizzati dai fratelli Pietro e Bartolomeo Ghetti.
Il monumento, a forma di piramide , presenta elementi simboleggianti i traguardi raggiunti dai Cardinali (in campo ecclesiastico, letterario e militare) sopra la tomba, sorretta da leoni , base della piramide. Accanto a tali elementi, una Virtù è in atto di scrivere le lodi ai due personaggi, inscritte nel corpo della piramide, circondata ai lati dalla Morte (a destra) e dalla Fama(a sinistra).
Nel vertice è scolpito invece un medaglione rappresentante i volti dei cardinali( uno zio e l’altro nipote), mentre intorno all’intero monumento, su due pilastri che fanno da cornice e alle cui basi sono scolpiti gli stemmi del casato dei Brancaccio, sono collocati due busti degli stessi cardinali Francesco e Stefano.
In sacrestia, raggiungibile attraverso una porta a destra della navata, troviamo un tabernacolo in marmo posto sulla parete destra della sala, realizzato dal maestro lombardo Giovan Tommaso Malvito, e due tavole con San Michele e Sant’Andrea attribuite a Stefano Sparano. Dalla sacrestia, infine, è possibile accedere al cortile del Palazzo Brancaccio, la cui facciata principale è su Vico Donnaromita.
Uscita dalla chiesa di Sant’Angelo al Nilo, entusiasta per aver conosciuto un luogo d’Arte dai più trascurato , percorsi pochi metri, tra bancarelle di souvenir e negozi che espongono presepi tutto l’anno, m’imbatto, per caso , in un nuovo scrigno di tesori: la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo. Decido allora che questa sia la prossima tappa del mio itinerario.
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