In occasione di San Valentino, Festa degli innamorati, il racconto di un amore di ieri, affinché possa ispirare le coppie di oggi.
di Federica Marengo venerdì 14 febbraio 2020
Uno scrittore da milioni di copie a romanzo, qualche anno, fa regalò ai suoi lettori una massima: “Se incontrarsi è una magia, è non perdersi la vera favola”. E’ da questo aforisma che vogliamo partire, per raccontarvi una storia d’amore vissuta nel secolo scorso,ma che, in realtà, è senza tempo, come accade quando i sentimenti sono autentici e, perciò, senza data di scadenza, senza un inizio e senza una fine, ma eterni, alla stregua dei capolavori dell’Arte, delle opere letterarie, della musica classica o di una canzone dei Beatles.
Faceva freddo quella mattina del 2 febbraio 1950, quando Alfredo, un negoziante di arredi sacri, uscì di casa, come era solito fare tutti i giorni, poco prima delle 8:00, per recarsi a Messa. Un freddo pungente e insolito per la città: ah!, scusate non vi ho detto che la nostra storia si svolge a Napoli e a Napoli, si sa, come in tutte le città del Sud, d’inverno, non può fare freddo!. Ma torniamo a noi, dicevamo di Alfredo e della sua abitudine di uscire di casa, un appartamento a pochi passi da piazza del Gesù, la mattina presto, per recarsi alla Messa delle 8:30. Quel giorno però, in preda a una strana e inspiegabile frenesia, aveva anticipato, presentandosi al consueto appuntamento con l’Altissimo mezz’ora in anticipo, tanto che, lo stesso padre confessore, vedendolo arrivare così presto, si era meravigliato.
“Ohé, Alfredi’, e tu che ci fai qua!…sono le 7:45…e qua, non siamo ancora pronti per celebrare la funzione…Abbiamo aperto al pubblico per una preghiera, per un conforto ai fedeli, ai lavoratori di passaggio…ma per la Messa, se ne parla alle 8:30, come al solito!…Però, una cosa , se vuoi, la puoi fare : ti puoi confessare!…Jamme, andiamo!, vieni con me in confessionale, che voglio proprio sentire se ti sei comportato bene o no!…”, lo ammonì il sacerdote, cui Alfredo rispose: “Don Mauri’, e che sono un bambino?…io da un anno ho passato i trenta!…e poi voi lo sapete…i miei peccati sono veniali: qualche bugia alle mie sorelle, qualche lite con i miei fratelli, ma sempre per cose futili…Don Maurì, sciocchezze!…”.
“Questo, lascialo decidere a me e all’Onnipotente, si intende!…Jamme, andiamo nel confessionale… e guarda che ,se racconti bugie, io ti smaschero subito, subito, eh!…Io ti conosco da quando eri alto come il candelabro che sta sull’altare, di fronte alla statua della Vergine!…”, lo avvertì il sacerdote.
Intanto, avvicinatosi l’orario della Messa, la chiesa cominciava a riempirsi dei fedeli, abituali frequentatori del rito mattutino, tra i quali ,però, facevano capolino due volti sconosciuti: erano quelli di una madre, Tina, e di una figlia, Rosalena.
“Mamma’, io vado a confessarmi prima che inizi la funzione!…”, sussurrò all’orecchio della madre, Rosalena, cui l’anziana donna fece un cenno d’assenso con la testa.
Tuttavia, proprio nel momento in cui Tina si apprestava a raggiungere il confessionale, Alfredo ne usciva, sfiorandole il braccio, distratto :“Uh, scusate se vi ho urtato, Signora!…”, esclamò il giovanotto baffuto. “Niente, figuratevi!…ero io ad essere sovrappensiero!…”, rispose Rosalena, trentenne, ragioniera in una ditta farmaceutica, sollevando per un istante il capo che teneva basso, incrociando così gli occhi del giovanotto, che la fissavano.
Alfredo, rapito dall’espressione malinconica di Rosalena, la seguì con lo sguardo a partire da quel momento e fino alla fine della Messa, senza mia perderla di vista.
Poi,conclusa la funzione, usciti dalla Messa, cercò un pretesto per avvicinarla e sapere come si chiamasse e da quale quartiere provenisse, ma l’impresa, data la presenza della madre di lei, era a dir poco ardua. Così, approfittato di un momento in cui Rosalena si era allontanata dall’anziana madre per prenderle un bicchier d’acqua a una fontanella poco distante dalla chiesa, esordì: “Salve, Signora! Si ricorda di me, ci siamo incontrati alla Messa, poco fa…a dire il vero, “scontrati”!…ma voi non siete del quartiere o sbaglio?, non vi ho mai viste!…Forse vi siete trasferite da poco?…”.
“No,io e mia madre non siamo del quartiere, ma siccome andiamo a trovare mio fratello, che sta poco bene ed è ricoverato all’Ospedale Vecchio Pellegrini, trovandoci in zona, ci rechiamo a pregare il Medico Santo, San Giuseppe Moscati, nella chiesa del Gesù Nuovo, affinché guarisca…”, rivelò Rosalena, continuando: “Sapete, lui ha combattuto in Russia ed ha avuto la fortuna di tornare vivo!…o meglio: vivo, sì, ma con una brutta polmonite!…Mentre mio padre, invece, si ammalò tempo prima e se ne andò, lasciandoci soli”.
“Vi capisco , Signora!…anch’io sono rimasto orfano a otto anni e ho combattuto in Guerra!…Se vi raccontassi la mia storia!…Io, da soldato, sono stato per tre anni sul Carso,a Trieste…Poi sono tornato sano e salvo a Napoli, ma con un mezzo enfisema polmonare…e qua tutto era cambiato!… compreso la chiesa di Santa Chiara, qui vicino, completamente distrutta!…Ma non parliamo di queste cose brutte !…Piuttosto, io continuo a chiamarvi Signora e non so se sbaglio se faccio bene, io so nulla di voi!…come vi chiamate?…”, domandò impertinente Alfredo.
“Rosalena…e non sono ancora signora!…ma siete stato comunque molto educato e gentile a chiamarmi così…Lo prenderò come un augurio!….Ora però lasciatemi andare…mia madre mi aspetta e se non mi vede arrivare, si spazientisce!…e allora sono guai…sapete : quella è un autentico colonnello!…”, scherzò la giovane donna, allontanandosi.
“Aspettate ancora un momento, non vi ho detto come mi chiamo…Alfredo, Signorina, mi chiamo Alfredo!…ma se vi volessi rivedere come potrei fare?…”, chiese il giovanotto, tentando di sapere dove abitasse Rosalena, la quale rispose: “Bel nome, Alfredo, come il protagonista de “La Traviata”, la mia opera preferita!…Se mi volete rivedere, non resta che un unico modo: affidatevi a Dio…se lui vorrà, ci rincontreremo!…”.
Alfredo, sconsolato, la guardò andare via, incamminandosi ,poi, verso il suo negozio, ormai prossimo all’ apertura, con il fiato corto, un peso sul cuore e nell’animo la tristezza di chi ha perso una persona che reputava importante.
Erano passati tre anni dal giorno di quell’incontro e nulla , nella vita di Alfredo, era cambiato. All’apparenza, sembrava aver dimenticato Rosalena,travolto dagli impegni quotidiani, preso dalle incombenze del lavoro, finché un giorno, prossimo alle festività natalizie, un cliente del suo negozio di arredi sacri, il Vescovo della diocesi partenopea, non organizzò una lotteria di beneficenza, nella quale il giovanotto ,che aveva messo in palio una Natività del Seicento, vinse un biglietto per la prima, il 2 febbraio, dell’opera lirica di Giuseppe Verdi ,“La Traviata” ,al Teatro San Carlo.
Dapprima, non fece caso a quelle strane coincidenze, ovvero che la prima dello spettacolo fosse fissata per il 2 febbraio, la stessa data in cui aveva incontrato Rosalena e che l’opera rappresentata fosse proprio quella preferita della ragazza, come lei stessa gli aveva rivelato.
Poi, finite le Feste, quella sera arrivò e Alfredo, vestito in frack si recò al Massimo napoletano, con addosso la medesima frenesia con la quale la mattina del 2 febbraio di tre anni prima si era avviato in anticipo nella Chiesa del Gesù Nuovo, per assistere alla Messa.
Raggiunto il palchetto dal quale avrebbe assistito alla rappresentazione, avvertì il cuore accelerare i battiti, ma lo addusse all’emozione per la serata e per l’attesa della prima. Fu in quell’istante però che comprese non fossero quelle le ragioni della strana euforia: dal balconcino del palchetto vicino, si affacciò infatti Rosalena, che ,con il suo binocolo, scrutava il palcoscenico e la platea. Quando lo ripose ,con uno scatto improvviso, girò la testa e fu allora che si accorse della presenza di Alfredo e, riconosciutolo, esclamò: “Visto?… ricordate che vi avevo detto qual giorno?…Se Dio vuole, ci ricontreremo!…”.
Alfredo e Rosalena, non solo si rincontrarono, ma , dopo un corteggiamento durato diversi mesi, un fidanzamento di quattro anni e una perorazione accurata della causa di lui presso la madre di lei e una richiesta di matrimonio, diventarono marito e moglie, neanche a dirlo : il 2 febbraio 1958.
Da quella unione nacquero due figli :Arturo e Rosamaria. La sorte avversa e la malattia di Rosalena, li divisero nel 1986, dopo trent’anni di amore e di vita trascorsi insieme.
La notte in cui Rosalena si spense, il Teatro San Carlo mise in scena nuovamente “La Traviata” e Violetta, ormai morente, nel giorno di Carnevale, si congedò ancora una volta dal suo Alfredo, chiedendogli di ricordarsi sempre del loro amore.
E quell’amore, l’amore di Alfredo e Violetta, così come quello di Alfredo e Rosalena, infatti, ancora sopravvive e sopravviverà nei secoli ,fino a quando, gli occhi di due sconosciuti, incontrandosi, giureranno in quello stesso istante, senza accorgersene: “Finché io viva e oltre…”.
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