Ieri, a meno di due giorni dal Natale, siamo andati alla scoperta della sezione presepiale del Museo di San Martino, annesso alla Certosa. Ubicata, dove un tempo si trovavano le cucine dell’antica Certosa, essa conserva non solo il celebre “Presepe Cuciniello”, databile ai secoli XVIII-XIX e ambientato in una finta grotta, ma anche altri gruppi ,come : il “Presepe Ricciardi”, con il suo corteo di Orientali, e le scene della Natività, dell’Osteria e dell’Annuncio ai pastori, con relativa raccolta di miniature di vario genere , racchiuse nelle caratteristiche vetrine, più note come: “scarabattoli”, donate nel 1971 all’ente dall’Avvocato Pasquale Perrone. A completare la sezione, poi, in ordine di tempo, sculture monumentali lignee policrome, legate al tema dell’Avvento, risalenti ai secoli XIV,XV e XVI, introdotte nel sito nel 2002 per mostrare ai visitatori come si sia evoluta attraverso i secoli l’ “arte di fare il presepe”. Tra queste statue a grandezza naturale: la Vergine puerpera in legno e le figure superstiti del presepe della chiesa di San Giovanni a Carbonara, realizzate nel Quattrocento dagli scultori Pietro e Giovanni Alamanno.
di Federica Marengo martedì 24 dicembre 2019
Napoli, quartiere Vomero. Meno due giorni a Natale. Le strade, come ogni anno, pullulano di gente: passanti, distratti dalle vetrine scintillanti e dalla caccia all’ultimo regalo.
Per sottrarci alla ressa e alla folla delle vie dello shopping, decidiamo di raggiungere Largo San Martino, luogo, da cui, non solo, si gode di una incantevole panorama della città, ma dove si può ritrovare il silenzio e la pace della contemplazione.
Una volta arrivati sulla collina dominata dalla fortezza medievale di Castel Sant’Elmo, dopo qualche scatto da cartolina fatto al Vesuvio e al Golfo, invogliati da un cartello affisso fuori dal complesso monumentale della Certosa, decidiamo di visitare la sezione presepiale del Museo Nazionale di San Martino, la principale raccolta pubblica italiana dedicata al Presepe napoletano, vera e propria Arte, che ha raggiunto i massimi livelli fra Settecento e Ottocento.
Quindi, in coda a un gruppo di turisti, acquistiamo il nostro biglietto ed entriamo, accompagnati da una guida, la quale ci informa che il Museo fu aperto al pubblico solo nel 1866, all’indomani dell’Unità d’Italia, per volere dell’archeologo Giuseppe Fiorelli, dopo che la Certosa, tra i beni ecclesiastici soppressi, fu dichiarata monumento nazionale e accolse una serie di testimonianze della vita di Napoli e dei Regni meridionali, amministrati dai Borbone e da Murat, prima, e, dai Savoia, dopo.
Entrati nella Certosa, un complesso monastico certosino con chiesa adiacente in stile gotico, eretto nel 1325 dall’architetto Giovanni Antonio Dosio ,per volere di Re Carlo D’Angiò duca di Calabria, e riadattato in epoca barocca e nelle successive, attraversiamo il primo livello della struttura,con l’area della Farmacia e , a seguire, le sezioni Navale e delle Carrozze, in cui vediamo diversi modelli di imbarcazioni reali, di proprietà del Re Carlo di Borbone e alcune carrozze reali appartenenti a Maria Cristina di Savoia.
Poi, percorso il corridoio Fanzaghiano, concepito cioè dall’architetto Domenico Fanzago,che nel Seicento curò i rifacimenti e le decorazioni in stile barocco dell’edificio, e che funge da collegamento tra i due chiostri dell’edificio, il chiostro dei Procuratori e il chiostro Grande, giungiamo nella sezione presepiale, un tempo, ambiente adibito a cucina della Certosa.
Qui, ci troviamo subito dinanzi a una sala che apprendiamo essere stata allestita nel 2002 per testimoniare l’evolversi nel tempo dell’arte di “fare il presepe”. Infatti, vi scorgiamo sculture lignee policrome, legate al tema dell’Avvento, databili ai secoli XIV, XV e XVI, tra cui : una “Vergine puerpera” del Trecento e alcune figure superstiti,provenienti dal presepe della chiesa di San Giovanni a Carbonara, realizzate nel 1478 dagli scultori Pietro e Giovanni Alamanno.
A seguire, un ambiente nel quale scorgiamo altri nuclei presepiali, come: il presepe Ricciardi, (dal nome del donatore che lo offrì allo Stato nel 1917), con annesso Corteo di Orientali e scene tipiche della Natività, dell’Osteria e dell’Annuncio ai Pastori, facenti parte, insieme con una raccolta di 956 oggetti, ( figure di animali, miniature di “nature morte”vegetali, generi commestibili e suppellettili) della collezione appartenente all’Avvocato Pasquale Perrone,che nel 1971 la offrì in dono al Museo, oggi gestito dal Polo Museale Campano.
Al centro dell’enorme sala, suddivisa in corridoi laterali : il “Presepe Cuciniello”, scultura in sughero di fama internazionale, collocata in una finta grotta, la quale prende il nome dal collezionista, architetto, scenografo e drammaturgo Michele Cuciniello, che nel 1877 donò allo Stato la sua raccolta di ottocento fra pastori, animali e accessori, risalenti tutti al XIX secolo, collocati sullo “sprone” in legno, sughero, cartapesta, stucco e terracotta dipinta a tempra, che costituisce lo scheletro dell’allestimento.
Di fronte alla teca di vaste dimensioni , divisa in tre bocche, che ospita il presepe, siamo invitati dalla guida a osservare con attenzione il cambiamento delle luci, che si alternano come a simulare il passaggio dal giorno, al mezzodì, alla notte.
Nella contemplazione della Sacra Famiglia, delle schiere angeliche, scese sulla Terra per annunciare la “buona novella”, nell’espressione attonita e frastornata dei lavoratori più semplici, dal maniscalco, al pastorello,fino alla lavandaia, ritroviamo quello stesso silenzio e quella pace, già assaporati nella nostra sosta iniziale lungo la rotonda panoramica, presso la quale avevamo cercato ristoro dalla frenesia degli acquisti natalizi, in un gioco di specchi dove la vita e l’arte finiscono con il riflettersi come in uno specchio .
Un pensiero, allora, ci passa per la testa: e se fosse proprio questo il senso del Natale?,fermarsi per riscoprire la bellezza dell’essere nati e per ritrovare uno sguardo bambino sul mondo.
Mentre ognuno di voi prova a dare la “sua” risposta, noi ,di “Dissidenza Quotidiana”, vi auguriamo un Sereno Natale.
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