di Federica Marengo martedì 30 dicembre 2025

-Nella mattinata di giovedì 25 dicembre, giorno del Natale del Signore, Papa Leone XIV ha celebrato la Santa Messa nella Basilica Vaticana.
Al termine della liturgia della Parola, proclamato il Vangelo, il Pontefice ha tenuto la Sua omelia, nella quale, riflettendo sull’odierno brano dell’Antico Testamento, tratto dal profeta Isaia (52,7), ha sottolineato come Gesù, con la sua nascita, abbia donato all’umanità la pace.
Poi, ha proseguito il Santo Padre, nel prologo del quarto Vangelo, inno che ha come protagonista il Verbo di Dio, quest’ultimo appare, ma non sa parlare, venendo al mondo come neonato che “soltanto piange e vagisce”, “come parola non hanno tanti fratelli e sorelle spogliati della loro dignità e ridotti al silenzio”.
Quindi, ha sottolineato Papa Leone XIV nella Sua omelia: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Ecco il modo paradossale in cui la pace è già fra noi: il dono di Dio è coinvolgente, cerca accoglienza e attiva la dedizione. Ci sorprende perché si espone al rifiuto, ci incanta perché ci strappa all’indifferenza. È un vero potere quello di diventare figli di Dio: un potere che rimane sepolto finché stiamo distaccati dal pianto dei bambini e dalla fragilità degli anziani, dal silenzio impotente delle vittime e dalla rassegnata malinconia di chi fa il male che non vuole”.
Il Verbo, ha continuato il Pontefice, si è fatto carne ed è venuto ad incontrarci; “ha stabilito fra noi la sua fragile tenda”, come fragili sono le tende di Gaza, “da settimane esposte alle piogge, al vento e al freddo, e a quelle di tanti altri profughi e rifugiati in ogni continente, o ai ripari di fortuna di migliaia di persone senza dimora, dentro le nostre città. Fragile è la carne delle popolazioni inermi, provate da tante guerre in corso o concluse lasciando macerie e ferite aperte. Fragili sono le menti e le vite dei giovani costretti alle armi, che proprio al fronte avvertono l’insensatezza di ciò che è loro richiesto e la menzogna di cui sono intrisi i roboanti discorsi di chi li manda a morire”.
Tuttavia, ha evidenziato il Santo Padre alla fine della Sua omelia, “ Il Vangelo non nasconde la resistenza delle tenebre alla luce, descrive il cammino della Parola di Dio come una strada impervia, disseminata di ostacoli. Fino a oggi gli autentici messaggeri di pace seguono il Verbo su questa via, che infine raggiunge i cuori: cuori inquieti, che spesso desiderano proprio ciò a cui resistono. Così il Natale rimotiva una Chiesa missionaria, sospingendola sui sentieri che la Parola di Dio le ha tracciato. Non serviamo una parola prepotente, ne risuonano già dappertutto , ma una presenza che suscita il bene, ne conosce l’efficacia, non se ne arroga il monopolio. Ecco la strada della missione: una strada verso l’altro. In Dio, ogni parola è parola rivolta, è un invito alla conversazione, parola mai uguale a sé stessa. È il rinnovamento che il Concilio Vaticano II ha promosso e che vedremo fiorire solo camminando insieme all’intera umanità, mai separandocene. Mondano è il contrario: avere per centro sé stessi. Il movimento dell’Incarnazione è un dinamismo di conversazione. Ci sarà pace quando i nostri monologhi si interromperanno e, fecondati dall’ascolto, cadremo in ginocchio davanti alla nuda carne altrui. La Vergine Maria è proprio in questo la Madre della Chiesa, la Stella dell’evangelizzazione, la Regina della pace. In lei comprendiamo che nulla nasce dall’esibizione della forza e tutto rinasce dalla silenziosa potenza della vita accolta”.
A seguire, alle 12:00, Papa Leone XIV , affacciatosi dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana, ha pronunciato il tradizionale Messaggio natalizio, rivolto ai fedeli e alle fedeli radunatisi in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltavano attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione e ha impartito la Benedizione “Urbi et Orbi”.
Nel Suo messaggio, il Pontefice ha sottolineato: “Il Verbo eterno del Padre, che i cieli non possono contenere ha scelto di venire nel mondo così. Per amore ha voluto nascere da donna, per condividere la nostra umanità; per amore ha accettato la povertà e il rifiuto e si è identificato con chi è scartato ed escluso. Nel Natale di Gesù già si profila la scelta di fondo che guiderà tutta la vita del Figlio di Dio, fino alla morte sulla croce: la scelta di non far portare a noi il peso del peccato, ma di portarlo Lui per noi, di farsene carico. Questo, solo Lui poteva farlo. Ma nello stesso tempo ha mostrato ciò che invece solo noi possiamo fare, cioè assumerci ciascuno la propria parte di responsabilità. Sì, perché Dio, che ci ha creato senza di noi, non può salvarci senza di noi, cioè senza la nostra libera volontà di amare. Chi non ama non si salva, è perduto. E chi non ama il fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Sorelle e fratelli, ecco la via della pace: la responsabilità. Se ognuno di noi , a tutti i livelli , invece di accusare gli altri, riconoscesse prima di tutto le proprie mancanze e ne chiedesse perdono a Dio, e nello stesso tempo si mettesse nei panni di chi soffre, si facesse solidale con chi è più debole e oppresso, allora il mondo cambierebbe. Gesù Cristo è la nostra pace prima di tutto perché ci libera dal peccato e poi perché ci indica la via da seguire per superare i conflitti, tutti i conflitti, da quelli interpersonali a quelli internazionali. Senza un cuore libero dal peccato, un cuore perdonato, non si può essere uomini e donne pacifici e costruttori di pace. Per questo Gesù è nato a Betlemme ed è morto sulla croce: per liberarci dal peccato. Lui è il Salvatore. Con la sua grazia, possiamo e dobbiamo fare ognuno la propria parte per respingere l’odio, la violenza, la contrapposizione e praticare il dialogo, la pace, la riconciliazione”.
Poi, il Santo Padre ha inviato “un caloroso e paterno saluto a tutti i cristiani, in modo speciale a quelli che vivono in Medio Oriente”, incontrati nel Suo primo Viaggio Apostolico in Libano, che ha incoraggiato ad andare avanti nella luce e nella Pace di Gesù Bambino, invocato per la giustizia, la pace e la stabilità in Libano, Palestina, Israele, Siria, e a cui ha affidato “ tutto il Continente europeo”, chiedendoGli di “continuare a ispirarvi uno spirito comunitario e collaborativo, fedele alle sue radici cristiane e alla sua storia, solidale e accogliente con chi si trova nel bisogno”, pregando “ in modo particolare per il martoriato popolo ucraino”, affinché “ si arresti il fragore delle armi e le parti coinvolte, sostenute dall’impegno della comunità internazionale, trovino il coraggio di dialogare in modo sincero, diretto e rispettoso”.
Sempre pregando Gesù Bambino, Papa Leone XIV ha implorato “pace e consolazione per le vittime di tutte le guerre in atto nel mondo, specialmente di quelle dimenticate”; e “per quanti soffrono a causa dell’ingiustizia, dell’instabilità politica, della persecuzione religiosa e del terrorismo”; per “i fratelli e le sorelle del Sudan, del Sud Sudan, del Mali, del Burkina Faso e della Repubblica Democratica del Congo”; per “la cara popolazione di Haiti, affinché cessi ogni forma di violenza nel Paese e possa progredire sulla via della pace e della riconciliazione”; “per quanti in America Latina hanno responsabilità politiche, perché, nel far fronte alle numerose sfide, sia dato spazio al dialogo per il bene comune e non alle preclusioni ideologiche e di parte”; “per il Myanmar, affinché abbia un futuro di riconciliazione”; “per il popolo birmano, perché sia guida “ su sentieri di pace e accompagni quanti vivono privi di dimora, di sicurezza o di fiducia nel domani”; “per la ritrovata amicizia tra Tailandia e Cambogia, affinché parti coinvolte continuino ad adoperarsi per la riconciliazione e la pace” e “ per le popolazioni dell’Asia meridionale e dell’Oceania, provate duramente dalle recenti e devastanti calamità naturali, che hanno colpito duramente intere popolazioni”.
Infine, citando la poesia “Wildpeace” del poeta israeliano Yehuda Amichai, dedicata alla pace, Papa Leone XIV, rinnovando gli auguri per un sereno e santo Natale, ha inviato ad aprire “ il nostro cuore ai fratelli e alle sorelle che sono nel bisogno e nel dolore” e ha ricordato: “Tra pochi giorni terminerà l’Anno giubilare. Si chiuderanno le Porte Sante, ma Cristo, nostra speranza, rimane sempre con noi! Egli è la Porta sempre aperta, che ci introduce nella vita divina. È il lieto annuncio di questo giorno: il Bambino che è nato è il Dio fatto uomo; egli non viene per condannare, ma per salvare; la sua non è un’apparizione fugace, Egli viene per restare e donare sé stesso. In Lui ogni ferita è risanata e ogni cuore trova riposo e pace. “Il Natale del Signore è il Natale della pace”.
Concluso il Messaggio natalizio “Urbi et Orbi” dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, il Pontefice ha inviato l’augurio natalizio in diverse lingue.
In serata, il Cardinale Makrickas ha celebrato il rito della chiusura della Porta Santa e la Santa Messa presso la Basilica di Santa Maria Maggiore.
Il 27 e 28 dicembre , il Cardinale Reina e il Cardinale Harvey hanno presieduto il rito di chiusura della Porta Santa e celebrato la Santa Messa, rispettivamente, nelle Basiliche di San Giovanni in Laterano e di San Paolo Fuori le Mura.
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