Nei giorni 24, 25 e 26 dicembre, Papa Francesco ha presieduto le liturgie del Natale: dalla Messa della Vigilia, celebrata nella Basilica di San Pietro, all’Angelus nel ricordo di Santo Stefano, il primo martire della Chiesa e dei martiri di ieri e di oggi, passando per la Benedizione Urbi et Orbi, impartita dalla Loggia centrale della Basilica, durante la quale ha chiesto di “rischiarare le tenebre” per le varie situazioni di guerra e di crisi nel Medio oriente e nel mondo.
di Federica Marengo venerdì 27 dicembre 2019
Nella notte di Natale, in una Basilica di San Pietro gremita di fedeli, Papa Francesco ha presieduto la Santa Messa, interpretando ,al principio della Sua omelia, la Natività con le parole dell’apostolo Paolo: “E’ apparsa la grazia di Dio, così chiamata, perché è completamente gratuita”.
Poi, continuando, ha spiegato: “Mentre qui, in terra, tutto pare rispondere alla logica del dare per avere, Dio arriva gratis. Il Suo amore non è negoziabile: non abbiamo fatto nulla per meritarlo e non potremo mai ricompensarlo. E’ l’amore divino, l’amore che trasforma la vita, rinnova la Storia, libera dal male, infonde pace e gioia. Stanotte, l’amore di Dio si è mostrato a noi: è Gesù. In Gesù , Dio si è fatto Bambino, per lasciarsi abbracciare da noi”.
E ancora, ha proseguito: “Egli si è fatto piccolezza, mentre andavamo per i fatti nostri, Egli è venuto tra noi. Natale ci ricorda che Dio continua ad amare ogni uomo, anche il peggiore. A me , a te, a ciascuno di noi, oggi dice: “Ti amo e ti amerò sempre, sei prezioso ai miei occhi”. Dio non ti ama perché pensi giusto e ti comporti bene; ti ama e basta. Il Suo amore è incondizionato, non dipende da te. Puoi avere idee sbagliate , puoi averne combinate di tutti i colori, ma il Signore non rinuncia a volerti bene. Quante volte pensiamo che Dio è buono se noi siamo buoni e che ci castiga se siamo cattivi. Non è così. Nei nostri peccati continua ad amarci. Il Suo amore non cambia, non è permaloso; è fedele, è paziente. Ecco il dono che troviamo a Natale: scopriamo con stupore che il Signore è tutta la gratuità possibile, tutta la tenerezza possibile. La Sua gloria non ci abbaglia, la Sua presenza non ci spaventa. Nasce povero di tutto , per conquistarci con la ricchezza del Suo amore”.
Quindi il monito a non temere le “notti della vita”, a non perdere la fiducia e la speranza, perché con la venuta di Gesù “l’amore ha vinto il timore e la luce gentile di Dio ha vinto le tenebre dell’arroganza umana” , seguito dalla domanda rivolta alla comunità di fedeli: “Che cosa fare di fronte a questa grazia?” e dalla risposta: “accogliere il dono. Posiamo lo sguardo sul Bambino e lasciamoci avvolgere dalla Sua tenerezza. Non avremo più scuse per non lasciarci amare da Lui: quello che nella vita va storto, quello che nella Chiesa non funziona , quello che nel mondo non va non sarà più una giustificazione. Passerà in secondo piano , perché di fronte all’amore folle di Gesù, a un amore tutto mitezza e vicinanza , non ci sono scuse”.
Poi, in conclusione, esortando ad accogliere il dono che è Gesù, per poi diventare dono come lui, ha chiosato: “Gesù, non ha cambiato la Storia forzando qualcuno o a forza di parole, ma col dono della Sua vita. Non ha aspettato che diventassimo buoni per amarci, ma si è donato gratuitamente a noi. Anche noi, non aspettiamo che il prossimo diventi bravo per fargli del bene , che la Chiesa sia perfetta per amarla, che gli altri ci considerino per servirli. Cominciamo noi. Questo è accogliere il dono della grazia. E la santità non è altro che custodire questa gratuità. Caro fratello, cara sorella, se le tue mani ti sembrano vuote, se vedi il tuo cuore povero di amore , questa notte è per te. E’ apparsa la grazia di Dio per risplendere nella tua vita. Accoglila e brillerà in te la luce del Natale”.
Il giorno di Natale, poi, la Benedizione Urbi et Orbi ,impartita dalla Loggia centrale della Basilica e preceduta da un messaggio, in cui il Pontefice ha chiesto di: “rischiarare le tenebre”, per le varie situazioni di guerra e di crisi nel mondo e per i tanti bambini che “patiscono la guerra e i conflitti in Medio Oriente e in vari Paesi del mondo”, conforto per l’amato popolo siriano, che “ancora non vede la fine delle ostilità che hanno lacerato il Paese in questo decennio” e auspicato che: “Cristo ispiri governanti e la comunità internazionale a trovare soluzioni che garantiscano la sicurezza e la convivenza pacifica dei popoli della Regione e ponga fine alle loro indicibili sofferenze”.
Poi ha augurato “sostegno” per il Libano , “affinché possa uscire dall’attuale crisi” , “luce” per la Terra Santa, “dove continua l’attesa di tanti che, pur nella fatica , ma senza sfiduciarsi , aspettano giorni di pace, sicurezza e prosperità”.
“Consolazione”, invece, è stata invocata per l’Iraq, “attraversato da tensioni sociali” e per lo Yemen, “provato da una grave crisi umanitaria”e i suoi bambini, mentre “speranza” è stata auspicata per il Continente americano, nella “stagione di sommovimenti sociali e politici”, in particolare per il “caro popolo venezuelano , lungamente provato da tensioni politiche e sociali”, perché non manchi “l’aiuto di cui ha bisogno”.
Quindi, Papa Bergoglio, benedice “gli sforzi di quanti si stanno prodigando per favorire la giustizia e la riconciliazione e si adoperano per superare le varie crisi e le tante forme di povertà”.
Spazio, anche per la “cara Ucraina”, “che ambisce a soluzioni concrete per una pace duratura” e per i popoli dell’Africa, “dove perdurano situazioni sociali e politiche che spesso costringono le persone ad emigrare , privandole di una casa e di una famiglia” e vicinanza, alle vittime dei conflitti, delle calamità naturali, delle emergenze sanitarie, delle persecuzioni religiose, degli attacchi terroristici in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria.
Infine, il monito a “difesa e sostegno” dei migranti , perché “è l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e mari, trasformati in cimiteri. E’ l’ingiustizia che li costringe a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipo e torture in campi di detenzione disumani. E’ l’ingiustizia che li respinge da luoghi dove potrebbero avere la speranza di una vita degna e fa loro trovare muri di indifferenza”.
Nel giorno di Santo Stefano, primo martire della Chiesa, invece, Papa Francesco ha pronunciato l’Angelus, alla presenza dei numerosi fedeli riunitisi in piazza San Pietro, durante il quale ha detto: “La festa de protomartire Stefano ci chiama a ricordare tutti i martiri di ieri e di oggi, (oggi sono tanti i cristiani perseguitati!), a sentirci in comunione con loro, e a chiedere a loro la grazia di vivere e morire con il nome di Gesù nel cuore e sulle labbra”, sottolineando: “Nel clima gioioso del Natale, questa memoria del primo cristiano ucciso per la fede potrebbe apparire fuori luogo. Tuttavia, proprio nella prospettiva della fede, l’odierna celebrazione si pone in sintonia con il vero significato del Natale. Nel martirio di Stefano , infatti, la violenza è sconfitta dall’amore , la morte dalla vita: egli , nell’ora della testimonianza suprema, contempla i cieli aperti e dona ai persecutori il suo perdono. Questo giovane servitore del Vangelo , pieno di Spirito Santo, ha saputo narrare Gesù con le parole, e soprattutto con la Sua vita. Impariamo che la gloria del Cielo, quella che dura tutta la vita e anche per la vita eterna, non è fatta di ricchezze e potere , ma di amore e donazione di sé. La prima testimonianza sia proprio il nostro modo di essere umani, uno stile di vita plasmato secondo Gesù: mite e coraggioso, umile e nobile, non violento e forte”.
“Stefano”, ha concluso il Papa, ricordando i 245 milioni di cristiani perseguitati nel mondo,indicati nel Rapporto 2019 di Open Doors(Porte aperte),“che era uno dei primi sette diaconi della Chiesa, ci insegna ad annunciare Cristo attraverso gesti di fraternità e di carità evangelica. La Sua testimonianza , culminata nel martirio, è fonte di ispirazione per il rinnovamento delle nostre comunità cristiane. Esse sono chiamate a diventare sempre più missionarie , tutte protese all’evangelizzazione, decise a raggiungere gli uomini e le donne nelle periferie esistenziali e geografiche , dove più c’è sete di speranza e di salvezza. Comunità che non seguono la logica mondana, che non mettono al centro se stesse, la propria immagine, ma unicamente la gloria di Dio e il bene della gente, specialmente dei piccoli e dei poveri”.
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