di Federica Marengo 22 febbraio 2025

-Sabato 25 e domenica 26 gennaio, Papa Francesco ha celebrato il Giubileo della Comunicazione.
Nell’incontro con i giornalisti e i comunicatori, svoltosi sabato 25 gennaio nell’Aula Paolo VI°, preceduto dagli interventi di alcuni giornalisti e giornaliste e dall’intervento musicale del maestro Uto ughi, il Pontefice ha deciso di pronunciare delle parole a braccio, inviando, tramite il Prefetto ,il Suo discorso ai giornalisti e agli operatori del settore.
Il Santo Padre si è quindi soffermato sulla parola: “comunicazione”, intesa come “uscita fuori da sé” per incontrare l’altro. Poi, ha definito il lavoro di giornalisti e comunicatori come un “lavoro che costruisce” , nella verità, la società e la Chiesa e “una cosa divina”, perché comunica “Dio con il Figlio, e la comunicazione di Dio con il Figlio e lo Spirito Santo”.
Nel Suo discorso, invece, Papa Francesco, ricordando la realtà del mondo contemporaneo, afflitto dalle guerre e dalla violenza, ha ringraziato “tutti gli operatori della comunicazione che mettono a rischio la propria vita per cercare la verità e raccontare gli orrori della guerra” e ha rivolto le Sue preghiere a Dio “per tutti coloro che hanno sacrificato la vita in quest’ultimo anno”.
Inoltre, il Pontefice ha anche rivolto un pensiero a “tutti coloro che sono imprigionati soltanto per essere stati fedeli alla professione di giornalista, fotografo, video operatore, per aver voluto andare a vedere con i propri occhi e aver cercato di raccontare ciò che hanno visto” e ha chiesto che vengano liberati tutti i giornalisti ingiustamente incarcerati e che “sia aperta anche per loro una “porta” attraverso la quale possano tornare in libertà, perché la libertà dei giornalisti fa crescere la libertà di tutti noi. La loro libertà è libertà per ognuno di noi”.
Ancora, Papa Francesco ha chiesto che “sia difesa e salvaguardata la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero insieme al diritto fondamentale a essere informati”, perché “un’informazione libera, responsabile e corretta è un patrimonio di conoscenza, di esperienza e di virtù che va custodito e va promosso”, senza il quale si rischia di “non distinguere più la verità dalla menzogna” e di essere esposti “a crescenti pregiudizi e polarizzazioni che distruggono i legami di convivenza civile e impediscono di ricostruire la fraternità”.
Poi, il Pontefice ha sottolineato: “Quella del giornalista è più che una professione. È una vocazione e una missione. Voi comunicatori avete un ruolo fondamentale per la società oggi, nel raccontare i fatti e nel modo in cui li raccontate. Lo sappiamo: il linguaggio, l’atteggiamento, i toni, possono essere determinanti e fare la differenza tra una comunicazione che riaccende la speranza, crea ponti, apre porte, e una comunicazione che invece accresce le divisioni, le polarizzazioni, le semplificazioni della realtà. La vostra è una responsabilità peculiare. Il vostro è un compito prezioso. I vostri strumenti di lavoro sono le parole e le immagini. Ma prima di esse lo studio e la riflessione, la capacità di vedere e di ascoltare; di mettervi dalla parte di chi è emarginato, di chi non è visto né ascoltato e anche di far rinascere , nel cuore di chi vi legge, vi ascolta, vi guarda , il senso del bene e del male e una nostalgia per il bene che raccontate e che, raccontando, testimoniate”.
A seguire, il Santo Padre ha esposto le Sue riflessioni sugli interventi di alcuni giornalisti e giornaliste che hanno preceduto il Suo discorso, approfondendo il senso della parola “coraggio”, derivante dal latino “cor, cor habeo”, che vuol dire “avere cuore” e che è alla base di tutte le riflessioni legate alle Giornate Mondiali delle Comunicazioni sociali degli ultimi anni, compresa quella del 2025, il cui messaggio è: “ascoltare con il cuore, parlare con il cuore, custodire la sapienza del cuore, condividere la speranza del cuore”.
Per questo, il Pontefice ha lanciato un altro appello a “liberare la forza interiore del cuore” , a ritrovare il coraggio di liberare il cuore da ciò che lo corrompe” e a rimettere “ il rispetto per la parte più alta e nobile della nostra umanità al centro del cuore”, evitando di “ riempirlo di ciò che marcisce e lo fa marcire”, come il “continuo scrolling, “scorrimento”, sui social media, definita dal Dizionario di Oxford come parola dell’anno”, malattia che si può curare “lavorando tutti insieme alla formazione dei giovani”, realizzando “un’alfabetizzazione mediatica, per educarci ed educare al pensiero critico, alla pazienza del discernimento necessario alla conoscenza; e per promuovere la crescita personale e la partecipazione attiva di ognuno al futuro delle proprie comunità”.
A tale scopo è necessario attuare una “comunione di cuori illuminati”, come quello di San Paolo, di cui ricorre ,proprio il 25 gennaio, la celebrazione della Sua conversione , in merito a cui, Papa Francesco ha evidenziato: “Il cambiamento avvenuto in quest’uomo è stato così decisivo da segnare non solo la sua storia personale ma quella di tutta la Chiesa. E la metamorfosi di Paolo è stata causata dall’incontro a tu per tu con Gesù risorto e vivo. La forza per incamminarsi su una strada di cambiamento trasformativo è generata sempre dalla comunicazione diretta tra le persone. Pensate a quanta forza di cambiamento si nasconde potenzialmente nel vostro lavoro ogni volta che mettete in contatto realtà che , per ignoranza o per pregiudizio , si contrappongono! La conversione, in Paolo, è derivata dalla luce che lo avvolse e dalla spiegazione che poi gli diede Anania, a Damasco. Anche il vostro lavoro può e deve rendere questo servizio: trovare le parole giuste per quei raggi di luce che riescono a colpire il cuore e ci fanno vedere le cose diversamente”.
Infine, il Pontefice ha esortato giornalisti e comunicatori di tutto il mondo a raccontare “anche storie di speranza, storie che nutrono la vita”, impiegando, accanto allo storytellig un “hopetelling”, sottolineando: “Raccontare la speranza significa vedere le briciole di bene nascoste anche quando tutto sembra perduto, significa permettere di sperare anche contro ogni speranza. Significa accorgersi dei germogli che spuntano quando la terra è ancora coperta dalle ceneri. Raccontare la speranza significa avere uno sguardo che trasforma le cose, le fa diventare ciò che potrebbero, che dovrebbero essere. Vuol dire far camminare le cose verso il loro destino. È questo il potere delle storie. Ed è questo che vi incoraggio a fare: raccontare la speranza, condividerla. Questa è , come direbbe San Paolo, la vostra “buona battaglia””.
Il giorno successivo, il 26 gennaio, domenica della Parola di Dio, Papa Francesco ha presieduto la Messa nella Basilica di San Pietro, pronunciando la Sua omelia dopo la lettura del Vangelo di Luca, in cui “Gesù si rivela come il Messia “consacrato con l’unzione” e mandato a “proclamare l’anno di grazia del Signore”, dedicata alla Parola di Dio e alla “potenza dello Spirito Santo che opera nella storia”.
Quindi, in merito alla Parola di Dio, il Pontefice ha detto: “Gesù è la Parola Vivente, in cui tutte le Scritture trovano pieno compimento. E noi, nell’oggi della santa Liturgia, siamo suoi contemporanei: anche noi, pieni di stupore, apriamo il cuore e la mente ad ascoltarlo, perché “è Lui che parla quando nella Chiesa si leggono le sacre Scritture”. Ho detto una parola: stupore. Quando noi sentiamo il Vangelo, le parole di Dio, non si tratta soltanto di ascoltarle, di capirle, no. Devono arrivare al cuore, e produrre quello che ho detto: “stupore”. La Parola di Dio sempre ci stupisce, sempre ci rinnova, entra nel cuore e ci rinnova sempre .E in questo atteggiamento di fede gioiosa siamo invitati ad accogliere la profezia antica come uscita dal Cuore di Cristo, soffermandoci sulle cinque azioni che caratterizzano la missione del Messia: una missione unica e universale; unica, perché Lui, solo Lui, la può compiere; universale, perché vuole coinvolgere tutti”.
La prima azione di Gesù è: “portare ai poveri il lieto annuncio”. Dunque, ha spiegato il Pontefice: “Ecco il “Vangelo”, la buona notizia che Gesù proclama: il Regno di Dio è vicino! E quando Dio regna, l’uomo è salvato. Il Signore viene a visitare il suo popolo, prendendosi cura dell’umile e del misero. Questo Vangelo è parola di compassione, che ci chiama alla carità, a rimettere i debiti del prossimo e a un generoso impegno sociale. Non dimentichiamo che il Signore è vicino, misericordioso e compassionevole. Vicinanza, misericordia e compassione sono lo stile di Dio. Lui è così: misericordioso, vicino, compassionevole”.
La seconda azione di Cristo è: “proclamare ai prigionieri la liberazione”, perché, ha sottolineato il Santo Padre, “ il male ha i giorni contati” e “il futuro è di Dio” , che, “con la forza dello Spirito, ci redime da ogni colpa e libera il nostro cuore, lo libera da ogni catena interiore, portando nel mondo il perdono del Padre. Questo Vangelo è parola di misericordia, che ci chiama a diventare testimoni appassionati di pace, di solidarietà, di riconciliazione”.
La terza azione del Messia è: “ donare ai ciechi la vista”, in quanto Gesù “ci apre gli occhi del cuore, spesso abbagliati dal fascino del potere e dalla vanità: malattie dell’anima, che impediscono di riconoscere la presenza di Dio e che rendono invisibili i deboli e i sofferenti. Questo Vangelo è parola di luce, che ci chiama alla verità, alla testimonianza della fede e alla coerenza della vita”.
La quarta azione di Gesù è : “rimettere in libertà gli oppressi”, perché “ Nessuna schiavitù resiste all’opera del Messia, che ci rende fratelli nel suo nome” e “le carceri della persecuzione e della morte vengono spalancate dall’amorevole potenza di Dio; perché questo Vangelo è parola di libertà, che ci chiama alla conversione del cuore, all’onestà del pensiero e alla perseveranza nella prova”.
In ultimo, la quinta azione di Cristo è: “proclamare l’anno di grazia del Signore” , ovvero “un tempo nuovo, che non consuma la vita, ma la rigenera. È un Giubileo, come quello che abbiamo iniziato, preparandoci con speranza all’incontro definitivo col Redentore. Il Vangelo è parola di gioia, che ci chiama all’accoglienza, alla comunione e al cammino, da pellegrini, verso il Regno di Dio”.
Papa Francesco ha poi evidenziato che, Gesù “realizzando la nostra liberazione, ci annuncia che Dio si fa vicino alla nostra povertà, ci redime dal male, illumina i nostri occhi, spezza il giogo delle oppressioni e ci fa entrare nel giubilo di un tempo e di una storia in cui Egli si fa presente, per camminare con noi e condurci alla vita eterna” ; che “la salvezza che Egli ci dona non è ancora attuata pienamente e, tuttavia, guerre, ingiustizie, dolore, morte non avranno l’ultima parola e che “il Vangelo è infatti parola viva e certa, che mai delude”.
Infine, il Pontefice, consigliando i fedeli di leggere più spesso le Sacre Scritture e di portare sempre con sé un piccolo Vangelo tascabile, ha esortato i fedeli a impegnarsi “a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista, a mettere in libertà gli oppressi e a proclamare l’anno di grazia del Signore”, perché solo così “ trasformeremo il mondo secondo la volontà di Dio, che lo ha creato e redento per amore”.
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