di Federica Marengo sabato 12 aprile 2024

-Sabato 5 e domenica 6 aprile, si è svolto a Roma, il Giubileo degli Ammalati e dei loro familiari e del mondo della Sanità, comprendente medici, infermieri, volontari e operatori pastorali.
Nella mattinata di sabato, si è svolto il pellegrinaggio alla Porta Santa presso la Basilica di San Pietro, con la possibilità di ricevere il Sacramento della Riconciliazione nelle chiese giubilari e, a seguire, il dialogo con la città, all’insegna di attività culturali, artistiche e spirituali a cui partecipare in diverse piazze.
Domenica 6 aprile, invece, Monsignor Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le Questioni Fondamentali dell’Evangelizzazione nel Mondo, ha celebrato la messa in piazza San Pietro, nel corso della quale ha letto l’omelia preparata da Papa Francesco.
Il Pontefice, nella Sua riflessione, partendo da un passo tratto dal profeta Isaia (43,19) sul popolo di Israele in esilio a Babilonia , dopo la conquista di Gerusalemme da parte di re Nabucodonosor II e, dunque, ormai rassegnato ad aver perso tutto e, dal brano odierno del Vangelo, tratto dall’evangelista Luca, riguardante una donna adultera condannata in quanto peccatrice e, quindi , ormai senza speranza, ha sottolineato: “Con questi racconti drammatici e commoventi, la liturgia ci invita oggi a rinnovare, nel cammino Quaresimale, la fiducia in Dio, che è sempre presente vicino a noi per salvarci. Non c’è esilio, né violenza, né peccato, né alcun’altra realtà della vita che possa impedirgli di stare alla nostra porta e di bussare, pronto ad entrare non appena glielo permettiamo. Anzi, specialmente quando le prove si fanno più dure, la sua grazia e il suo amore ci stringono ancora più forte per risollevarci”.
Poi, facendo riferimento in parallelo al Giubileo degli Ammalati e del mondo della Sanità, il Pontefice ha affermato: “[…] Certamente la malattia è una delle prove più difficili e dure della vita, in cui tocchiamo con mano quanto siamo fragili. Essa può arrivare a farci sentire come il popolo in esilio, o come la donna del Vangelo: privi di speranza per il futuro. Ma non è così. Anche in questi momenti, Dio non ci lascia soli e, se ci abbandoniamo a Lui, proprio là dove le nostre forze vengono meno, possiamo sperimentare la consolazione della sua presenza. Egli stesso, fatto uomo, ha voluto condividere in tutto la nostra debolezza e sa bene che cos’è il patire. Perciò a Lui possiamo dire e affidare il nostro dolore, sicuri di trovare compassione, vicinanza e tenerezza. Ma non solo. Nel suo amore fiducioso, infatti, Egli ci coinvolge perché possiamo diventare a nostra volta, gli uni per gli altri, “angeli”, messaggeri della sua presenza, al punto che spesso, sia per chi soffre sia per chi assiste, il letto di un malato si può trasformare in un “luogo santo” di salvezza e di redenzione”.
Quindi, rivolgendosi direttamente a medici, infermieri e membri del personale sanitario, Papa Francesco ha evidenziato: “Mentre vi prendete cura dei vostri pazienti, specialmente dei più fragili, il Signore vi offre l’opportunità di rinnovare continuamente la vostra vita, nutrendola di gratitudine, di misericordia, di speranza. Vi chiama a illuminarla con l’umile consapevolezza che nulla è scontato e che tutto è dono di Dio; ad alimentarla con quell’umanità che si sperimenta quando, lasciate cadere le apparenze, resta ciò che conta: i piccoli e grandi gesti dell’amore. Permettete che la presenza dei malati entri come un dono nella vostra esistenza, per guarire il vostro cuore, purificandolo da tutto ciò che non è carità e riscaldandolo con il fuoco ardente e dolce della compassione”.
Ancora, rivolto “ai fratelli e alle sorelle ammalati”, il Pontefice ha detto: “Con voi, poi, carissimi fratelli e sorelle malati, in questo momento della mia vita, condivido molto: l’esperienza dell’infermità, di sentirci deboli, di dipendere dagli altri in tante cose, di aver bisogno di sostegno. Non è sempre facile, però è una scuola in cui impariamo ogni giorno ad amare e a lasciarci amare, senza pretendere e senza respingere, senza rimpiangere e senza disperare, grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo, abbandonati e fiduciosi per quello che ancora deve venire. La camera dell’ospedale e il letto dell’infermità possono essere luoghi in cui sentire la voce del Signore che dice anche a noi: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”. E così rinnovare e rafforzare la fede”.
Sempre a proposito della malattia, il Santo Padre ha citato Papa Benedetto XVI°, dicendo: “Ci ha dato una bellissima testimonianza di serenità nel tempo della sua malattia – ha scritto che “la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza» e che «una società che non riesce ad accettare i sofferenti […] è una società crudele e disumana”. È vero: affrontare insieme la sofferenza ci rende più umani e condividere il dolore è una tappa importante di ogni cammino di santità”.
Infine, Papa Francesco ha esortato a “ non relegare chi è fragile lontano dalla nostra vita, come purtroppo oggi a volte fa un certo tipo di mentalità” e a “ non ostracizzare il dolore dai nostri ambienti”, ma a farne piuttosto “un’occasione per crescere insieme, per coltivare la speranza grazie all’amore che per primo Dio ha riversato nei nostri cuori e che, al di là di tutto, è ciò che rimane per sempre”.
A seguire, al termine della Messa, e dopo la benedizione impartita da Monsignor Fisichella, il Pontefice, si è recato a sorpresa, accompagnato in sedia a rotelle dal suo infermiere personale, sul sagrato della Basilica di San Pietro per salutare i fedeli, cui si è rivolto dicendo: “Buona domenica a tutti. Grazie tante!”. Poi, i lettori hanno trasmesso il Suo messaggio, nel quale , salutando i partecipanti alla celebrazione, ha ringraziato per le preghiere elevate a Dio per la Sua salute, auspicando che il pellegrinaggio giubilare sia “ricco di frutti” e ha impartito la benedizione apostolica.
In ultimo, la sala stampa e i media vaticani hanno diffuso l’Angelus preparato da Papa Francesco, nel quale ,commentando il brano del Vangelo odierno, incentrato sulla figura della donna colta in adulterio, condannata e salvata da Gesù, ha spiegato: “ Mentre gli scribi e i farisei vogliono lapidarla, Gesù restituisce a questa donna la bellezza perduta: lei è caduta nella polvere; Gesù su quella polvere passa il suo dito e scrive per lei una storia nuova: è il “dito di Dio”, che salva i suoi figli e li libera dal male. Carissimi, come durante il ricovero, anche ora nella convalescenza sento il “dito di Dio” e sperimento la sua carezza premurosa. Nel giorno del Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità, chiedo al Signore che questo tocco del suo amore raggiunga coloro che soffrono e incoraggi chi si prende cura di loro. E prego per i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, che non sempre sono aiutati a lavorare in condizioni adeguate e, talvolta, sono perfino vittime di aggressioni. La loro missione non è facile e va sostenuta e rispettata. Auspico che si investano le risorse necessarie per le cure e per la ricerca, perché i sistemi sanitari siano inclusivi e attenti ai più fragili e ai più poveri”.
Poi, ringraziando le detenute del carcere femminile di Rebibbia per il biglietto inviatogli e , ricordata la “Giornata mondiale dello sport per la pace e lo sviluppo”, in occasione della quale ha auspicato “ che lo sport sia segno di speranza per tante persone che hanno bisogno di pace e di inclusione sociale, e ringraziato “ le associazioni sportive che educano concretamente alla fraternità”, il Pontefice ha invitato i fedeli e le fedeli a continuare a “pregare per la pace: nella martoriata Ucraina, colpita da attacchi che provocano molte vittime civili, tra cui tanti bambini”; a Gaza, “dove le persone sono ridotte a vivere in condizioni inimmaginabili, senza tetto, senza cibo, senza acqua pulita”, esortando a far tacere le armi , a riprendere il dialogo, a liberare tutti gli ostaggi e a soccorrere la popolazione; e in tutto il Medio Oriente; in Sudan e Sud Sudan; nella Repubblica Democratica del Congo; in Myanmar, “duramente provato anche dal terremoto” e ad Haiti, “dove infuria la violenza, che alcuni giorni fa ha ucciso due religiose”.
In conclusione, il Pontefice ha pregato affinché la Vergine Maria custodisca e interceda per l’umanità.
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