di Federica Marengo martedì 30 dicembre 2025

-Nella giornata di ieri, il Presidente USA Trump ha incontrato nella sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida, il Premier israeliano Netanyahu. Al termine dell’incontro, il quinto dal ritorno del Presidente Trump alla Casa Bianca, incentrato sulla seconda fase dell’accordo di pace per Gaza e sui dossier Iran, Libano, Cisgiordania e Siria, i due leader hanno tenuto una conferenza stampa congiunta.
Il Presidente Trump ha confermato il sostegno a Israele , affermando che ha rispettato il piano di pace per Gaza e ha lanciato ad Hamas un avvertimento: “Spero che non stiano tentando di riarmarsi, perché se lo facessero, non avremmo altra scelta che eliminare quel riarmo molto rapidamente, che si tratti di impianti nucleari o di missili balistici”, sottolineando che il disarmo è necessario, in quanto è uno dei punti della seconda fase del piano e che: “Se non si disarmeranno come si sono impegnati a fare, ed entro un tempo relativamente breve, pagheranno un prezzo elevato”.
Tuttavia, il numero uno della Casa Bianca, ha evidenziato le divergenze con Tel Aviv sulla Cisgiordania, dicendosi ,però, certo che “Netanyahu farà la cosa giusta” e che “si arriverà a una conclusione”.
Il Premier Netanyahu, invece, ha definito il colloquio con il Presidente Trump “molto produttivo”, ribadendo l’amicizia tra Tel Aviv e Washington e , annunciando che conferirà al Presidente Trump la più alta onorificenza civile del Paese, una prima assoluta per un non israeliano.
Il Presidente Trump, a sua volta, ha sottolineato come Israele “potrebbe non esistere senza la leadership dimostrata da Benjamin Netanyahu dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023”.
Prima del colloquio con il Presidente Trump, il Premier Netanyahu ha incontrato il segretario di Stato USA Rubio, il segretario alla Difesa USA, Hegseth, l’inviato speciale Witkoff e il genero di Trump, Kushner, con cui ha parlato dello stallo nel passaggio alla seconda fase del piano di pace, che prevede il disarmo di Hamas, il graduale ritiro dell’esercito israeliano da Gaza, l’istituzione di un’autorità di transizione e il dispiegamento di una forza internazionale di stabilizzazione nel territorio palestinese.
Secondo Axios, infatti, gli USA vorrebbero accelerare e annunciare già a gennaio la creazione di un governo palestinese di tecnocrati come autorità di transizione per Gaza, ma , ad oggi, il Presidente Trump ha solo auspicato che la ricostruzione possa essere avviata presto.
Quanto al dossier Iran, il Premier israeliano Netanyahu ha evidenziato il “pericolo rappresentato da Teheran ” e dal suo programma missilistico balistico, non solo per il Medio Oriente, ma anche per gli Stati Uniti”, e il Presidente USA Trump ha assicurato che se l’Iran proverà a riarmarsi o a riprendere il programma nucleare, gli USA “elimineranno tutte le armi di Teheran, di cui conoscono i siti”, ma ha anche detto di sperare che “non facciano nulla”.
Poi, sulla questione Libano e disarmo di Hezbollah e su un possibile attacco , Trump ha affermato che “Gli Hezbollah si stanno comportando male e vedremo cosa accadrà”.
Ancora, sul dossier Cisgiordania, e sui temi annessi, quali: la violenza dei coloni contro i civili palestinesi, l’instabilità finanziaria dell’Autorità Nazionale Palestinese e l’espansione degli insediamenti israeliani, il messaggio degli Stati Uniti è stato di modificare le politiche in Cisgiordania per riparare le relazioni di Israele con i Paesi europei ed espandere gli Accordi di Abramo.
Secondo Axios, che cita un funzionario statunitense e un’altra fonte ,il Presidente USA, così come i suoi consiglieri, durante i colloqui con Netanyahu, esprimendo preoccupazione per la situazione, avrebbero chiesto al Premier israeliano di evitare azioni provocatorie e di “calmare le acque”, perché un’escalation violenta in quei territori comprometterebbe gli sforzi per attuare l’accordo di pace di Gaza e impedirebbe l’espansione degli Accordi di Abramo prima della fine del mandato di Trump.
Il Premier Netanyahu , quindi, si è espresso con forza contro la violenza dei coloni e ha affermato che “prenderà ulteriori provvedimenti”.
Sulla questione Siria, invece, dopo gli attacchi israeliani al confine siriano e contro Hezbollah in Libano, il Presidente Trump ha auspicato che il Premier Netanyahu possa “raggiungere un’intesa” con il nuovo Presidente siriano ,al-Sharaa.
Infine, Washington ha difeso il riconoscimento da parte di Israele del Somaliland, la regione separatista settentrionale della Somalia. Infatti, durante una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla questione, svoltasi ieri, l’ambasciatrice Tammy Bruce, vice rappresentante degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, ha dichiarato: “Israele ha lo stesso diritto di intrattenere relazioni diplomatiche di qualsiasi altro Stato sovrano”.
Inoltre, il Times of Israel, ha fatto sapere che il Pentagono ha annunciato la firma di un contratto da 8,6 miliardi di dollari per la fornitura di 25 aerei F-15IA a Israele.
Dall’Iran, dove sono in atto proteste e manifestazioni contro le difficoltà economiche, le forti oscillazioni della valuta iraniana e il carovita, Ali Shamkhani, il consigliere politico della Guida Suprema del regime di Teheran, ha replicato a Washington e a Tel Aviv in un post social, in cui si legge: “Qualsiasi aggressione contro l’Iran incontrerà una dura risposta immediata. La capacità missilistica e la difesa dell’Iran non sono contenibili né basate su autorizzazioni. Qualsiasi aggressione incontrerebbe una dura risposta immediata, al di là dell’immaginazione dei suoi pianificatori”.
Quest’oggi, invece, il governo di Tel Aviv ha annunciato che dal 1° gennaio 2026 revocherà il permesso concesso a 37 organizzazioni umanitarie per operare nella Striscia di Gaza, per via di presunte violazioni degli standard di sicurezza e di trasparenza.
I ministri degli Esteri di Francia, Regno Unito, Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Giappone, Norvegia, Svezia e Svizzera, in una dichiarazione congiunta, hanno evidenziato che :”La situazione umanitaria rimane catastrofica nella Striscia di Gaza, dove 1,3 milioni di persone necessitano ancora di urgente sostegno per l’alloggio, a fronte di condizioni di vita spaventose per le forti piogge e le temperature in calo e oltre la metà delle strutture sanitarie è solo parzialmente funzionante e si trova ad affrontare carenze di attrezzature e forniture mediche essenziali” e che, “sebbene la quantità di aiuti destinati a Gaza sia aumentata dopo il cessate il fuoco, la risposta rimane fortemente limitata da persistenti ostacoli all’accesso umanitario”.
Quindi, i 10 ministri hanno chiesto al governo israeliano di “garantire che le ong internazionali possano operare a Gazain modo duraturo e prevedibile” e che “le Nazioni Unite e i loro partner possano continuare il loro lavoro vitale”, compresa l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, Unrwa, “che fornisce servizi essenziali, come assistenza sanitaria e istruzione, a milioni di rifugiati palestinesi”, di “eliminare le restrizioni irragionevoli sulle importazioni considerate a duplice uso”, che “stanno bloccando forniture essenziali in ogni settore e impedendo la riabilitazione e la riparazione di infrastrutture critiche” e di “riaprire i valichi e incrementare i flussi di aiuti umanitari verso Gaza”.
Intanto, il Comando Centrale degli Stati Uniti (Centocom), in un comunicato stampa, ha fatto sapere che le forze statunitensi e quelle alleate hanno ucciso o catturato 25 operativi dell’Isis nei giorni successivi a un attacco su larga scala condotto il 19 dicembre in Siria.
Infine, secondo il sito d’informazione Ynet, il Presidente israeliano Herzog, in un intervento a un circolo di studio biblico, ha affermato che: “E’ necessaria un’indagine approfondita e ufficiale sul terribile disastro del 7 ottobre e sul fallimento che lo ha portato”.
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