di Federica Marengo mercoledì 15 ottobre 2025

-La tregua tra Israele e Hamas, siglata lunedì con la firma a Sharm el Sheikh dell’accordo sulla prima fase del piano di pace elaborato dagli USA da parte dei mediatori dell’intesa: USA, Egitto, Qatar e Turchia, è già messa alla prova dalle tensioni tra Tel Aviv e Hamas per la mancata restituzione da parte di Hamas ,entro 72 ore, dei 28 corpi degli ostaggi israeliani deceduti, come previsto dall’intesa.
Hamas, infatti, al momento, ha restituito solo 8 corpi, uno dei quali, secondo quanto riferito da un funzionario israeliano, a fronte delle analisi effettuate, si è rivelato non essere il corpo di uno degli ostaggi.
Tuttavia, una fonte di Hamas ha fatto sapere al Middle East Eye che altri cinque corpi saranno consegnati a Tel Aviv nella tarda serata di oggi e ha spiegato che “Israele è responsabile del ritardo nella localizzazione e restituzione delle salme degli ostaggi ancora disperse nella Striscia di Gaza” e, che, “nel corso dei negoziati che hanno portato all’accordo di cessate il fuoco, era stato chiarito che sarebbero stati necessari tempo e grandi sforzi dopo il ritiro delle forze di occupazione israeliane per raccogliere informazioni sui corpi”.
Inoltre, il portavoce di Hamas, Qassem, ha dichiarato che “Hamas sta rispettando i suoi impegni di restituire i corpi dei soldati presi in ostaggio”, sottolineando che , invece, Tel Aviv “ha commesso una grave violazione dell’accordo, uccidendo civili a Shejaiya e Rafah”, chiedendo , quindi, ai mediatori di “costringere Israele a rispettare i suoi impegni”.
Secondo quanto riferito dall’emittente israeliana Kan, Israele, alla luce della restituzione di altri quattro corpi degli ostaggi, aveva deciso di annullare le sanzioni previste per oggi , inclusa la limitazione dell’ingresso di aiuti umanitari e la chiusura del valico di Rafah tra Egitto e Gaza, autorizzando , dunque, l’apertura del suddetto valico, ma poi i media israeliani, tra cui Ynet, hanno fatto sapere che il valico di Rafah sarebbe rimasto chiuso per oggi , sottolineando che la riapertura “non sarebbe neanche possibile da un punto di vista logistico”, perché bisogna “recarsi sul posto per effettuare dei controlli e inviare una squadra di ricognizione, il che richiede tempo”, ventilando la chiusura anche per domani e per i giorni a seguire.
Successivamente, una fonte diplomatica, citata dal Times of Israel, ha reso noto che il valico di Rafah dovrebbe aprire domani, sotto la supervisione della Missione di assistenza alle frontiere dell’Unione Europea (Eubam) e che sarà aperto sia alle persone che ai veicoli.
I 600 camion con aiuti umanitari delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni umanitarie autorizzate, il cui ingresso a Gaza era previsto per oggi , però, sono entrati dal valico di Kerem Shalom.
Sempre in merito alla consegna degli aiuti umanitari, il portavoce della Commissione europea per gli affari esteri, Anouar El Anouni, nel corso della consueta conferenza stampa a Bruxelles, ha dichiarato: “La missione Eubam a Rafah resta in stand-by e sarà dispiegata a sostegno del piano di pace per Gaza non appena le condizioni lo consentiranno. Come Ue, invitiamo tutte le parti ad attuare pienamente l’accordo senza ulteriori indugi, consentendo l’istituzione di un cessate il fuoco duraturo, il rilascio di tutti gli ostaggi e la distribuzione continuativa degli aiuti umanitari su larga scala verso Gaza”.
La stessa Commissione Ue, poi, si è detta preoccupata che le esecuzioni compiute da Hamas in queste ore di palestinesi presunti collaborazionisti con Israele possano mettere a rischio la tregua siglata con Tel Aviv. Hamas, infatti, sebbene abbia dichiarato di non voler far parte del futuro governo della Striscia di Gaza , sta redistribuendo le sue milizie nelle aree evacuate da Israele.
A tal proposito, il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, ha condannato le esecuzioni sommarie compiute da Hamas.
Intanto, secondo Haaretz, sono già in corso i negoziati preliminari sulla seconda fase del piano di pace USA, volti a colmare il vuoto di potere nella Striscia dopo il ritiro parziale delle forze israeliane (IDF) e l’assenza di un governo operativo.
La seconda fase del piano di pace degli USA, prevede lo scioglimento dei suddetti nodi: la gestione di Gaza post-guerra, il ruolo di Hamas, il disarmo di Hamas e la smilitarizzazione della Striscia.
In merito al disarmo di Hamas , secondo Axios, che cita un funzionario USA e una fonte informata, Hamas sarebbe pronto a consegnare le armi pesanti (razzi e missili) a un organo di governo palestinese di Gaza o a nazioni arabe, ma non le armi leggere, per motivi di autodifesa.
Il Presidente USA Trump, a margine dell’incontro alla Casa Bianca con il Presidente argentino Javier Milei, ha esortato Hamas a restituire i corpi degli ostaggi deceduti e ha avvertito: “Se non si disarmano, li disarmeremo noi”.
Sulla stessa linea, il Premier israeliano Netanyahu, che, in un’intervista alla CBS, ha dichiarato: “Hamas si disarmi o esploderà tutto”, aggiungendo: “Abbiamo concordato di dare una possibilità alla pace, ma Hamas deve disarmarsi. Le condizioni di Trump erano molto chiare. Questo accadrà rapidamente e forse con la violenza, ma si disarmeranno. Se Hamas continuerà a detenere il potere nella Striscia di Gaza, tutto esploderà”.
Ancora, riguardo alla restituzione dei corpi degli ostaggi da parte di Hamas, Netanyahu ha detto: “Hamas è tenuta a rispettare i suoi impegni con i mediatori e a restituire i rapiti come parte dell’attuazione dell’accordo. Non scenderemo a compromessi su questo punto e non risparmieremo alcuno sforzo finché non restituiremo tutti gli ostaggi caduti, fino all’ultimo”.
Ciò, mentre l’agenzia palestinese Wafa, che cita fonti mediche, ha fatto sapere che 14 palestinesi sono morti e sono stati trasportati negli ospedali della Striscia di Gaza dall’alba di oggi, (tre delle vittime al complesso medico Al-Shifa, dieci all’ospedale Ahli Arab e una al ospedale Nasser) compresi otto che sono stati recuperati dalle macerie.
Il ministro della Difesa israelianoIsrael Katz, rispondendo alle accuse di Hamas di aver commesso una grave violazione dell’accordo ,uccidendo civili a Shejaiya e Rafah, in un post social ha evidenziato: “L’esercito israeliano agisce secondo le direttive e applica una chiara politica di dispiegamento lungo la Linea Gialla, che comprende oltre il 50% del territorio di Gaza.La politica di applicazione è inequivocabile: per ogni violazione ci sarà una risposta immediata. Ieri, sono stati fermati terroristi che avevano tentato di avvicinarsi e attraversare la linea e così sarà anche in futuro”.
In Italia, nel frattempo, il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale e Vicepremier, Tajani, nell’informativa alle Camere sugli sviluppi della situazione in Medio Oriente e sul piano di pace USA, ha detto: “Il successo dell’iniziativa di pace avviata dal Presidente degli Stati Uniti potrebbe davvero costituire una svolta storica che cambia il volto del Medio Oriente e quindi del Mediterraneo. Un successo ancora legato a un filo, molte sono le variabili che ancora sono state non sono state definite, dal ritorno delle salme degli ostaggi assassinati fino alle modalità effettive dello smantellamento della struttura militare di Hamas. Tuttavia, quel filo di speranza si sta rivelando solido, perché interpreta la volontà di pace di popolazioni che hanno sofferto moltissimo da una parte e dall’altra. Da qui tante, troppe vittime innocenti e tanti sopravvissuti che chiedono cibo, cure mediche e soprattutto sicurezza e speranza per un futuro della loro terra. Oggi questa è la grande speranza che si affaccia. Quel futuro potrebbe finalmente essere a portata di mano. Il riconoscimento dello Stato della Palestina, quando ci saranno le condizioni che sono state poste anche dal Parlamento, è ora più vicino. Oggi finalmente ci sono le condizioni per una Gaza liberata dall’incubo di Hamas e affidata provvisoriamente a un controllo internazionale con l’attiva partecipazione dei Paesi islamici. Tutto questo nella prospettiva di giungere ad uno Stato palestinese vero, democratico, pacifico, non confessionale, affidato a una Autorità nazionale palestinese profondamente rinnovata negli uomini e nei metodi. Uno stato pacifico riconosciuto da Israele e che riconosca Israele. Il governo italiano ha sostenuto questo difficile percorso fin dall’inizio. Lavorando con pazienza e concretezza, con due obiettivi molto chiari: mantenere sempre vivo il dialogo tra le parti e alleviare, per quanto possibile, le sofferenze della popolazione civile palestinese. Rivendico oggi con orgoglio la nostra azione. Abbiamo potuto svolgere un ruolo attivo perché in questi mesi abbiamo preservato canali di dialogo sia con Israele sia con l’Autorità nazionale palestinese, sono pochissimi i Paesi che possono dire di aver fatto altrettanto. Abbiamo costruito ponti a dispetto di chi voleva tagliarli. È così che si lavora per la pace, giorno dopo giorno, con una paziente opera di tessitura, senza sventolare bandiere e senza cedere al clamore e ai proclami. La presenza del Presidente del Consiglio Meloni lunedì a Sharm El Sheikh per la firma degli accordi di pace testimonia che il nostro Paese ha svolto un ruolo riconosciuto ed apprezzato da tutti i nostri partner, a partire dagli Stati Uniti”.
Poi, riguardo il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Italia, Tajani ha detto: “Il riconoscimento dello Stato della Palestina, quando ci saranno le condizioni che sono state poste anche dal Parlamento, è ora più vicino. Oggi finalmente ci sono le condizioni per una Gaza liberata dall’incubo di Hamas e affidata provvisoriamente a un controllo internazionale con l’attiva partecipazione dei Paesi islamici. Tutto questo nella prospettiva di giungere ad uno Stato palestinese vero, democratico, pacifico, non confessionale, affidato a una Autorità nazionale palestinese profondamente rinnovata negli uomini e nei metodi. Uno Stato pacifico riconosciuto da Israele e che riconosca Israele. Il governo italiano ha sostenuto questo difficile percorso fin dall’inizio. Lavorando con pazienza e concretezza, con due obiettivi molto chiari: mantenere sempre vivo il dialogo tra le parti e alleviare, per quanto possibile, le sofferenze della popolazione civile palestinese. Rivendico oggi con orgoglio la nostra azione. Abbiamo potuto svolgere un ruolo attivo perché in questi mesi abbiamo preservato canali di dialogo sia con Israele sia con l’Autorità nazionale palestinese, sono pochissimi i Paesi che possono dire di aver fatto altrettanto. Abbiamo costruito ponti a dispetto di chi voleva tagliarli. È così che si lavora per la pace, giorno dopo giorno, con una paziente opera di tessitura, senza sventolare bandiere e senza cedere al clamore e ai proclami”.
Infine, , il ministro degli Affari Esteri e la Cooperazione internazionale e Vicepremier, Tajani, ha annunciato che il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese ,Abu Mazen, sarà a Roma il 7 novembre e , che “La politica di ascolto e ricerca di soluzioni del governo sarà anche la cifra dei prossimi Dialoghi Mediterranei”, che si terranno a Napoli , crocevia del Mediterraneo, a cui sarà presente anche la ministra degli Esteri palestinese Varsen Aghabekian.
Tajani, poi, ha presieduto, su delega della Presidente del Consiglio Meloni, la prima riunione a Palazzo Chigi, di un tavolo ad hoc sull’aiuto umanitario e la ricostruzione in Medio Oriente, cui hanno partecipato i ministri dell’Università e della Ricerca Annamaria Bernini, dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, della Salute Orazio Schillaci, degli Affari Regionali Roberto Calderoli, della Disabilità Alessandra Locatelli, della Protezione Civile Nello Musumeci, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e i vertici dell’intelligence, il Capo della Protezione Civile Fabio Ciciliano e rappresentanti del ministero della Difesa e del ministero dell’Istruzione, nel corso della quale ha verificato le disponibilità di ogni settore dell’amministrazione pubblica, rispetto alle richieste provenienti da Gaza.
Al riguardo, la Farnesina ha sottolineato in una nota: “Forte dell’esperienza di Food for Gaza, il Governo intende rafforzare il proprio sforzo, sottolinea la Farnesina in una nota. La cooperazione italiana sta predisponendo un primo pacchetto di aiuti da destinare alla sicurezza alimentare, ma soprattutto vuole puntare sulla sanità e sulla formazione, settori che rappresentano i pilastri fondamentali dell’azione italiana per rafforzare le istituzioni palestinesi. Una prima missione tecnica della Farnesina sarà a Gerusalemme, Ramallah e poi in Giordania nei primi giorni della prossima settimana, per contatti con le autorità locali e con le agenzie delle Nazioni Unite in loco. L’obiettivo è utilizzare ospedali nella regione per curare bambini cittadini palestinesi feriti o malati. Inoltre, la Protezione Civile sta valutando l’invio di moduli prefabbricati per ospedali, scuole e abitazioni temporanee, ed ha messo a disposizione un ospedale da campo che potrebbe essere fornito dalla Regione Piemonte. Nell’ambito sanitario rimarrà prioritario accogliere in Italia bambini malati per ricevere cure specialistiche. Ma il ministro Tajani ha dato indicazioni per offrire assistenza sanitaria innanzitutto nella regione (avverrà in Giordania ed Egitto). Gli ospedali del sistema sanitario nazionale – fra cui il Bambin Gesù, il Gemelli, il Rizzoli, il Meyer – hanno già offerto la propria disponibilità a collaborare con le strutture italiane presenti in quei paesi. In ambito umanitario, il nostro Paese ha risposto attivamente all’emergenza nella Striscia, con l’invio finora di 2.400 tonnellate di aiuti alimentari e beni di prima necessità e con l’accoglienza di oltre 1.200 palestinesi di Gaza, fra cui quasi 200 bambini che sono stati presi in cura da 22 ospedali italiani. Il Governo intende adesso rafforzare e ampliare l’iniziativa e la Farnesina sta preparando nuove operazioni di accoglienza e il più grande invio di aiuti alimentari dall’inizio della crisi: 100 tonnellate in totale, raccolte grazie al contributo delle principali realtà del Sistema Italia. Gli interventi in questo settore coinvolgeranno anche il settore privato con l’obiettivo di inviare medici, macchinari e progetti innovativi di telemedicina, protesica, salute materna e infantile. A queste iniziative si sommano i “corridoi universitari”, inaugurati a inizio ottobre con l’arrivo di un gruppo di studenti e ricercatori destinatari di borse di studio nel nostro Paese. Ulteriori operazioni sono già in programma per la prossima settimana e per quella successiva, con l’obiettivo di accogliere nel nostro Paese un nuovo gruppo di circa 60 persone tra studenti e ricongiungimenti familiari. Il settore formativo è fondamentale anche per la formazione della futura classe dirigente dell’Autorità Nazionale Palestinese; anche in quest’ambito l’Italia è pronta ad elaborare programmi per sostenere una pubblica amministrazione moderna ed efficiente, capace di gestire la ricostruzione e i servizi essenziali”.
Nella nota di Palazzo Chigi, invece, si legge: “L’incontro, presieduto dal Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, ha confermato l’impegno dell’Italia nel contribuire alla ricostruzione di Gaza e nel rilanciare un processo politico orientato verso un quadro di pace, sicurezza e stabilità in Medio Oriente. Durante la riunione, sono stati esaminati i progressi già compiuti, in particolare nel settore umanitario, sono stati confermati gli impegni relativi all’iniziativa ‘Food for Gaza’, ai piani sanitari, all’istruzione e alla formazione. È stato altresì sottolineato l’intento di proseguire con la cooperazione allo sviluppo, coinvolgendo anche il settore privato. La task force tornerà a riunirsi nelle prossime settimane e all’occorrenza sarà allargata anche agli altri Ministeri e alle altre istituzioni coinvolte”.
Infine, il Patriarca latino di Gerusalemme , il cardinale Pierbattista Pizzaballa, a margine del Premio Silvestrini, in merito a un cambio di leadership in Israele e in Palestina, ha dichiarato ai media: “E’ auspicabile ma ci vorrà tempo per un cambio di leadership. È necessario per avere delle prospettive nuove nel futuro, abbiamo bisogno di nuovi volti, ma non sarà così immediato, bisogna prepararli”. Per la Palestina, “l’interlocutore legittimo è Abu Mazen, nel senso che rappresenta legalmente il popolo palestinese, ma anche qui, lo ripeto, è necessario guardare al futuro, anche per motivi anagrafici”.
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