di Federica Marengo mercoledì 5 marzo 2025

-Al termine del vertice della Lega Araba, svoltosi ieri al Cairo, cui hanno partecipato anche le Nazioni Unite, l’Unione europea e l’Unione africana, è stato approvato il piano presentato dall’Egitto per la ricostruzione di Gaza, in risposta al piano elaborato dall’amministrazione USA, che prevede il trasferimento della popolazione palestinese e il controllo americano sulla Striscia, per renderla “Riviera mediorientale”.
Secondo Sky News Arabia, il piano ,dell’importo pari a 53 miliardi di dollari, prevede: “la tutela del diritto del popolo palestinese a rimanere sulla propria terra; la costituzione di un comitato per gestire un periodo transitorio di 6 mesi, su decisione palestinese, composto da tecnocrati indipendenti sotto l’egida del governo palestinese, dopo il quale la Striscia sarà amministrata dall’Autorità Nazionale palestinese; l’addestramento da parte di Egitto e Giordania di ufficiali di polizia palestinesi per mantenere la sicurezza nella Striscia; la possibilità che il Consiglio di sicurezza studi l’idea di una presenza internazionale nei territori palestinesi attraverso forze di mantenimento della pace”.
Il documento, inoltre, afferma l’impegno “per mantenere la calma attuale e per la liberazione dei detenuti e degli ostaggi israeliani e include la “condanna degli omicidi e degli attacchi contro i civili, della violenza senza precedenti e delle sofferenze umane causate dalla guerra” e dichiara che “la Striscia è parte integrante dei territori palestinesi e il tentativo di stabilire una separazione tra la striscia e la Cisgiordania distrugge le speranze di pace”, sottolineando la “necessità che la comunità internazionale collabori per rispondere al disastro umanitario causato dalla guerra nella striscia di Gaza”.
Il piano richiederà più di cinque anni e inizialmente vi sarà una fase di “recupero precoce di sei mesi, durante la quale saranno spesi 3 miliardi di dollari per i primi lavori di rimozione delle macerie e preparare sette aree della Striscia ad accogliere temporaneamente più di 1,5 milioni di palestinesi. Il lavoro sarà supervisionato da un comitato composto da tecnocrati palestinesi. Seguirà una fase di due anni per completare il processo di bonifica dei detriti e di restauro di circa 60.000 case “parzialmente distrutte”, seguita da una fase finale della durata di due anni e mezzo che richiederà altri 30 miliardi di dollari”.
Il Presidente egiziano, al-Sisi ha chiesto che ad aprile si tenga in Egitto una conferenza internazionale per mobilitare fondi regionali e internazionali volti a finanziare la ricostruzione di Gaza, mentre i leader arabi , nella dichiarazione finale del vertice, hanno chiesto l’unificazione della Palestina sotto l’Olp, escludendo Hamas,
A favore del piano egiziano per Gaza, anche la Cina, che , tramite il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian, ha dichiarato: “La Cina sostiene gli sforzi dell’Egitto e degli altri Paesi arabi “per promuovere l’attuazione dell’accordo sul cessate il fuoco a Gaza e il soccorso umanitario nella Striscia, e per ripristinare la sicurezza e la stabilità nella regione. Pechino sostiene anche il piano di governance post bellica per Gaza che è riconosciuto dal popolo palestinese e ha un consenso tra i Paesi arabi. La governance di Gaza dovrebbe sostenere il principio dei palestinesi che governano la Palestina. Il tutto allineato con la soluzione dei due Stati in modo da realizzare in ultima analisi la coesistenza pacifica e lo sviluppo comune di Palestina e Israele e garantire pace e stabilità a lungo termine in Medio Oriente”.
Israele, invece, tramite una nota del ministro degli Esteri Sa’ar , che ribadisce il sostegno al piano del Presidente USA Trump, ha respinto il piano presentato nel summit arabo tenutosi al Cairo, sottolineando: “Il vertice,non è riuscito ad affrontare la realtà della situazione. Il feroce attacco terroristico di Hamas non è menzionato e non c’è una condanna di questa entità terroristica omicida, nonostante le atrocità documentate”.
Intanto, secondo il Times of Israel, il Premier israeliano Netanyahu, intervenendo alla cerimonia di passaggio di consegne del capo di Stato Maggiore delle Idf, ha affermato: “La nazione vuole la vittoria, la sta ricevendo e la riceverà”, assicurando di riportare a casa tutti gli ostaggi.
A tal proposito, il ministro degli Esteri israeliano Sa’ar , che ha chiesto la “completa demilitarizzazione di Gaza per passare alla seconda fase dell’accordo sulla tregua”, in un post social, in cui ha riferito del suo colloquio con il ministro degli Esteri britannico Lammy, ha scritto: “Hamas ha respinto la proposta dell’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff di estendere il cessate il fuoco temporaneo durante il Ramadan e la Pasqua. Israele ha accettato la proposta di Witkoff a condizione che Hamas rilasci gli ostaggi, mentre Hamas ha respinto l’offerta. Durante la fase uno di 42 giorni, 25mila camion di aiuti sono entrati a Gaza: metà del bilancio di Hamas a Gaza proviene da questi camion!. Hamas sta ripristinando le sue capacità militari e reclutando nuovi, giovani terroristi. Questo non può continuare!”.
Il ministro israeliano delle Finanze, Smotrich, invece, è a Washington per tenere dei colloqui al Dipartimento del Tesoro, con il segretario Bessent. I colloqui, come spiegato da Smotrich in un post, serviranno a “gettare le basi per una forte cooperazione economica e strategica tra Israele e Stati Uniti. Sono convinto che il rafforzamento della nostra cooperazione possa portare crescita, sviluppo e prosperità a beneficio di entrambi i Paesi”.
Infine, in merito allo stop all’arrivo di aiuti umanitari nella Striscia annunciato dal governo israeliano in quanto “sono diventati la principale fonte di reddito di Hamas a Gaza, usato per il terrorismo”, i ministri degli Esteri tedesco, britannico e francese, tramite comunicato, hanno lanciato un appello a Israele affinché “rispetti i suoi obblighi internazionali per garantire che gli aiuti umanitari raggiungano la popolazione di Gaza ,in modo completo, rapido, sicuro e senza ostacoli”, in quanto “ un’interruzione dell’ingresso di beni e rifornimenti nella Striscia di Gaza potrebbe costituire una violazione del diritto internazionale umanitario”, sottolineando che “la fornitura di aiuti umanitari non può essere subordinata a un cessate il fuoco, né essere utilizzata per scopi politici”.
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