di Federica Marengo venerdì 27 dicembre 2024
-Nelle ultime 24 ore, le forze israeliane hanno compiuto attacchi nello Yemen, roccaforte degli Houthi ribelli filo-iraniani. Colpiti, infatti, come confermato dalla stessa Tel Aviv, obiettivi militari, quali: l’aeroporto internazionale di Sana’a, (bombardamento nel quale è rimasto ferito un dipendente Onu),i porti del Mar Rosso e le centrali elettriche, in seguito a cui è stata registrata l’uccisione di almeno 4 persone e il ferimento di altre 21. Israele ha quindi fatto sapere di aver colpito “obiettivi militari in Yemen legati alle forze ribelli Houthi”.
Immediata la risposta degli Houthi che, nella notte, hanno lanciato un attacco missilistico sull’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Tale attacco, però, come riferito dall’esercito israeliano, è stato intercettato dai sistemi di difesa aerea fuori dallo spazio aereo israeliano e gli arrivi all’aeroporto di Tel Aviv sono stati bloccati per circa mezz’ora.
Gli Houthi, però, rivendicando l’attacco, hanno affermato che “il missile è riuscito a raggiungere il suo obiettivo nonostante la censura del nemico e l’operazione ha provocato vittime e l’interruzione delle operazioni nell’aeroporto”.
Gli attacchi nello Yemen da parte di Israele sono stati condannati dall’ONU, così come gli attacchi degli Houthi su Israele, mentre il Dipartimento di Stato USA, citato da Ynet , ha fatto sapere: “Siamo a conoscenza di tali segnalazioni e sosteniamo il diritto di Israele a difendersi. Nel farlo, è fondamentale che le operazioni di Israele siano condotte in modo da rispettare i suoi obblighi in materia di protezione dei civili”.
Nella giornata di oggi, decine di migliaia di persone si sono radunate a Sana’a per protestare contro i raid israeliani.
Proseguono poi gli attacchi dell’esercito israeliano anche sulla Striscia di Gaza, dove ieri, dopo l’evacuazione forzata di pazienti e personale medico , almeno 50 persone , tra cui 3 sanitari, sono stati uccise in un raid aereo su un edificio di fronte alla sede centrale dell’ospedale Kamal Adwan, attacco condannato dal ministero degli Esteri della Giordania.
Raid israeliani sono stati registrati anche al confine tra Libano e Siria, dove le forze di Tel Aviv hanno reso noto di aver effettuato “una serie di attacchi contro le infrastrutture di Hezbollah”.
Infine, a Herzliya, città costiera israeliana, una persona è morta dopo essere rimasta gravemente ferita in un attacco terroristico a coltellate. L’aggressore, colpito con armi da fuoco dalle guardie di sicurezza, è stato arrestato dalla Polizia.
Intanto, è stallo sui negoziati tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi israeliani, con Hamas che accusa Israele di “ritardare l’accordo introducendo nuove condizioni”. Accuse, cui Israele ha replicato affermando che “è Hamas a rendere difficili i negoziati”.
Tra i nodi riamasti ancora insoluti: l’identità e il numero degli ostaggi israeliani da rilasciare, l’identità dei prigionieri palestinesi da liberare e la loro eventuale espulsione, così come la richiesta di Hamas che l’accordo includa la fine della guerra e il ritiro delle Forze di difesa israeliane dalla Striscia di Gaza.
Al riguardo, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, Kirby, in un punto stampa, ha dichiarato: “Siamo molto, molto vicini a un accordo, ma è a causa degli ostacoli che Hamas solleva o del suo rifiuto di andare avanti su uno qualsiasi di questi dettagli, che non siamo ancora giunti a una conclusione”.
Nel frattempo, in Siria, nella provincia orientale di Tartus, vi sono stati degli scontri tra le forze di sicurezza e le milizie filo-Assad che hanno condotto alla morte di 17 persone e al ferimento di altre 10 e , come ha riportato l’agenzia di stampa Sana, alla “neutralizzazione di un certo numero di membri di queste milizie fedeli a Bashar al-Assad”. Arrestato poi un ufficiale del deposto regime ritenuto tra i responsabili di torture avvenute in una prigione.
Nelle ultime ore, invece, oltre 6 mila donne, parenti di combattenti stranieri dello Stato islamico (Isis) rinchiuse nel campo di Al Hol, nel nord-est della Siria, al confine con l’Iraq, posto sotto il controllo curdo, stanno protestando per rivendicare la propria liberazione dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad e l’arrivo al potere dei ribelli filo-turchi di Hayat Tahrir al Sham (Hts).
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