di Federica Marengo martedì 11 marzo 2025

-Stamane, la Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen ha illustrato ,nel corso della sessione Plenaria dell’Europarlamento, svoltasi a Strasburgo, il piano di riarmo dell’Europa, già presentato alla stampa nei giorni scorsi.
“E’ l’ora di costruire un’Unione Europea che garantisca la pace in Europa attraverso l’unità e la forza”, ha sottolineato la Presidente von der Leyen, citando il fondatore della Dc De Gasperi: “Alcide De Gasperi disse : ‘Non abbiamo bisogno solo della pace tra noi, ma di costruire una difesa comune. Non si tratta di minacciare o conquistare, ma di scoraggiare qualsiasi attacco dall’esterno, mosso dall’odio contro un’Europa unita. Questo è il compito della nostra generazione'”.
Poi, la Presidente von der Leyen ha affermato: “Pensavamo di godere di un dividendo di pace. Ma in realtà, stavamo solo gestendo un deficit di sicurezza. Il tempo delle illusioni è ormai finito. L’Europa è chiamata a prendersi maggiormente cura della propria difesa. Non in un futuro lontano, ma già oggi. Non con passi graduali, ma con il coraggio che la situazione richiede. Abbiamo bisogno di un’impennata nella difesa europea. E ne abbiamo bisogno ora”.
Pertanto, ha proseguito von der Leyen: “C’è l’urgente bisogno di colmare le lacune nelle forniture militari dell’Ucraina e di fornire all’Ucraina solide garanzie di sicurezza. Ma questo momento della resa dei conti non riguarda solo l’Ucraina. Riguarda tutta l’Europa e la sicurezza dell’intero continente. Putin ha dimostrato più e più volte di essere un vicino ostile. Non ci si può fidare di lui, può solo essere scoraggiato. Sappiamo che il complesso militare russo sta superando il nostro. Se consideriamo la spesa militare in termini reali, il Cremlino sta spendendo più di tutta l’Europa messa insieme. La produzione europea è ancora su un ordine di grandezza inferiore. Oltre alle capacità tradizionali, la gamma di minacce che affrontiamo si sta ampliando di giorno in giorno. Il Parlamento europeo ha sostenuto per anni che l’Europa doveva fare di più. E avevate assolutamente ragione. In quest’epoca più pericolosa, l’Europa deve intensificare. E questo è l’obiettivo del piano che ho presentato ai leader la scorsa settimana. La sua logica è semplice: vogliamo utilizzare ogni singola leva finanziaria a nostra disposizione per rafforzare e accelerare la nostra produzione di difesa. Con il piano REARM Europe, possiamo mobilitare fino a 800 miliardi di euro”.
Quindi, evidenziando come al Consiglio europeo vi sia stato un livello di consenso sulla difesa europea “senza precedenti e del tutto impensabile solo poche settimane fa”, la Presidente von der Leyen ha affermato che vi è la necessità di mobilitare i bilanci nazionali, spendendo oltre il 3% del Pil per la difesa. Ciò, potrà essere possibile con l’attivazione da parte di ciascun Stato membro, in modo controllato, vincolato e coordinato, della clausola di salvaguardia nazionale, prevista dalle nuove regole fiscali dell’Ue, grazie a cui “potrebbero essere mobilitati fino a 650 miliardi di euro nei prossimi quattro anni, aggiungendo l’1,5% del Pil ai bilanci della difesa in 4 anni”.
Inoltre, ha spiegato la Presidente von der Leyen: “ Il Consiglio europeo ha incaricato la Commissione Ue di esplorare ulteriori misure, per facilitare una spesa per la difesa significativa a livello nazionale, garantendo al contempo la sostenibilità del debito”.
Previsto dal piano di riarmo (ReArmEu), anche l’utilizzo, su base volontaria, dei fondi di coesione da parte degli Stati membri , che avranno la possibilità di reindirizzare alcuni dei loro fondi non impegnati verso progetti legati alla difesa, nell’ambito delle infrastrutture o di ricerca e sviluppo. Tuttavia, spetterà al Parlamento e al Consiglio decidere su questa opzione aggiuntiva.
Infine, il piano ReArmEu prevede misure per mobilitare gli investimenti privati, con la Banca europea per gli investimenti e l’imminente Unione del risparmio e degli investimenti, con ricadute positive sull’economia e la competitività.
La Presidente von der Leyen ha poi precisato che, visto il bisogno di velocità e di scala, verrà attuata la procedura d’emergenza di cui all’articolo 122, “pensata proprio per i momenti in cui sorgono gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti”, che permetterà di raccogliere denaro, di prestarlo agli Stati membri perché lo investano nella difesa e, al riguardo, il Parlamento Ue verrà costantemente aggiornato.
Secondo quanto dichiarato dal Presidente della Commissione Affari Economici, Domborvskis nel corso della conferenza stampa svoltasi a margine dell’Ecofin: “La Commissione europea potrebbe formulare il suo pacchetto di proposte per aumentare le spese in armamenti e sulla difesa dei Paesi dell’Unione europea “possibilmente già la prossima settimana”.
A tal proposito, ieri, nel corso della cena, seguita all’Eurogruppo, la riunione dei 20 ministri delle Finanze dell’area euro, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti, ha proposto il piano per la difesa dell’Italia che mobiliterebbe 200 miliardi di euro di investimenti privati nel settore della difesa, coinvolgendo l’industria privata e sfruttando una garanzia pubblica da 16miliardi di euro per mobilitarne 200 in 3-5 anni con una leva di 12,e consentendo così ingenti investimenti nella difesa senza pesare sul bilancio pubblico e senza incidere sulla spesa sanitaria e sui servizi pubblici.
Ciò è stato confermato dal ministro Giorgetti anche a margine dell’’Ecofin, il Consiglio dell’Economia e della Finanza composto dai ministri dell’Economia e delle Finanze di tutti gli Stati membri: “La proposta italiana per i finanziamenti alla difesa è quella di un fondo di garanzia che ottimizza l’utilizzo delle risorse nazionali e europee con l’obiettivo di convogliare in modo più efficace i capitali privati, con una spesa pubblica contenuta. Un fondo di garanzia di circa 16 miliardi di euro potrà mobilitare fino a 200 miliardi di investimenti industriali aggiuntivi, in linea con le migliori pratiche di Invest Eu e prima del Fondo europeo per gli investimenti strategici”.
Anche gli altri Stati hanno presentato il proprio piano e , al riguardo, il Commissario Ue agli Affari economici Dombrovskis, in conferenza stampa seguita all’Eurogruppo, ha dichiarato: “Stiamo proponendo una capacità di prestito aggiuntiva di 150 miliardi di euro garantita dal bilancio dell’Ue, una flessibilità fiscale aggiuntiva e una revisione di medio termine della politica di coesione per utilizzare anche i fondi di coesione per rafforzare la sicurezza degli Stati membri. Stiamo esaminando il ruolo che può svolgere la Banca europea per gli investimenti, che sta lavorando al suo piano d’azione per la sicurezza e la difesa. Stiamo esaminando che cosa si possa fare attraverso la mobilitazione con capitale privato. E non dovremmo dimenticare la capacità di prestito, che è presente nel Mes, poiché potrebbe essere utilizzata anche qui. Per aumentare gli investimenti nella difesa. Abbiamo bisogno di reagire ora. Per questo motivo proponiamo di utilizzare le possibilità già presenti nella nuova normativa fiscale, ovvero l’attivazione delle clausole nazionali di salvaguardia”.
Dombrovskis ha sottolineato che tali investimenti rafforzerebbero la capacità di generare Pil , “fornendo un significativo impulso fiscale che potrebbe avere un impatto positivo anche sulle prospettive di crescita e occupazione” e “sui percorsi di crescita dell’Ue e sulla resilienza economica negli anni a venire”.
Non solo il tema della Difesa , però, nell’agenda dell’Ue. Stamane, infatti, sempre a Bruxelles, il commissario all’Immigrazione e Affari interni, Magnus Brunner ha presentato in conferenza stampa il nuovo regolamento Ue per i rimpatri dei migranti, come spiegato dalla Commissione UE in una nota, da integrare nel Patto sull’immigrazione e l’asilo adottato lo scorso anno e, basato su un sistema comune a tutti gli Stati membri , volto a rendere le procedure più rapide, semplici ed efficaci in tutta l’Unione, (“alla luce degli attuali tassi di rimpatrio fermi al 20% e della “ frammentazione dei diversi sistemi che si presta ad abusi”) nel pieno rispetto dei diritti fondamentali.
Il nuovo regolamento Ue prevede la possibilità di trasferire in “centri di rimpatrio” (“return hubs”) in Paesi extra Ue i migranti che si trovano illegalmente in uno Stato membro, dopo aver ricevuto un rifiuto alla domanda d’asilo o che hanno già avuto un ordine di espulsione.
Quindi, ha spiegato Brunner: “Gli Stati membri ora potranno esplorare se è possibile o no negoziare accordi con certi Paesi terzi per stabilire eventuali centri di rimpatrio sul loro territorio”, sottolineando che: “Il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio consentirà a uno Stato membro di riconoscere e far rispettare direttamente una decisione di rimpatrio emessa da un altro Stato membro senza dover avviare una nuova procedura. Entro il primo luglio 2027 , un anno dopo l’entrata in vigore del Patto su migrazione e asilo , la Commissione Ue verificherà se gli Stati membri hanno stabilito disposizioni adeguate per trattare efficacemente gli ordini di rimpatrio europei e adotterà una decisione di attuazione che renderà obbligatorio il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione di rimpatrio emessa da un altro Stato membro”.
I rimpatri forzati saranno obbligatori quando una persona che soggiorna illegalmente nell’Ue non collabora, fugge in un altro Stato membro, non lascia l’Ue entro la scadenza stabilita per la partenza volontaria o rappresenta un rischio per la sicurezza.
Stabilito poi l’obbligo di cooperare con le autorità nazionali durante l’intera procedura di rimpatrio e, in caso di mancata cooperazione, si procederà alla riduzione o al rifiuto di permessi o al sequestro di documenti di viaggio. Allo stesso tempo, però, saranno rafforzati gli incentivi alla cooperazione, come il supporto al rimpatrio volontario.
Previste anche norme più severe per limitare gli abusi come la possibilità di richiedere una garanzia finanziaria, una segnalazione regolare o di risiedere in un luogo designato dalle autorità nazionali e per gestire il rischio di fuga ,quali l’introduzione di norme che stabiliscono chiare condizioni per la detenzione , che può arrivare fino a 24 mesi, a fronte degli attuali 18 mesi o alternative alla detenzione. In ultimo, “l’effetto sospensivo delle decisioni di rimpatrio non sarà più automatico, a meno che non vi siano problemi relativi al non-refoulement”.
In caso di persona che rappresenti un rischio per la sicurezza, gli Stati membri dovranno verificare in anticipo l’eventuale rischio e , una volta identificate, tali persone sono soggette a norme severe, tra cui : il rimpatrio forzato obbligatorio, divieti di ingresso più lunghi, motivi di detenzione separati. La detenzione può essere estesa oltre i 24 mesi su ordine di un giudice.
Infine, per colmare il divario tra una decisione di rimpatrio e il rimpatrio effettivo in un Paese terzo, è stata introdotta una procedura comune per garantire che una decisione di rimpatrio sia sistematicamente seguita da una richiesta di riammissione, consentendo inoltre il trasferimento di dati a Paesi terzi ai fini della riammissione.
Il nuovo regolamento sui rimpatri della Commissione Ue passa ora all’Europarlamento e al Consiglio Ue che dovranno approvarla ed eventualmente concordare modifiche.
Temi, quelli della guerra in Ucraina, del rafforzamento della sicurezza europea ed euroatlantica e del contrasto alla migrazione irregolare al centro anche del colloquio, svoltosi questo pomeriggio a Palazzo Chigi tra la Presidente del Consiglio Meloni e la Premier della Danimarca, Mette Frederiksen.
A tal riguardo, Palazzo Chigi, tramite nota, ha evidenziato che le due Leader “, in vista del Consiglio Europeo del 20 e del 21 marzo, “hanno approfondito i principali temi dell’agenda europea, con particolare riferimento alla competitività, alla difesa e alla proficua collaborazione in materia di contrasto alla migrazione irregolare. Su questo tema, con l’occasione, il Presidente Meloni ha ringraziato il Primo Ministro Frederiksen per il lavoro congiunto sulla ricerca di soluzioni innovative. L’incontro ha permesso, infine, di passare in rassegna le opportunità di rafforzamento dell’eccellente cooperazione bilaterale, soprattutto nei settori della difesa, dell’energia e della ricerca”.
La Premier Frederiksen , al termine dell’incontro ha dichiarato: “Con Giorgia Meloni abbiamo parlato del fatto che l’Europa deve spendere di più per la difesa e la sicurezza nella situazione in cui ci troviamo adesso. E poi abbiamo parlato di migrazione: abbiamo una cooperazione molto, molto stretta su questo tema. Anche se siamo due Paesi molto diversi e apparteniamo a due famiglie politiche molto diverse, siamo molto allineati quando si tratta della necessità di controllare i nostri confini. E del fatto che dobbiamo essere in grado di rimpatriare le persone che entrano, ad esempio, in Italia o Danimarca e commettono crimini. Questi erano i due argomenti che avevamo all’ordine del giorno oggi”.
Poi, sul piano di riarmo dell’Ue e sulle garanzie di sicurezza per Kiev, la Premier Frederiksen ha detto: “Innanzitutto, penso che sia necessario in Europa capire che i Paesi sono diversi e la nostra situazione economica è molto diversa. Quindi, le decisioni che abbiamo preso la scorsa settimana sono estremamente importanti per garantire che tutti i Paesi abbiano ora maggiori possibilità di riarmarsi e di spendere più soldi per la difesa e la sicurezza. Come sapete, Meloni è molto favorevole all’uso dell’articolo 5 della Nato per proteggere l’Ucraina. E siamo d’accordo su questo”.
Domani, la Premier Meloni incontrerà a Palazzo Chigi il Premier del Regno dei Paesi Bassi, Dick Schoof.
Intanto, sul fronte dei lavori parlamentari, quest’oggi, via libera definitivo della Camera ,con 149 voti favorevoli e 63 contrari, alla proposta di legge Delega al Governo per la revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, in Odontoiatria e protesi dentaria e in Medicina veterinaria, già approvata dal Senato.
Stop, quindi, al test d’ingresso; prevista la libera iscrizione al primo semestre con programmi uniformi e materie qualificanti; una graduatoria nazionale dopo il primo semestre basata sui crediti formativi ottenuti tramite esami universitari con la possibilità di riconoscere i crediti per altri percorsi formativi di area sanitaria e scelta della sede in base alla graduatoria nazionale, preferenza degli studenti e disponibilità dei posti in ateneo.
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