di Federica Marengo sabato 21 ottobre 2023
Palazzo Chigi.
-Mentre, stamane, il valico di Rafah, al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, è stato aperto per la prima volta e, per breve tempo, per consentire l’ingresso nella Striscia di 20 camion con aiuti umanitari: cibo, acqua e medicine, al Cairo, capitale amministrativa del Paese, si è tenuto il “Form dell’Egitto per la pace”, voluto dal Presidente egiziano al Sisi, cui hanno preso parte i leader europei e dei Paesi arabi, oltre che il leader dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Al suo arrivo all’aeroporto , la Presidente del Consiglio,Meloni, è stata accolta dall’Ambasciatore d’Italia in Egitto, Michele Quaroni, e dal ministro del Commercio egiziano Hazem al-Beblawi.
Successivamente, ad apertura del suo intervento, nella prima delle due sessioni di lavoro del vertice, ringraziando il Presidente egiziano Al Sisi, per l’invito, la Premier, ha condannato l’attacco del 7 ottobre a Israele, parlando di “efferatezza senza precedenti, che lascia inorriditi e che si deve condannare senza ambiguità”, per poi evidenziare: “Per l’Italia era doveroso partecipare a questa Conferenza, per il ruolo che storicamente l’Italia svolge come ponte di dialogo tra Europa, Mediterraneo, Medio Oriente. E lo era per le possibilità che questo Vertice prospetta, nonostante le posizioni di partenza possano a tratti sembrare distanti perché, se anche i nostri punti di vista di partenza non fossero perfettamente sovrapponibili, perfettamente sovrapponibile è il nostro interesse, l’interesse di tutti i leader seduti attorno a questo tavolo. E cioè l’interesse a che quello che sta accadendo a Gaza non diventi un conflitto molto più ampio, non si trasformi in una guerra di religione, in uno scontro tra civiltà, rendendo vani gli sforzi che pure coraggiosamente in questi anni sono stati fatti in senso contrario per normalizzare i rapporti. Perché l’impressione che ho io – e lo dirò con la franchezza che mi è propria – è che, per le modalità con le quali si è svolto, fosse questo il vero obiettivo dell’attacco di Hamas: non difendere il diritto del popolo palestinese, ma costringere ad una reazione contro Gaza che minasse alla base fase ogni tentativo di dialogo e creasse un solco incolmabile tra i Paesi Arabi, Israele, l’Occidente, compromettendo definitivamente pace e benessere per tutti i cittadini coinvolti, compresi quelli che si dice di voler difendere e rappresentare. Significa che il bersaglio siamo tutti noi. E io non credo che noi possiamo cadere in questa trappola: sarebbe una cosa molto, molto stupida.
È la ragione per la quale io credo che sia importante essere qui, per la quale credo sia molto importante continuare a dialogare e ragionare”.
Quindi, la Presidente Meloni ha passato in rassegna i tre punti fermi dell’Italia: “Il primo. Il terrorismo ha colpito il mondo musulmano più di quanto abbia colpito l’Occidente. Le azioni terroristiche che si sono succedute nel tempo hanno, di fatto, indebolito le legittime istanze dei popoli, soprattutto nel mondo musulmano. In questa dinamica si inserisce la scelta di Hamas che usa il terrorismo per impedire qualsiasi dialogo e qualsiasi prospettiva di arrivare, anche per il popolo palestinese, a una soluzione concreta.
Ma nessuna causa giustifica il terrorismo. Nessuna causa giustifica azioni scientemente studiate per colpire civili inermi. Nessuna causa giustifica donne massacrate e neonati decapitati volutamente ripresi con una telecamera. Nessuna causa.
Di fronte ad azioni di questo tipo, uno Stato è pienamente legittimato a rivendicare il suo diritto all’esistenza, alla difesa, alla sicurezza dei propri cittadini e dei propri confini.
Ma – punto secondo – la reazione di uno Stato non può e non deve mai essere motivata da sentimenti di vendetta. Per questo gli Stati sono quello che sono, sono il nostro punto di riferimento. Uno Stato fonda la sua reazione sulla base di precise ragioni di sicurezza, commisurando la sua forza, tutelando la popolazione civile. Questo è il confine nel quale la reazione di uno Stato di fronte al terrorismo deve rimanere e io sono fiduciosa che sia anche la volontà dello Stato di Israele.
Punto terzo. La nostra priorità immediata resta l’accesso umanitario, che è indispensabile per evitare ulteriori sofferenze della popolazione civile, ma anche esodi di massa che contribuirebbero a destabilizzare questa Regione. È qualcosa di cui non abbiamo bisogno.
Considero molto importante il lavoro di mediazione che è stato fatto da diversi degli attori presenti a questa Conferenza in questo senso. Considero molto importante la decisione della Commissione europea di triplicare gli aiuti umanitari a Gaza, portandoli a oltre 75 milioni di euro. Anche l’Italia lavora per aumentare gli aiuti bilaterali, ma chiaramente l’aumento di risorse deve essere accompagnato da un rigidissimo controllo su chi utilizza quelle risorse”.
Quindi, un passaggio sull’apertura del valico di Rafah, che ha consentito l’ingresso nella Striscia di Gaza dei primi aiuti, fatto che ha definito: “una novità incoraggiante”, soffermandosi poi sulla “preoccupazione per gli ostaggi nelle mani di Hamas, tra cui ci sono anche degli italiani, e noi chiediamo l’immediato rilascio di tutti gli ostaggi, a partire chiaramente da donne, bambini, anziani. È importante continuare a lavorare insieme per l’uscita da casa dei soggetti fragili e dei civili stranieri”.
Infine, la Premier Meloni ha evidenziato: “E, su tutto, noi dobbiamo fare l’impossibile per evitare una escalation di questa crisi, per evitare di perdere il controllo di quello che può accadere, perché le conseguenze sarebbero inimmaginabili.
E il modo più serio per ottenere questo obiettivo è la ripresa di un’iniziativa politica per una soluzione strutturale della crisi sulla base della prospettiva dei due popoli e due Stati. Una soluzione che deve essere concreta e deve, a mio avviso, avere una tempistica definita.
Il popolo palestinese deve avere il diritto a essere una Nazione che si governa da sé, in libertà, accanto a uno Stato di Israele al quale deve essere pienamente riconosciuto il diritto all’esistenza e il diritto alla sicurezza.
Su questo l’Italia è pronta a fare assolutamente tutto ciò che è necessario”.
A seguire, secondo quanto riportato in una nota da Palazzo Chigi, la Presidente del Consiglio ha avuto “un lungo e cordiale incontro bilaterale con il presidente Mahmud Abbas”, spiegando che “nel corso del colloquio, è stato confermato il sostegno dell’Italia alla legittima Autorità rappresentativa del popolo palestinese, il quale certamente non si identifica con Hamas. Ribadito inoltre il sostegno alla prospettiva dei due Stati”.
Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa , che ha riferito del bilaterale della Premier Meloni con Abbas, quest’ultimo avrebbe sottolineato “che la pace e la sicurezza si ottengono attraverso l’attuazione della soluzione dei due Stati basata su risoluzioni di legittimità internazionale, che comprende l’intero territorio dello Stato di Palestina in Cisgiordania, comprese Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza, e il riconoscimento dello Stato di Palestina” e “il rifiuto categorico dello Stato di Palestina allo sfollamento dei palestinesi dalla Striscia di Gaza, dalla Cisgiordania o da Gerusalemme” e ha ringraziato la Presidente Meloni “per il continuo sostegno dell’Italia alla soluzione politica basata sulla soluzione dei due Stati” e “per gli aiuti allo sviluppo e al rafforzamento delle istituzioni”.
Nell’incontro, poi, si sarebbe anche discusso “dell’importanza di introdurre materiali di soccorso medico e alimentare e di fornire acqua e elettricità ai palestinesi”.
Successivamente, la Presidente del Consiglio ha tenuto un breve punto stampa, nel quale, ha parlato del colloquio avuto con Abbas, spiegando: “Con Abbas ci siamo detti quello che diciamo anche fuori, che bisogna lavorare per una de-escalation, che credo sia anche il modo più serio per lavorare su una de-escalation vera: continuare a lavorare, come io ho detto anche nello speech che avrete sentito, su una soluzione di lungo termine; che quella soluzione può essere solamente la soluzione dei due Stati; c’è un lavoro pregresso che è stato fatto, che va ripreso e che secondo me va costruito anche con una tempistica decisa.
Chiaramente ci vuole un grande impegno della comunità internazionale, non facile se prima non si riesce a dare risposte che, secondo me, possono partire da una parte dal tema degli aiuti umanitari per la Striscia -su cui l’Italia lavora, l’Unione Europea come sapete ha triplicato l’ammontare degli aiuti -, dall’altra parte un lavoro importante va fatto sul tema degli ostaggi, che sarebbe un altro segnale significativo. È un lavoro molto delicato che però bisogna continuare a fare. E credo che sia soprattutto un lavoro di dialogo che va fatto tra i Paesi occidentali e i Paesi arabi. Tutto quello che si può fare per cercare di impedire una escalation, secondo me è buono e giusto. La cosa più importante che va fatta secondo me ed è la ragione per la quale io sono qui oggi, è capire che siamo tutti sulla stessa barca: la mia idea di quello che è accaduto, per le modalità con cui Hamas ha attaccato Israele, è che la causa palestinese non c’entri assolutamente nulla. Quello che si sta perseguendo è una jihad islamica; quello che si sta perseguendo è il tentativo di impedire un processo di normalizzazione nel Medio Oriente. E quindi il target di quell’aggressione non era semplicemente Israele, ma anche le Nazioni arabe che avevano tentato di fare dei passi in avanti nella normalizzazione dei rapporti con Israele, perché per alcuni la strategia è una strategia di lungo periodo, che per cancellare Israele vuole renderla una terra inospitale. Chiaramente degli accordi che normalizzano i rapporti in quel territorio sono totalmente controproducenti per questa strategia e per questo andavano fermati.
Ma significa che l’Europa, Israele, l’Occidente, gli Stati Uniti e – non lo so – le monarchie del Golfo sono tutti sulla stessa barca. E per questo è molto importante che noi continuiamo a dialogare con queste Nazioni, perché ci sarà, e c’è secondo me dall’inizio, un tentativo e una strategia di divisione, di creare la guerra di religione, lo scontro tra civiltà. Non lo deve diventare perché non lo è. Voi avete visto che dall’inizio io ho parlato soprattutto con questi Paesi, con i Paesi del Golfo, con i Paesi del Nordafrica, con i Paesi mediterranei, con i Paesi arabi. Credo che sia fondamentale continuare a portare avanti questa strategia, è la cosa più preziosa che abbiamo, e quindi anche la presenza anche a livello di leader per l’Italia. Io ho fatto questa scelta volutamente e, secondo me, i leader devono esserci in questi momenti. Poi non si otterranno oggi risultati concreti, già l’apertura del valico di Rafah è un risultato concreto: è stato possibile forse anche perché qui c’era una conferenza. Piccoli passi a piccoli passi, ma non bisogna smettere di dialogare con questi Paesi, non bisogna cadere in una trappola che secondo me è stata confezionata”.
Poi, confermata la missione anche a Tel Aviv per un confronto con il Primo ministro Netanyahu e con il Presidente Herzog, alla domanda su cosa avrebbe chiesto a Netanyahu, ha risposto: “Io a Netanyahu voglio fare questo ragionamento. Ovviamente voi sapete come noi difendiamo il diritto di Israele a esistere, il diritto di Israele a difendersi, il diritto di Israele, anche di fronte a scene che abbiamo visto di totale disumanizzazione del popolo ebraico. Questa è la cosa che secondo me non è stata pienamente colta. In quelle immagini c’era un antisemitismo che viene molto prima della questione israelo-palestinese e quindi noi difendiamo il diritto di Israele a esistere, a difendersi, a garantire la sicurezza per i suoi cittadini. Ma anche qui, credo che il modo migliore, anche per difendere il diritto di Israele, sia non consentire l’isolamento di Israele dalle Nazioni che hanno lavorato per un processo di normalizzazione, e quindi il più possibile impedire che il conflitto si propaghi perché questo secondo me è il disegno che hanno alcuni che hanno mosso diciamo il primo attacco di Hamas”.
Infine, alla domanda “se questa tragedia potrebbe essere il punto di non ritorno per fare dei passi in avanti sui due Stati”, ha replicato: “Sicuramente. Io penso che sì, penso che oggettivamente tutti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. E non possiamo negare che in questi anni siamo stati più attenti ad altre priorità sul piano internazionale e che quindi non sono stati fatti, forse, tutti gli sforzi che erano necessari per mandare avanti un processo che era maturo. Perché è maturo. Purtroppo noi sempre quando siamo sull’orlo del baratro ci occupiamo seriamente delle questioni. Nella tragedia può essere un’occasione, bisogna coglierla. Per cui spero che ci sia responsabilità, da questo punto di vista, da parte di tutta la comunità internazionale , ma mi pare di coglierla, per accelerare sul processo, per dare, come dicevo, anche una tempistica chiara di quello che deve accadere, perché altrimenti si rischia che oggi otteniamo una soluzione temporanea e poi ricominciamo a occuparci prevalentemente di altro.
E se non si trova una soluzione che è strutturale, è ciclico quello che accade e che accadrà anche nel futuro e non è distante da quello che vediamo accadere in questi giorni”.
Dunque, prima di partire per Tel Aviv, la Presidente del Consiglio, Meloni, ha avuto un incontro con il Presidente della Repubblica araba d’Egitto, Abdel Fattah al-Sisi, che, come riportato in una nota di Palazzo Chigi, “si è incentrato sul grave conflitto in corso in Medio Oriente e sulla necessità di sostenere un’urgente e coordinata azione diplomatica volta a contenere la sua ulteriore espansione. In questo senso, il Presidente Meloni ha sottolineato l’importanza del Vertice organizzato dal Cairo e il confronto tra tutti gli Stati partecipanti. L’incontro è stata anche un’occasione per approfondire le urgenti necessità umanitarie a Gaza.
Italia ed Egitto continueranno a lavorare nelle prossime settimane in uno spirito di rafforzata collaborazione”.
Riguardo al summit, quest’ultimo si è concluso senza dichiarazione finale condivisa da tutti i partecipanti, ma solo con un comunicato della presidenza egiziana ,che ha promosso il vertice. Ciò , secondo Sky News Arabia, che cita fonti diplomatiche di alto livello, sarebbe stato determinato dalle divergenze fra le diplomazie del gruppo dei Paesi arabi e del gruppo dei Paesi europei. In quanto, “i rappresentanti dei Paesi europei avrebbero voluto che la dichiarazione includesse solo una condanna di Hamas, rifiutando di condannare Israele per l’uccisione di migliaia di civili a Gaza o di chiedere un cessate il fuoco urgente e l’ingresso di aiuti nella Striscia”.
Già alla vigilia del vertice erano emerse delle difficoltà tra le parti a trovare un’intesa sulle dichiarazioni finali, per via dell’assenza nella bozza del testo di un riferimento al diritto di Israele a difendersi e di una condanna chiara di Hamas.
Sulla crisi in Medio Oriente, si è espresso nuovamente anche il Vicepremier e ministro degli Affari Esteri, Tajani, che, a margine dell’incontro di Forza Italia a Perugia per l’Umbria e per l’Italia, ha detto: “Bisogna fare di tutto per evitare una escalation come sta facendo il governo italiano che è tornato ad essere protagonista nell’area del mediterraneo e nelle aree del Medio Oriente. Ci confrontiamo con Israele, ma ci confrontiamo anche con i paesi Arabi con i paesi del G7, con tutti i Paesi dell’Unione europea. Lavoriamo perché non ci sia un allargamento della guerra perché la popolazione civile non debba soffrire, non debba accadere mai più quello che è successo al confine tra il territorio di Gaza e Israele dove i terroristi di Hamas hanno ammazzato come facevano i nazisti persone solo perché ebree. Questo è inaccettabile. Hamas deve essere sradicato dal territorio di Gaza e l’organizzazione terroristica deve essere tolta da quel territorio. Non bisogna confondere Hamas con il popolo palestinese che è un’altra cosa.. Bene che si sia aperto oggi il corridoio di Rafah e che siano arrivati i primi aiuti umanitari. Ci auguriamo che presto possano essere liberati gli ostaggi e che possano tornare anche in Italia gli italiani che sono oggi nella Striscia di Gaza. Noi siamo assolutamente convinti che nessuno può arrogarsi il diritto di togliere Israele dalla carta geografica ed è giusto che il popolo palestinese abbia un suo Stato. Due Stati che si riconoscano amichevolmente e che possano poi convivere. Il mutuo riconoscimento è il modo migliore per garantire pace e stabilità. Certo, ci sono quelli che non vogliono, e l’iniziativa di Hamas puntava proprio a interrompere il dialogo tra i Paesi arabi e Israele sperando in una reazione violenta da parte di quest’ultimo dopo la strage di innocenti. Noi dobbiamo fare l’esatto contrario di quello che fa Hamas e non dobbiamo assecondare il suo gioco”.
Non solo politica estera ,però, sul tavolo dell’Esecutivo, che lunedì tornerà a riunirsi alle 15:30 per il Consiglio dei Ministri, ma anche dossier economici come la Manovra. A tal riguardo, nella serata di ieri, è arrivato il primo di una serie di giudizi delle agenzie di rating: Standard&Poors’, la quale ha confermato il rating BBB dell’Italia con outlook stabile.
In una nota, l’agenzia ha evidenziato che la crescita economica italiana decelererà nel 2023 e nel 2024. Per il 2025 , invece, si prevede una ripresa della crescita del Pil sopra l’1%”. Previsto un Pil in crescita dello 0,9% quest’anno, dello 0,7% il prossimo e dell’1,3% nel 2025, grazie agli effetti dell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Per Standard&Poor’s , il consolidamento di bilancio sarà più lento del previsto, con un deficit al 5,5% del Pil nel 2023, anche per effetto degli incentivi per il Superbonus, mentre in merito al debito l’agenzia di rating ha sottolineato che “La sua sensibilità alle condizioni del mercato resterà elevata”.
Pertanto, sia per la crescita che per ridurre il debito sarebbe necessaria per l’Italia l’entrata in vigore di riforme strutturali.
Soddisfatta del giudizio di Standard&Poor’s , la Maggioranza.
Dopo il giudizio di Standard&Porr’s , il 27 ottobre sarà la volta di Dbrs, agenzia canadese, per la quale a maggio il rating dell’Italia era stato attestato al livello di BBB High con trend stabile.
Il 10 novembre, invece, toccherà all’agenzia Fitch, che il 12 maggio scorso ha confermato il rating a BBB con prospettive stabili, mentre la data più attesa è quella del 17 novembre, quando arriverà il giudizio di Moody’s: l’agenzia , infatti, a maggio non ha aggiornato il rating e, attualmente, classifica l’Italia a Baa3 con prospettive negative e a fine aprile aveva evidenziato in un report come l’Italia fosse l’unico Paese a rischiare “di perdere l”investment grade” e , dunque, un declassamento che la collocherebbe nella categoria ‘junk’.
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