Scritto dal filosofo illuminista francese Voltaire nel 1759, “Candido o l’ottimismo” è un racconto breve, articolato in 30 capitoli, in cui l’autore, attraverso le avventure-disavventure,occorse al protagonista, “Candido”, confuta la teoria ottimistica del “migliore dei mondi possibili”, propugnata da un altro filosofo suo contemporaneo: Leibniz, optando per una concezione improntata all’ottimismo razionalistico, convinto che il male, la cui esistenza è innegabile, possa essere ,se non sconfitto, affrontato con gli strumenti della conoscenza, della Ragione, del progresso, dell’impegno e della satira.
di Federica Marengo domenica 21 giugno 2020
Secondo le cronache del tempo, (il Settecento, secolo dei “Lumi della Ragione”), il filosofo francese Voltaire, esponente di punta dell’Illuminismo, fu talmente colpito dal violento terremoto che distrusse Lisbona nel 1755, causando migliaia di vittime,da decidere di scrivere dapprima un poema sul terribile avvenimento (1756) e poi un racconto breve (1759) , dal titolo: “Candido, o l’ottimismo” per confutare i precetti ottimistici di un altro filosofo del tempo, Leibniz, secondo cui l’uomo vive nel “migliore dei mondi possibili”, dove, qualsiasi cosa accada, ha sempre un senso e una spiegazione volti al bene.
Così, attraverso le vicende occorse al protagonista, “Candido,” figura di giovane ingenuo, Voltaire dimostra come l’approccio più saggio all’esistenza non sia né quello di abbandonarsi al pessimismo (della serie: “non c’è scampo”), né quello di far finta di niente e continuare a guardare l’universo attraverso le lenti colorate del fatalismo (del tipo: “se è accaduto, è perché doveva accadere”), ma bensì quello di un ottimismo critico e razionale con cui affrontare il male insito nelle cose del mondo e negli uomini, consapevoli che, se non si potrà sconfiggere, si potrà almeno affrontare dotandosi di due armi invincibili: la Conoscenza e, dunque , la Ragione, e la Satira, una sorta di visione paradossale e rovesciata della realtà, in grado di suscitare il riso anche nel dramma.
Proprio a questa conclusione arriva il protagonista del racconto,al termine delle vicissitudini da lui affrontate. Ma partiamo dall’inizio. “Candido” è un giovane ingenuo (nomen omen) , che vive in Vestfalia, nel castello del barone di Thunder-den-Tronckh, (il “più grande signore della provincia e del mondo”), in quanto figlio della sorella del barone e del suo amante, il quale non aveva potuto sposarla poiché non abbastanza nobile.
Precettore del ragazzo è Pangloss (dal Greco : “Tutto lingua”), evidente parodia di Leibniz e dei suoi seguaci), che insegna a lui e alla figlia del barone la “metafisico –teologo-cosmologo-nigologia”, una dottrina per la quale il mondo è “il migliore dei mondi possibili”e “tutto ciò che esiste ha una ragione di esistere”.
Un giorno, scoperto dal barone mentre bacia dietro un paravento sua figlia Cunegonda, viene cacciato dal castello, dando il via a una serie di peripezie, avventure e disavventure (dalla guerra dei sette anni tra Bulgari-Prussiani e Abari-Francesi, al terremoto di Lisbona,passando per i soggiorni in Argentina, ad Eldorado, città immaginaria dell’oro, in Francia, Inghilterra, a Venezia e a Costantinopoli) , colpi di scena, condanne a morte dell’inquisizione ed esecuzioni sventate, equivoci , incontri (significativo quello con Martino, filosofo manicheo e pessimista, dalle idee opposte a quelle di Pangloss) ,al termine dei quali i due si ritroveranno.
Garantito , quindi, il lieto fine, con Candido che sposa ,per dovere e non più per amore ,la ragazza dalla bellezza ormai sfiorita a causa di tante vicissitudini, trasferendosi insieme con lei e con una serie di altri personaggi secondari, in una fattoria, dove si dedicheranno a coltivare il proprio orto.
L’intera narrazione, improntata sui canoni della parodia, è pervasa dalla spirito tagliente dell’autore e da un ritmo, definito dal biografo di Voltaire ,Davidson: “Corto, leggero , veloce e divertente”, che porta al parossismo il senso dell’assurdo
Tuttavia, dietro l’apparente giocosità dei toni, si nasconde una critica serrata da parte del filosofo illuminista alla civiltà europea contemporanea, ai Governi del tempo, specie quelli della Francia di Luigi XV° ,e della Prussia di Federico II°, impegnati l’un contro l’altro nella Guerra dei Sette anni, e del Portogallo e dell’Inghilterra, rispettivamente per l’Inquisizione e l’uso “disinvolto” della pena capitale.
Dalle feroci critiche di Voltaire, però, non vengono risparmiate neppure: la religione, con la Chiesa Cattolico-Romana e l’ordine dei Gesuiti,accusati di approfittarsi delle popolazioni indigene con le missioni cristiane (accusa che determina la messa all’Indice dei libri proibiti del testo), e la Cultura , con la presa in giro di numerosi generi letterari e musicali di successo in quell’epoca come : il romanzo di formazione e quello picaresco, l’autobiografia degli avventurieri alla Casanova e l’operetta, massimamente rappresentata da Mozart, con “Le nozze di Figaro” e il “Don Giovanni”.
A tali generi “popolari”,il filosofo illuminista, antepone l’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, opera monumentale congegnata da Diderot, D’Alambert e da una serie di “enciclopedisti” in un numero spropositato di volumi elaborati fra il 1751 e il 1780 , che raccoglie tutto lo scibile umano, e che viene rappresentata nel racconto, ricorrendo all’espediente della metafora, con l’immagine del giardino o dell’orto , che ritornano in più snodi della narrazione, compreso nel finale, dove Candido “coltiva il suo giardino”sia come occupazione necessaria per sopravvivere che come forma di intrattenimento per combattere la noia.
Insomma, Voltaire, pur non riponendo fiducia nell’umanità, per sua natura incline al male, e rifuggendo tanto il pessimismo quanto il provvidenzialismo, non nega però la speranza che essa possa riscattarsi attraverso l’etica del lavoro e grazie al progresso e alla Ragione, favoriti dal secolo dei Lumi.
Una lettura godibile, dunque, quella di “Candido o l’illuminismo”, sia per i cultori, appassionati di filosofia che per i neofiti del genere e della materia , capace, dopo oltre tre secoli ,di farci ancora riflettere sull’importanza del ragionamento lucido e della valutazione soggettiva da applicare alle mille situazioni e ai mille casi del quotidiano, e che bisogna preferire al disfattismo, ma anche al pressapochismo dell’istinto e della prima impressione.
Per noi, un utile guida, per orientarsi in questi tempi incerti e “irrazionali”.
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