di Federica Marengo martedì 23 dicembre 2025

-Domenica 14 dicembre, terza d’Avvento (definita dalla Liturgia “Gaudete”-“Gioite” per l’avvicinarsi del Natale, dalle parole con cui inizia l’Antifona d’ingresso della Messa), Papa Leone XIV ha celebrato la Santa Messa nella Basilica Vaticana, in occasione del Giubileo dei Detenuti, del mondo carcerario e di tutti coloro che si prendono cura della realtà penitenziaria.
Nel corso della celebrazione, al termine della Liturgia della Parola, proclamato il Vangelo, il Pontefice ha pronunciato la Sua omelia, nella quale ha ricordato: “Il 26 dicembre dello scorso anno, Papa Francesco, aprendo la Porta Santa nella Chiesa del Padre Nostro , nella casa circondariale di Rebibbia, lanciava a tutti un invito: “Due cose vi dico , affermava. Primo: la corda in mano, con l’àncora della speranza. Secondo: spalancate le porte del cuore”. Facendo riferimento all’immagine di un’ancora lanciata verso l’eternità, al di là di ogni barriera di spazio e di tempo, ci invitava a mantenere viva la fede nella vita che ci attende, e a credere sempre nella possibilità di un futuro migliore. Al tempo stesso, però, ci esortava a essere, con cuore generoso, operatori di giustizia e di carità negli ambienti in cui viviamo”.
Quindi, il Santo Padre ha sottolineato: “Mentre si avvicina la chiusura dell’Anno giubilare, dobbiamo riconoscere che, nonostante l’impegno di molti, anche nel mondo carcerario c’è ancora tanto da fare in questa direzione, e le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato, “ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo”, ci ricordano che Dio è Colui che riscatta, che libera, e suonano come una missione importante e impegnativa per tutti noi. Certo, il carcere è un ambiente difficile e anche i migliori propositi vi possono incontrare tanti ostacoli. Proprio per questo, però, non bisogna stancarsi, scoraggiarsi o tirarsi indietro, ma andare avanti con tenacia, coraggio e spirito di collaborazione. Sono molti, infatti, a non comprendere ancora che da ogni caduta ci si deve poter rialzare, che nessun essere umano coincide con ciò che ha fatto e che la giustizia è sempre un processo di riparazione e di riconciliazione. Quando però si custodiscono, pur in condizioni difficili, la bellezza dei sentimenti, la sensibilità, l’attenzione ai bisogni degli altri, il rispetto, la capacità di misericordia e di perdono, allora dal terreno duro della sofferenza e del peccato sbocciano fiori meravigliosi e anche tra le mura delle prigioni maturano gesti, progetti e incontri unici nella loro umanità. Si tratta di un lavoro sui propri sentimenti e pensieri necessario alle persone private della libertà, ma prima ancora a chi ha il grande onere di rappresentare presso di loro e per loro la giustizia. Il Giubileo è una chiamata alla conversione e proprio così è motivo di speranza e di gioia”.
Pertanto, Papa Leone XIV ha inviato a “promuovere in ogni ambiente e, particolarmente nelle carceri, una civiltà fondata su nuovi criteri, e ultimamente sulla carità”, sottolineando come , a tal fine, Papa Francesco auspicasse la concessione per l’Anno Santo anche di “forme di amnistia o di condono della pena, volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società”, in quanto il Giubileo, “ nella sua origine biblica, era proprio un anno di grazia in cui ad ognuno, in molti modi, si offriva la possibilità di ricominciare”.
Proprio della possibilità di ricominciare, ha parlato il Pontefice, riferendosi al brano del Vangelo odierno, in cui : “Giovanni il Battista, mentre predicava e battezzava, invitava il popolo a convertirsi e ad attraversare di nuovo, simbolicamente, il fiume, come al tempo di Giosuè , per entrare in possesso della nuova “terra promessa”, cioè di un cuore riconciliato con Dio e con i fratelli. Ed è eloquente, in questo senso, la sua figura di profeta: era retto, austero, franco fino ad essere imprigionato per il coraggio delle sue parole, non era “una canna sbattuta dal vento”; eppure al tempo stesso era ricco di misericordia e di comprensione verso chi, sinceramente pentito, cercava con fatica di cambiare”. Infine, rivolgendosi ai detenuti e ai responsabili del mondo carcerario, il Santo Padre, ha detto: “Carissimi, il compito che il Signore vi affida, non è facile. problemi da affrontare sono tanti. Pensiamo al sovraffollamento, all’impegno ancora insufficiente di garantire programmi educativi stabili di recupero e opportunità di lavoro. E non dimentichiamo, a livello più personale, il peso del passato, le ferite da medicare nel corpo e nel cuore, le delusioni, la pazienza infinita che ci vuole, con sé stessi e con gli altri, quando si intraprendono cammini di conversione, e la tentazione di arrendersi o di non perdonare più. Il Signore, però, al di là di tutto, continua a ripeterci che una sola è la cosa importante: che nessuno vada perduto e che tutti “siano salvati”. Che nessuno vada perduto! Che tutti siano salvati! Questo vuole il nostro Dio, questo è il suo Regno, a questo mira il suo agire nel mondo. Mentre si avvicina il Natale, vogliamo abbracciare anche noi, con ancora più forza, il suo sogno, costanti nel nostro impegno e fiduciosi. Perché sappiamo che anche di fronte alle sfide più grandi non siamo soli: il Signore è vicino, cammina con noi e, con Lui al nostro fianco, sempre qualcosa di bello e gioioso accadrà”.
Terminate le celebrazioni, a mezzogiorno, Papa Leone XIV, affacciato alla finestra dello studio, nel Palazzo Apostolico Vaticano, ha recitato la preghiera dell’Angelus, con i fedeli e le fedeli ,radunatisi in Piazza San Pietro. Prima , però, il Pontefice ha tenuto un discorso nel quale , riferendosi al brano del Vangelo del giorno, in cui Giovanni il Battista, prigioniero in carcere per via della sua predicazione, nonostante tutto non perde la speranza e cerca la verità , ovvero se Gesù sia proprio il Messia , il Salvatore promesso da Dio per tramite dei profeti, ha evidenziato: “La risposta di Gesù porta lo sguardo su coloro che Lui ha amato e servito. Sono loro: gli ultimi, i poveri, i malati a parlare per Lui. Il Cristo annuncia chi è attraverso quello che fa. E quello che fa è per tutti noi segno di salvezza. Infatti, quando incontra Gesù, la vita priva di luce, di parola e di gusto ritrova senso: i ciechi vedono, i muti parlano, i sordi odono. L’immagine di Dio, deturpata dalla lebbra, riacquista integrità e salute. Persino i morti, del tutto insensibili, tornano alla vita. Questo è il Vangelo di Gesù, la buona notizia annunciata ai poveri: quando Dio viene nel mondo, si vede!. Dalla prigione dello sconforto e della sofferenza ci libera la parola di Gesù: ogni profezia trova in Lui il compimento atteso. È Cristo, infatti, che apre gli occhi dell’uomo alla gloria di Dio. Egli dà parola agli oppressi, ai quali violenza e odio hanno tolto la voce; Egli vince l’ideologia, che rende sordi alla verità; Egli guarisce dalle apparenze che deformano il corpo. Il Verbo della vita ci redime così dal male, che porta il cuore alla morte. Perciò, come discepoli del Signore, in questo tempo d’Avvento siamo chiamati a unire l’attesa del Salvatore all’attenzione per quello che Dio fa nel mondo. Allora potremo sperimentare la gioia della libertà che incontra il suo Salvatore: “Gaudete in Domino semper , Siate sempre lieti nel Signore”. Proprio con questo invito si apre la Santa Messa di oggi, terza domenica di Avvento, chiamata perciò domenica Gaudete. Gioiamo, dunque, perché Gesù è la nostra speranza soprattutto nell’ora della prova, quando la vita sembra perdere senso e tutto ci appare più buio, le parole ci mancano e fatichiamo ad ascoltare il prossimo. La Vergine Maria, modello di attesa, di attenzione e di gioia, ci aiuti ad essere imitatori dell’opera del suo Figlio, condividendo con i poveri il pane e il Vangelo”.
Dopo la preghiera dell’Angelus, Papa Leone XIV ha ricordato le beatificazioni avvenute a Jaén, in Spagna, del sacerdote Emanuele Izquierdo e cinquantotto Compagni, insieme al sacerdote Antonio Montañés Chiquero e sessantaquattro Compagni, uccisi in odio alla fede nella persecuzione religiosa degli anni 1936-38 e le beatificazioni , avvenute a Parigi, di Raymond Cayré, sacerdote, Gérard-Martin Cendrier, dell’Ordine dei Frati Minori, Roger Vallé, seminarista, Jean Mestre, laico e quarantasei Compagni, uccisi in odio alla fede negli anni 1944-45 durante l’occupazione nazista.
Poi, il Pontefice ha espresso preoccupazione per la ripresa degli scontri nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo e vicinanza alla popolazione, esortando le parti in conflitto a “cessare ogni forma di violenza e a ricercare un dialogo costruttivo, nel rispetto dei processi di pace in corso”.
In ultimo, il Santo Padre ha formulato i saluti ai pellegrini dell’Italia e di altre parti del mondo e ai romani, presenti in Piazza San Pietro.
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