di Federica Marengo lunedì 16 settembre 2024
-Alle ore 11.40 (4.40 ora di Roma), dell’11 settembre, il Santo Padre, arrivato presso l’Aeroporto Internazionale “Presidente Nicolau Lobato” di Dili, dopo la cerimonia di congedo , è salito a bordo del volo diretto a Singapore, ultima tappa del Suo Viaggio apostolico.
Arrivato all’Aeroporto Internazionale “Changi” di Singapore, Papa Francesco è stato accolto dal Ministro della Cultura, della Comunità e della Gioventù, Edwin Tong, con la Consorte, e dall’Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario di Singapore presso la Santa Sede, Ang Janet Guat Har. Da qui, Papa Francesco si è diretto al St. Francis Xavier Retreat Centre, dove ha incontrato in forma privata i Membri della Compagnia di Gesù.
Nella mattinata del 12 settembre, invece, il Pontefice, si è recato alla Parliament House dove ha avuto luogo la cerimonia di benvenuto a Singapore.
Al Suo arrivo, il Pontefice è stato accolto dal Presidente della Repubblica di Singapore, Tharman Shanmugaratnam e , dopo la Firma del Libro d’Onore e l’Orchid Naming Ceremony, il Santo Padre ha raggiunto la Temasek Room, dove si è svolta la visita di cortesia al Presidente, alla presenza della Delegazione del Papa e di quella presidenziale. Dopo l’incontro e la foto ufficiale con il Presidente della Repubblica, Papa Francesco ha incontrato il Primo Ministro, Wong Shyun Tsai, alla presenza delle rispettive Delegazioni.
Al termine, il Santo Padre, si è trasferito in auto alla National University of Singapore per l’incontro con le Autorità politiche e religiose, i Membri del Corpo Diplomatico, gli Imprenditori e i Rappresentanti della Società Civile e della Cultura.
Dopo l’intervento introduttivo del Presidente della Repubblica di Singapore, Tharman Shanmugaratnam, Papa Francesco ha pronunciato il Suo discorso: “Chi arriva qui per la prima volta non può non essere impressionato dalla selva di modernissimi grattacieli che sembrano sorgere dal mare. Essi sono una chiara testimonianza dell’ingegno umano, della dinamicità della società di Singapore e dell’acume dello spirito imprenditoriale, che qui hanno trovato un terreno fertile per esprimersi. Quella di Singapore è una storia di crescita e resilienza. Da umili origini, questa Nazione ha raggiunto un alto livello di sviluppo, dimostrando che esso è frutto di decisioni razionali e non del caso: è il risultato di un costante impegno nel portare a termine progetti e iniziative ben ponderate e in sintonia con le caratteristiche specifiche del luogo. Proprio in questi giorni ricorre il centounesimo anniversario della nascita di Lee Kuan Yew, primo Primo Ministro della Repubblica di Singapore, che dal 1959 al 1990 mantenne tale incarico e diede un forte impulso alla rapida crescita e trasformazione del Paese. È importante inoltre che Singapore non solo abbia prosperato economicamente, ma che si sia sforzata di costruire una società nella quale la giustizia sociale e il bene comune sono tenuti in grande considerazione. Penso in particolare alla vostra dedizione nel migliorare le condizioni di vita dei cittadini attraverso politiche abitative pubbliche, un’istruzione di alta qualità e un sistema sanitario efficiente. Auspico che questi sforzi continuino fino a coinvolgere pienamente tutti gli abitanti di Singapore. E a questo proposito, vorrei segnalare il rischio che un certo pragmatismo e una certa esaltazione del merito comportano, vale a dire la conseguenza non intenzionale di legittimare l’esclusione di coloro che si trovano ai margini dei benefici del progresso. Su questo fronte, riconosco e lodo le varie politiche e iniziative messe in atto per sostenere i più deboli, e auspico che venga prestata particolare attenzione ai poveri, agli anziani , le cui fatiche hanno gettato le fondamenta per la Singapore che conosciamo oggi , e anche per tutelare la dignità dei lavoratori migranti, che molto contribuiscono alla costruzione della società, e ai quali occorre garantire un salario equo. Le sofisticate tecnologie dell’era digitale e i rapidi sviluppi nell’uso dell’intelligenza artificiale non possono farci dimenticare che è essenziale coltivare relazioni umane reali e concrete; e che queste tecnologie si possono valorizzare proprio per avvicinarsi gli uni agli altri, promuovendo comprensione e solidarietà, e non per isolarsi pericolosamente in una realtà fittizia e impalpabile. Singapore è un mosaico di etnie, culture e religioni che convivono in armonia, e questa parola è molto importante: l’armonia. Il raggiungimento e la conservazione di questa positiva inclusività sono favoriti dall’imparzialità dei poteri pubblici, impegnati in un dialogo costruttivo con tutti, rendendo possibile che ognuno apporti il suo peculiare contributo al bene comune e non consentendo all’estremismo e all’intolleranza di acquisire forza e di mettere in pericolo la pace sociale. Il rispetto reciproco, la collaborazione, il dialogo e la libertà di professare il proprio credo nella lealtà alla legge comune sono condizioni determinanti del successo e della stabilità ottenuti da Singapore, requisiti per uno sviluppo non conflittuale e caotico, ma equilibrato e sostenibile .La Chiesa Cattolica a Singapore, fin dall’inizio della sua presenza, ha cercato di offrire il proprio apporto peculiare al cammino di questa Nazione, soprattutto nei settori dell’istruzione e della sanità, avvalendosi dello spirito di sacrificio e di dedizione dei missionari e dei fedeli. Sempre animata dal Vangelo di Gesù Cristo, la comunità cattolica è anche in prima linea nelle opere di carità, contribuendo in modo significativo agli sforzi umanitari e gestendo a questo fine diverse istituzioni sanitarie e molte organizzazioni umanitarie, tra cui la Caritas che tutti conosciamo. La Chiesa inoltre, secondo le indicazioni della Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II sulle relazioni con le religioni non cristiane, ha costantemente promosso il dialogo interreligioso e la collaborazione tra diverse comunità di fede, con spirito di apertura e rispetto reciproco, fondamentali per la costruzione di una società che sia giusta e pacifica. Questa mia visita, giunge a quarantatré anni da quando furono stabilite le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Singapore. Essa si propone di confermare nella fede i cattolici ed esortarli a proseguire con gioia e dedizione la collaborazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, per la costruzione di una società civile sana e coesa, per il bene comune e per una testimonianza cristallina della propria fede. Singapore ha anche un ruolo specifico da giocare nell’ordine internazionale , questo non lo dimentichiamo, minacciato oggi da conflitti e guerre sanguinose, e mi rallegro che abbia meritoriamente promosso il multilateralismo e un ordine basato su regole da tutti condivise. Vi incoraggio a continuare a lavorare per l’unità e la fraternità del genere umano, a beneficio del bene comune di tutti, di tutti i popoli e di tutte le Nazioni, con una comprensione non escludente né ristretta degli interessi nazionali. E mi sia consentito ricordare anche il ruolo della famiglia, il primo luogo in cui ognuno impara a relazionarsi con gli altri, ad essere amato e ad amare. Nelle condizioni sociali attuali, le fondamenta su cui si basano le famiglie sono messe in discussione e rischiano di venire indebolite. Occorre che esse vengano poste nella condizione di trasmettere i valori che danno senso e forma alla vita e di insegnare ai giovani a formare relazioni solide e sane. Sono perciò da lodare gli sforzi compiuti per promuovere, proteggere e sostenere l’unità familiare attraverso il lavoro di varie istituzioni. Non possiamo nascondere che oggi viviamo in una crisi ambientale, e non dobbiamo sottovalutare l’impatto che una piccola Nazione come Singapore può avere in essa. La vostra posizione unica vi offre accesso a capitali, tecnologie e talenti, risorse che possono guidare l’innovazione per prendersi cura della salute della nostra casa comune. Il vostro impegno per uno sviluppo sostenibile e per la salvaguardia del creato è un esempio da seguire, e la ricerca di soluzioni innovative per affrontare le sfide ambientali può incoraggiare altri Paesi a fare lo stesso. Singapore è un brillante esempio di ciò che l’umanità può realizzare lavorando insieme in armonia, con senso di responsabilità e con spirito di inclusività e fraternità. Questo è come un riassunto del vostro atteggiamento: lavorare insieme, in armonia, con senso di responsabilità e con spirito di fraternità e inclusività. Vi incoraggio a continuare su questa strada, confidando nella promessa di Dio e nel suo amore paterno per tutti. Signor Presidente, Signore e Signori, Dio vi aiuti a rispondere ai bisogni e alle attese della vostra gente, e vi incoraggi a sperimentare che, con chi rimane umile e grato, Lui può compiere grandi cose per il bene di tutti. Dio benedica Singapore!”.
Terminato il Suo discorso, Papa Francesco è rientrato al St. Francis Xavier Retreat Centre dove, ha incontrato in forma privata l’ex Primo Ministro di Singapore, Lee Hsien Loong.
Nel pomeriggio, il Pontefice ha raggiunto in auto lo Stadio Nazionale presso il “Singapore Sports Hub” per la celebrazione, davanti a 50.000 fedeli, della Santa Messa nella Memoria del Santissimo Nome di Maria.
Dopo la proclamazione del Vangelo, il Santo Padre ha pronunciato l’Omelia: “La conoscenza riempie di orgoglio, mentre l’amore edifica”. San Paolo rivolge queste parole ai fratelli e alle sorelle della comunità cristiana di Corinto: una comunità ricca di molti carismi, a cui l’Apostolo spesso raccomanda, nelle sue lettere, di coltivare la comunione nella carità. Noi le ascoltiamo mentre ringraziamo insieme il Signore per la Chiesa di Singapore, pure ricca di doni, vivace, in crescita e in dialogo costruttivo con le varie altre Confessioni e Religioni con cui condivide questa terra meravigliosa. Proprio per questo, vorrei commentare le stesse parole prendendo spunto dalla bellezza di questa città, e dalle grandi e ardite architetture che contribuiscono a renderla così famosa e affascinante, cominciando dall’impressionante complesso del National Stadium, in cui ci troviamo. E vorrei farlo ricordando che, in ultima analisi, anche all’origine di queste imponenti costruzioni, come di ogni altra impresa che lasci un segno positivo in questo mondo, non ci sono, come molti pensano, prima di tutto i soldi, né la tecnica e nemmeno l’ingegneria , tutti mezzi utili, molto utili, ma c’è l’amore: “l’amore che edifica”, appunto. Forse qualcuno potrebbe pensare che questa sia un’affermazione ingenua, ma se riflettiamo bene non è così. Non c’è opera buona, infatti, dietro cui non ci siano delle persone magari geniali, forti, ricche, creative, ma pur sempre donne e uomini fragili, come noi, per i quali senza l’amore non c’è vita, né slancio, né motivo per agire, né forza per costruire. Cari fratelli e sorelle, se qualcosa di buono c’è e rimane in questo mondo, è solo perché, in infinite e varie circostanze, l’amore ha prevalso sull’odio, la solidarietà sull’indifferenza, la generosità sull’egoismo. Senza questo, anche qui nessuno avrebbe potuto far crescere una metropoli così grande, gli architetti non avrebbero progettato, gli operai non avrebbero lavorato e nulla si sarebbe potuto realizzare. Allora ciò che noi vediamo è un segno, e dietro ciascuna delle opere che ci stanno di fronte ci sono tante storie d’amore da scoprire: di uomini e donne uniti gli uni agli altri in una comunità, di cittadini dediti al loro Paese, di madri e padri solleciti per le loro famiglie, di professionisti e lavoratori di ogni genere e grado, onestamente impegnati nei loro diversi ruoli e mansioni. E ci fa bene imparare a leggerle, queste storie, scritte sulle facciate delle nostre case e sui tracciati delle nostre strade, e tramandarne la memoria, per ricordarci che nulla di duraturo nasce e cresce senza l’amore. A volte succede che la grandezza e l’imponenza dei nostri progetti possono farcelo dimenticare, illudendoci di potere, da soli, essere gli autori di noi stessi, della nostra ricchezza, del nostro benessere, della nostra felicità, ma alla fine la vita ci riporta sempre ad un’unica realtà: senza amore non siamo nulla. La fede, poi, ci conferma e ci illumina ancora di più circa questa certezza, perché ci dice che alla radice della nostra capacità di amare e di essere amati c’è Dio stesso, che con cuore di Padre ci ha desiderati e portati all’esistenza in modo totalmente gratuito e che in modo altrettanto gratuito ci ha redenti e liberati dal peccato e dalla morte, con la morte e risurrezione del suo Figlio Unigenito. È in Lui, in Gesù, che ha origine e compimento tutto ciò che siamo e che possiamo diventare. Così nel nostro amore vediamo un riflesso dell’amore di Dio, come diceva San Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita in questa terra ,aggiungendo una frase importante, e cioè che «per questo l’amore è caratterizzato da un profondo rispetto per tutti gli uomini, a prescindere dalla loro razza, dal loro credo o da qualunque cosa li renda diversi da noi» . Fratelli e sorelle, questa è una parola importante per noi perché, al di là dello stupore che proviamo davanti alle opere fatte dall’uomo, ci ricorda che c’è una meraviglia ancora più grande, da abbracciare con ancora maggiore ammirazione e rispetto: e cioè i fratelli e le sorelle che incontriamo ogni giorno sul nostro cammino, senza preferenze e senza differenze, come ben testimoniano la società e la Chiesa singaporiane, etnicamente così varie e al tempo stesso così unite e solidali!. L’edificio più bello, il tesoro più prezioso, l’investimento più redditizio agli occhi di Dio, qual è? Siamo noi, siamo tutti noi: figli amati dello stesso Padre, chiamati a nostra volta a diffondere amore. Ce ne parlano in vari modi le letture di questa Santa Messa, che da diversi punti di vista descrivono la stessa realtà: la carità, che è delicata nel rispettare la vulnerabilità di chi è debole, provvidente nel conoscere e accompagnare chi è incerto nel cammino della vita , magnanima, benevola, nel perdonare oltre ogni calcolo e ogni misura. L’amore che Dio ci dimostra, e che ci invita a praticare a nostra volta, è così: “risponde generosamente alle necessità dei poveri, è contrassegnato dalla pietà per coloro che soffrono, pronto a offrire ospitalità, fedele nei tempi difficili, sempre disposto a perdonare, a sperare», perdonare e sperare, al punto di «ricambiare una bestemmia con una benedizione è il fulcro del Vangelo” .Lo possiamo vedere in tante figure di santi: uomini e donne conquistati dal Dio della misericordia, al punto da divenirne riflesso, eco, immagine vivente. E io ne vorrei, in conclusione, ricordare due. La prima è Maria, del cui Nome Santissimo oggi celebriamo la memoria. A quante persone hanno dato e danno speranza il suo sostegno e la sua presenza, su quante labbra è apparso e appare il suo Nome in momenti di gioia e anche di dolore! E questo perché in Lei, in Maria, noi vediamo l’amore del Padre manifestarsi in uno dei modi più belli e totali: quello della tenerezza , non dimentichiamo la tenerezza! , la tenerezza di una mamma, che tutto comprende, che tutto perdona e che non ci abbandona mai. Per questo ci rivolgiamo a Lei!. Il secondo è un santo caro a questa terra, che qui ha trovato ospitalità tante volte durante i suoi viaggi missionari. Parlo di San Francesco Saverio, accolto in questa terra in molte occasioni, l’ultima il 21 luglio 1552.Di lui ci è rimasta una bellissima lettera indirizzata a Sant’Ignazio e ai primi compagni, in cui manifesta il suo desiderio di andare in tutte le università del suo tempo a «gridare qua e là come un pazzo e scuotere coloro che hanno più scienza che carità», perché si sentano spinti a farsi missionari per amore dei fratelli, «dicendo dal profondo del loro cuore: “Signore, eccomi; che cosa vuoi che io faccia?”». Potremmo anche noi fare nostre queste parole, sull’esempio suo e di Maria: “Signore, eccomi; che cosa vuoi che io faccia?”, perché ci accompagnino non solo in questi giorni, ma sempre, come impegno costante ad ascoltare e a rispondere prontamente agli inviti all’amore e alla giustizia, che anche oggi continuano a venirci dall’infinita carità di Dio”.
Al termine della Celebrazione, dopo le parole di ringraziamento dell’Arcivescovo di Singapore, Card. William Goh Seng Chye, Papa Francesco è rientrato al St. Francis Xavier Retreat Centre.
Nell’ultima giornata del Suo Viaggio apostolico, quella del 13 settembre, il Santo Padre ha incontrato in forma privata ,presso la Cappella del St. Francis Xavier Retreat Centre, il Vescovo, i Sacerdoti, i Consacrati e le Consacrate. All’incontro ha preso parte anche il Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici di Malaysia, Singapore e Brunei, Mons. Julian Leow Beng Kim, Arcivescovo Metropolita di Kuala Lumpur.
Dopo il saluto del Card. William Seng Chye Goh, Arcivescovo di Singapore, il Pontefice ha indicato alcuni tratti caratteristici dei pastori, che siano “in mezzo al popolo, uniti a Dio, fratelli tra loro e uniti al Vescovo”. E alle suore presenti ha ricordato: “Non dimenticate di esprimere la maternità della Chiesa”.
Poi, dopo la benedizione e la foto di gruppo, il Santo Padre, si è recato in auto alla St. Theresa’s Home dove ha incontrato un gruppo di Anziani e Malati e ha benedetto una placca commemorativa. Al termine dell’incontro, Papa Francesco ha raggiunto il Catholic Junior College per l’Incontro interreligioso con i giovani.
Accolto, nel cortile antistante l’auditorium del College, dall’Arcivescovo di Singapore, Card. William Goh Seng Chye, dal Ministro della Cultura, della Comunità e della Gioventù, Edwin Tong, e da alcuni giovani ,che Gli hanno donato una ghirlanda di fiori e, dopo aver assistito a danze locali, Papa Francesco ha ascoltato la testimonianza di un giovane indù, di una giovane sikh e di una giovane cattolica.
A seguire, il Pontefice ha pronunciato il Suo discorso a braccio: “Tre parole che avete detto mi hanno colpito: “critici da salotto”, “zona di comfort” e “tecnologia” come dovere di usarla e anche rischio di usarla. Questo è il discorso che avevo preparato ,ma adesso andiamo. La gioventù è coraggiosa e alla gioventù piace andare verso la verità. Fare cammino, fare creatività. E la gioventù deve stare attenta a non cadere nei “critici da salotto”, parole parole. Un giovane dev’essere critico. Un giovane che non critica non va bene. Ma dev’essere costruttivo nella critica, perché c’è una critica distruttiva, che fa tante critiche, ma non fa una strada nuova. Io domando a tutti i giovani, ad ognuno: tu sei critico? Hai il coraggio di criticare e anche il coraggio di lasciarti criticare dagli altri? Perché, se tu critichi, l’altro critica te. Questo è il dialogo sincero tra i giovani. I giovani devono avere il coraggio di costruire, di andare avanti e uscire dalle zone “confortevoli”. Un giovane che sceglie di passare sempre la sua vita in modo “confortevole” è un giovane che ingrassa! Ma non ingrassa la pancia, ingrassa la mente! Per questo dico ai giovani: “Rischiate, uscite! Non abbiate paura!”. La paura è un atteggiamento dittatoriale che ti rende paralitico, ti procura una paralisi. È vero che tante volte i giovani sbagliano, tante, e sarebbe bello che ognuno di noi, che ognuno di voi, giovani, pensaste: quante volte ho sbagliato? Ho sbagliato, perché ho incominciato a camminare e ho fatto degli errori nel cammino. E questo è normale, l’importante è rendersi conto di aver sbagliato. Faccio una domanda, vediamo chi mi risponde di voi. Cosa è peggio? Sbagliare perché faccio un cammino o non sbagliare ,perché rimango chiuso in casa?. Un giovane che non rischia, che ha paura di sbagliare è un vecchio! Capito? Voi avete parlato dei media, oggi, ci sono tante capacità, tante possibilità di usare i media, il telefonino, la televisione. Io vi domando: è buono usare i media o non è buono? Pensiamo: un giovane che non usa i media, com’è quel giovane? Chiuso. Un giovane che vive totalmente schiavo dei media com’è quel giovane? È un giovane disperso. Tutti i giovani devono usare i media, ma usare i media perché ci aiutino ad andare avanti, non perché ci rendano schiavi. Siete d’accordo o no?. Una delle cose che più mi ha colpito di voi giovani, di voi qui, è la capacità del dialogo interreligioso. E questo è molto importante, perché se voi incominciate a litigare: “La mia religione è più importante della tua”, “La mia è quella vera, la tua non è vera”. Dove porta tutto questo? Dove? Qualcuno risponda, dove?, la distruzione. È così. Tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio. Sono, faccio un paragone, come diverse lingue, diversi idiomi, per arrivare lì. Ma Dio è Dio per tutti. E poiché Dio è Dio per tutti, noi siamo tutti figli di Dio. “Ma il mio Dio è più importante del tuo!”. È vero questo? C’è un solo Dio, e noi, le nostre religioni sono lingue, cammini per arrivare a Dio. Qualcuno sikh, qualcuno musulmano, qualcuno indù, qualcuno cristiano, ma sono diversi cammini. Ma per il dialogo interreligioso fra i giovani ci vuole coraggio. Perché l’età giovanile è l’età del coraggio, ma tu puoi avere questo coraggio per fare cose che non ti aiuteranno. Invece puoi avere coraggio per andare avanti e per il dialogo. Una cosa che aiuta tanto è il rispetto, il dialogo. Io vi dirò una cosa. Non so se succede qui, in questa città, ma in altre città succede. Fra i giovani c’è una cosa brutta: bullying. Io domando a voi: chi è il più coraggioso o la più coraggiosa per dirmi cosa pensa del bullying?. Mi è piaciuto, ognuno ha dato una definizione con un aspetto diverso del bullying. Ma sempre, sia il bullying verbale sia il bullying fisico, sempre è un’aggressione. Sempre. E pensate, nelle scuole o nei gruppi giovanili o di bambini, il bullying lo fanno con coloro che sono più deboli. Per esempio, con un bambino o una bambina disabile. E noi abbiamo visto qui questo bel ballo con bambini con disabilità! Ognuno di noi ha le proprie abilità e le proprie disabilità. Tutti abbiamo abilità?. E tutti abbiamo qualche disabilità?. Anche il Papa!. E come noi abbiamo le nostre disabilità, dobbiamo rispettare le disabilità degli altri. E questo è importante; perché dico questo? Perché superare queste cose aiuta in quello che voi fate, il dialogo interreligioso. Perché il dialogo interreligioso si costruisce con il rispetto degli altri. E questo è molto importante. Dovete fare tutto il possibile per mantenere un atteggiamento coraggioso e promuovere uno spazio in cui i giovani possono entrare e dialogare. Perché il vostro dialogo è un dialogo che genera un cammino, che fa strada. E se voi dialogate da giovani, dialogherete anche da grandi, da adulti, dialogherete come cittadini, come politici. E vorrei dirvi una cosa sulla storia: ogni dittatura nella storia, la prima cosa che fa è tagliare il dialogo. E adesso, in silenzio, preghiamo gli uni per gli altri. In silenzio. Che Dio benedica tutti noi. E quando passerà un po’ di tempo e voi non sarete più giovani, sarete grandi e sarete anche nonni, insegnate tutte queste cose ai bambini”.
Quindi, Papa Francesco si è recato nella Student’s Holding Area dove due giovani gli hanno presentato la Together in Unity and Hope Exhibition e lo hanno invitato a completare un dipinto e a firmarlo.
Infine, prima di lasciare il Catholic Junior College di Singapore, il Pontefice ha salutato i 12 leader religiosi presenti all’incontro, per poi dirigersi verso l’Aeroporto Internazionale “Changi” per la cerimonia di congedo da Singapore.
L’aereo con a bordo Papa Francesco ,decollato alle 12.25 (6.25 ora di Roma), è atterrato all’Aeroporto Internazionale Leonardo da Vinci di Roma -Fiumicino alle ore 18.46. Tuttavia, prima di rientrare in Vaticano, il Pontefice, come di consueto, ha fatto visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore per ringraziare la Vergine per il viaggio apostolico appena concluso e per pregare davanti all’icona della Vergine Salus Populi Romani.
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