di Federica Marengo sabato 18 ottobre 2025

-All’indomani della Veglia di preghiera e del Rosario per la pace, Papa Leone XIV ha presieduto sul sagrato di Piazza San Pietro la Messa, nell’ambito del Giubileo della Spiritualità Mariana.
Al termine della proclamazione del Vangelo, il Pontefice ha pronunciato la Sua omelia, nella quale, riferendosi alla Seconda Lettura del giorno, la Lettera di San Paolo apostolo a Timoteo (2,8-13), in cui San Paolo, imprigionato, esorta il figlio a ricordarsi di Gesù, rivolto ai fedeli e alle fedeli, ha affermato che “La spiritualità mariana, che nutre la nostra fede”, ha Gesù come centro”, sottolineando: In “catene come un malfattore”, Paolo ci raccomanda di non perdere il centro, di non svuotare il nome di Gesù della sua storia, della sua croce. e di riempire “della memoria incandescente di Gesù il sentire e il pensare, modificando il nostro vivere insieme, il nostro abitare la terra”.
Poi, citando la Prima Lettura del Giorno, tratta dal Secondo Libro dei Re (5, 14-17), nella quale si narra della guarigione di Naamàn, il Siro, il Santo Padre ha evidenziato: “Gesù stesso commentò questo brano nella sinagoga di Nazaret e l’effetto della sua interpretazione sulla gente del paese fu sconcertante. Dire che Dio aveva salvato quello straniero malato di lebbra piuttosto che quelli che c’erano in Israele scatenò una reazione generale: «Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù”.
Quindi, ha proseguito Papa Leone XIV: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore”, citando poi Papa Francesco, che nel commentare la stessa lettura in un discorso alla Curia Romana, riguardo a Naamàn, aveva detto: “Quest’uomo è costretto a convivere con un dramma terribile: è lebbroso. La sua armatura, quella stessa che gli procura fama, in realtà copre un’umanità fragile, ferita, malata. Questa contraddizione spesso la ritroviamo nelle nostre vite: a volte i grandi doni sono l’armatura per coprire grandi fragilità. Se Naamàn avesse continuato solo ad accumulare medaglie da mettere sulla sua armatura, alla fine sarebbe stato divorato dalla lebbra: apparentemente vivo, sì, ma chiuso e isolato nella sua malattia”.
Da qui, il Pontefice, nella Sua omelia, ha sottolineato che Gesù “ci libera da questo pericolo”, perché “non porta armature, ma nasce e muore nudo e che “meno titoli si possono vantare, più è chiaro che l’amore è gratuito” e che “Dio è puro dono, sola grazia”.
Per questo, ha continuato il Santo Padre, “La spiritualità mariana è a servizio del Vangelo: ne svela la semplicità”, “ ci immerge nella storia su cui il cielo si è aperto, ci aiuta a vedere i superbi dispersi nei pensieri del loro cuore, i potenti rovesciati dai troni, i ricchi rimandati a mani vuote. Ci impegna a ricolmare di beni gli affamati, a innalzare gli umili, a ricordarci la misericordia di Dio e a confidare nella potenza del suo braccio”, così come “L’affetto per Maria di Nazaret ci rende con lei discepoli di Gesù, ci educa a tornare a Lui, a meditare e collegare i fatti della vita nei quali il Risorto ancora ci visita e ci chiama”.
Tuttavia, ha sottolineato Papa Leone XIV: “I lebbrosi che nel Vangelo non tornano a ringraziare, infatti, ci ricordano che la grazia di Dio può anche raggiungerci e non trovare risposta, può guarirci e non coinvolgerci. Guardiamoci, dunque, da quel salire al tempio che non ci mette alla sequela di Gesù. Esistono forme di culto che non ci legano agli altri e ci anestetizzano il cuore. Allora non viviamo veri incontri con coloro che Dio pone sul nostro cammino; non partecipiamo, come ha fatto Maria, al cambiamento del mondo e alla gioia del Magnificat. Guardiamoci da ogni strumentalizzazione della fede, che rischia di trasformare i diversi , spesso i poveri , in nemici, in “lebbrosi” da evitare e respingere”.
Quindi, per il Pontefice, che ha citato l’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Evangelii gaudium”: “Ogni volta che guardiamo a Maria torniamo a credere nella forza rivoluzionaria della tenerezza e dell’affetto. In lei vediamo che l’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli ma dei forti, i quali non hanno bisogno di maltrattare gli altri per sentirsi importanti. Guardando a lei scopriamo che colei che lodava Dio perché “ha rovesciato i potenti dai troni” e “ha rimandato i ricchi a mani vuote” è la stessa che assicura calore domestico alla nostra ricerca di giustizia”.
In conclusione , al termine della Sua omelia, il Santo Padre ha invitato i fedeli e le fedeli a tenere “viva la spiritualità cristiana, la devozione popolare a quei fatti e a quei luoghi che, benedetti da Dio, hanno cambiato per sempre la faccia della terra e a farne “un motore di rinnovamento e di trasformazione, come chiede il Giubileo, tempo di conversione e di restituzione, di ripensamento e di liberazione”, affidando tutti e tutte all’intercessione di “ Maria Santissima, nostra speranza”, affinché “ancora e sempre ci orienti a Gesù, il crocifisso Signore”, in cui c’è salvezza per tutti.
A seguire, finita la celebrazione della Messa, il Santo Padre ha recitato la preghiera dell’Angelus, preceduta da un breve discorso nel quale ha ringraziato i fedeli e le fedeli presenti in Piazza San Pietro e la “multiforme realtà delle associazioni, dei movimenti, delle comunità animate dalla devozione mariana, esortando questi ultimi “ a fondare sempre la spiritualità sulla Sacra Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa”.
Poi, parlando della guerra in Medio Oriente, Papa Leone XIV ha detto: “Negli ultimi giorni, l’accordo sull’inizio del processo di pace ha regalato una scintilla di speranza in Terra Santa. Incoraggio le parti coinvolte a proseguire con coraggio il percorso tracciato, verso una pace giusta, duratura e rispettosa delle legittime aspirazioni del popolo israeliano e del popolo palestinese. Due anni di conflitto hanno lasciato ovunque morte e macerie, soprattutto nel cuore di chi ha perso brutalmente i figli, i genitori, gli amici, ogni cosa. Con tutta la Chiesa sono vicino al vostro immenso dolore. Oggi soprattutto a voi è rivolta la carezza del Signore, la certezza che, anche nel buio più nero, Egli resta sempre con noi: “Dilexi te – Ti ho amato”. A Dio, unica Pace dell’umanità, chiediamo di guarire tutte le ferite e di aiutare con la sua grazia a compiere ciò che umanamente ora sembra impossibile: riscoprire che l’altro non è un nemico, ma un fratello a cui guardare, perdonare, offrire la speranza della riconciliazione”.
Il Pontefice , inoltre, si è anche soffermato sulla guerra in Ucraina, affermando: “Con dolore invece seguo le notizie dei nuovi, violenti attacchi che hanno colpito diverse città e infrastrutture civili in Ucraina, provocando la morte di persone innocenti, tra cui bambini, e lasciando moltissime famiglie senza elettricità e riscaldamento. Il mio cuore si unisce alla sofferenza della popolazione, che da anni vive nell’angoscia e nella privazione. Rinnovo l’appello a mettere fine alla violenza, a fermare la distruzione, ad aprirsi al dialogo e alla pace!”.
Infine, il Santo Padre ha espresso vicinanza “al caro popolo peruviano in questo momento di transizione politica. Prego ,affinché il Perù possa continuare nella via della riconciliazione, del dialogo e dell’unità nazionale”, mentre , ricordando la Giornata dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro, ha invitato a pregare per loro e per la sicurezza di tutti i lavoratori.
Nella mattinata di martedì 14 ottobre, invece, Papa Leone XIV si è recato al Palazzo del Quirinale per la sua prima visita ufficiale al Presidente della Repubblica Mattarella, nel corso della quale, alla presenza delle più alte cariche dello Stato , ha pronunciato il Suo discorso.
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