di Federica Marengo venerdì 14 giugno 2024
-La seconda giornata dei lavori del G7 in Puglia è iniziata questa mattina con le sessioni dedicate alle Migrazioni e a Indo-Pacifico e sicurezza economica. Al termine della sessione dedicata alle Migrazioni, la Presidente del Consiglio Meloni ha avuto un bilaterale con il Presidente USA Biden, in merito al quale Palazzo Chigi ha riferito in una nota: “I due Leader hanno discusso dei principali temi dell’attualità internazionale, facendo in particolare il punto sulla evoluzione della guerra di aggressione russa all’Ucraina e sugli sforzi comuni di sostegno a Kiev, anche finanziari, in vista del prossimo Vertice NATO di Washington. L’incontro ha anche permesso di ribadire il comune impegno per un accordo complessivo con riferimento al conflitto a Gaza per la fine delle ostilità, la liberazione degli ostaggi e il rafforzamento del sostegno umanitario alla popolazione civile. E’ stata anche sottolineata l’importanza di riavviare il processo di pace con l’obiettivo della soluzione dei due Stati. Sul piano bilaterale, il Presidente Meloni e il Presidente Biden hanno espresso soddisfazione per l’andamento delle relazioni bilaterali e della collaborazione in campo economico-finanziario, nonché della cooperazione avviata tra il Piano Mattei per l’Africa e la Partnership for Global Infrastructure and Investment attraverso l’evento a margine del Vertice co-presieduto dai due Presidenti. In questo ambito, è stato ricordato il contributo italiano alla creazione del progetto infrastrutturale “Corridoio di Lobito”.
A margine dei lavori del G7, la Premier ha tenuto un bilaterale anche con il Primo Ministro del Giappone, Kishida, di cui, sempre Palazzo Chigi ha riferito in una nota: “A seguito dell’incontro in Giappone di inizio anno, il Presidente Meloni e il Primo Ministro Kishida hanno confermato il progressivo rafforzamento dei rapporti bilaterali.
Un’intensa collaborazione trasversale fra le due Nazioni, che ha avuto oggi ulteriore manifestazione concreta con l’adozione di un Piano d’Azione bilaterale volto a definire gli ambiti prioritari di cooperazione per il periodo 2024-2027.
I due Leader hanno anche ricordato l’importante appuntamento del prossimo anno in Giappone di EXPO Osaka 2025.
La conversazione ha infine passato in rassegna i principali temi dell’agenda internazionale, con particolare enfasi sulla crisi ucraina, sulla situazione a Gaza, sulla collaborazione con le Nazioni africane e sulla stabilità dell’Indo-Pacifico”.
Nella tarda mattinata, poi, la Presidente del Consiglio Meloni ha accolto Papa Francesco, giunto in elicottero per partecipare, prima volta di un Pontefice al G7, a una sessione dei lavori dedicata a Intelligenza artificiale, energia, Africa e Mediterraneo e per tenere una decina di bilaterali con capi di Stato e di Governo (tra cui il Presidente dell’Ucraina, Zelensk, il Presidente USA Biden e il Presidente francese Macron) e con rappresentati di Organizzazioni internazionali (quali: la direttrice generale del Fondo Monetario internazionale Kristalina Georgieva).
Nel primo pomeriggio, la Premier ha accolto i Capi di Stato e di Governo dei Paesi outreach e i rappresentanti delle Organizzazioni internazionali, per poi tenere, insieme al Pontefice, (ringraziato anche tramite social per la Sua presenza), gli interventi di apertura alla sessione “Intelligenza Artificiale, Energia, Africa/Mediterraneo”.
Nel suo intervento, la Presidente del Consiglio Meloni ha dichiarato: “Non abbiamo scelto questo luogo per caso. Lo abbiamo scelto perché la Puglia è una regione del Sud Italia, e perché è una terra che storicamente ha rappresentato un ponte tra Occidente e Oriente, un luogo di dialogo nel “mare di mezzo” che, attraverso l’Africa del Nord ed il Medio Oriente, collega i due grandi spazi marittimi del globo: l’Atlantico da una parte e l’Indo-Pacifico dall’altro. Questo luogo e questo ampio raggio d’azione che abbiamo voluto invitare sono un chiaro messaggio del G7 sotto la Presidenza italiana. Non accetteremo mai la narrazione che vuole “l’Occidente contro il resto”. Sappiamo che possiamo affrontare le sfide globali che ci troviamo ad affrontare solo se siamo in grado di cooperare con rispetto e con un approccio peer-to-peer. Tra le tante sfide globali che siamo chiamati ad affrontare in questo periodo, abbiamo deciso di dedicare la sessione di Outreach a quelle che riteniamo molto urgenti: l’Intelligenza Artificiale innanzitutto, con le opportunità che apre e i rischi che nasconde; il Mediterraneo, area di crisi e luogo di dialogo; il continente africano, con il quale lavoriamo per costruire una cooperazione tra pari del tutto nuova; e, ovviamente, la necessità di affrontare senza approcci ideologici il cambiamento climatico, che colpisce soprattutto i Paesi del Sud del mondo. Avremo due relatori principali per iniziare il nostro lavoro. Sua Santità Papa Francesco, che ci ha dato il grande onore di partecipare alla nostra sessione di lavoro e condividerà con noi il suo punto di vista sull’Intelligenza Artificiale. È la prima volta che un Pontefice partecipa a un incontro del Gruppo dei Sette, e questo rende inevitabilmente storico l’appuntamento di oggi. Quindi non la ringrazierò mai abbastanza per essere qui, Santità. Poi avremo Sua Eccellenza Mohamed Ould Ghazouani, Presidente della Mauritania e Presidente di turno dell’Unione Africana, che porterà il punto di vista delle nazioni africane sulle aspettative del continente”.
A seguire, quindi, l’intervento di Papa Francesco, nel quale, in merito all’Intelligenza Artificiale, ha detto: “La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano “saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro”. La scienza e la tecnologia sono dunque prodotti straordinari del potenziale creativo di noi esseri umani. Ebbene, è proprio dall’utilizzo di questo potenziale creativo che Dio ci ha donato che viene alla luce l’intelligenza artificiale. Quest’ultima, come è noto, è uno strumento estremamente potente, impiegato in tantissime aree dell’agire umano: dalla medicina al mondo del lavoro, dalla cultura all’ambito della comunicazione, dall’educazione alla politica. Ed è ora lecito ipotizzare che il suo uso influenzerà sempre di più il nostro modo di vivere, le nostre relazioni sociali e nel futuro persino la maniera in cui concepiamo la nostra identità di essere umani. Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire. Non possiamo, del resto, dubitare che l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenti una vera e propria rivoluzione cognitivo-industriale, che contribuirà alla creazione di un nuovo sistema sociale caratterizzato da complesse trasformazioni epocali. Ad esempio, l’intelligenza artificiale potrebbe permettere una democratizzazione dell’accesso al sapere, il progresso esponenziale della ricerca scientifica, la possibilità di delegare alle macchine i lavori usuranti; ma, al tempo stesso, essa potrebbe portare con sé una più grande ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi, mettendo così in pericolo la possibilità di una “cultura dell’incontro” a vantaggio di una “cultura dello scarto”. La portata di queste complesse trasformazioni è ovviamente legata al rapido sviluppo tecnologico dell’intelligenza artificiale stessa. Proprio questo vigoroso avanzamento tecnologico rende l’intelligenza artificiale uno strumento affascinante e tremendo al tempo stesso ed impone una riflessione all’altezza della situazione. In tale direzione forse si potrebbe partire dalla costatazione che l’intelligenza artificiale è innanzitutto uno strumento. E viene spontaneo affermare che i benefici o i danni che essa porterà dipenderanno dal suo impiego. Questo è sicuramente vero, poiché così è stato per ogni utensile costruito dall’essere umano sin dalla notte dei tempi. Questa nostra capacità di costruire utensili, in una quantità e complessità che non ha pari tra i viventi, fa parlare di una condizione tecno-umana: l’essere umano ha da sempre mantenuto una relazione con l’ambiente mediata dagli strumenti che via via produceva. Noi esseri umani, infatti, viviamo una condizione di ulteriorità rispetto al nostro essere biologico; siamo esseri sbilanciati verso il fuori-di-noi, anzi radicalmente aperti all’oltre. Da qui prende origine la nostra apertura agli altri e a Dio; da qui nasce il potenziale creativo della nostra intelligenza in termini di cultura e di bellezza; da qui, da ultimo, si origina la nostra capacità tecnica. La tecnologia è così una traccia di questa nostra ulteriorità. Tuttavia, l’uso dei nostri utensili non sempre è univocamente rivolto al bene. Anche se l’essere umano sente dentro di sé una vocazione all’oltre e alla conoscenza vissuta come strumento di bene al servizio dei fratelli e delle sorelle e della casa comune non sempre questo accade. Anzi, non di rado, proprio grazie alla sua radicale libertà, l’umanità ha pervertito i fini del suo essere trasformandosi in nemica di sé stessa e del pianeta. Stessa sorte possono avere gli strumenti tecnologici. Solo se sarà garantita la loro vocazione al servizio dell’umano, gli strumenti tecnologici riveleranno non solo la grandezza e la dignità unica dell’essere umano, ma anche il mandato che quest’ultimo ha ricevuto di “coltivare e custodire” il pianeta e tutti i suoi abitanti. Parlare di tecnologia è parlare di cosa significhi essere umani e quindi di quella nostra unica condizione tra libertà e responsabilità, cioè vuol dire parlare di etica. Non si può scartare una cosa dall’altra. E questo è vero in misura maggiore per l’intelligenza artificiale, la quale è uno strumento ancora più complesso. Direi quasi che si tratta di uno strumento sui generis. Conviene sempre ricordare che la macchina può, in alcune forme e con questi nuovi mezzi, produrre delle scelte algoritmiche. Ciò che la macchina fa è una scelta tecnica tra più possibilità e si basa o su criteri ben definiti o su inferenze statistiche. L’essere umano, invece, non solo sceglie, ma in cuor suo è capace di decidere. Per questa ragione, di fronte ai prodigi delle macchine, che sembrano saper scegliere in maniera indipendente, dobbiamo aver ben chiaro che all’essere umano deve sempre rimanere la decisione, anche con i toni drammatici e urgenti con cui a volte questa si presenta nella nostra vita. Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza, se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine. Abbiamo bisogno di garantire e tutelare uno spazio di controllo significativo dell’essere umano sul processo di scelta dei programmi di intelligenza artificiale: ne va della stessa dignità umana. Proprio su questo tema permettetemi di insistere: in un dramma come quello dei conflitti armati è urgente ripensare lo sviluppo e l’utilizzo di dispositivi come le cosiddette “armi letali autonome” per bandirne l’uso, cominciando già da un impegno fattivo e concreto per introdurre un sempre maggiore e significativo controllo umano. Nessuna macchina dovrebbe mai scegliere s togliere la vita ad un essere umano. A quanto già detto va ora aggiunta un’osservazione più generale. La stagione di innovazione tecnologica che stiamo attraversando, infatti, si accompagna a una particolare e inedita congiuntura sociale. Si registra come uno smarrimento o quantomeno un’eclissi del senso dell’umano e un’apparente insignificanza del concetto di dignità umana. Ed è così che in questa stagione in cui i programmi di intelligenza artificiale interrogano l’essere umano e il suo agire, proprio la debolezza dell’ethos connesso alla percezione del valore e della dignità della persona umana rischia di essere il più grande vulnus nell’implementazione e nello sviluppo di questi sistemi. Non dobbiamo dimenticare infatti che nessuna innovazione è neutrale: nessuna innovazione è neutrale. La tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana, rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad altri di compierne altre. Questa costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata. Questo vale anche per i programmi di intelligenza artificiale. Affinché questi ultimi siano strumenti per la costruzione del bene e di un domani migliore, debbono essere sempre ordinati al bene di ogni essere umano. Devono avere un’ispirazione etica. La decisione etica, infatti, è quella che tiene conto non solo degli esiti di un’azione, ma anche dei valori in gioco e dei doveri che da questi valori derivano. Per questo ho salutato con favore la firma a Roma, nel 2020, della Rome Call for AI Ethics e il suo sostegno a quella forma di moderazione etica degli algoritmi e dei programmi di intelligenza artificiale che ho chiamato “algoretica”. In un contesto plurale e globale, in cui si mostrano anche sensibilità diverse e gerarchie plurali nelle scale dei valori, sembrerebbe difficile trovare un’unica gerarchia di valori. Ma nell’analisi etica possiamo ricorrere anche ad altri tipi di strumenti: se facciamo fatica a definire un solo insieme di valori globali, possiamo però trovare dei principi condivisi con cui affrontare e sciogliere eventuali dilemmi o conflitti del vivere. Non possiamo nascondere il rischio concreto, poiché insito nel suo meccanismo fondamentale, che l’intelligenza artificiale limiti la visione del mondo a realtà esprimibili in numeri e racchiuse in categorie preconfezionate, estromettendo il rapporto e l’apporto di altre forme di verità e imponendo modelli antropologici, socio-economici e culturali uniformi. Il paradigma tecnologico incarnato dall’intelligenza artificiale rischia allora di fare spazio a un paradigma ben più pericoloso, che ho già identificato con il nome di “paradigma tecnocratico”. Ed è proprio qui che è urgente l’azione vostra, l’azione politica, come ricorda l’Enciclica Fratelli tutti. Certamente «per molti la politica oggi è una brutta parola, e non si può ignorare che dietro questo fatto ci sono spesso gli errori, la corruzione, l’inefficienza di alcuni politici. Non di tutti: alcuni. A ciò si aggiungono le strategie che mirano a indebolirla, a sostituirla con l’economia o a dominarla con qualche ideologia. E tuttavia, può funzionare il mondo senza politica? No. Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?». La nostra risposta a queste ultime domande è: no! La politica serve! Mi viene in mente quello che un Papa ha detto sulla politica: “È la forma più alta della carità, è la forma più alta dell’amore”. La politica serve. Voglio ribadire in questa occasione che «davanti a tante forme di politica meschine e tese all’interesse immediato la grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine. Il potere politico fa molta fatica ad accogliere questo dovere in un progetto di Nazione e ancora di più in un progetto comune per l’umanità presente e futura». Sempre c’è la tentazione di uniformare tutto. Mi viene in mente un romanzo, famoso, dell’inizio del 1900, “The Lord of the World”, un romando inglese futurista, che fa vedere il futuro senza politica, il futuro soltanto uniformante. È bello leggerlo, è interessante”.
Quindi, in conclusione, riguardo l’importanza di una “sana politica”, ha sottolineato: “Come ho già detto altrove, «la società mondiale ha gravi carenze strutturali che non si risolvono con rattoppi o soluzioni veloci meramente occasionali. Dobbiamo andare alle radici. Ci sono cose che devono essere cambiate con reimpostazioni di fondo e trasformazioni importanti. Solo una sana politica potrebbe averne la guida, coinvolgendo i più diversi settori e i più vari saperi. In tal modo, un’economia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune può “aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana, né l’intelligenza artificiale e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo”. Questo è proprio il caso dell’intelligenza artificiale. Spetta ad ognuno farne buon uso e spetta alla politica creare le condizioni perché un tale buon uso sia possibile e fruttuoso”.
Successivamente, il Pontefice ha continuato i bilaterali , iniziati in tarda mattinata con la Direttrice del Fondo Monetario Internazionale Georgieva, con il Presidente ucraino Zelensky , con il Presidente francese Macron e con il Primo ministro canadese Trudeau, con il Premier dell’India Modi, il Presidente del Kenya, Ruto e il Presidente del Brasile, Lula.
In serata, terminati i lavori della seconda giornata del G7, è stata adottata la Dichiarazione finale su cui c’è stata la convergenza tra i Sette Grandi della Terra. Si tratta di un documento in 36 pagine, nel quale i punti principali sono: i moniti rivolti a Cina e Russia, l’appello per la pace in Medio Oriente; la questione dei migranti, il Piano Mattei per l’Africa, “l’inarrestabile espansione dell’Intelligenza artificiale” e i riferimenti ai diritti della comunità Lgbtq+ , l’uguaglianza di genere e “lo stanziamento di 20 miliardi di dollari in tre anni in investimenti per promuovere l’emancipazione femminile e colmare il gap che lede le donne”.
Inoltre, i 7 Grandi hanno lanciato un appello affinché “ tutti i Paesi a osservino “la tregua olimpica individualmente e collettivamente, come prescritto dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ‘Costruire un mondo pacifico e migliore attraverso lo sport e l’ideale olimpico’ adottata il 15 novembre 2023″.
I leader e le leader dei Sette Grandi e i partecipanti alla sessione outreach del G7 hanno poi posato insieme con Papa Francesco per la foto di famiglia.
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