Dopo il successo di pubblico e di critica dei primi film italiani in concorso, “Il sindaco del Rione Sanità” di Mario Martone e “Martin Eden” di Pietro Marcello, l’impegno , la riflessione sulla condizione esistenziale e il dibattito sulla cultura come forma e strumento di riscatto sociale, hanno lasciato il posto alla leggerezza, all’euforia e al gossip patinato della influencer e blogger di moda più cliccata della Rete, Chiara Ferragni, arrivata al Lido il 3 settembre con il marito, il rapper Fedez, per presentare il documentario di Elisa Amoruso, “Unposted”, in uscita nelle sale il 17,18 e 19 settembre. Un ciclone che ha travolto letteralmente la Laguna, tornata alla normalità anche grazie alla pellicola, proiettata alle Giornate degli Autori, “Mio fratello rincorre i dinosauri”, opera prima di Stefano Cipriani, interpretata da Isabella Aragonese e Alessandro Gassmann, attualmente nei Cinema. Poi, ancora il rock e la trasgressione di Achille Lauro, arrivato da Roma per assistere alla prima di “Happy Birthday”, cortometraggio sulla realtà virtuale e sul fenomeno dell’alienazione dei giovani. Ancora tematiche sociali, poi, il 5 settembre, con il l’anteprima delle prime due puntate della serie Tv Sky-Cattleya “Zero Zero Zero” di Sergio Sollima, tratta dal libro di Roberto Saviano, un viaggio sulle rotte del narcotraffico, un incubo nero, illuminato dalle luci della nona giornata, l’ultima del concorso, in cui ad essere proiettato è il terzo film italiano in gara: “La mafia non è più quella di una volta”di Franco Maresco. Poi il fascino gitano e tenebroso di Johnny Depp, cattivo in “Waiting for the Barbarians”di Ciro Guerra, il rock di Roger Waters dei Pink Floyd nel film/concerto “US+Them” e la pellicola on the road di Gabriele Salvatores “Tutto il mio folle amore”. Stasera, la conclusione, con la cerimonia di premiazione.
di Federica Marengo sabato 7 settembre 2019
applausi, riflessioni sull’evoluzione del Cinema, sul tematiche sociali , storiche ed esistenziali: la 76.Mostra d’Arte cinematografica di Venezia è stata tutto questo, prima che al Lido, nella giornata di martedì 7 settembre arrivasse lei: l’inflencer, blogger di Moda più cliccata della Rete e con più seguaci sui Social Network, Chiara Ferragni, accompagnata dal marito, l’altrettanto super seguito repper Fedez.
Protagonista, di “Unposted”, documentario autobiografico diretto da Elisa Amoruso, presentato nella sezione Sconfini, la giovane imprenditrice digitale milanese pare non aver convinto gran parte della critica, che ha giudicato il film poco rispondente agli intenti dichiarati, ovvero : mostrare chi fosse realmente l’icona del marketing, la donna dietro l’immagine pubblica.
Insomma, per gli addetti ai lavori il documentario assomiglia più a una lezione di Social media managment e a uno spot pubblicitario per le aziende Ferragni che a una biografia per il grande schermo,malgrado la self made woman abbia assicurato di “aver scavato dentro di sé” per rendere quanto girato il più autentico possibile.
Bisogna , comunque riconoscere alla trentaduenne, ritenuta dalla rivista americana Forbes la donna più influente nel settore della Moda, l’abilità nel far parlare di sé.
A ogni modo, scemato il chiacchiericcio e il gossip della platea sui suoi abiti e sulla sua vita, sempre a prova di selfie, in Sala Grande, nel Palazzo del Cinema , si è tornati all’emozione, quella pura, che solo una pellicola come “Mio fratello rincorre i dinosauri” del regista esordiente Stefano Cipriani, (dal 5 settembre nelle sale), può suscitare. Il film, ispirato dal libro di Giacomo Mazzariol, racconta con i toni agrodolci della commedia, la vicenda di “Jack”, adolescente con due sorelle e un fratello minore , “Gio”, affetto dalla sindrome di Down e dei suoi genitori, interpretati da Isabella Aragonese e da Alessandro Gassmann.
Visto nell’infanzia come un “potere speciale” , l’handicap del fratello minore, durante l’adolescenza, si trasforma per Jack in un motivo di insicurezza nel rapporto con i coetanei, superata solo attraverso un percorso di accettazione e con l’amore della famiglia.
Una miscela dunque di buoni sentimenti, sorrisi e momenti di commozione, come nella migliore tradizione della commedia italiana.
Commozione, che non è di certo mancata nella sala dell’Italian Pavilio Excelsior, in occasione del riconoscimento che il Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici, d’intesa con la Biennale, ha voluto tributare al cronista di Spettacolo del TG1, Vincenzo Mollica, assegnadogli il Premio Bianchi, conferito ogni anno a una personalità del Cinema (tra i premiati in passato: Federico Fellini e Andrea Camilleri).
Tutt’altra atmosfera invece, per l’arrivo in Laguna del cantante trapper Achille Lauro, ancora reduce dal successo sanremese di “Rolls Royce”, presentatosi questa volta in veste di attore, tra i protagonisti del cortometraggio “Happy Birthday” di Lorenzo Giovenga, incentrato sul fenomeno degli “hikikomori”, ragazzi che decidono di isolarsi dal mondo e di restare chiusi nella loro stanza, davanti allo schermo di un computer.
Poi, dal monito agli adolescenti a uscire di casa, a liberarsi dalla schiavitù del virtuale, per vivere la realtà, all’Impero economico internazionale costruito dai malavitosi grazie ai traffici di cocaina, raccontato nella serie Sky/Cattleya/Bartlebyfilm/Amazon Prime Video “Zero Zero Zero”, tratta dal libro di Roberto Saviano e diretta da Sergio Sollima, in onda nel 2020, e di cui sono state proiettate in anteprima al Festival, nella giornata del 5 settembre, le prime due puntate, con annesse polemiche scaturite dalle dichiarazioni dello scrittore convinto si debba legalizzare la sostanza stupefacente per stroncare gli affari miliardari del narcotraffico.
Giornata, grigia quella del 6 settembre, l’ultima del concorso prima dell’assegnazione da parte della Giuria internazionale, (Presidente, la regista argentina, Lucrecia Martel, lo storico e critico canadese Piers Handling, la regista canadese Mary Harron, l’attrice inglese Stacy Martin, il direttore della fotografia messicano Rodrigo Prieto, il regista giapponese Tsukamoto Shinya e il regista italiano Paolo Virzì) del Leone d’oro 2019.
Tuttavia, pioggia, vento e ombrelli non hanno fermato la parata di star sul tappeto rosso, i click dei fotografi e le ammiratrici/gli ammiratori, assiepati in attesa di Johnny Depp, l’attore hollywoodiano dall’aspetto gitano e dall’aria tenebrosa , al Lido per presentare “Waitings for the barbarians” del regista colombiano Ciro Guerra, tratto dal romanzo di Coetzee, premio Nobel per la Letteratura nel 2003.
Nei panni di un cattivo, dopo essere stato un pirata e un gangster, Depp è un colonnello spietato mandato nel deserto per condurre interrogatori ai barbari del titolo, nomadi detenuti in un fortino per piccoli reati, che sottopone a ogni sorta di tortura e malvagità, con la complicità del suo luogotenente(Mark Rylance).
Fascino da maledetto, per nulla scalfito dal tempo, sebbene ormai indossi giacca e camicia, l’attore di Hollywood non ha dubbi su chi siano i barbari di oggi, a suoi dire i potenti che innalzano muri, e si emoziona parlando della figlia Lily Rose, anch’essa attrice, lasciandosi dunque alle spalle la sua fama di “cattivo ragazzo degli Studios”, con la passione per la chitarra di Keith Richards.
Passione, quella per lo strumento a corde , che ancora anima il settantaseienne Roger Waters, tra i fondatori del gruppo rock dei Pink Floyd, giunto alla Mostra del Cinema di Venezia per presentare,fuori concorso, “Us+Theme”, film-concerto, nelle sale con Nexo, solo il 7 e il 9 ottobre prossimi.
Ed è un attimo e subito la musica e il cinema si fondono con i discorsi sulla Politica, sui diritti umani e sull’immigrazione, mentre la pellicola mostra stuoli di adolescenti di oggi in visibilio sotto il palcoscenico come gli adolescenti di ieri.
Quindi, l’ultimo film italiano, il terzo, in concorso: “La mafia non è più quella di una volta” di Franco Maresco (assente al Lido per motivi personali), una disamina sulla mafia, a 25 anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio, da due punti di vista diversi : quello della fotografa palermitana Letizia Battaglia e quello di Ciccio Mira, manager di cantanti neo-melodici, per arrivare a interrogarsi sull’evoluzione dell’antimafia e sul perché il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non abbia commentato la sentenza del 20 aprile 2018 in cui si parla di connivenza tra la mafia e lo Stato in Italia, domanda quest’ultima, cui ha risposto, dopo le polemiche sollevate dalla pellicola, il Consigliere per la stampa e la comunicazione del Capo dello Stato: “Tra le cose che il Presidente della Repubblica non può fare vi è , ovviamente quella di commentare i processi e le sentenze della Magistratura”.
Infine, fuori gara e nei cinema dal 24 ottobre, “Tutto il mio folle amore”, di Gabriele Salvatores, una pellicola sulla diversità e sulla possibilità di riuscire ad amare chi è diverso da noi a patto di non farsi intimorire dalla diversità. Tratto dal romanzo di Fulvio Ervas “Se ti abbraccio non avere paura”, il film racconta di “Vincent” (l’esordiente Giulio Pranno), un ragazzo affetto da autismo che, cresciuto dalla madre “Elena” (Valeria Golino )e dal compagno di lei , “Mario” (Diego Abatantuono) incontra per la prima volta dopo sedici anni, il padre naturale , “Willi” (Claudio Santamaria),che non sa della sua condizione, per poi intraprendere insieme con lui un viaggio al termine del quale “Willi” si scoprirà di “amare follemente” il figlio.
Una pellicola, sulla paternità e sull’assunto che “padri non si nasce, ma si impara ad esserlo”, come rivelano le cronache quotidiane, che denunciano uno dei mali del millennio: l’assenza della figura paterna.
Chi sarà , dunque, il Leone d’oro di quest’anno? , a quale attrice, a quale attore, andrà la Coppa Volpi per la migliore interpretazione? . Non resta che attendere ancora qualche ora e lo scopriremo durante la cerimonia di premiazione.
Seguiranno aggiornamenti.
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