Quando è nata la Festa di Ognissanti e perché si festeggia il 1° novembre?. E la commemorazione dei defunti?, e perché la celebrazione è associata al consumo di dolci come il torrone?. Breve storia di una tradizione cristiana non senza qualche attinenza con Halloween.
di Federica Marengo 1° novembre 2019
Già da qualche decennio, in Italia, i giorni a cavallo fra il 31 ottobre , il 1° e il 2 novembre sono scanditi dall’intreccio di festività latine, legate al culto cristiano-cattolico e anglosassoni, di tradizione pagana. Inutile dire, che , anche su questo, gli italiani, popolo noto per l’attitudine a dividersi in fazioni, sin dai tempi dei Guelfi (pro Papa) e dei Ghibellini (pro imperatore), si sono schierati, contrapponendosi : c’è chi parteggia per Holloween e chi si dichiara a sfavore, c’è chi lo festeggia e chi lo boicotta, in nome della difesa del culto e della tradizione nostrana della Festa di Ognissanti e della Commemorazione dei defunti.
Tuttavia, a ben vedere, se si ricerca l’origine delle due ricorrenze, si scoprirà che un certo filo le tiene unite.
La Festa di Ognissanti, infatti, che cade il 1° novembre, iniziò ad essere celebrata nel IV secolo d.C nella città di Antiochia, in Turchia , dalla Chiesa orientale, come ricorrenza dei martiri, nella domenica successiva alla Pentecoste, ovvero il 13 maggio.
Tale culto, poi, intorno al 609/610 d.C, giunse anche in Occidente, grazie a Papa Bonifacio IV che, proprio il 13 maggio, istituì la ricorrenza della “Dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres”, per celebrare l’anniversario della trasformazione del Pantheon in chiesa dedicata alla Vergine e a tutti i martiri.
Poi, fu papa Gregorio III°, fra il 731 e il 741, a modificare la data della celebrazione, spostandola al 1° novembre, in modo da farla coincidere con l’anniversario della consacrazione di una cappella della Basilica di San Pietro alle reliquie “dei Santi Apostoli e di tutti i Santi martiri e confessori e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo”, celebrazione che si attestò definitivamente in novembre con il Sacro Romano Impero di Carlo Magno, e in seguito, con il figlio di questi,Luigi il Pio e il pontificato di Gregorio IV°.
La solennità andò quindi a sostituire definitivamente la festa romana dedicata a San Cesario diacono e martire, nume tutelare degli imperatori romani cristiani, che cadeva proprio il 1° novembre, giorno nel quale una solenne processione partiva dalla Basilica dei Santi Cosma e Damiano e si dirigeva sul Palatino in onore del Santo e degli imperatori.
Papa Gregorio IV°, dunque, avrebbe deciso di operare questo cambiamento per eliminare la superstizione del giorno delle anime, il “Samhain” celtico, che veniva rievocato durante la processione e la festa di San Cesario, attraverso pratiche semipagane e semicristiane, intrecciatesi durante l’invasione celtica della penisola.
Per l’antropologo James Frazer , la Festa di Tutti i Santi veniva già festeggiata in Inghilterra (luogo di origine dei Celti) il 1° novembre, in quanto ,tale data ,sarebbe stata scelta dalla Chiesa Romana , su richiesta avanzata dal mondo monastico irlandese, per creare una continuità cristiana con il Samhain , l’antico Capodanno celtico.
Secondo le credenze celtiche,durante il Samhain, i defunti sarebbero potuti ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita, ricevendo omaggi e onori da parte dei loro cari. Questo aspetto della festa quindi non sarebbe mai andato perso, neppure dopo l’avvento del Cristianesimo,che , infatti, il 2 novembre , celebra la Commemorazione dei defunti.
Tuttavia, per lo storico inglese, Ronald Hutton, tale tesi sarebbe da confutare, in quanto, la Festa di Tutti i Santi veniva celebrata già prima di diventare festa di precetto , in date diverse e in vari Paesi: per la Chiesa Romana, il 13 maggio, in Irlanda (Paese celtico), il 20 aprile, il 1° novembre in Inghilterra e in Germania (Paesi di cultura germanica). Inoltre, non esisterebbero prove che il Capodanno celtico avesse attinenze con i morti e la Commemorazione dei defunti iniziò a essere celebrata solo in seguito, nel 998.
Proprio in merito alla ricorrenza dei Defunti, che cade il 2 novembre, la tesi dello storico Hutton, sarebbe smentita dall’Encyclopaedia Britannica del 1910, la quale, invece , troverebbe un nesso tra le due ricorrenze. La celebrazione dei defunti ,infatti, si baserebbe sulla dottrina per la quale le anime dei fedeli, che alla morte non si fossero purificate dai peccati veniali o non avessero espiato le colpe passate e dunque non potessero raggiungere la Visione di Dio, possano essere aiutate a conseguirla mediante la preghiera e il sacrificio della messa.
Da qui, i contadini di numerosi Paesi cattolici avrebbero creduto che nella notte fra il 1° e il 2 novembre, i morti potessero tornare nelle loro case e cibarsi degli alimenti offertigli dai vivi, esattamente come i contadini celtici, convinti di poter rincontrare, nella notte fra il 31 ottobre e il 1° novembre, i propri cari, per porgere loro offerte , dolci e primizie
Tornando alla Chiesa d’Occidente, l’idea di commemorare i defunti in suffragio , con la possibilità di acquistare un’indulgenza parziale o plenaria, trarrebbe ispirazione dal rito della Chiesa bizantina che celebrava tutti i morti il sabato prima della domenica di Sessagesima, fra la fine di gennaio e il mese di febbraio.
Il rito latino, poi , esteso a tutta la Chiesa cattolica, viene attribuito all’abate benedettino di Sant’Odilone di Cluny, che , nel 998 stabilì, nella riforma cluniacense, che le campane dell’abbazia venissero suonate con rintocchi funebri dopo i Vespri del 1° novembre, per celebrare i defunti e il giorno seguente, il 2 novembre, l’Eucarestia fosse offerta “per il riposo di tutti i defunti”.
La festività, chiamata : “Anniversarium Omnium Animarum”, apparve la prima volta nell’ “Ordo Romanus”, testo della liturgia papale del XIV° secolo.
Ma la differenza tra le due ricorrenze dedicate alla commemorazione dei defunti, consiste nella diversa concezione del ritorno dei morti in vita: mentre per la tradizione celtico-pagana si tratta di un ritorno fisico della persona scomparsa, abitante di un regno idilliaco come i Campi Elisi o il Tartaro, per la Chiesa cristiano-cattolica si tratta di un ritorno immateriale , dell’anima, che è immortale, nel giorno del Giudizio Universale,concezione di matrice platonica, a sua volta derivante da quella orientale, in base alla quale l’uomo sarebbe uno spirito trascendente e immortale “imprigionato” provvisoriamente e per uno scopo nel mondo corporeo e materiale dal quale si libera con la morte.
Similitudini, ma anche diversità , dunque, tra le due tradizioni , anglosassone e latina, pagana e cristiana, che hanno un altro punto di contatto nell’usanza di porgere al defunto un “dolcetto” o un’offerta.
Varie sono da Nord a Sud, le ritualità realizzate nei giorni della ricorrenza: nella provincia di Massa Carrara , il 2 novembre è la giornata del “bèn d’i morti” , onere lasciato alla famiglia dagli estinti di distribuire cibo e vino ai bisognosi, mentre ai bambini viene messa al collo la “sfilza”, una collana fatta di mele e castagne bollite.
Sul Monte Argentario (provincia di Grosseto), invece, si usa cucire delle grandi tasche sulla parte anteriore dei vestiti dei bambini orfani, affinché ognuno possa metterci delle offerte , cibo o denaro. Altra tradizione, è quella di mettere delle piccole scarpe sulle tombe dei bambini defunti, perché si pensa che le loro anime , dette “angioletti”, nella notte del 2 novembre, possano tornare tra i vivi.
In Abruzzo, in analogia con quanto avviene nel mondo anglosassone con la zucca simboleggiante il fabbro irlandese della leggenda, Jack o’Lantern, è usanza scavare e intagliare le zucche e porvi poi una candela all’interno, per utilizzarle come lanterne.
In fatto di specialità dolciarie, poi, a Treviso, nel Friuli-Venezia Giulia, è d’uso mangiare focacce chiamate: “i morti vivi”, mentre a Perugia, in Umbria, si preparano le “fave dei morti” e a Napoli e in Campania, viene prodotto e consumato il “torrone dei morti”, dolciume morbido, ripieno di cacao o crema, nocciole tostate (da cui l’etimologia della parola, che deriva dal verbo latino “torrere”, ovvero: “tostare, abbrustolire”) e strato di ostia, a forma di parallelepipedo , che richiama una piccola cassa da morto, anche per via del colore , simile a quello del legno, ottenuto attraverso la base di cioccolato.
In Sicilia, invece, dove la credenza vuole che la notte di Ognissanti i defunti della famiglia lascino dei regali per i bambini , si preparano: la “frutta di Martorana”, i “pupi di zucchero”, (statuette in zucchero raffiguranti dame e cavalieri della Storia dei Paladini francesi o dei Pupi) , e le “ossa dei morti”.
Insomma, che preferiate Halloween o la Festa di Ognissanti, non dimenticate però lo spirito e il senso di questa ricorrenza: rivolgere un pensiero e una preghiera per coloro i quali continuiamo ad amare, malgrado non siano più fisicamente accanto a noi, perché l’unica cosa di eterno, nella vita di ciascuno, è l’amore.
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