di Federica Marengo lunedì 10 marzo 2025

-Nelle ultime ore, dopo lo stop di Tel Aviv all’ingresso di merci e di aiuti umanitari nella Striscia per via del rifiuto di Hamas di accettare una proposta di estensione della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco e di rilascio degli ostaggi, il ministro dell’Energia israeliano Cohen ha firmato un ordine governativo per tagliare tutta l’elettricità alla Striscia di Gaza. E’ stato lo stesso ministro ad annunciare il provvedimento in un video nel quale ha dichiarato che “Israele utilizzerà tutti i mezzi a sua disposizione per garantire il ritorno di tutti gli ostaggi israeliani e garantire che Hamas non rimanga a Gaza dopo la guerra”.
Immediata, la reazione di Hamas, che, tramite un membro dell’ufficio politico, ha dichiarato: “Condanniamo con fermezza la decisione dell’occupazione di tagliare l’elettricità a Gaza, dopo averla privata di cibo, medicine e acqua. Si tratta di un tentativo disperato di fare pressione sul nostro popolo e sulla sua resistenza attraverso tattiche di ricatto a buon mercato e inaccettabili”.
A tal riguardo, un portavoce dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha fatto sapere che: “ L’Onu è preoccupata per le gravi conseguenze per la popolazione civile di Gaza derivanti dalla cessazione della distribuzione di energia elettrica da parte di Israele nel territorio palestinese, che è già privato delle forniture di carburante da più di una settimana” e che , per via di tale decisione, “gli ultimi impianti di desalinizzazione dell’acqua, strutture sanitarie e panifici a Gaza rischiano di chiudere, con gravi conseguenze per i civili”.
Nell’ambito degli Stati Ue, una portavoce del ministero degli esteri tedesco, nel corso della consueta conferenza stampa di governo, ha dichiarato: “Proprio nel mese del Ramadan è disastrosa la limitazione di rifornimenti di generi alimentari e di acqua. Negare l’accesso agli aiuti umanitari non è un mezzo legittimo di pressioni. E’ inaccettabile e contrario al diritto internazionale il taglio dell’energia elettrica necessaria per gli impianti di desalinizzazione dell’acqua. Israele deve adempiere ai propri obblighi ai sensi del diritto internazionale assicurando la fornitura senza ostacoli di servizi di base e assistenza umanitaria in tutta la Striscia di Gaza. Pertanto, chiediamo al governo israeliano di revocare le restrizioni sulle importazioni di tutte le forme di aiuti umanitari a Gaza con effetto immediato”.
Tuttavia, allo stesso tempo, il governo tedesco ha chiesto ad Hamas di “porre fine alla sofferenza degli ostaggi e delle loro famiglie, liberando gli ostaggi secondo quanto previsto dalla tregua” e ha sottolineato di valutare “positivamente la riprese delle trattative a Doha”.
A tal proposito, oggi, la delegazione israeliana è partita per Doha, in Qatar, dove si svolgerà una nuova sessione di colloqui con la delegazione di Hamas sull’estensione del cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi.
Sul tavolo ci sarebbe il piano dell’inviato speciale degli USA per il Medio Oriente, Witkoff, che dovrebbe arrivare a Doha mercoledì, per cui Hamas dovrebbe rilasciare 10 ostaggi ancora in vita, tra cui un cittadino americano-israeliano , in cambio di altri 60 giorni di cessate il fuoco.
Tuttavia, l’inviato speciale USA per gli ostaggi, Boehler, in un’intervista alla tv israeliana “Kan” , ha dichiarato che i negoziatori di Hamas avrebbero proposto una tregua da cinque a dieci anni che prevederebbe anche un disarmo e in cui gli Stati Uniti, così come altri Paesi, si assicurerebbero che non ci siano tunnel, e che Hamas non sia coinvolto nella politica in futuro.
Poi, in merito ai timori di Tel Aviv che la Casa Bianca dia priorità al rilascio degli ostaggi americani rispetto a quelli israeliani, Boehler ha chiarito che “l’amministrazione Trump intende far rilasciare sia gli americani che gli israeliani” e che “Israele è stato informato dei suoi colloqui con Hamas prima ancora che iniziassero”, contrariamente a quanto sostenuto da funzionari di Tel Aviv che hanno affermato di essere venuti a conoscenza dei colloqui solo quando erano in corso.
Intanto, in Siria, il ministero della Difesa siriano ha annunciato la conclusione “con successo” dell’operazione militare nell’ovest del Paese, dove dalla scorsa settimana sono in atto scontri tra i lealisti del regime caduto di Assad e le nuove forze di sicurezza del governo di transizione ed esecuzioni di massa di civili che hanno provocato la morte di centinaia di persone.
Secondo il quotidiano libanese francofono “L’Orient-Le Jour”, sono circa 10.000 le persone fuggite dalle coste siriane per via di tali scontri, rifugiatesi nel nord del Libano.
Il Presidente del nuovo governo siriano, Ahmed Sharaa (Al-Jolani), in un’intervista concessa alla Reuters, ha dichiarato che “Gli scontri sono stati innescati da milizie fedeli all’ex Presidente Bashar al-Assad per fomentare disordini e creare discordia tra comunità” e ha evidenziato come le violenze mettano a rischio il suo tentativo di unire la Siria e di voler “rettificare la situazione il più possibile”.
A tal fine, sono stati istituiti un comitato indipendente, il primo organismo che include gli alawiti, per indagare sulle uccisioni nell’arco di 30 giorni e per assicurare i responsabili alla giustizia e un secondo comitato per preservare la pace civile e la riconciliazione.
In merito alla situazione in Siria, il portavoce del Cremlino Peskov ha dichiarato: “Per quanto riguarda la situazione in Siria, non possiamo che essere preoccupati per i casi di violenza che si verificano lì. Molti Paesi nel mondo e organizzazioni internazionali, tra cui l’Onu, condividono questa preoccupazione. Riteniamo che la questione debba essere discussa immediatamente e, cosa più importante, che si debba fare tutto il possibile per sradicare tali casi di violenza il prima possibile”.
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