di Federica Marengo mercoledì 18 dicembre 2024
-Proseguono i raid dell’esercito israeliano sulla Striscia di Gaza. Nelle ultime 24 ore, infatti, secondo l’agenzia palestinese Wafa, sarebbero almeno 8 le persone rimaste uccise e 5 quelle rimaste ferite nell’attacco contro una casa a nord dell’area. Sempre secondo l’agenzia Wafa, altre 4 persone sarebbero rimaste uccise e altre ferite in un raid sulla città di Beit Hanoun , sul quartiere di Zeitoun, a sud-est di Gaza City e sulla parte orientale della città di Khuzaa e il quartiere di Al-Janina, a est della città di Rafah.
Le forze di difesa israeliane, inoltre, hanno diramato un avviso di evacuazione per diversi quartieri di Bureij, nel centro di Gaza, in seguito al lancio di razzi dalla zona contro le truppe di Tel Aviv che operano nella Striscia.
Infine, nonostante la tregua in Libano , in vigore dal 27 novembre scorso, il portavoce militare dell’Idf ha reso noto che le forze di difesa israeliane hanno distrutto un tunnel nel sud del Libano, in quanto “La struttura sotterranea è stata utilizzata da Hezbollah per dirigere numerosi attacchi missilistici contro le città israeliane in Galilea nell’ultimo anno. Le truppe hanno rinvenuto armi, attrezzature di sorveglianza e altro equipaggiamento militare all’interno del tunnel e diversi depositi di armi vicino al tunnel, incluso uno all’interno di una moschea, dove erano conservati centinaia di ordigni esplosivi, armi, granate e altro equipaggiamento”.
Intanto, mentre questa mattina centinaia di studenti provenienti da tutto il Paese hanno manifestato nell’ambito di un’iniziativa nazionale per chiedere un accordo per liberare i 100 ostaggi trattenuti a Gaza, continuano sul fronte diplomatico le trattive dei mediatori Qatar, Egitto e USA per arrivare al raggiungimento di un’intesa sulla tregua tra Israele e Hamas, riguardo cui il portavoce per la sicurezza nazionale USA, uscente, Kirby, in un’intervista a Fox News, ha espresso un “cauto ottimismo”.
A tal proposito, il direttore della Cia Bill Burns ha incontrato oggi a Doha il Premier del Qatar ,Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, per definire i dettagli dell’intesa. Il Presidente dell’Autorità Nazionale palestinese, Abu Mazen, invece, si è recato al Cairo.
Tuttavia, secondo Ynet, il ministro delle Finanze israeliano Smotrich si sarebbe detto contrario al possibile accordo per il cessate il fuoco nella striscia di Gaza e per la liberazione degli ostaggi ,definendolo “un grave errore che non serve né gli obiettivi e gli interessi dello Stato di Israele nella guerra, né porta al ritorno degli ostaggi, perché alla fine si tratta di un accordo parziale”, in quanto “Hamas è al punto più basso dall’inizio della guerra e questo non è il momento di dargli una via di fuga”.
Parlando del dopoguerra, invece, secondo il Times of Israel,il ministro della difesa Katz avrebbe detto che “Israele continuerà a governare militarmente Gaza al termine del conflitto” e che “non permetterà alcuna attività terroristica contro le comunità israeliane e i cittadini di Gaza e un ritorno alla realtà precedente al 7 ottobre” .
Sul fronte della Siria, invece, il Premier israeliano Netanyahu ha dichiarato che “Israele rimarrà sul versante siriano del Monte Hermon fino a quando non verrà trovato un altro accordo che garantisca la sicurezza di Israele”.
Nel frattempo, il Consiglio di Sicurezza dell’ Onu ha chiesto un “processo politico inclusivo e guidato dai siriani” dopo la caduta di Bashar al-Assad.
In merito, l’inviato speciale dell’Onu, Geir Pedersen, ha detto che “Il conflitto in Siria non è finito” e ha invitato Israele a “cessare ogni attività di insediamento nel Golan siriano occupato”, sottolineando che “la fine delle sanzioni sarebbe fondamentale per assistere la Siria”. Poi, riguardo ai combattenti curdi sostenuti dagli USA e ai ribelli jihadisti sostenuti dalla Turchia, Pedersen ha avvertito: “Ci sono state ostilità significative nelle ultime due settimane, prima che fosse mediato un cessate il fuoco. Il cessate il fuoco di cinque giorni è ormai scaduto e sono seriamente preoccupato per le notizie di un’escalation militare. Una simile escalation potrebbe essere catastrofica”.
Proprio al riguardo, il leader della milizia a guida curda Forze Democratiche Siriane (Sdf),appoggiate dagli Stati Uniti, militarmente opposte alle miliziefilo-turche che hanno preso il controllo della Siria, ha proposto la creazione di una “zona demilitarizzata” nell’ex città martire di Kobane, nel nord della Siria, a suo tempo liberata dall’Isis proprio dai curdi.
Il Presidente turco, Erdogan, che nelle scorse ore ha incontrato la Presidente della Commissione Ue von der Leyen, ottenendo fondi per la gestione dei rifugiati siriani, si recherà domani in Egitto per partecipare al vertice dell’organizzazione per la cooperazione economica D-8, dove “terrà incontri bilaterali con i suoi omologhi e scambierà opinioni con i capi di Stato e di governo sulle attuali questioni globali e regionali, in particolare sulla Siria e la Palestina”. Tra i presenti al vertice dell’organizzazione, di cui fanno parte Iran, Egitto ,Bangladesh, Indonesia, Malesia, Nigeria e Pakistan , il Presidente iraniano, Masoud Pezeshkian.
Quanto al nuovo governo di transizione, che emissari Onu e Ue stanno incontrando in queste ore, il leader militare del gruppo radicale Hayat Tahrir al-Sham (Hts), alla guida della coalizione che ha spodestato il regime dell’ex Presidente siriano Bashar al Assad, ha annunciato che “il prossimo passo della nuova dirigenza della Siria sarà lo scioglimento delle fazioni armate, a cominciare dalla sua, affinché vengano fuse nella futura istituzione militare”.
La Presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen , stamane, nel sui intervento alla Plenaria a Strasburgo, ha detto: “La nostra Unione ha sempre mantenuto una presenza a Damasco: ora abbiamo una nuova prospettiva e aumenteranno i nostri contatti, dobbiamo essere presente in loco, per cui abbiamo lanciato ponti aerei per aiuti umanitari, ma dobbiamo andare oltre. Serve una nuova prospettiva per la ricostruzione però la nuova leadership deve trasformare le parole in fatti”.
Sulla stessa linea per l’Italia, la Premier Meloni, che nella sua replica in Senato sulle Comunicazioni in vista del Consiglio europeo di domani e venerdì, ha sottolineato: “Sulla Siria siamo impegnati in una serie di iniziative multilaterali. Non ho mai detto che ci siamo schierati a favore della nuova amministrazione siriana, ma che ci vuole molta prudenza. La fine del regime di Assad è una buona notizia ma non sappiamo verso dove stiamo andando. Penso che alcune prime dichiarazioni vadano nella giusta direzione, ma monitoriamo la tutela delle minoranze, in particolare quella cristiana, e non vogliamo ovviamente che il Paese scivoli verso un modello Afghanistan. Chiaramente alle parole devono seguire i fatti, e rivendico che l’Italia tra i Paesi del G7 ha l’unica ambasciata aperta a Damasco. Bisogna essere ovviamente molto prudenti, anche in seno alla Ue. La rimozione delle sanzioni verso la Siria è uno strumento che può essere utilizzato, ma ci muoviamo verso una situazione che non conosciamo”.
Per la Francia, il ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot ha dichiarato che “Parigi sta lavorando per trovare un accordo tra la Turchia e i curdi nella Siria nord-orientale” e che “i curdi devono far parte di qualsiasi processo di transizione politica”.
Per la Germania,la ministra degli Esteri tedesca, Baerbock, in un discorso al Bundestag, ha messo in guardia dai rischi di “compromettere dall’esterno il processo di dialogo da avviare in Siria dopo la caduta del regime di Bashad al-Assad” e ha chiesto anche che “tutte le minoranze siano coinvolte nel processo di rinnovamento in Siria”.
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