di Federica Marengo mercoledì 4 dicembre 2024

-Continua la tregua in Libano tra Israele ed Hezbollah, nonostante i rispettivi attacchi. L’esercito israeliano, infatti, ha fatto sapere di aver effettuato un attacco con un drone contro un lanciarazzi di Hezbollah, avvistato questa mattina a Majdal Zoun, nel Libano meridionale, in quanto “rappresentava una minaccia per lo Stato di Israele, violando al contempo gli accordi di cessate il fuoco”.
L’Idf ha anche fatto sapere che “le truppe hanno distrutto le armi dei miliziani filoiraniani trovate a Khiam, as-Sawana e Aitaroun, sempre nella parte meridionale del Paese”.
A tal proposito, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dichiarato : “ Se il fragile accordo di cessate il fuoco con Hezbollah dovesse essere rotto, agiremo con ancora maggiore forza e penetreremo più in profondità. A quel punto, le forze israeliane non faranno più distinzioni tra Libano e Hezbollah”.
Il ministro Katz ha aggiunto che “Il governo libanese deve autorizzare l’esercito regolare a far rispettare i termini della tregua ,tenendo Hezbollah lontano dal Litani e smantellando tutte le sue infrastrutture”.
Tuttavia, per il Segretario di Stato USA Blinken, che ha tenuto una conferenza stampa a margine della ministeriale Esteri della Nato a Bruxelles, “l’accordo messo in piedi con la Francia per assicurare il cessate il fuoco sta funzionando”.
Quanto a un accordo per il cessate il fuoco anche a Gaza, funzionari palestinesi hanno riferito che “i movimenti Fatah e Hamas starebbero per raggiungere un accordo per nominare un comitato di tecnocrati politicamente indipendenti per amministrare la Striscia di Gaza dopo la guerra” e che ciò porrebbe “effettivamente fine al governo di Hamas e potrebbe aiutare a far progredire i colloqui di cessate il fuoco con Israele”.
Un funzionario di Hamas ha aggiunto che l’accordo dovrebbe essere annunciato ufficialmente dopo un incontro di tutte le fazioni palestinesi al Cairo.
Contraria a tali accordi , Tel Aviv, che esclude la presenza a Gaza di Hamas nel dopoguerra.
In merito all’accordo per una tregua anche nella Striscia, il ministro della Difesa israeliano Katz, che, secondo quanto riportato dal Times of Israel, ha dichiarato: “Con l’aumento della pressione militare su Hamas, esiste la possibilità di raggiungere un accordo per il rilascio dei prigionieri detenuti a Gaza. La cosa più importante oggi in guerra è riportare a casa gli ostaggi. Questo è l’obiettivo supremo che ci sta di fronte e stiamo lavorando in ogni modo per farlo accadere”.
Intanto, mentre proseguono i raid israeliani a Gaza, dove è stato colpito il campo rifugiati di Nuseirat, causando la morte di numerose persone tra cui bambini, nella notte, decine di coloni hanno dato fuoco a decine di edifici e veicoli palestinesi in Cisgiordania, dopo che gli agenti avevano demolito tre palazzi in un vicino avamposto israeliano. In seguito a ciò, si sono verificati scontri e arresti.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha ribadito “la grave situazione umanitaria nella Striscia”, sottolineando: “L’incubo non è causato da una crisi logistica, ma dalla mancanza di volontà politica e di rispetto dei principi fondamentali del diritto internazionale umanitario”.
Proprio di aiuti umanitari e del progetto “Food for Gaza” ha parlato, a margine della ministeriale degli Esteri a Bruxelles, il Vicepremier e ministro degli Affari Esteri, Tajani, in un’intervista a Tgcom24, in cui ha detto: “L’incontro con il Re di Giordania Abdullah, è stato molto positivo: abbiamo affrontato i temi della incandescente situazione in Medio Oriente, in Libano, Siria e Gaza. Lavoriamo tutti per il cessato del fuoco, l’obiettivo è quello di arrivare a una soluzione di ‘due popoli, due Stati’, aiutando contemporaneamente la popolazione civile. La Giordania svolge un ruolo determinante, e per quanto ci riguarda è anche utilissima per la distribuzione dei beni che inviamo dall’Italia con il progetto ‘Food for Gaza’, e con il programma alimentare della la Croce Rossa”.
Riguardo alla Siria, dove è in corso una guerra civile tra ribelli jihadisti filo-turchi e forze governative di Bashar al Assad, sostenute da Russia, Iran e Iraq, il vice ambasciatore americano alle Nazioni Unite, Robert Wood, presidente di turno dell’organo Onu, che in queste ore ha partecipato al Consiglio di Sicurezza Onu convocato d’urgenza per discutere della crisi siriana, replicando alle accuse dell’Iran, secondo cui “USA e Israele avrebbero pianificato le azioni terroristiche in Siria”, ha dichiarato: “Il continuo rifiuto del regime di Assad di impegnarsi nel processo politico e la sua dipendenza da Russia e Iran hanno creato le condizioni che si stanno verificando ora in Siria, tra cui il crollo delle linee del regime nella parte nord-occidentale del Paese. Allo stesso tempo, la recente offensiva dei ribelli, con cui gli Stati Uniti non hanno avuto nulla a che fare, è guidata dal gruppo haya tarir Al Sham (Hds), un’organizzazione terroristica designata da Usa e Onu. Ovviamente, abbiamo delle preoccupazioni su questo gruppo. Continueremo a difendere e proteggere completamente il nostro personale e le posizioni militari statunitensi, che rimangono essenziali”.
Il ministero degli esteri ucraino, invece, ha “categoricamente” respinto le accuse russe secondo cui Kiev stia sostenendo i ribelli islamici in Siria, sottolineando che “l’Ucraina, a differenza della Russia, ha aderito incondizionatamente al diritto internazionale e che “Mosca e Teheran sono responsabili del deterioramento della situazione della sicurezza in Siria”.
Teheran, poi, ha accusato Israele e USA.
Per l’Italia, il Vicepremier e ministro degli Esteri Tajani, ha detto: “Stiamo lavorando per una de-escalation in quell’area. Siamo preoccupati di un collasso migratorio, ma siamo soprattutto impegnati a tutelare i 130 italiani che sono ad Aleppo. Abbiamo organizzato con le Nazioni Unite un convoglio che mi auguro possa partire nei prossimi giorni con l’accordo dei ribelli e dei russi ,che hanno già annunciato che non bombarderanno più luoghi religiosi nei luoghi dove sono concentrati gli occidentali. Con il Re di Giordania ci siamo soffermati anche sulla situazione in Siria; io ho condannato l’aggressione russa, l’attacco al convento della Santa, ad Aleppo. Però abbiamo poi ottenuto dai russi, con la pressione internazionale, e anche con le richieste che abbiamo fatto attraverso la nostra ambasciatrice a Mosca, una garanzia che non verranno più attaccati i luoghi sacri, non verranno colpiti i cittadini occidentali che sono riuniti in alcuni punti di raccolta, pronti a partire appena possibile con il Convoglio delle Nazioni Unite”.
Dell’incontro a Bruxelles con il Re di Giordania ha parlato anche il Segretario Generale della Nato Rutte, che ha sottolineato: “L’incontro con il Re di Giordania è stata una grande occasione per gli alleati. Il Re ci ha aggiornati sulla situazione in Medio Oriente, e in particolare abbiamo discusso dell’Iran e del ruolo che sta svolgendo nella regione, ricevendo denaro dalla Russia che poi viene utilizzato per alimentare gli sforzi di Hamas e Hezbollah per destabilizzare la regione. Ma naturalmente, più in generale è stata discussa la situazione in Siria e nel Medio Oriente. Questa è stata davvero una grande occasione per noi: sederci a parlare di nuovo con Sua Maestà. Naturalmente, è un grande amico della Nato. È stato qui molte volte. Stiamo aprendo, come sapete, un ufficio di collegamento Nato ad Amman, reso possibile dalla Giordania. Abbiamo ascoltato le sue opinioni su ciò che sta accadendo nella regione, non solo in Giordania e in Medio Oriente, ma anche l’impatto che tutto questo ha sul Nord Africa e sulla Siria. È stato estremamente utile. I ministri degli Esteri hanno potuto fare domande. Quindi questo è stato un buon dibattito, una buona discussione, non mirata a decisioni concrete, ma dobbiamo attingere alle sue opinioni”
E proprio mentre le persone costrette a sfollare nelle province siriane di Idlib e Aleppo dopo l’inizio dell’offensiva dei ribelli, secondo l’Onu, sono oltre 115 mila, cui si aggiungono decine di migliaia di siriani-curdi, i ribelli avanzano verso Hama e, nell’est della Siria si susseguono gli scontri tra forze filo USA e filo Iran.
Secondo fonti locali, che confermano l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, le forze filo-Usa tentano di conquistare sette località a est del fiume Eufrate sotto controllo delle milizie filo-iraniane e di altri gruppi vicini all’Iran.
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