di Federica Marengo giovedì 4 maggio 2023
-Nella 431°giornata di guerra in Ucraina, lo Stato Maggiore delle forze armate e la Difesa di Kiev hanno fatto la conta dei danni, dei morti e dei feriti, provocati dai raid notturni delle forze russe su diverse città del Paese, dopo l’attacco al Cremlino con droni verificatosi nella mattinata di ieri.
Colpite infatti dai bombardamenti e dai droni russi (24, di cui 18 distrutti dalle forze ucraine), la capitale Kiev, Chernihiv, Sumy, Poltava, Kharkiv, Kirovohrad, Donetsk, dove due persone sono rimaste uccise, Avdiivka, Mykolaiv , Odessa, dove su 15 droni lanciati dai russi, 12 sono stati abbattuti, Dnipropetrovsk, Mariupol e Zaporizhzhia, mentre è salito a 23 il bilancio dei civili rimasti uccisi nel raid russo avvenuto sempre ieri a Kherson.
Un allarme poi è stato lanciato dall’Agenzia Internazionale per l’energia atomica (AIEA), secondo cui le truppe russe avrebbero collocato attrezzature militari, armi ed esplosivi nel reparto turbine dell’unità quattro della centrale nucleare e starebbero immagazzinando materiali simili in altre aree dell’impianto, mettendo così a rischio sia la sicurezza del personale dell’impianto e dei residenti, ma anche la sicurezza transfrontaliera.
Secondo il rapporto dell’Esercito ucraino, quindi, la scorsa notte Kiev avrebbe subito l’attacco russo più intenso del 2023.
Sul fronte russo, invece, nelle ultime 24h i gruppi di assalto russi hanno preso il controllo di altri due quartieri di Bakhmut, e sono andati a fuoco almeno tre depositi di carburante, colpiti da droni ucraini: una raffineria a Ilsky, una a Novorossijsk e un deposito di combustibile nel villaggio di Tashl, nel distretto Shpakovsky, nella regione di Stavropol. Il primo incendio di una raffineria in ordine cronologico risale invece al 29 aprile e si verificò a Sebastopoli in Crimea. In proposito, il portavoce del Cremlino, Peskov, il quale ha fatto sapere che il Presidente russo Putin stamane è tornato regolarmente al lavoro al Cremlino e che, come previsto, terrà un discorso il 9 maggio, in occasione del Giorno della vittoria, ha denunciato un’inedita ondata di sabotaggi sul territorio russo, affermando che dietro all’attacco compiuto vi sarebbero gli USA, accusa, quest’ultima, respinta dal portavoce del Coniglio di Sicurezza nazionale Kirby, secondo cui si tratta di “accuse false e ridicole, in quanto gli Usa non incoraggiano, non sostengono e non forniscono supporto ad attacchi contro singoli leader”.
Per l’intelligence britannica: “A causa dei ripetuti attacchi di Kiev con droni ai depositi di carburante nelle regioni russe al confine con l’Ucraina, Mosca sarà costretta a modificare le vie di rifornimento, facendo affidamento su depositi meno minacciati”.
Sempre in merito all’attacco con droni al Cremlino di ieri, secondo l’Institute for the study of war, “La Russia potrebbe aver organizzato l’azione nel tentativo di trasmettere l’importanza della guerra alla popolazione russa, nonché di creare le condizioni per una più ampia mobilitazione sociale. Inoltre, secondo il centro studi USA, diversi segnali indicherebbero che l’attacco potrebbe essere stato condotto da forze interne”.
L’ISW ha spiegato che: “Le autorità russe hanno recentemente adottato misure per rafforzare le proprie capacità di difesa aerea interna, anche nella stessa Mosca, ed è quindi altamente improbabile che due droni possano penetrare diversi strati di difesa aerea ed esplodere o essere abbattuti proprio sopra il cuore del Cremlino, sotto le lenti delle telecamere. Le immagini di geolocalizzazione del gennaio scorso mostrano le autorità russe che dispiegano sistemi missilistici antiaerei Pantsir vicino a Mosca per creare perimetri di difesa aerea intorno alla città, ricordano gli esperti commentando che se l’attacco fosse stato lanciato da Kiev rappresenterebbe un notevole imbarazzo per la Russia”.
Al riguardo, l’ambasciatore russo negli USA, Antonov, ha dichiarato: “La Russia risponderà all’atto terroristico dell’Ucraina sotto forma di un tentativo di attacco con un drone al Cremlino quando lo riterrà necessario. Cosa farebbero gli americani se un drone colpisse la Casa Bianca, il Campidoglio o il Pentagono? La risposta è ovvia per chiunque: la punizione sarebbe dura e inevitabile. La Russia risponderà a questo atto di terrorismo sconsiderato e arrogante. Mosca risponderà quando lo riterrà necessario, in base alle valutazioni della minaccia che Kiev ha creato per la leadership del nostro Paese. Le osservazioni dei funzionari di Washington sono sorprendentemente ciniche e assurde”, riecheggiato dal ministro degli Esteri russo, Lavrov, che ha detto: “La Russia ribadisce che si riserva il diritto di prendere contromisure in risposta a questi oltraggiosi atti di terrorismo ovvero il presunto attacco di droni al Cremlino di ieri notte. La risposta della Russia dipenderà dalla valutazione delle minacce poste da Kiev alla leadership del nostro Paese. Le attività terroristiche e di sabotaggio delle forze armate ucraine stanno guadagnando uno slancio senza precedenti. Il Dipartimento di Stato Usa ha invitato a prendere con le pinze quello che succede a Mosca e le informazioni che vengono dalla Russia”.
Il Vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, ed ex Presidente Medvedev, invece, sul suo profilo Twitter, in risposta alla richiesta dell’Alto rappresentante per la Politica estera UE, Borrell, di non “non usare questo presunto attacco come scusa per continuare l’escalation della guerra”, ha scritto: “E’ esattamente all’escalation del conflitto in Ucraina che condurrà il presunto attacco con droni contro il Cremlino. Questo è proprio ciò che vogliono Washington e molti stupidi a Bruxelles. Si è trattato di un attacco terroristico perpetrato dalle autorità di Kiev, guidato dagli Usa e approvato dalla leadership Ue”.
Intanto, il Presidente ucraino Zelensky, smentita ogni responsabilità di Kiev nell’attacco con droni sul Cremlino, dopo la visita in Finlandia, si è recato nei Paesi Bassi e in Olanda, presso la Corte penale dell’Aia, dove ha tenuto un intervento nel quale ha detto: “La Russia, solo ad aprile, ha compiuto 6.000 crimini di guerra. Crimini che hanno portato alla morte di 207 civili ucraini, tra cui 11 bambini. Solo ieri a Kherson sono state uccise 23 persone e ferite altre 49. Si tratta di milioni di attacchi nelle regioni del Donbass, persone uccise durante l’occupazione di Bucha, un campo di filtraggio che Mosca ha allestito nella nostra terra indipendente, prigionieri torturati durante la prigionia russa”.
Poi, il Presidente Zelenssky ha affermato: “Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, merita di essere condannato per azioni criminali e che solo la creazione di un tribunale speciale sarebbe in grado di rispondere all’aggressione russa: è ingiusto nei confronti delle generazioni future lasciare problemi che non possiamo risolvere ora, è sbagliato che qualcuno abbia paura di dare piena forza alla giustizia. Questa è la guerra che non volevamo, quella che deve essere l’ultima”.
A seguire, nel corso della conferenza stampa con il Premier olandese Rutte e com l’omologo belga De Croo, ha sottolineato: “È tempo di prendere decisioni positive per l’Ucraina sui moderni caccia. Non c’è alcuna motivazione razionale per rimandare l’invio di tali armi. De facto, l’Ucraina è già diventata parte della Nato. Per questo dovrebbe diventarne parte anche de iure. Nei mesi scorsi abbiamo avuto messaggi positivi da alcuni paesi. Ma abbiamo bisogno di più di porte aperte al summit di Vilnius. Ma siamo realisti, non diventeremo membri della Nato durante la guerra, ma vorremmo ricevere il chiaro messaggio che ci saremo dopo la guerra. Crediamo nel successo della nostra controffensiva, non pensiamo che non ce la faremo. Sappiamo qual è l’obiettivo. Ma vittoria non è la parola giusta perché anche se vinci perdi anche, intendo perdi vite umane”.
Tuttavia, nella dichiarazione congiunta seguita all’incontro, a L’Aja, tra Zelensky, il Premier olandese Rutte e l’omologo belga De Croo, si legge: “Il Regno del Belgio e il Regno dei Paesi Bassi ribadiscono il loro incrollabile sostegno all’indipendenza, alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti, nonché il loro pieno appoggio al diritto intrinseco dell’Ucraina all’autodifesa e alla scelta del proprio regime di sicurezza. L’Ucraina, il Belgio e i Paesi Bassi ribadiscono la loro richiesta, in conformità con l’ordinanza della Corte internazionale di giustizia del 16 marzo 2022, che la Federazione Russa ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari dal territorio dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti, comprese le unità armate militari o irregolari che possono essere dirette o sostenute dalla Federazione Russa, nonché tutte le organizzazioni e le persone che possono essere soggette al suo controllo o direzione. Il Belgio e i Paesi Bassi restano impegnati a fornire all’Ucraina il necessario sostegno militare, umanitario e finanziario per aiutarla a prevalere contro la guerra di aggressione russa per tutto il tempo necessario. Fino a quando l’Ucraina non diventerà membro della Nato, il Belgio e i Paesi Bassi si impegnano a sostenere l’Ucraina nel suo percorso di ulteriore integrazione euro-atlantica e a rafforzare la capacità dell’Ucraina di difendersi dall’attuale guerra di aggressione russa e da qualsiasi minaccia futura”.
Il primo ministro olandese Rutte, poi, ha aggiunto: “Sugli F-16 non ci sono tabù. Stiamo lavorando a stretto contatto con i nostri partner Belgio, Regno Unito, Danimarca e altri, per portare in qualche modo a conclusione il dibattito. Non ci siamo ancora. È una questione delicata. In effetti, l’ho già visto con i carri armati Leopard 2, l’ho visto prima con gli obici francesi. Abbiamo bisogno di tempo per giungere a una conclusione comune. Ma ora gli obici sono in Ucraina e i carri armati Leopard 2 vengono consegnati all’Ucraina”.
In ambito diplomatico, la Cina, che insieme all’India, ha riconosciuto durante l’ultimo Consiglio di Sicurezza dell’Onu l’”operazione militare speciale” della Russia come “aggressione”, ha invitato alla “calma e alla moderazione dopo gli attacchi compiuti da droni contro il Cremlino”, con la portavoce del ministero degli Esteri ,Mao Ning , che ha affermato che “la posizione di Pechino sulla crisi ucraina è coerente e chiara: tutte le parti dovrebbero evitare di intraprendere qualsiasi azione che possa aggravare ulteriormente la situazione”, chiarendo che: “la posizione della Cina sulla guerra in Ucraina non è cambiata dopo il voto all’Onu del 26 aprile di sostegno alla risoluzione che descriveva il conflitto come aggressione da parte della Federazione Russa, in quanto il voto era sull’intero testo e non un’approvazione di quel paragrafo specifico”. Pertanto, “il voto non ha nulla a che fare con la telefonata tra i capi due di Stato di Pechino e Kiev, Xi Jinping e Volodymyr Zelensky, avvenuta sempre il 26 aprile”.
Infine, il ministro degli Esteri russo, Lavrov, in queste ore, ha discusso con l’omologo cinese, Qin Gang, la possibilità di una soluzione pacifica alla crisi ucraina e l’ulteriore sviluppo dei rapporti fra Mosca e Pechino, durante un incontro a margine del vertice dell’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (Sco) in India.
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