di Federica Marengo venerdì 17 marzo 2023
-Nella 386° giornata di guerra in Ucraina, all’indomani del lancio di 5 missili da parte della Russia, di 18 raid aerei e di oltre 100 attacchi con sistemi di razzi a lancio multiplo, sono proseguiti i bombardamenti da parte delle forze di Mosca, concentrandosi sulla regione nord-orientale di Donetsk, dove una persona è rimasta uccisa e sette sono state ferite.
Il capo dell’autoproclamata di Donetsk, Pushilin ha poi fatto sapere che le forze russe hanno preso il pieno controllo dell’impianto metallurgico Azomm a Bakhmut, avanzando verso il centro della città.
Le forze russe, poi stanno avanzando anche in direzione di Mariupol, nella regione meridionale del Paese, dove, secondo il consigliere del sindaco in esilio Andryuschenko, l’amministrazione militare russa avrebbe inaugurato una piattaforma per elicotteri, e, sempre le truppe di Mosca hanno bombardato tredici insediamenti nella regione di Zaporizhzhia.
Sotto attacco russo anche il villaggio di Perevalne, nel distretto di Simferopol, in Crimea, dove, nei pressi di una base militare, si è udita un’esplosione.
Secondo l’intelligence britannica, l’esercito russo avrebbe temporaneamente esaurito il suo potenziale offensivo in Ucraina, quindi, si legge nell’aggiornamento del ministero della Difesa della Gran Bretagna: “I leader russi “probabilmente cercheranno di rigenerare il potenziale offensivo delle loro forze una volta che il personale e le scorte di munizioni saranno state rifornite. Nel frattempo, conclude il rapporto, i comandanti saranno probabilmente costretti a scegliere se proseguire le operazioni offensive oppure opporre “una difesa credibile dell’intera linea”.
Intanto, sul fronte dell’invio di armi all’Ucraina, sollecitato dal ministro degli Esteri ucraino Kuleba, che, in un’intervista alla Bbc ha affermato che “I Paesi che non hanno sostenuto l’Ucraina ne renderanno conto nelle relazioni future”, il Premier danese Frederiksen, in un’intervista all’emittente Tv2, ha reso noto che i Paesi occidentali stanno discutendo se inviare o meno aerei da combattimento a Kiev, invio, cui sarebbero contrari USA e Germania, mentre il Primo ministro slovacco Heger, ha annunciato che il suo Paese ha approvato l’invio di 13 caccia Mig-29 di fabbricazione sovietica, unendosi così alla Polonia , che ieri ha fatto sapere che fornirà 4 jet dello stesso tipo.
Immediata, la replica del portavoce del Cremlino, Peskov, alla notizia, che ha dichiarato: “L’annuncio di Polonia e Slovacchia di voler fornire all’Ucraina aerei da combattimento sono un esempio di come un certo numero di Paesi, membri della Nato, aumentano il loro diretto coinvolgimento nel conflitto. I jet sono destinati alla distruzione e non cambieranno le sorti del conflitto. Non serve essere un esperto militare per rendersene conto pare che questi Paesi vogliano semplicemente disfarsi di equipaggiamento militare obsoleto e inutile”.
Quest’ultimo, poi, rispondendo alle domande dei cronisti nella consueta conferenza stampa, riguardo la visita in Russia del leader cinese Xi Jinping , che si terrà dal 20 al 22 marzo, ha detto: “Il 21 marzo sarà il giorno dei negoziati. Già lunedì ci sarà un faccia a faccia tra i due presidenti ed è previsto per quel giorno un pranzo informale”.
A proposito di tale visita, il portavoce del Primo ministro britannico Sunak, ha dichiarato: “Se la Cina volesse avere un ruolo sincero nel ripristinare la sovranità dell’Ucraina, noi ovviamente lo accoglieremmo con favore. Siamo chiari sul fatto che qualsiasi accordo di pace che non si basi sulla sovranità e sull’autodeterminazione dell’Ucraina non sia affatto un accordo di pace. Quindi continueremo a chiedere alla Cina, come abbiamo fatto finora, di unirsi ad altri Paesi in tutto il mondo nel chiedere a Putin di ritirare le sue truppe”.
La Casa Bianca, invece, ha espresso “preoccupazione” che “nella visita del Presidente cinese Xi Jinping a Mosca non si tenga conto della parte ucraina e che gli sforzi di Pechino vadano in un’unica direzione” . Il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Kirby , poi, ha detto che “Il cessate il fuoco previsto dal piano di pace cinese non porterebbe ad una pace giusta e durevole, ma sarebbe la ratificazione della conquista russa. Gli Stati Uniti ritengono che Pechino non abbia ancora escluso la possibilità di fornire armi alla Russia, ma non ci sono prove al momento che la Cina abbia deciso in questo senso o che abbia fornito armi a Mosca”.
In merito, alla fornitura di armi alla Russia da parte della Cina, il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Wang Wenbin, in un’intervista al South China Morning Post, ha smentito, sottolineando: “La Cina ha sempre avuto un approccio responsabile sulle esportazioni militari. La Cina ha sempre controllato l’esportazione di prodotti a duplice uso nel rispetto delle leggi e dei regolamenti. La posizione e le pratiche della Cina sono coerenti sulla questione della vendita di armi, in netto contrasto con i due pesi e le due misure di alcuni Paesi che infiammano la crisi ucraina. Siamo sempre convinti che il dialogo politico sia l’unico modo per risolvere dispute e conflitti. Mostrare le spade, sanzioni unilaterali e pressione estrema non faranno altro che aumentare le contraddizioni e intensificare le tensioni, cosa non in linea con gli interessi e le aspettative della maggior parte dei Paesi del mondo. La Cina afferma di voler mantenere la sua posizione obiettiva ed equa sulle questioni internazionali e regionali cruciali, come la crisi ucraina e assicura che continuerà a svolgere un ruolo costruttivo per una soluzione politica della crisi”.
Sul fronte diplomatico, il segretario della Nato, Stoltenberg, ha così commentato su Twitter il via libera della Turchia all’adesione della Finlandia alla Nato: “Accolgo con favore la decisione della Turchia di procedere con la ratifica dell’adesione della Finlandia alla Nato. La Finlandia e la Svezia renderanno la Nato più forte. Tutti gli alleati concordano sul fatto che entrambi dovrebbero diventare membri a pieno titolo il prima possibile”.
Tuttavia, riguardo al Presidente russo Putin, la Corte penale internazionale ha comunicato di aver emesso un mandato di arresto nei suoi confronti , in quanto sarebbe “responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini) e di trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia”.
Oltre al Presidente Putin, un altro mandato di arresto sarebbe stato spiccato nei confronti di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino. I reati sarebbero stati commessi nel territorio occupato ucraino almeno a partire dal 24 febbraio 2022.
Quindi, si legge nel comunicato della CPI: “Vi sono fondati motivi per ritenere che Putin abbia la responsabilità penale individuale per i suddetti crimini, per averli commessi direttamente, insieme ad altri e/o per interposta persona, e per il suo mancato controllo sui subordinati civili e militari che hanno commesso quegli atti. I mandati di cattura sono stati emessi dalla II Camera preliminare dopo le istanze di accusa presentate il 22 febbraio 2023, a un anno esatto dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, e sono stati fin qui tenuti segreti al fine di proteggere vittime e testimoni e anche per salvaguardare le indagini. Tuttavia, consapevole che le condotte contestate nella fattispecie sarebbero ancora in corso, e che la conoscenza pubblica dei mandati può contribuire a prevenire l’ulteriore commissione di reati, la Camera ha ritenuto che sia nell’interesse della giustizia autorizzare la Cancelleria a rendere pubblica l’esistenza di questi mandati, il nome degli indagati, i reati per i quali i mandati sono stati emessi e le modalità di responsabilità stabilite dalla Camera”.
Subitanea, la reazione di Mosca, con la portavoce del Ministero degli Esteri russo Zakharova,che ha detto: “Il mandato d’arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del presidente russo Vladimir Putin non ha alcun significato legale per Mosca. La Russia non ha sottoscritto il Trattato di Roma, che ha dato vita alla Cpi, e dunque non ha alcun obbligo legale nei confronti delle sue decisioni”, riecheggiata dal portavoce del Cremlino Peskov, che ha spiegato: “Il Cremlino ha stabilito che il mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale contro il presidente Vladimir Putin per crimini di guerra in Ucraina non ha alcun valore legale, perché la Russia non riconosce questo tribunale. La Russia, come un certo numero di Stati, non riconosce la giurisdizione di questo tribunale, quindi, dal punto di vista del diritto, le decisioni di questo tribunale sono nulle”, mentre Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino, commentando il mandato d’arresto della Corte penale internazionale nei suoi confronti ,con l’accusa di trasferimento forzato di bambini ucraini, ha dichiarato: “Continuiamo a lavorare”.
Il Vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo ed ex Presidente Medvedev, ha scritto su Twitter: “La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto contro Vladimir Putin. Non c’è bisogno di spiegare DOVE dovrebbe essere usato questo documento” .
La notizia è poi stata commentata dal Presidente ucraino Zelensky e dal Procuratore generale dell’Ucraina Kostin, che hanno definito entrambi”storica” la decisione della CPI, con quest’ultimo che , su Twitter, ha scritto: “Una decisione storica. Sono personalmente grato al procuratore della Cpi Karim Khan per questa storica decisione. Continuiamo la stretta collaborazione con la Cpi nei casi di deportazione forzata di bambini ucraini. Oltre 40 volumi di fascicoli, più di 1.000 pagine di prove già condivise con la Corte”, seguito dal ministro degli Esteri ucraino, Kuleba, che ha affermato: “Le ruote della giustizia stanno girando: plaudo alla decisione della Corte penale internazionale di emettere mandati di arresto per Vladimir Putin e Maria Lvova-Belova per il trasferimento forzato di bambini ucraini. I criminali internazionali saranno ritenuti responsabili del furto di bambini e di altri crimini internazionali”.
Il consigliere del Presidente ucraino Podolyak, invece, su Twitter, ha scritto: “Il mondo è cambiato. La Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per lo stratega Putin. È un chiaro segnale per le élite russe di ciò che accadrà loro e perché non sarà come prima. È l’inizio della fine della Federazione russa nella sua forma attuale sulla scena mondiale. È una chiara procedura legale. Aspettate”.
Quanto alla politica interna italiana, stamane la Presidente del Consiglio Meloni ha partecipato, insieme con il Presidente della Repubblica Mattarella, con il Presidente del Senato, La Russa, con il Vice Presidente della Camera, Rampelli, con la Presidente della Corte Costituzionale, Sciarra, con il Sottosegretario alla Difesa Perego, al sindaco di Roma, Gualtieri, e al Presidente della Regione Lazio, Rocca, alla cerimonia di deposizione di una corona d’alloro all’Altare della Patria in occasione del 162° anniversario dell’Unità d’Italia.
La Premier, ha dunque diffuso tramite una nota di Palazzo Chigi e sui suoi profili social, la sua dichiarazione in merito, nella quale ha affermato: “Oggi l’Italia celebra la Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera, le fondamenta robuste sulle quali la nostra comunità si erge e dalle quali essa prende ispirazione.
Il 17 marzo di 162 anni fa iniziava il cammino dell’Italia come Stato unitario e si realizzava l’auspicio di un giovane genovese, visionario e ribelle, come Goffredo Mameli: poter vedere gli italiani non più “calpesti e derisi” e “divisi”, bensì raccolti in “un’unica bandiera”. Il 17 marzo è la solennità nazionale più unificante che abbiamo e nel corso della quale siamo chiamati a ricordare le ragioni del nostro stare insieme. Perché, come ha spiegato Ernest Renan, la Nazione è una “grande solidarietà, un plebiscito che si rinnova ogni giorno e che si fonda sulla dimensione dei sacrifici compiuti e di quelli che ancora siamo disposti a compiere”.
Questa è la sfida che abbiamo davanti, è l’impegno che dobbiamo onorare ogni giorno: riannodare i fili di ciò che ci unisce e riscoprirci una comunità. Solo così possiamo liberare le migliori energie della Nazione e dimostrare che nessuna meta è preclusa all’Italia.
Buon 17 marzo a tutti gli italiani!”.
Il Presidente della Repubblica Mattarella, invece, nel suo messaggio, ha dichiarato: “La Repubblica, in innumerevoli prove e, da ultimo, durante la pandemia, ha confermato sentimenti di unità e coesione stringendosi ai valori costituzionali. Gli stessi che, ispirando la nostra società, garantiscono le risorse morali necessarie a fronteggiare le sfide complesse che la contemporaneità ci mette innanzi. La Costituzione, l’Inno degli italiani e la Bandiera sono i riferimenti che ci guidano nell’impegno comune di consolidare un’Italia fondata su pace, libertà e diritti umani. Centosessantadue anni fa, sotto il Tricolore, con i plebisciti popolari si espressero la sovranità e la volontà che, attraverso l’opera risorgimentale, avevano portato alla costituzione dello Stato italiano. Il primo pensiero va alle generazioni che hanno accompagnato questo traguardo, a quanti, con il loro operato, hanno contribuito alla nascita e alla crescita del nostro Paese, promuovendo quei valori di civile convivenza, quegli ideali di libertà e democrazia, di pace e di partecipazione allo Stato di diritto e alla comunità internazionale, che hanno trovato consacrazione nella nostra Costituzione”.
Non è mancato, infine, da parte del Capo dello Stato, l’appello all’unità della Repubblica anche per superare le sfide odierne, come la guerra in Ucraina: “Viviamo oggi, con il conflitto scatenato dalla Federazione russa in territorio ucraino, un’aperta minaccia a questi valori che ci impone una ferma risposta unitaria in seno alla comune identità europea e atlantica, affinché venga posta fine ai combattimenti e si raggiunga un duraturo accordo di pace”.
Proprio nel giorno del 162° anniversario dell’Unità d’Italia, presso la sede di FdI a Roma è stata presentata in conferenza stampa, dai capigruppo di Camera e Senato , Foti e Malan e dal deputato Donzelli (che il Giurì d’onore della Camera ha stabilito non aver leso l’onorabilità dei deputati del Pd da lui citati in Aula in relazione al caso Cospito) la proposta di legge per istituire il 17 marzo come festa nazionale dell’Unità d’Italia.
In mattinata, poi, la Presidente del Consiglio Meloni ha raggiunto il Palacongressi di Rimini per intervenire , a ventisette anni dall’ultima partecipazione di un Premier, Prodi, al XIX° Congresso sindacale della Cgil.
Accolta dal segretario Landini, la Presidente del Consiglio è stata contestata all’ingresso e all’interno da una minoranza interna del sindacato con striscioni , peluche (in riferimento al naufragio dei migranti a Cutro) e con cori intonanti “Bella ciao”, per poi iniziare il suo intervento, nel quale ha toccato vari temi ,a cominciare dal dl delega sulla Riforma del Fisco,, approvato ieri in Consiglio dei Ministri, ai temi del lavoro, del salario minino, del Reddito di cittadinanza, della denatalità e della riforma del Presidenzialismo, necessaria a suo dire per dare stabilità e continuità all’Esecutivo per lo sviluppo economico e la crescita del Paese: Ringrazio anche chi mi contesta. Non ho voluto rinunciare a questo appuntamento in segno di rispetto del sindacato. Mi sento fischiata da quando ho 16 anni. Potrei dire che sono Cavaliere al merito su questo. Questo congresso è un esercizio di democrazia e partecipazione che non può lasciare indifferente chi ha responsabilità decisionali e chi, come me, sa quanto questi eventi tengano vive queste dinamiche. Non mi sottraggo a un contesto sapendo che è un contesto difficile. Non mi spaventa. La ragione per cui ho deciso di essere qui è più profonda. Oggi si celebra la nascita della nostra nazione. Con questa presenza, con questo confronto, questo dibattito, possiamo autenticamente celebrare l’unità nazionale. La contrapposizione è positiva, ha un ruolo educativo, l’unità è un’altra cosa, è un interesse superiore, è il comune destino che dà un senso alla contrapposizione. Il confronto è necessario e utile. Se questo è l’approccio ci sono ottime ragioni per confrontarci con la forza delle idee che ciascuno legittimamente rivendica. Ringrazio tutta la Cgil dell’invito, anche chi mi contesta con slogan efficaci, ho visto ‘pensati sgradita’: non sapevo che Chiara Ferragni fosse una metalmeccanica,( commentando una frase riportata sul vestito di una contestatrice della Cgil, che l’ imprenditrice digitale e influencer ha indossato al Festival di Sanremo). Lavoriamo per consegnare agli italiani una riforma complessiva che riformi l’efficienza della struttura delle imposte, riduca il carico fiscale e contrasti l’evasione fiscale, che semplifichi gli adempimenti e crei un rapporto di fiducia fra Stato e contribuente. Vogliamo usare la leva fiscale come strumento di crescita economica, una riforma che guarda con molta attenzione al lavoro, con interventi sui redditi medio bassi e novità per i dipendenti. Noi veniamo da un mondo in cui ci si è detto che la povertà si poteva abolire per decreto. Che il lavoro si poteva creare per decreto. Se fosse così dovrebbe essere lo stato a creare ricchezza, non è così. La ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori. Lo Stato deve creare regole giuste e redistribuire. Mettere aziende e lavoratori nelle condizioni di creare ricchezza che si riverbererà su tutti .La riforma fiscale varata ieri dal Consiglio dei ministri, si concentra sui più fragili, sul ceto medio. Inaccettabile l’attacco di estrema destra alla Cgil. Credevamo che il tempo della contrapposizione ideologica feroce fosse alle nostre spalle e invece in questi mesi, purtroppo, mi pare che siano sempre più frequenti segnali di ritorno alla violenza politica, con l’inaccettabile attacco degli esponenti di estrema destra alla Cgil e le azioni “dei movimenti anarchici che si rifanno alle Br. Voglio ricordare Biagi, fra due giorni ricorre l’anniversario dell’assassinio da parte delle Br, un uomo che ha pagato con la vita. Il sindacato è sempre stato impegnato nella lotta al terrorismo, credevamo che il tempo della contrapposizione ideologica feroce fosse alle nostre spalle e invece, in questi mesi, purtroppo mi pare che siano sempre più frequenti i segnali di ritorno alla violenza politica. E’ necessario che tutte le forze politiche, sindacati e corpi intermedi combattano insieme contro questa deriva. Per far crescere l’occupazione bisogna far ripartire l’economia, liberare le energie migliori dell’Italia. È la base della riforma fiscale che il Cdm ha approvato ieri con un legge delega, frettolosamente bocciata da alcuni. Ho letto la relazione di Landini al quale ha fatto i complimenti per la sua tempra, visto che ha parlato due ore senza mai prendere neanche un bicchiere d’acqua, confesso che io non ne sarei mai stata capace. Dicono che la Cgil non sia una sindacato d’opposizione, figuriamoci se lo fosse visto che in due ore di relazione non ho trovato nulla di quello che ha fatto il governo. Partiamo da un dato e cioè che l’Italia fa registrate un tasso di disoccupazione del 58,2%, un gap che continua ad aumentare. La situazione peggiora se si considera quella femminile che registra 14 punti in meno. I salari sono bloccati da 30 anni dato scioccante perché l’Italia ha salari più bassi di prima del ’90 quando non c’erano ancora i telefonini. In Germania e Francia sono saliti anche del 30%. Significa che le soluzioni individuate sinora non sono andate bene e che bisogna immaginare una strada nuova che è quella di puntare tutto sulla crescita economica. No al salario minimo, ma si all’estensione della contrattazione collettiva. E’ questa la soluzione che ha indicato Meloni per affrontare anche la questione dei salari bassi. Il reddito di cittadinanza ha fallito gli obiettivi per cui era nato perché a monte c’è un errore: mettere nello stesso calderone chi poteva lavorare e chi non poteva lavorare, mettendo insieme politiche sociali e politiche attive del lavoro. Non ci devono essere lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Chi merita la delega sindacale e chi no. Uno dei grandi temi sui quali possiamo provare a lavorare insieme è un sistema di ammortizzatori sociali universale che tuteli allo stesso modo chi perde il lavoro, sia esso un lavoratore autonomo, dipendente, o cosiddetto atipico. Dare a tutti le migliori garanzie possibili ma che siano le stesse. Garantire gli stessi diritti. Non garantire una cittadella di garantiti. Stiamo affrontando la glaciazione demografica, per affrontare questo problema, penso che la sfida sia quella di un piano economico e culturale, imponente, per rilanciare la centralità della famiglia. L’obiettivo è partire dal sostegno al lavoro femminile, agli incentivi a chi assume donne e neo mamme, con strumenti di conciliazione casa-lavoro e una tassazione che torni a tenere conto alla composizione del nucleo familiare. Confido che nei prossimi anni possano anche aprirsi settori nuovi legati alle strategie anche industriali che stiamo creando. C’è stata una mancanza di visione in questo senso che ha frenato l’Italia e che ci ha legato troppo ad alcuni Paesi. Intendiamo invece trasformare l’Italia nell’hub di approvvigionamento energetico d’Europa, del Mediterraneo, con il piano Mattei che è un modello di collaborazione non predatoria e per aiutare i Paesi africani a vivere bene. Il piano Mattei, assicura è la risposta più umana contro l’immigrazione. Se in passato non c’è stata un chiara scelta su politiche industriale è perché la politica ha avuto un orizzonte breve. Una politica industriale di lungo periodo non può essere accompagnata da governi che durano qualche mese. Non ci rendiamo conto di quanto abbiamo pagato in questi anni la nostra instabilità politica, in termini di affidabilità internazionale, in termini di concentrazione delle energie e delle risorse su grandi obiettivi strategici. Questa è la ragione per cui continuo a essere certa che una riforma in senso presidenzialista, o comunque un elezione diretta del vertice dell’esecutivo, sia, per rispetto della volontà popolare ma anche per stabilità, una delle più potenti misure di sviluppo che possiamo immaginare per questa nazione.
Infine è stato lanciato da parte della Presidente Meloni un appello al confronto e alla messa al bando di un approccio pregiudiziale ,nell’ottica di una proficua collaborazione per il Paese: “Rivendicate le vostre istanze nel confronto col governo: a volte saremo d’accordo, altre no, ma troverete ascolto senza pregiudizi. È uno degli impegni che mi sono presa con gli italiani e che intendo portare avanti. Su molte cose si può trovare condivisione, su altre è più difficile, ma ciò non significa non tentare il confronto. Io non considero finito il confronto tra sindacato e governo, io lo considero produttivo anche quando non siamo d’accordo. Bisogna avere l’umiltà di non partire dal pregiudizio e io non parto perché banalmente aspiro a rappresentare tutti gli italiani”.
La Premier , prima del suo intervento, era stata accolta sul palco del Palacongressi dal segretario Landini, che l’ha introdotta, dicendo: “Ringrazio la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per aver accettato l’invito a partecipare al congresso, lo considero un elemento di rispetto per l’organizzazione importante che siamo. Vogliamo essere non spettatori ma protagonisti del cambiamento. Voglio solo dire due cose, stiamo per vivere un momento molto importante di questo congresso. Abbiamo scelto di fare un congresso aperto e di voler parlare con tutti, imparando anche ad ascoltare. L’ascolto è importante per noi e anche per chi ha idee diverse da nostre. Chiedere di ascoltare è chiedere anche di essere ascoltati”.
Soddisfatta dell’intervento della Presidente del Consiglio ,la Maggioranza, critiche, le Opposizioni di Pd, M5S, AVS, con il distinguo di Azione-IV (Terzo Polo), il cui leader Calenda, presente ieri al Congresso, insieme con la segretaria del Pd Schlein, il Presidente del M5S Conte e il segretario di Si, Fratoianni, ha così commentato su Twitter: “Meloni è stata coraggiosa ad andare e Landini è stato coraggioso ad invitarla. Pugni chiusi, uscite dalla sala e Bella ciao da chi vuole levare il sostegno agli ucraini che resistono davvero , sono solo folcloristiche pagliacciate di contorno”.
Intanto, sul fronte economico, sullo sfondo delle Borse europee ancora in calo per il crollo di SVB e il tonfo di Credit Suisse e il nuovo rialzo dei tassi deciso dalla Banca Centrale Europea, l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), ha rivisto al rialzo a +0,6% le stime di crescita dell’Italia per il 2023.
Nella zona euro, invece, la crescita è prevista a +6,2%, ma secondo le prospettive economiche intermedie dell’organizzazione si tratta di una “ripresa fragile”.
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